“Digestione” - Il mostro del vicino è sempre più verde - FORLANI
Inviato: giovedì 4 maggio 2017, 17:06
Ciao a tutti,
dopo i commenti nel contest di Forlani posto il mio racconto riveduto e corretto secondo indicazioni.
Fatemi sapere che ne pensate! :-)))
“Digestione” -V1.2
L’amaca è la più grande invenzione dell’umanità, specie dopo un lauto pasto. Però se in zona è presente anche tua moglie, iperattiva e ansiosa, e un vicino stakanovista e super-perfettino, può diventare all'istante uno strumento di tortura medioevale bandito dall’ONU.
C’è quel preciso, fantastico, momento, in cui il dolce rollio dell’amaca, unito alla visione ondeggiante delle nuvole bianche nel cielo cobalto e alla danza dei rami colmi di foglie e al canto degli uccelli, ti fa superare la soglia delle coscienza, instillandoti una visione che sai che sarà risolutiva per la tua vita. L’idea geniale che cambierà tutto.
In quel preciso momento, nell’istante in cui stai cercando di memorizzare i punti principali per traghettarli incolumi nella realtà, una voce stridula ti urla a pochi centimetri dall’orecchio: “Caro, dai svegliati! Prendi esempio dal tuo vicino che sta preparando il barbecue per tutta la famiglia! Senti che buon odore?”
No, sento solo odore di uxoricidio; una forte puzza di cadavere in decomposizione.
La mia “visione” cade giù come un castello di carta al vento, non riesco più a ricordare nulla. Cerco nella mente irritata, ma quella idea mi sfugge come quando non riesci a ricordare un nome di un attore famoso: “ce l’ho sulla punta della lingua!”
E intanto mia moglie che mi incalza: “Caro, dovresti fare come il tuo vicino, guarda come taglia il prato; guarda come gioca con i bambini in giardino, ammira come cucina le bistecche con il barbecue, che arte!”
Che arte nello scassarmi le scatole, direi, cintura nera terzo Dan.
E poi i miei figli: “Papà ci costruisci la casetta come quella bellissima del vicino; ci compri l’altalena a due posti come quella; ci monti il canestro come hanno fatto loro?”
E certo, perché io non ho niente da fare come quel riccastro, che lavorerà, se lo fa, per hobby. Ma io mi appoggerò alla staccionata che ci separa e aspetterò: come il saggio con il fiume, prima o poi verrà il mio momento.
E il momento arriva.
Brutto bastardo, finalmente te ne sei andato, tu e la tua famigliola schifosa; un bel weekend in montagna, nella tua baita di lusso, e io qui al caldo. Tu con i tuoi occhiali di corno di rinoceronte, la mogliettina che addosso ha più silicone che pelle, i figli perfetti con il ciuffo gelatinato biondo slavato e la giacchetta di tweed anche con quaranta gradi all’ombra. Ma la cosa che non sopporto proprio, a parte la tua erba verde smeraldo tagliata all’inglese e l’odore di fiori anche in inverno, è la puzza costante del tuo barbecue serale; sempre accesso con bistecche formato dinosauro, e con contorno la famiglia perfetta da telefilm per casalinghe.
E adesso mi vendico, come è giusto. E’ il mio momento.
Mi guardo attorno: non c’è nessuno, bene. Scavalco la staccionata di rovere perfettamente allineata e piallata al millimetro. L’erba è più soffice e perfetta di quello che sembra dal mio giardino pieno di buche e piante secche. Ecco il barbecue di acciaio cromato, lucido come la Bentley del principe di Monaco. Zac, con la tronchesina taglio il tubo del gas. Fiuu, apro la manopola della bombola che si svuota come un palloncino bucato. Puah, sputo sulla griglia tirata a lucido della tua stupida e puzzolente graticola. Che schifo, che orrore! Operazione compiuta, amico mio, rido. Si ritorna a casa.
Calpesto il più possibile la tua erbetta da frocetto, ci salto sopra anche a piè pari; faccio pipì sull’aiuola piena di fiori. OK, ora posso andare e… ehi! Mi sta girando la testa, ho la nausea. Dovrei sedermi un attimo. Erba, cielo, erba cielo, terra, cado con la faccia sul prato. Buio.
