Il cammino di Marta, di Alessandra Corrà
Inviato: sabato 4 febbraio 2017, 16:59
IL CAMMINO DI MARTA
In quella fredda mattina d'autunno, Marta si fermò un momento davanti la porta di casa prima di uscire. Fuori l'aria pungeva, ma lei era ben coperta, non avrebbe dovuto preoccuparsi per il freddo. Aggiustato lo zaino sulle spalle, si girò un'ultima volta verso casa e s'incamminò.
Mesi fa, dopo che il marito se ne era andato, aveva deciso di tornare nell'abitazione dov'era cresciuta da bambina. Quasi subito però si era rivelata una scelta poco felice. Lì risiedeva ancora Anna, sua sorella, mentre tutti gli altri membri della famiglia si erano trasferiti altrove.
A Marta non piaceva vivere in mezzo ai ricordi. Anzi, quando la vita sembrava essersi ripiegata in un punto fermo a lei era tornata l’eccitazione di un tempo. Era avida di desideri e di vita, di quella vita che forse non era mai riuscita a cogliere come avrebbe voluto.
Dal passato si era affacciata però anche un'ombra, di quando molto tempo prima aveva trovato, dentro un baule del bisnonno, una mappa. Nella cartina vi era descritto in modo accurato il percorso da fare, su un sentiero poco distante dal Paese, per raggiungere un tesoro di notevole valore. All’epoca, senza farsi vedere, aveva nascosto quella carta dentro una scatola e l'aveva lasciata lì per anni, senza parlarne con nessuno. Quante storie aveva immaginato... Poi, durante il matrimonio, quei sogni erano stati dimenticati e la vita era stata tutt'altro che un'avventura da ricordare.
Certo, in molti avrebbero pensato che fosse una mappa fittizia, frutto della brillante fantasia dell’uomo, ma Marta invece credeva che i sogni, anche quelli più inverosimili, a volte possono trovare la via giusta per afferrare un brandello di realtà.
Sul prato di fianco a lei scorse riflessa la sua sagoma lunga e affusolata. Vi erano aspetti inafferrabili in tutte le forme dell'esistenza. Per quell'ombra, per esempio, lei non era la donna che tutti credevano, ma un essere armonico, perfino senza età.
Basso sull'orizzonte stava raggomitolato intanto il sole, forse confuso di trovarsi in mezzo alle nuvole e alla nebbia, che lo stringevano orgogliose a sé.
Si era in quel periodo in cui i rami degli alberi si sono già spogliati, ma la neve non ha ancora dato calore alla terra. Un momento ibrido, come se la fine fosse calata per restarvi in eterno. Invece quella non era la fine, ma la preparazione di qualcosa che si stava apprestando per far sbocciare la vita. Era stupefacente il mondo, quella corrente continua di nascita e morte.
Riflettendo su queste considerazioni aveva già percorso un tratto di strada ed era quasi arrivata nel bosco dove iniziava il sentiero.
E infatti, eccolo: una impervia salita sorretta da alti larici gialli e secchi si stagliava a pochi metri da lei. Si fermò a guardare gli alberi affascinata, la loro regalità incuteva rispetto. Apparivano come guerrieri pronti a difendere il loro territorio; eppure, nonostante tutta la loro potenza, non suscitavano timore, ma solo serenità.
Da ragazza varie volte era arrivata davanti a quel sentiero, ma non aveva mai proseguito il cammino. Adesso era bello potersi godere quell'istante, peccato averlo deciso tardi.
Chissà Anna cosa avrebbe detto scoprendo la sua scomparsa. Sarebbe sicuramente andata dai vicini. Le sembrava di sentirla: avete visto mia sorella? Si è scordata di dirmi dove sarebbe andata oggi, chissà dove si sarà cacciata, la cerco da ore...
Nell'immaginare la scena sorrise. Forse era davvero folle per credere a certe fantasie. Ma no, in fondo era certa che l'indomani sarebbe tornata con l'oro e tutti si sarebbero ricreduti su di lei. Avrebbe potuto allora risanare i terreni di proprietà, ristrutturare casa e magari mettersi in viaggio per il mondo.
Il cielo intanto si era chiuso in se stesso e anche quel pallido sole, che poche ore prima aveva cercato di raggiungere l'orizzonte, era stato braccato dalle nuvole. La cosa non era molto incoraggiante, ma l'importante era camminare adagio, ascoltare i propri passi sprofondare dentro le foglie umide e percepire il respiro degli alberi.
La penombra del bosco però le nascose un sasso su cui poco dopo inciampò. Vinta dalla debolezza cadde a terra e lì vi rimase esanime, finché un acre odore non prese a grattarle dentro le narici.
