Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Avatar utente
maria rosaria
Messaggi: 687

Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#1 » mercoledì 1 marzo 2017, 15:37

Quello che trovate di seguito era uno dei racconti che avevo iniziato a scrivere per il Camaleonte su London.
Non mi convinceva molto il tema e quindi poi ho scelto di partecipare con un altro.
Ora lo rimetto ai vostri commenti.


Undici settembre
di M.R. Del Ciello

“Gli operai in fabbrica non sono strumenti meccanici ma uomini che lavorano.
E non è impossibile, né troppo difficile, mettere in rapporto il lavoro umano con l’ambiente naturale”
(Adriano Olivetti)




Giovanni alza la tapparella per far entrare un po’ di luce.
È mattina presto e il buio macchia ancora il cielo adagiato pigro sopra i palazzi. Solo tra un po’ inizierà a schiarire e, da dietro i casermoni, un tenue arancio sfumato di celeste sporcherà il cielo. Le giornate, a settembre, già iniziano ad accorciarsi.
Nello stesso istante in cui apre la finestra, Giovanni sente il rumore di un treno, in lontananza, e gli viene da pensare a suo nonno, morto pochi mesi prima. Un uomo sradicato dalla sua terra d’origine e trapiantato sull’asfalto duro di Torino.
— La terra è l’unica cosa che conta — ripeteva il nonno — e produce se la lavori, se ci butti il sangue a forza di usare la vanga, svegliandoti all’alba, quando canta il gallo, e andando a coricarti la sera, appena il sole è tramontato. La terra è l’unica che non ti tradisce mai. Più fedele di una moglie e, se la rispetti, non ti delude. — Per questo — continuava — la terra oggi è cambiata e non da più i bei frutti di una volta. Perché l’uomo ha dimenticato di rispettarla e lei si sta prendendo la sua rivincita.
Ma Giovanni è nato in città, in quella metropoli, stretto tra il fumo della fabbrica e le mura dei palazzi. Il fumo per lui è quasi una seconda pelle. Per suo nonno, invece, quella coltre plumbea era il demonio in persona, soprattutto quando di notte sentiva suo figlio Pasquale tossire. Allora cominciava a imprecare in dialetto stretto. Un dialetto che a stento Giovanni riusciva a comprendere.

La notte appena trascorsa Giovanni l'ha passata insonne. Ma non è stata la tosse del padre a tenerlo sveglio.
Lo ha tormentato il pensiero dell’esame del giorno dopo. L’esame che non sosterrà, e il pensiero della bugia che racconterà ai suoi genitori. Una delle tante.

— Domani devo alzarmi presto che ho l’esame di diritto costituzionale — aveva detto la sera prima e sul volto della madre si era allargato un sorriso che a dirle la verità sarebbe stato come commettere un omicidio. Una carezza della donna era volata sulla guancia del giovane.
— Amore mio! Un avvocato devi diventare, che così mi fai fare bella figura.
Anna e Pasquale, una vita spesa a lavorare e sognare. Sognare di riscattarsi da un passato duro e faticoso. Ora ci avrebbe pensato lui, Giovanni, alto e tanto magro, troppo magro, dice la mamma, e i capelli, anche quelli, troppo lunghi, sempre a sentire lei.
Ma tanto, presto, tutto sarebbe cambiato perché lui, il loro unico figlio, stava per diventare un dottore in Giurisprudenza.
— Il rinnovo del contratto è un diritto — Giovanni aveva commentato le immagini in bianco e nero del telegiornale: storie di operai sospesi per aver aderito a scioperi senza preavviso.
Giovanni conosce il pensiero del padre, scettico e timoroso che la vita possa divorare quel suo unico figlio per poi sputarne le ossa, pezzetto per pezzetto, come ha fatto con lui che, partito dalla Calabria, è rimasto lì a Torino a fare il metalmeccanico da quando aveva sedici anni.
— Ma che diritto e diritto — era stata la risposta del padre. — Quelli non hanno voglia di lavorare. Li manderei a zappare la terra, come faceva tuo nonno. — E aveva cominciato a tossire.
Giovanni, lo sguardo basso sulla minestra fumante, aveva continuato a mangiare. Inutile ribattere alle provocazioni del genitore, inutile spiegare che il lavoro non è solo doveri, ma anche diritti. E che se continuavano così, dopo i contadini, anche gli operai avrebbero perso la dignità di esseri umani.
Giovanni è sicuro che il padre certe cose, in fondo, non le pensa.
— Tutti dobbiamo fare la nostra parte — aveva continuato Pasquale.
Giovanni sa cosa vogliono dire queste parole. Che da una parte ci sono i padroni che ti danno il lavoro e il salario, dall’altra gli operai con il lavoro duro. E se qualcuno vuole cambiare qualcosa non ha altra via che mettersi a studiare e cercare una via diversa. Lui è nato per sgobbare, e questo gli basta.

