Filastrocca Natalizia
Inviato: domenica 7 gennaio 2018, 15:47
Testo di Natale a... LA CORTE Edition, rivisto:
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Presto! Presto! Prima dell’alba!
Sega incolla taglia, strappa avvita cuci e ammira! Non è spaventosa l’attesa dei vivi? Non è meraviglioso il silenzio dei morti? Ma questi son giudizi e noi non giudichiamo: nel gelido pallore bianco-blù di Yule, noi abbiamo del lavoro da fare. È la notte dei bambini, è la notte dei regali, è la notte dei miracoli e dei nuovi terrori. È la notte che trasforma ogni secondo in infinito. È la luce opaca e gialla del nascente astro di Yule, e noi abbiamo del lavoro da fare.
Perciò mordi incidi incolla, martella spezza assembla e ammira! Le senti alte nell’aria le preghiere di Babele? Le vedi all’orizzonte le luci sempre accese? Ci chiamano al dovere e felici obbediremo: siamo tanti e dedicati, verdi e riposati. Siamo mani ossute e forti indifferenti al freddo, sono fabbriche di ghiaccio tra gli scheletri d’abete. Sono nastri blu di acciaio che scorrono a rilento, è materia che plasmiamo nelle forme di Altrodove.
Orsù buca succhia sputa, tira spingi unisci e ammira! Ricordi che eravamo tutti zucchero e risate? Ricordi quando i sogni erano azzurri e luminosi? Ci facevano i pensieri, le speranze e desideri. Ora invece abbiamo padri zoppi e madri senza volto: ora i tempi son cambiati – e i sogni, ahinoi, con loro. Ma bando alle tristezze, siam verdi e riposati, un anno è già passato, andiamo a lavorar.
Presto! Presto! Prima dell’alba!
Ehi Vixen Comet Dancer, ohi Cupid Dasher Prancer Blitzen! Strilliamola, strilliamola, l’antica liturgia, ché i nastri sono lenti e la notte è troppo corta! Ora il freddo si fa strada tra i vestiti e tra le ossa, tra le pieghe di fantocci con le membra molli già. La promessa del tepore scaccia presto ogni paura, chiude gli occhi e apre le bocche, dei confini fa bugia. Fra le luci nasce il buio, e sui nastri ecco compaiono: sogni amorfi e informi di cui fare meraviglie.
Ohi Dancer Rudolph Dasher, ehi Prancer Vixen Cupid Donner! Cantiamolo, cantiamolo, è un inno al cambiamento, accoglie il nuovo e il vecchio nella luce di Altrodove! Sono sogni di bambini, e di specchi e di ambizioni – son pensieri ben nascosti, forme strane e senza nome. Sono fantasie notturne, nude e prive di vergogna, sono bocche e labbra e cuori e altre scomode realtà. Le prendiamo fra le mani, le tastiamo attentamente, con solerzia e gran sorrisi la magia si compirà.
Ehi Rudolph Prancer Vixen, ohi Cupid Donner Dasher Comet! Muoviamo mani e corpi fra i nastri di metallo, uniamo tutti i sogni in nuove geometrie! Che sia carne o terra o roccia, forma d’uomo o donna o bestia; giovane o vecchio anzitempo, vivo o morto o in mezzo ai due. Che la bocca sua si faccia fonte di pianti o preghiere, che le urla sue sian secche, o bagnate d’acqua e sale. È la notte di Altrodove e noi abbiamo gran daffare: sotto dita lunghe e secche nasceranno bei regali.
Presto! Presto! Prima dell’alba!
Ora i nastri non si fermano, ma vanno a consegnar! Né sacco, ormai, né slitta, che i tempi son cambiati. Ora è il tempo di Altrodove, e tutto va da sé. Con clangore cingolato giungeranno i mille doni: tra i ghiacciai e tra gli abeti, sottoterra, nella testa; dalle bocche aperte e fredde, dai camini, altroché.
Perciò i nastri non si fermano, ma i regali fanno aver! E quell’uomo? Quella barba? Le risate e il bel costume? Divorate da Altrodove, qui ci siamo solo noi. Son su un trono di canditi, le vestigia del passato: muffa e zucchero e silenzio – e gran sorrisi, altroché.
Così i nastri non si fermano, fino all’alba scorreranno!
E se orbite profonde – ossa e buio, bianco e polvere – paion farsi ancor più scure, suggerire un nonsoché; se brandelli di vestiti ancor conservano il colore, e un frammento rosso acceso si fa araldo di memoria; quell’intruso lo scacciamo con i canti e col sudore, giù sui nastri van le teste, “oh oh oh” si fa “clank-clank“. È normale, naturale, una bellissima ovvietà: non siam fatti più di zucchero o di miele o di risate, siamo i figli di una notte senza tempo né pietà. Sono mani ossute e forti a impastare carne e sangue, strilla ovattate dal bianco, di chi non sa più perché. Sono i bei regali della notte eterna di Altrodove: giungeranno un altro anno, e un altro ancora – altroché.