Che male, pensò subito. La testa le doleva, ma anche le ossa non erano a posto.
Fatti forza - disse a se stessa – coraggio. Non puoi arrenderti ora.
Era fondamentale arrivare prima che calasse il buio; così a fatica, con il sudore che correva sotto gli indumenti, si rialzò.
Dopo molti tornanti, che a lei sembrarono infiniti, svoltò l'ultima curva e finalmente si trovò fuori dalla boscaglia.
La notte però era già scesa facendo scomparire ogni cosa. Sarebbe stato necessario trovare subito un riparo. Rischiarando la zona con la pila, che per fortuna aveva con sé, vide un albero possente diviso in due. Un fulmine doveva averlo scisso in quel modo strano, rendendolo però un ottimo rifugio.
La temperatura si stava abbassando e, intorno, il silenzio era così statico che sembrava stesse attendendo qualche cosa, forse anche solo il tocco di una melodia.
Marta si accucciò dentro il tronco come un animale indifeso e ferito, chiedendosi quanta solitudine sarebbe stata ancora in grado di sostenere.
Ma ecco, un rumore. Cosa poteva essere? Poi dei fruscii. Magari si trattava solo di una volpe o un piccolo animale. Meglio non pensarci.
Poco dopo, però, qualcosa brillò dentro l’oscurità. Che fosse allora un lupo? I lupi portano sempre così tanta luce nello sguardo.
L'albore svanì quasi subito, ma ormai i brividi le avevano tagliato la schiena sciogliendo emozioni e timori.
Aveva deciso di intraprendere quell'avventura e ora avrebbe dovuto accogliere la sfida della morte, ascoltando pazientemente ciò che la notte aveva da dirle.
Per passare il tempo iniziò mentalmente a cantare una canzone che conosceva da bambina. Il motivo era sciocco, ma ebbe il potere di calmare i suoi sensi. Non trascorse, infatti, molto tempo che si assopì.
Nelle ore che seguirono alternò momenti di veglia e sonno. Ma più che l'uno o l'altro era come se fosse entrata in uno stato di incoscienza. Un viaggio dentro una dimensione sconosciuta tra la vita e la morte dove gioie e dolori possono anche scambiarsi reciprocamente il loro volto originale. In quel luogo anomalo, sentì emergere dentro sé una voce che doveva aver sempre abitato in lei. In modo sconclusionato le parlò di sentimenti sconosciuti, che forse non erano nemmeno suoi, ma appartenevano a tutto il genere umano. Anche i tormenti, i mostri che vivono in tutti noi, arrivarono cercando di trascinarla alla deriva. Doveva tenersi ben salda, non lasciarsi sopraffare da quelle emozioni. Fondamentale era cercare un bagliore dentro sé, perché solo così avrebbe potuto intuire la strada giusta per trovare ciò che cercava.
Fu la luce del sole a svegliarla da quello stato indolente, senza che lei ricordasse nulla. Sfregandosi gli occhi confusa stentò a riconoscere il luogo in cui si trovava.
Intorno c'era un vasto spiazzo simile a una conca. Una leggera brezza soffiava da nord facendo muovere i fili secchi che spuntavano sotto la brina gelata.
Si alzò e, incurante dei dolori, si incamminò verso il fondo del pianoro. La mappa indicava proprio in quel punto il tesoro, mancavano appena una ventina di passi.
Arrivata all'estremità di quella landa desolata, però, non trovò niente altro che un dirupo. Non era possibile, allora era stato solo uno scherzo del bisnonno? Si inginocchiò a terra sfinita.
Che sciocca era stata ad averci creduto. Adesso non aveva più la forza per tornare a casa ed era rimasta senza viveri. Disperata alzò lo sguardo verso il cielo.
Proprio in quel momento la foschia aveva deciso di evaporare e davanti alla vista di Marta apparve un paesaggio mozzafiato. Una visuale a trecentosessanta gradi abbracciava l'intera vallata. Tutte le cime delle montagne erano innevate. E, dall'altro lato del pianoro, si vedeva un piccolo lago ghiacciato, sotto il riverbero del sole appariva come un gioiello precipitato giù da qualche stella.
Nel cielo le nuvole si stringevano disegnando figure leggiadre, mentre vecchi larici macchiavano d'oro il paesaggio circostante. Era la natura più selvaggia, macchie di pura bellezza.
La voce, risvegliatasi in lei quella notte, decise di farle un’ultima visita per suggerirle qualcosa di inatteso: non era stata ingannata, il tesoro era davanti i suoi occhi e aveva iniziato a raccontarle la vita.