Caldo, prurito. Apro un occhio e vedo un’enorme formica che trascina un insetto morto. Cerco di muovermi, niente. Ho le gambe interrate fino al ginocchio. Come è possibile? Chi mi ha fatto questo? Grido aiuto. Non c’è nessuno, ma allora chi può essere stato? Sento che dei piccoli denti, tanti piccoli denti, mi stanno mordendo i polpacci. Maledizione, faccio forza con le braccia per tirarmi fuori. Con la lingua cerco di raggiungere la formica, ma mi sfugge, maledetta! Le nuvole bianche iniziano a girare vorticosamente disegnando oscene figure. Forse la mia visione era… mi gira la testa. Svengo.
Caldo, dolore. Apro gli occhi e vedo che il prato mi ha assorbito fino alla vita. C’è qualcosa di viscido che sta strisciando dentro i miei pantaloni. Ahi! Mi azzanna un gluteo, che cavolo! Certo meglio il sedere che… Urlo, ma nessuno accorre. Riesco a muovere le punte delle dita dei piedi come una ballerina classica che danza sulle punte. Le mani invece suonano un pianoforte invisibile interrato nel prato. Urlo ancora, grido aiuto. Quel bastardo tornerà solo in serata. Ma è già passato un intero giorno? Svengo.
Caldo, mal di testa lancinante. Apro gli occhi e vedo l’erba plastificata all’altezza del mio mento. Il prato sta continuando la sua inesorabile opera. Ecco perché è così verde! Si nutre di tutto quello che gli capita a tiro. Bastardo, carogna! Un coleottero si arrampica sulla mia guancia, scuoto la testa, ma lui se ne frega. Sa che non posso schiaffeggiarlo, vigliacco! Quando arriva sulle mie labbra, tiro fuori la lingua e me lo pappo. Muori, bastardo. Ho come la sensazione che qualcosa si stia insinuando nel mio ombelico, e non è una sensazione piacevole, affatto. Sento che sto per perdere coscienza, appare ancora la mia visone che ho avuto sull’amaca… ah, ecco cos’era e quindi… Svengo.
Caldo, mi manca l’aria, sto soffocando. Apro gli occhi. Del terriccio s’infila nelle mie palpebre. Respiro polvere. Sento delle voci. E’ il bastardo. Con la coda dell’occhio ancora emerso vedo un figlio che sta correndo sul prato e quasi mi calpesta. Provo a urlare, ma non esce nulla della mia bocca, anzi, ingoio terra.
Hai pensato a un’erba carnivora come antifurto, eh? Bravo, sei furbo, ma adesso prova ad accendere il barbecue. Fatti una bella bistecca.
Vediamo chi riderà per ultimo. Vediamo.
dopo i commenti nel contest di Forlani posto il mio racconto riveduto e corretto secondo indicazioni.
Fatemi sapere che ne pensate! :-)))
“Digestione” -V1.2
L’amaca è la più grande invenzione dell’umanità, specie dopo un lauto pasto. Però se in zona è presente anche tua moglie, iperattiva e ansiosa, e un vicino stakanovista e super-perfettino, può diventare all'istante uno strumento di tortura medioevale bandito dall’ONU.
C’è quel preciso, fantastico, momento, in cui il dolce rollio dell’amaca, unito alla visione ondeggiante delle nuvole bianche nel cielo cobalto e alla danza dei rami colmi di foglie e al canto degli uccelli, ti fa superare la soglia delle coscienza, instillandoti una visione che sai che sarà risolutiva per la tua vita. L’idea geniale che cambierà tutto.
In quel preciso momento, nell’istante in cui stai cercando di memorizzare i punti principali per traghettarli incolumi nella realtà, una voce stridula ti urla a pochi centimetri dall’orecchio: “Caro, dai svegliati! Prendi esempio dal tuo vicino che sta preparando il barbecue per tutta la famiglia! Senti che buon odore?”
No, sento solo odore di uxoricidio; una forte puzza di cadavere in decomposizione.
La mia “visione” cade giù come un castello di carta al vento, non riesco più a ricordare nulla. Cerco nella mente irritata, ma quella idea mi sfugge come quando non riesci a ricordare un nome di un attore famoso: “ce l’ho sulla punta della lingua!”
E intanto mia moglie che mi incalza: “Caro, dovresti fare come il tuo vicino, guarda come taglia il prato; guarda come gioca con i bambini in giardino, ammira come cucina le bistecche con il barbecue, che arte!”
Che arte nello scassarmi le scatole, direi, cintura nera terzo Dan.
E poi i miei figli: “Papà ci costruisci la casetta come quella bellissima del vicino; ci compri l’altalena a due posti come quella; ci monti il canestro come hanno fatto loro?”
E certo, perché io non ho niente da fare come quel riccastro, che lavorerà, se lo fa, per hobby. Ma io mi appoggerò alla staccionata che ci separa e aspetterò: come il saggio con il fiume, prima o poi verrà il mio momento.