Giovanni si è svegliato intorpidito in quel letto troppo piccolo, che non è cresciuto insieme a lui, il letto che ha da sempre, in una stanza piccola, ricavata da quello che una volta era un ripostiglio.
Una scrivania è appoggiata in un angolo perché chi studia ha bisogno di un piano d’appoggio.
Quattro mensole occupano la piccola parete alle spalle della scrivania, perché i libri da qualche parte bisogna pur metterli. Una finestra apre un piccolo varco verso l’esterno, ma per far luce c’è bisogno della luce artificiale, giorno e sera.
Quella mattina Giovanni è in piedi prima del solito. Raccatta da sotto il letto un mucchio di foglietti stampati e li ficca svelto dentro una valigetta ventiquattrore di cuoio, quella che il nonno, buonanima, gli ha regalato poco prima di morire.
Non può rischiare che quei fogli passino sotto gli occhi del padre o della madre. Sarebbe la fine per lui. Forse peggio che scoprire che gli esami non li sta dando.
Se solo i suoi genitori sapessero cosa sta facendo e come ha impiegato il tempo negli ultimi mesi, gli taglierebbero i viveri e non lo farebbero più uscire di casa.
Se venissero a sapere che al posto degli esami Giovanni va a riunioni, dense di fumo e di striscioni contro il governo, in cui si inneggia alla rivoluzione e alla destabilizzazione dell’attuale governo, ecco, Giovanni immagina che lo rinnegherebbero come figlio.
Si chiude in bagno, si lava velocemente, si fa anche la barba, poi va in cucina dove sua madre ciabatta tra fornelli e piani di formìca, preparando la colazione.
La testa china sul latte per non guardare in viso nessuno. Non vuole che trapeli nulla delle sue emozioni.
— Povero Giovanni — dice la madre. — È così stanco. Se la merita proprio questa laurea, vero Pasquale?
Pasquale grugnisce qualcosa di incomprensibile bevendo rapido il suo caffè poi si ferma sulla porta. Bacia su una guancia la moglie. — Sì, è stanco. Ma siamo tutti stanchi. E lui fa il suo lavoro, che è quello di studiare. La fabbrica apre i cancelli tra mezz’ora e io non so nemmeno se mi faranno entrare. C’è il gruppo di Mario e Antonio che ci fanno muro per entrare. Sono come cani arrabbiati. E, anche se mi vergogno un po’, non voglio aggregarmi a loro. I soldi ci servono.
Anna sorride, lo bacia a sua volta e gli passa una mano tra i capelli: — Quello che fai tu Pasquale, a me va bene.
— Non so a che ora torno. Siamo in tanti all’esame — dice Giovanni. Finisce in fretta la colazione ed esce di casa, poco dopo il padre.

