Rimpianto_Enrico Nottoli

La 64ª Edizione (la 63ª è il Contest Best - non te la sarai mica perso, vero?) è denominata Contest Live. Questa edizione speciale si è tenuta il 28 febbraio 2015 alla Biblioteca Ginzburg di Torino. Quindici scrittori selezionati hanno partecipato alla sfida sul tema: Il passato è una bestia feroce, il titolo del primo thriller di Massimo Polidoro, Edizioni Piemme.
enrico.nottoli
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Rimpianto_Enrico Nottoli

Messaggio#1 » sabato 28 febbraio 2015, 16:47

Rimpianto

Sono sempre meno, le cose per cui vivere sono sempre meno. E tu te ne stai lì a cercare, cercare una delle inutili ragioni per alzarti dal letto un’altra volta, andare in bagno un’altra volta, lavarti i denti (forse) un’altra volta e uscire. Ma certe mattine è proprio impossibile. Provi a fregartene e non pensare alle ripercussioni. Eppure, tutto quello che deve ancora venire, dipende da ciò che è già stato fatto. Nella stessa strada della vita, priva di incroci, priva di deviazioni o un semaforo almeno, che permetta di pensare e starsene fermi per un po’, ad aspettare il lavavetri algerino, ad aspettare tutto quello che ancora non è arrivato e che di certo non verrà mai. Senza andarlo a cercare. Perché, sebbene tu riesca ad amare, non è detto che venga ricambiato.
Io.
Così mi alzai anche quella mattina, nonostante tutto. Misi su la moca, fissando i fornelli incrostati di sugo al pomodoro di mia madre.
“Dovrei pulirli.” Dissi.
“Dovresti.”
“Buongiorno, Seba.”
Grugnì, seduto sulla sedia in cucina.
Sebastiano era il mio coinquilino da un anno e mezzo.
“Cosa hai fatto ieri sera?”
“Mi sono visto con Valeria.”
“Dovrei rivederla anche io.”
“Dovresti.”
Il caffè venne fuori, lo tirai via dal fuoco non appena vidi schizzarne una parte sul piano cottura.
“Vuoi?”
“No.”
“Ti ha detto qualcosa di me?”
“Chi?”
“Come chi? Valeria.”
“Dice che le devi cinquecentonovantasei euro di alimenti.”
“E la bambina?”
“Anche la bambina dice che le devi cinquecentonovantasei euro di alimenti.”
“Capisco.”
Colmai tre cucchiaini di zucchero e li rovesciai in una tazzina, poi aggiunsi il caffè. Mi buttai sulla seggiola vicino Sebastiano e cominciai a bere. Ero fiacco. Lui mi guardava e scuoteva la testa:
“Ti ricordi di Giovanna, quando eravate nudi sulla darsena ma tu hai fatto cilecca?”
“Mi ricordo.”
“Ti ricordi di tuo padre, quel gran porco?”
“Mi ricordo.”
“Ti ricordi di come riuscivi a divertirti l’estate, da ragazzo, coi tuoi amici?”
“Mi ricordo.”
Ogni mattina discutevamo così. Non riuscivo ad avere pace, dal momento in cui decidevo di scostare le lenzuola di dosso sapevo che Sebastiano era lì. E non se ne sarebbe andato tanto facilmente ...
Lo conobbi la sera in cui litigai per l’ultima volta con mia moglie, o meglio, ex moglie, un anno e mezzo prima. Dopo essere stato buttato fuori di casa decisi di fare un giro in macchina per cercare di distendermi. Era notte. Senza luna, o magari c’era ma non illuminava comunque, non so. Stavo percorrendo una strada statale sulle colline dell’entroterra lucchese. Non pensavo a niente, probabilmente avevo il cervello intasato come il cesso di un autogrill e tutte le idee, le emozioni, le pulsioni e le bestemmie si accavallavano una sull’altra impedendomi di ideare qualcosa di concreto. Solo una cosa avevo chiara in testa:
ERA FINITA
con mia moglie intendo. Era troppo orgogliosa per accettare quello che le avevo fatto. Credo avesse ragione. Sì.
Stavo andando veloce e la mia guida barcollava. Tracannai una sorsata di gin dalla bottiglia sul sedile del passeggero e sbattei le palpebre due volte consecutive. Non ci potevo proprio credere:
ERA FINITA
