Chanson de geste

Nulla è ciò che sembra e giudicare affrettatamente può portare a… perdere scommesse. Un racconto di Steamdoll.

 
Il destriero scalpita, l’aria fredda della notte lo morde ovunque rendendolo irrequieto. Il cavaliere stringe le redini, serra la presa sulla lancia, respira pesantemente oltre la celata; la luce delle fiaccole riluce sulle armature splendenti. Non ha mai perso un incontro, Lancillotto, campione del regno, signore della giostra. Figlio di Camelot.
Il re assiso sullo scranno osserva la scena in silenzio, tra le grida del popolo infiammato dalla tenzone d’armi. Assiste alla corsa, allo schianto, alle urla di giubilo e all’incitamento dell’eroe, lo vede sollevare la lancia e riscuotere tutto l’onore, brillare di gloria, mentre l’avversario solca la sabbia trascinato dagli scudieri. Il re sorride, appena, batte le mani e guarda la sua regina, il suo entusiasmo.
Non riesce a gioire, divorato dalla consapevolezza. Il pegno della sua amata pende dalla lancia di un altro uomo, l’orgoglio che ora ripone nel giovane cavaliere un tempo era stato suo. Un rancore silente che striscia e avvelena la mente del signore di Britannia, un dolore così grande da organizzare un torneo solo per poter poi ripudiare una regina.
Si sente meschino, tradito, misero.
La corona soffoca i pensieri, grava sul capo per ricordargli chi è che comanda, chi deve farsi rispettare.
Il re sorride di nuovo, soddisfatto.
Avrà la sua vendetta.
 
Quando scosta la tenda, l’uomo è una furia liberata: travolge ogni cosa sul suo passaggio, con la forza di un giovane leone e non di uno morente. Solleva la spada verso il cavaliere, la lama risplende delle fiamme del braciere nell’angolo. Sente il cuore sollevarsi, infine, quando la sua regina è colta in fallo.
Tuttavia la donna non teme, non mostra paura o sgomento.
Il re vacilla, il braccio si fa pesante mentre Ginevra gli sorride. Bella come sempre.
Con la grazia di una ninfa posa le mani sull’elmo del cavaliere, lo solleva, una cascata di capelli castani va a posarsi sugli spallacci ammaccati del campione. Gli occhi azzurri del traditore sono su di lui, il sorriso piega le labbra del volto delicato della dama in armatura.
Il re è inerme. Il braccio ricade al fianco, lento, sfidando il tempo. Non sa cosa dire, immobile.
«E così, mio Signore, le donne non posson affrontare vera guerra, voi dite? Credo proprio che voi, mio Sovrano, dobbiate alla vostra Regina dieci monete.»
Ginevra tende la mano, in attesa.
Il re sorride, ricordando la scommessa lanciata. Ha perso.
Il re sorride: ora sa, sa che la gelosia è solo nell’occhio di chi non vede.