Quando arriva all’università l’atmosfera è calda, c’è addirittura la polizia schierata all’ingresso. Mai visto prima.
Il gruppetto è chiuso in un’aula della Facoltà di lettere, il fumo denso delle sigarette rende l’aria irrespirabile.
Giovanni ha appuntamento con l’Assemblea operai-studenti. Lì ad aspettarlo c’è Filippo, studente lavoratore alla Mirafiori, che gli ha spiegato nel dettaglio i ritmi e le condizioni di lavoro della fabbrica.
— Ci sono uomini di cinquanta, sessant’anni che hanno passato trent’anni lì dentro e non hanno neanche più l’aspetto da uomini, perché hanno tutte le malattie di questo mondo. Il lavoro alla catena porta al deterioramento fisico e mentale.
Giovanni pensa a suo padre e alla tosse che sente la notte. Quella che faceva imbestialire suo nonno.
Ha deciso che non terrà anche lui la catena al collo. Lotterà per liberare da quella catena suo padre e tutti quelli che, come lui, non hanno la forza di lottare.

Pasquale arriva davanti ai cancelli della fabbrica. C’è un gruppetto che cerca di impedire l’ingresso, altri lo tirano per la giacca pregandolo di non entrare, ché oggi è il giorno in cui i sindacati hanno organizzato quello sciopero e la grossa manifestazione per le vie di Torino.
Pasquale si libera da quelle strette, dalle spinte, cerca di avanzare ma alcuni cominciano a lanciare pietre e si spaventa. Continua a farsi largo, urla qualcosa a chi gli si para davanti, finché una di quelle pietre non lo colpisce in testa. Cade e pian piano non sente più nemmeno le suole dei compagni che passano sopra il suo corpo.

Giovanni sta per uscire dall’aula dell’università per andare insieme a Filippo a presidiare i cancelli della Mirafiori. Non è ancora uscito, sta finendo di organizzare quella mattinata e, tra una sigaretta e l’altra, discute su come affrontare la folla di operai che vorranno entrare in fabbrica. Filippo è intransigente, qualunque mezzo va bene per fermare i crumiri, mentre Giovanni cerca di spiegare le ragioni di chi è spaventato da quello sciopero.
È allora che un boato squarcia l’aria. Si sentono delle grida. Giovanni e Filippo escono in fretta dall’aula e il fumo dei lacrimogeni li colpisce dritto agli occhi. Brucia e impedisce di vedere dove si cammina e chi si ha intorno. Solo quando sente il colpo alla nuca, un secondo prima di cadere a terra, Giovanni comprende che i poliziotti sono venuti a reprimere la loro lotta. Vede i volantini uscire dalla ventiquattrore che tiene stretta con una mano e sparpagliarsi sul selciato.
Una pioggia lieve comincia a cadere e Giovanni chiude gli occhi su una macchia scura.
Una macchia d’inchiostro che si allarga dalle parole SCIOPERO e SETTEMBRE impresse sui fogli ciclostilati, quasi sangue nero che cola dalle vene del mondo.


L’11 settembre 1969 viene indetto il primo sciopero generale dei lavoratori metalmeccanici dell'industria privata per il rinnovo del contratto.
Ultima modifica di maria rosaria il giovedì 4 maggio 2017, 9:25, modificato 12 volte in totale.


Maria Rosaria

alexandra.fischer
Messaggi: 2873

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#2 » mercoledì 8 marzo 2017, 21:32

Racconto a sfondo sociale, ambientato all’epoca del primo sciopero dei lavoratori dell’industria privata per il rinnovo del contratto avvenuto l’undici settembre 1969. Il tema centrale della storia sono i diritti dei lavoratori e tu usi tre membri della stessa famiglia per descrivere il loro atteggiamento nei riguardi del problema: dal nonno, emigrato a Torino dalla Calabria con la famiglia, ma mai dimentico della terra d’origine (con il rimpianto per il lavoro in campagna). Suo figlio Pasquale, invece, è rassegnato al lavoro alla Mirafiori, pur di averlo non gli importa che gli vengano negati certi diritti (e muore passando da crumiro). Giovanni, figlio di Pasquale, trascura gli studi di Giurisprudenza per partecipare alla lotta sindacale all’insaputa dei genitori, nel tentativo di costruire un futuro migliore. Rendi molto bene l’atmosfera oppressiva di questa Torino (casermoni, la stanza troppo stretta di Giovanni, l’aula universitaria colma di fumo, l’ambiente spersonalizzante delle fabbriche, nelle quali non si prende solo la tosse dalla quale è tormentato lo stesso Pasquale). Molto efficace il paragone finale: scritte sul cartellone- sangue nero del mondo.