E il momento arriva.
Brutto bastardo, finalmente te ne sei andato, tu e la tua famigliola schifosa; un bel weekend in montagna, nella tua baita di lusso, e io qui al caldo. Tu con i tuoi occhiali di corno di rinoceronte, la mogliettina che addosso ha più silicone che pelle, i figli perfetti con il ciuffo gelatinato biondo slavato e la giacchetta di tweed anche con quaranta gradi all’ombra. Ma la cosa che non sopporto proprio, a parte la tua erba verde smeraldo tagliata all’inglese e l’odore di fiori anche in inverno, è la puzza costante del tuo barbecue serale; sempre accesso con bistecche formato dinosauro, e con contorno la famiglia perfetta da telefilm per casalinghe.
E adesso mi vendico, come è giusto. E’ il mio momento.
Mi guardo attorno: non c’è nessuno, bene. Scavalco la staccionata di rovere perfettamente allineata e piallata al millimetro. L’erba è più soffice e perfetta di quello che sembra dal mio giardino pieno di buche e piante secche. Ecco il barbecue di acciaio cromato, lucido come la Bentley del principe di Monaco. Zac, con la tronchesina taglio il tubo del gas. Fiuu, apro la manopola della bombola che si svuota come un palloncino bucato. Puah, sputo sulla griglia tirata a lucido della tua stupida e puzzolente graticola. Che schifo, che orrore! Operazione compiuta, amico mio, rido. Si ritorna a casa.
Calpesto il più possibile la tua erbetta da frocetto, ci salto sopra anche a piè pari; faccio pipì sull’aiuola piena di fiori. OK, ora posso andare e… ehi! Mi sta girando la testa, ho la nausea. Dovrei sedermi un attimo. Erba, cielo, erba cielo, terra, cado con la faccia sul prato. Buio.
Caldo, prurito. Apro un occhio e vedo un’enorme formica che trascina un insetto morto. Cerco di muovermi, niente. Ho le gambe interrate fino al ginocchio. Come è possibile? Chi mi ha fatto questo? Grido aiuto. Non c’è nessuno, ma allora chi può essere stato? Sento che dei piccoli denti, tanti piccoli denti, mi stanno mordendo i polpacci. Maledizione, faccio forza con le braccia per tirarmi fuori. Con la lingua cerco di raggiungere la formica, ma mi sfugge, maledetta! Le nuvole bianche iniziano a girare vorticosamente disegnando oscene figure. Forse la mia visione era… mi gira la testa. Svengo.
Caldo, dolore. Apro gli occhi e vedo che il prato mi ha assorbito fino alla vita. C’è qualcosa di viscido che sta strisciando dentro i miei pantaloni. Ahi! Mi azzanna un gluteo, che cavolo! Certo meglio il sedere che… Urlo, ma nessuno accorre. Riesco a muovere le punte delle dita dei piedi come una ballerina classica che danza sulle punte. Le mani invece suonano un pianoforte invisibile interrato nel prato. Urlo ancora, grido aiuto. Quel bastardo tornerà solo in serata. Ma è già passato un intero giorno? Svengo.
Caldo, mal di testa lancinante. Apro gli occhi e vedo l’erba plastificata all’altezza del mio mento. Il prato sta continuando la sua inesorabile opera. Ecco perché è così verde! Si nutre di tutto quello che gli capita a tiro. Bastardo, carogna! Un coleottero si arrampica sulla mia guancia, scuoto la testa, ma lui se ne frega. Sa che non posso schiaffeggiarlo, vigliacco! Quando arriva sulle mie labbra, tiro fuori la lingua e me lo pappo. Muori, bastardo. Ho come la sensazione che qualcosa si stia insinuando nel mio ombelico, e non è una sensazione piacevole, affatto. Sento che sto per perdere coscienza, appare ancora la mia visone che ho avuto sull’amaca… ah, ecco cos’era e quindi… Svengo.
Caldo, mi manca l’aria, sto soffocando. Apro gli occhi. Del terriccio s’infila nelle mie palpebre. Respiro polvere. Sento delle voci. E’ il bastardo. Con la coda dell’occhio ancora emerso vedo un figlio che sta correndo sul prato e quasi mi calpesta. Provo a urlare, ma non esce nulla della mia bocca, anzi, ingoio terra.
Hai pensato a un’erba carnivora come antifurto, eh? Bravo, sei furbo, ma adesso prova ad accendere il barbecue. Fatti una bella bistecca.
Vediamo chi riderà per ultimo. Vediamo.