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Presto! Presto! Prima dell’alba!
Sega incolla taglia, strappa avvita cuci e ammira! Non è spaventosa l’attesa dei vivi? Non è meraviglioso il silenzio dei morti? Ma questi son giudizi e noi non giudichiamo: nel gelido pallore bianco-blù di Yule, noi abbiamo del lavoro da fare. È la notte dei bambini, è la notte dei regali, è la notte dei miracoli e dei nuovi terrori. È la notte che trasforma ogni secondo in infinito. È la luce opaca e gialla del nascente astro di Yule, e noi abbiamo del lavoro da fare.
Perciò mordi incidi incolla, martella spezza assembla e ammira! Le senti alte nell’aria le preghiere di Babele? Le vedi all’orizzonte le luci sempre accese? Ci chiamano al dovere e felici obbediremo: siamo tanti e dedicati, verdi e riposati. Siamo mani ossute e forti indifferenti al freddo, sono fabbriche di ghiaccio tra gli scheletri d’abete. Sono nastri blu di acciaio che scorrono a rilento, è materia che plasmiamo nelle forme di Altrodove.
Orsù buca succhia sputa, tira spingi unisci e ammira! Ricordi che eravamo tutti zucchero e risate? Ricordi quando i sogni erano azzurri e luminosi? Ci facevano i pensieri, le speranze e desideri. Ora invece abbiamo padri zoppi e madri senza volto: ora i tempi son cambiati – e i sogni, ahinoi, con loro. Ma bando alle tristezze, siam verdi e riposati, un anno è già passato, andiamo a lavorar.
Presto! Presto! Prima dell’alba!
Ehi Vixen Comet Dancer, ohi Cupid Dasher Prancer Blitzen! Strilliamola, strilliamola, l’antica liturgia, ché i nastri sono lenti e la notte è troppo corta! Ora il freddo si fa strada tra i vestiti e tra le ossa, tra le pieghe di fantocci con le membra molli già. La promessa del tepore scaccia presto ogni paura, chiude gli occhi e apre le bocche, dei confini fa bugia. Fra le luci nasce il buio, e sui nastri ecco compaiono: sogni amorfi e informi di cui fare meraviglie.
Ohi Dancer Rudolph Dasher, ehi Prancer Vixen Cupid Donner! Cantiamolo, cantiamolo, è un inno al cambiamento, accoglie il nuovo e il vecchio nella luce di Altrodove! Sono sogni di bambini, e di specchi e di ambizioni – son pensieri ben nascosti, forme strane e senza nome. Sono fantasie notturne, nude e prive di vergogna, sono bocche e labbra e cuori e altre scomode realtà. Le prendiamo fra le mani, le tastiamo attentamente, con solerzia e gran sorrisi la magia si compirà.
Ehi Rudolph Prancer Vixen, ohi Cupid Donner Dasher Comet! Muoviamo mani e corpi fra i nastri di metallo, uniamo tutti i sogni in nuove geometrie! Che sia carne o terra o roccia, forma d’uomo o donna o bestia; giovane o vecchio anzitempo, vivo o morto o in mezzo ai due. Che la bocca sua si faccia fonte di pianti o preghiere, che le urla sue sian secche, o bagnate d’acqua e sale. È la notte di Altrodove e noi abbiamo gran daffare: sotto dita lunghe e secche nasceranno bei regali.
Presto! Presto! Prima dell’alba!
Ora i nastri non si fermano, ma vanno a consegnar! Né sacco, ormai, né slitta, che i tempi son cambiati. Ora è il tempo di Altrodove, e tutto va da sé. Con clangore cingolato giungeranno i mille doni: tra i ghiacciai e tra gli abeti, sottoterra, nella testa; dalle bocche aperte e fredde, dai camini, altroché.
Perciò i nastri non si fermano, ma i regali fanno aver! E quell’uomo? Quella barba? Le risate e il bel costume? Divorate da Altrodove, qui ci siamo solo noi. Son su un trono di canditi, le vestigia del passato: muffa e zucchero e silenzio – e gran sorrisi, altroché.
Così i nastri non si fermano, fino all’alba scorreranno!
E se orbite profonde – ossa e buio, bianco e polvere – paion farsi ancor più scure, suggerire un nonsoché; se brandelli di vestiti ancor conservano il colore, e un frammento rosso acceso si fa araldo di memoria; quell’intruso lo scacciamo con i canti e col sudore, giù sui nastri van le teste, “oh oh oh” si fa “clank-clank“. È normale, naturale, una bellissima ovvietà: non siam fatti più di zucchero o di miele o di risate, siamo i figli di una notte senza tempo né pietà. Sono mani ossute e forti a impastare carne e sangue, strilla ovattate dal bianco, di chi non sa più perché. Sono i bei regali della notte eterna di Altrodove: giungeranno un altro anno, e un altro ancora – altroché.