Attenzione a li dentro per lì dentro.

Chiedo la grazia

Avatar utente
antico
Messaggi: 7217

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#3 » domenica 12 marzo 2017, 20:20

Forza signori e signore, qui mancano commenti!

Avatar utente
maria rosaria
Messaggi: 687

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#4 » martedì 14 marzo 2017, 20:06

Grazie del commento, Neige.
Me lo rileggo con calma e faccio le correzioni dovute.
Maria Rosaria

Fernando Nappo
Messaggi: 584

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#5 » martedì 14 marzo 2017, 23:04

Ciao Maria Rosaria,
l'idea del racconto mi piace e l'atmosfera è ben resa. In effetti, come ha segnalato anche Neige, credo che meriti una rilettura per sistemare qualche imprecisione coi tempi verbali.
Visto che hai intenzione di revisionarlo, ti segnalo un paio di cose, vedi tu se le ritieni pertinenti.
Quella notte, però, a Giovanni non è la tosse del padre a tenerlo sveglio.
Questa frase, con la a davanti al nome di Giovanni, ha una struttura tipica di una certa parlata meridionale. Non ci sarebbe nulla di male se tutto il racconto fosse scritto in questo modo, così da dare l'impressione che il narratore stesso - di cui non sappiamo l'identità - sia meridionale. Ma così non pare essere perché nel resto del racconto non fai più uso di quella struttura. E lasciata così da sola in mezzo a un racconto scritto in italiano la si nota un po' troppo (o per lo meno così è per me, sia chiaro).

Appena Giovanni finisce la colazione lo fai uscire di casa:
Finisce in fretta la colazione ed esce di casa.
A questo punto Giovanni, per me come lettore, non è più nella scena. E qui si verifica uno slittamento del pdv, perché fino a un attimo prima tutto il racconto era visto dal pdv di Giovanni, e io mi aspetto che, uscito lui di casa, la scena finisca lì. Invece prosegue con la madre e il padre che chiacchierano tra loro riguardo al figlio. Questo mi ha un po' spiazzato. Inoltre, poco dopo, fai uscire di casa Giovanni una seconda volta:
dice Giovanni uscendo di casa poco dopo il padre.
O, se così non è, quella è l'impressione che ne ho ricevuto.

Amaro il finale, con l'inchostro paragonato al sangue, e padre e figlio uniti in un destino crudele.

Avatar utente
maria rosaria
Messaggi: 687

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#6 » giovedì 16 marzo 2017, 9:40

Grazie Fernando.
Sto provando ad aggiustarlo.
:-)
Maria Rosaria

Avatar utente
maria rosaria
Messaggi: 687

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#7 » giovedì 16 marzo 2017, 11:52

Ho aggiustato i tempi verbali e ho cercato anche di asciugare alcune frasi qua e là.
Lo rimetto di nuovo ai vostri commenti.

:-)
Maria Rosaria

alexandra.fischer
Messaggi: 2873

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#8 » domenica 19 marzo 2017, 20:59

Questa nuova versione ha acquisito ulteriore efficacia, si sente ancora di più la claustrofobia della Torino del 1969 segnata dalle lotte sociali. Anche i personaggi hanno acquisito ulteriore forza. Mi piace questa voglia di cambiare le cose di Giovanni, una rivalsa anche superiore alla laurea che ha deciso di non prendere, con ancora nelle orecchie la tosse del padre, rassegnato alla mancanza di diritti sul lavoro e la voce del nonno, rimasto legato alla terra che ha dovuto lasciare per la città.
Chiedo l'ammissione alla vetrina.