In quella fredda mattina d'autunno, Marta si fermò un momento davanti la porta di casa prima di uscire. Fuori l'aria pungeva, ma lei era ben coperta, non avrebbe dovuto preoccuparsi per il freddo. Aggiustato lo zaino sulle spalle, si girò un'ultima volta verso casa e s'incamminò.
Mesi fa, dopo che il marito se ne era andato, aveva deciso di tornare nell'abitazione dov'era cresciuta da bambina. Quasi subito però si era rivelata una scelta poco felice. Lì risiedeva ancora Anna, sua sorella, mentre tutti gli altri membri della famiglia si erano trasferiti altrove.
A Marta non piaceva vivere in mezzo ai ricordi. Anzi, quando la vita sembrava essersi ripiegata in un punto fermo a lei era tornata l’eccitazione di un tempo. Era avida di desideri e di vita, di quella vita che forse non era mai riuscita a cogliere come avrebbe voluto.
Dal passato si era affacciata però anche un'ombra, di quando molto tempo prima aveva trovato, dentro un baule del bisnonno, una mappa. Nella cartina vi era descritto in modo accurato il percorso da fare, su un sentiero poco distante dal Paese, per raggiungere un tesoro di notevole valore. All’epoca, senza farsi vedere, aveva nascosto quella carta dentro una scatola e l'aveva lasciata lì per anni, senza parlarne con nessuno. Quante storie aveva immaginato... Poi, durante il matrimonio, quei sogni erano stati dimenticati e la vita era stata tutt'altro che un'avventura da ricordare.
Certo, in molti avrebbero pensato che fosse una mappa fittizia, frutto della brillante fantasia dell’uomo, ma Marta invece credeva che i sogni, anche quelli più inverosimili, a volte possono trovare la via giusta per afferrare un brandello di realtà.
Sul prato di fianco a lei scorse riflessa la sua sagoma lunga e affusolata. Vi erano aspetti inafferrabili in tutte le forme dell'esistenza. Per quell'ombra, per esempio, lei non era la donna che tutti credevano, ma un essere armonico, perfino senza età.
Basso sull'orizzonte stava raggomitolato intanto il sole, forse confuso di trovarsi in mezzo alle nuvole e alla nebbia, che lo stringevano orgogliose a sé.
Si era in quel periodo in cui i rami degli alberi si sono già spogliati, ma la neve non ha ancora dato calore alla terra. Un momento ibrido, come se la fine fosse calata per restarvi in eterno. Invece quella non era la fine, ma la preparazione di qualcosa che si stava apprestando per far sbocciare la vita. Era stupefacente il mondo, quella corrente continua di nascita e morte.
Riflettendo su queste considerazioni aveva già percorso un tratto di strada ed era quasi arrivata nel bosco dove iniziava il sentiero.
E infatti, eccolo: una impervia salita sorretta da alti larici gialli e secchi si stagliava a pochi metri da lei. Si fermò a guardare gli alberi affascinata, la loro regalità incuteva rispetto. Apparivano come guerrieri pronti a difendere il loro territorio; eppure, nonostante tutta la loro potenza, non suscitavano timore, ma solo serenità.
Da ragazza varie volte era arrivata davanti a quel sentiero, ma non aveva mai proseguito il cammino. Adesso era bello potersi godere quell'istante, peccato averlo deciso tardi.
Chissà Anna cosa avrebbe detto scoprendo la sua scomparsa. Sarebbe sicuramente andata dai vicini. Le sembrava di sentirla: avete visto mia sorella? Si è scordata di dirmi dove sarebbe andata oggi, chissà dove si sarà cacciata, la cerco da ore...
Nell'immaginare la scena sorrise. Forse era davvero folle per credere a certe fantasie. Ma no, in fondo era certa che l'indomani sarebbe tornata con l'oro e tutti si sarebbero ricreduti su di lei. Avrebbe potuto allora risanare i terreni di proprietà, ristrutturare casa e magari mettersi in viaggio per il mondo.
Il cielo intanto si era chiuso in se stesso e anche quel pallido sole, che poche ore prima aveva cercato di raggiungere l'orizzonte, era stato braccato dalle nuvole. La cosa non era molto incoraggiante, ma l'importante era camminare adagio, ascoltare i propri passi sprofondare dentro le foglie umide e percepire il respiro degli alberi.
La penombra del bosco però le nascose un sasso su cui poco dopo inciampò. Vinta dalla debolezza cadde a terra e lì vi rimase esanime, finché un acre odore non prese a grattarle dentro le narici.
