Destino

La violenza che segna fin dentro l’animo e mai più t’abbandona. Quarto classificato nella CENTOCINQUESIMA Edizione di Minuti Contati con Diego Di Dio come guest star, un racconto di Giancarmine Trotta.

 
«Patri’ fammi un panino al salame! Dai!»
Ti alzi consapevole del rischio.
Le tue gambe si muovono indecise e doloranti verso la cucina. Con la mano destra muovi il coltello in un movimento che in testa diventa proposito, futuro, libertà.
Ti avvicini con lo sguardo al pavimento, l’occhio destro turgido a causa dell’ultimo colpo subito e la paura di prenderle ancora.
«Eccolo».
Lui ti guarda, ti fissa, ti chiede di restare seduta. Osservi le briciole cadere sul tappeto e pensi che ci sei quasi, che devi resistere. Ai diciott’anni mancano pochi giorni. Non vuoi diventare una briciola calpestata come tua madre.
 
A scuola non hai più scuse: le scale, la bicicletta, il tamponamento. La professoressa di italiano ti chiama in disparte e ti chiede di parlare, di denunciare.
Tu taci, minimizzi, neghi.
Ai diciott’anni mancano pochi giorni, ti ripeti. Solo quel pensiero ossessivo ti permette di restare lucida e non crollare.
All’uscita Marco ti aspetta in sella alla sua moto e ti avvicini per sentirti finalmente amata. Lui preme i suoi muscoli intorno alle tue braccia sofferenti e a modo suo lenisce le ferite dell’animo: basta un bacio per sentirti viva, amata, protetta.
«Amo’ è tutto pronto».
Tu non rispondi e preferisci poggiare la carne tumefatta sui suoi pettorali in bella evidenza. Poi sussurri: «E’ tardi, devo tornare a casa, a domani».
 
«Patri’! Patri’! Senti vieni qua».
Ti muovi lenta, pronta a scappare per non tornare più.
«Dimmi Pino».
Lui accenna un sorriso dietro la barba incolta, poi di scatto parla, con fare sicuro.
«Ora hai diciott’anni, tua madre non c’è più e anch’io soffro. Però ci sei tu e ora non sei più una ragazzina».
Deglutisci a fatica mentre lui si avvicina con una busta di cartone. Resti impietrita, in silenzio.
«E’ un pensiero per te, provalo. Ora sei maggiorenne».
Lui accarezza il completino intimo e abbassa la lampo dei pantaloni mostrandosi pronto.
Tu sai cosa fare.
Vorresti scappare da Marco e dirgli tutto: le violenze ripetute, l’animo e il corpo lacerati. Tuttavia sai che è troppo rischioso e non vuoi morire.
Non adesso.
Ti lasci andare sul letto, nuda, mentre lui gioca con le tue carni.
 
Con la puzza del suo sudore ancora addosso vai via per sempre dalla tua casa. Ti giri e rivedi tuo padre con una bambina felice sulle sue spalle e ancora la mamma, solo pochi anni fa, aiutarti nei compiti. Affoghi i ricordi in un pianto silenzioso e corri via da Marco.
 
Il destino forse, o la sfortuna, o ancora le scelte, i comportamenti. La vita con Marco è un ascensore che cade in picchiata. Dal paradiso della fuga ai litigi, alle urla, fino alle mani addosso e ai nuovi e vecchi dolori.
La rabbia di averlo scelto, di aver sbagliato, ti accecano.
Quel coltello in movimento torna a essere proposito, scelta, epilogo.
Lui dorme e tu impugni la lama.
A gesto compiuto resti ferma a guardarlo.
Forse lui paga per tutti. Forse potevi scappare ancora.
Allora ti lavi con cura e scegli il vestito migliore, poi scendi per strada e ti incammini verso il commissariato.
Finalmente libera.