Avatar utente
maria rosaria
Messaggi: 687

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#9 » lunedì 20 marzo 2017, 8:38

Grazie Alexandra.
Vediamo cosa dicono anche gli altri.
:-)
Maria Rosaria

Fernando Nappo
Messaggi: 584

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#10 » martedì 21 marzo 2017, 21:39

Ciao Maria Rosaria,
questa versione mi piace di decisamente più della precedente.
Un paio di segnalazioni, roba da poco, che - se ritieni pertinenti - si sistemano in un attimo. Ma decidi tu, com'è giusto che sia.
Giovanni tira su la serranda per far entrare un po’ di luce.
Il termine serranda mi fa venire in mente la saracinesca di un negozio più che una tapparella domestica. Non ricordo cosa avevi scritto nella versione precedente, ma se il termine era lo stesso allora la scorsa settimana m'è sfuggito, scusa. Ma, come già detto, il mio non è un diktat, sia chiaro. Magari a Torino le tapparelle si chiamano serrande e sto scrivendo un sacco di stupidaggini.
Quella notte, però,
Credo suonerebbe meglio qualcosa come "La scorsa notte" o "La notte precedente".
pregandolo di non entrare, che oggi è il giorno in cui i sindacati
Se il che è utilizzato col significato di perché, andrebbe accentato: ché.
Basta, nient'altro.
Per quanto mi riguarda, al netto di quanto sopra che lasco alla tua decisione, penso che questa versione meriti l'accesso alla vetrina.

Avatar utente
maria rosaria
Messaggi: 687

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#11 » mercoledì 22 marzo 2017, 16:28

Grazie Fernando.
Provo a correggere.
:-)
Maria Rosaria

Avatar utente
maria rosaria
Messaggi: 687

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#12 » venerdì 24 marzo 2017, 9:29

Sì, Fernando, il termine serranda era veramente brutto. L'ho sostituito con tapparella.
Maria Rosaria

Avatar utente
maria rosaria
Messaggi: 687

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#13 » mercoledì 3 maggio 2017, 17:00

E ho dato un'alleggerita anche a questo.

:) :)
Maria Rosaria

Avatar utente
angelo.frascella
Messaggi: 720

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#14 » mercoledì 3 maggio 2017, 22:10

Bello, M.R.
Si sente il grigiore della vita degli operai costretti a emigrare ed è molto bello il contrasto fra l'ottica di genitori e figli e anche la durezza del finale. Un racconto breve ma denso. Per me è promosso.
CHIEDO LA GRAZIA

Avatar utente
MissouriFever
Messaggi: 10

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#15 » giovedì 4 maggio 2017, 13:09

Ieri sera avevo scritto un mezzo saggio critico su questo racconto. Poi mi sono resa conto che avevo bevuto e che si poteva riassumere in:

CHIEDO LA GRAZIA

CHIEDO L'AMMISSIONE ALLA VETRINA

o quel che si scrive in certi casi.

Avatar utente
maria rosaria
Messaggi: 687

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#16 » giovedì 4 maggio 2017, 13:30

Ciao Missouri.
Grazie della tua richiesta di grazia. :D :D
Ma ringrazio anche gli altri, Fernando, Alexandra e Angelo, che ti hanno preceduto.

Non nego che mi piacerebbe dargli una sbirciatina al tuo saggio critico. ;)

A presto
Maria Rosaria


Avatar utente
Il Dottore
Messaggi: 464

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#18 » giovedì 20 luglio 2017, 8:06

Ciao, Maria Rosaria!

La tua Sfida è stata accolta! A me il racconto è piaciuto, quindi lo promuovo in Vetrina!

Brava
Sono pronto a vivisezionare i vostri racconti... soffriranno, ma sarà per il vostro bene!

Avatar utente
maria rosaria
Messaggi: 687

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#19 » giovedì 20 luglio 2017, 10:08

Grazie, Dottore!
Felice di fare la tua conoscenza.
:)
Maria Rosaria

Avatar utente
antico
Messaggi: 7217

Re: Ex novo - Undici settembre [9723 car.]

Messaggio#20 » venerdì 21 luglio 2017, 11:17

Racconto portato in Vetrina: provvedo a disattivarlo.

Torna a “2017”

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 6 ospiti