Che male, pensò subito. La testa le doleva, ma anche le ossa non erano a posto.
Fatti forza - disse a se stessa – coraggio. Non puoi arrenderti ora.
Era fondamentale arrivare prima che calasse il buio; così a fatica, con il sudore che correva sotto gli indumenti, si rialzò.
Dopo molti tornanti, che a lei sembrarono infiniti, svoltò l'ultima curva e finalmente si trovò fuori dalla boscaglia.
La notte però era già scesa facendo scomparire ogni cosa. Sarebbe stato necessario trovare subito un riparo. Rischiarando la zona con la pila, che per fortuna aveva con sé, vide un albero possente diviso in due. Un fulmine doveva averlo scisso in quel modo strano, rendendolo però un ottimo rifugio.
La temperatura si stava abbassando e, intorno, il silenzio era così statico che sembrava stesse attendendo qualche cosa, forse anche solo il tocco di una melodia.
Marta si accucciò dentro il tronco come un animale indifeso e ferito, chiedendosi quanta solitudine sarebbe stata ancora in grado di sostenere.
Ma ecco, un rumore. Cosa poteva essere? Poi dei fruscii. Magari si trattava solo di una volpe o un piccolo animale. Meglio non pensarci.
Poco dopo, però, qualcosa brillò dentro l’oscurità. Che fosse allora un lupo? I lupi portano sempre così tanta luce nello sguardo.
L'albore svanì quasi subito, ma ormai i brividi le avevano tagliato la schiena sciogliendo emozioni e timori.
Aveva deciso di intraprendere quell'avventura e ora avrebbe dovuto accogliere la sfida della morte, ascoltando pazientemente ciò che la notte aveva da dirle.
Per passare il tempo iniziò mentalmente a cantare una canzone che conosceva da bambina. Il motivo era sciocco, ma ebbe il potere di calmare i suoi sensi. Non trascorse, infatti, molto tempo che si assopì.
Nelle ore che seguirono alternò momenti di veglia e sonno. Ma più che l'uno o l'altro era come se fosse entrata in uno stato di incoscienza. Un viaggio dentro una dimensione sconosciuta tra la vita e la morte dove gioie e dolori possono anche scambiarsi reciprocamente il loro volto originale. In quel luogo anomalo, sentì emergere dentro sé una voce che doveva aver sempre abitato in lei. In modo sconclusionato le parlò di sentimenti sconosciuti, che forse non erano nemmeno suoi, ma appartenevano a tutto il genere umano. Anche i tormenti, i mostri che vivono in tutti noi, arrivarono cercando di trascinarla alla deriva. Doveva tenersi ben salda, non lasciarsi sopraffare da quelle emozioni. Fondamentale era cercare un bagliore dentro sé, perché solo così avrebbe potuto intuire la strada giusta per trovare ciò che cercava.
Fu la luce del sole a svegliarla da quello stato indolente, senza che lei ricordasse nulla. Sfregandosi gli occhi confusa stentò a riconoscere il luogo in cui si trovava.
Intorno c'era un vasto spiazzo simile a una conca. Una leggera brezza soffiava da nord facendo muovere i fili secchi che spuntavano sotto la brina gelata.
Si alzò e, incurante dei dolori, si incamminò verso il fondo del pianoro. La mappa indicava proprio in quel punto il tesoro, mancavano appena una ventina di passi.
Arrivata all'estremità di quella landa desolata, però, non trovò niente altro che un dirupo. Non era possibile, allora era stato solo uno scherzo del bisnonno? Si inginocchiò a terra sfinita.
Che sciocca era stata ad averci creduto. Adesso non aveva più la forza per tornare a casa ed era rimasta senza viveri. Disperata alzò lo sguardo verso il cielo.
Proprio in quel momento la foschia aveva deciso di evaporare e davanti alla vista di Marta apparve un paesaggio mozzafiato. Una visuale a trecentosessanta gradi abbracciava l'intera vallata. Tutte le cime delle montagne erano innevate. E, dall'altro lato del pianoro, si vedeva un piccolo lago ghiacciato, sotto il riverbero del sole appariva come un gioiello precipitato giù da qualche stella.
Nel cielo le nuvole si stringevano disegnando figure leggiadre, mentre vecchi larici macchiavano d'oro il paesaggio circostante. Era la natura più selvaggia, macchie di pura bellezza.
La voce, risvegliatasi in lei quella notte, decise di farle un’ultima visita per suggerirle qualcosa di inatteso: non era stata ingannata, il tesoro era davanti i suoi occhi e aveva iniziato a raccontarle la vita.