con mia moglie intendo.
Un cinghiale mi sbucò d’improvviso da un cespuglio. Non feci in tempo a sterzare che lo centrai in pieno sulla coscia posteriore destra.
Urlò.
Frenai, tardi.
Mi passai le dita sugli occhi per cercare di riprendermi e scesi dalla macchina. L’animale era sdraiato di peso sull’asfalto, illuminato dai fari della mia Panda. Respirava a fatica ma tentava di dimenarsi ancora, nonostante avesse una gamba e parte del corpo distrutti. Grugniva, di un grugnito disperato che pareva gridarmi:
“Ehi, brutta merda! Mi hai preso! Non sai chi sono io! Io ti pelo, hai capito? Ti porto per avvocati e ti pelo! Chiama un’ambulanza, muoviti, Cristo!”
Non chiamai nessuno.
Sapevo che non sarebbe passata un’anima fino alle cinque e mezzo, quando i primi impavidi si sarebbero recati alle loro ditte edili per il turno della mattina. Così entrai di nuovo in macchina e presi dal cruscotto un pacchetto di Camel, poi tornai dalla bestia agonizzante.
“Vuoi?”
Gli dissi sfilando una sigaretta per me e porgendone una a lui, ma quello continuava solo a divincolarsi e piangere.
“Hai smesso eh, amico? Non sai quante volte, quante volte ci abbia provato anche io. Eppure eccomi qua!”
Accesi la sigaretta e iniziai ad aspirare, mi misi a sedere sul cofano della macchina avendo la luce giusta per quel meraviglioso spettacolo della natura. Una bestia morente in una chiazza del suo stesso sangue. Brutta fine, poveretto.
“Sai, stanotte ho rotto con mia moglie. Abbiamo anche una bambina di sei anni, oh vedessi quanto è carina …”
Parlai con lui per una ventina di minuti, poi morì. Lì, sull’asfalto freddo. A volte il destino è così ingiusto.
Lo trascinai fino al ciglio della strada e lo spinsi fuori dal guardrail, facendomi il segno della croce e facendo pipì alla base del cartello che segnalava l’attraversamento di animali.
Dalla mattina seguente me lo ritrovavo sempre in casa.
Ora parlava però.
“Ti ricordi anche …”
La suoneria del cellulare interruppe l’elenco di Sebastiano e corsi a rispondere. Era Valeria.
“Pronto?”
“Sei in ritardo! Dove sono i soldi? Cazzo, Sebastiano, devo comprare i libri per la scuola e pagare il saldo della scuola di nuoto! Non puoi sempre essere in ritardo …”
“Ciao, Veronica, che piacere sentirti.”
“Piacere? Mi prendi per il culo? Senti, ti conviene pagare entro domani sennò non vedrai più la bimba, intesi?”
“Ti sei vista con Sebastiano ieri sera?”
“Sebastiano chi?”
“Il mio coinquilino.”
“…”
Aveva riagganciato.
Tornai in cucina e finii il mio caffè.
“Che ti ha detto Veronica?”
“Che gli sei rimasto molto simpatico.” Risposi.
“Dovresti smetterla.”
“Dovrei.”
Misi la tazzina nella pila del lavandino e tirai fuori un pezzo di carta dalla tasca del pigiama. Mi voltai verso Sebastiano:
“Ieri ho scritto una poesia. Ti va di sentirla?”
Grugnì.
“Si intitola: Niente.

è così lunga una notte senza essere amati.
Eppure provo,
senza speranza
a andare avanti,
mentre il mondo si perde nel tempo.”
“Fa schifo.”
“Ok.”
“Stasera vedo Giovanna, ci vediamo al Bagno Balena a Forte dei Marmi. Credo ci stia.” Disse.
“Oh, bene, sono contento, sono contento per te. Dovrei rivederla anche io.”
“Dovresti. Ormai.”
“Vado a prepararmi.”
Mi voltai e mi incamminai verso la camera da letto. Sullo scaffale del salotto tenevo ancora la mia foto con Veronica, non ero ancora pronto a uscire con un’altra donna. Non capii mai perché quella sera, di ritorno dall’ufficio, la tradii con una prostituta, forse mi aveva eccitato l’idea del denaro. Adesso mi eccitava solo l’idea di avere una famiglia, invece.
Mi vestii.
Scesi.
Sebastiano era ancora in cucina, gli feci un cenno con la mano, mentre lui stava seduto scomposto a causa del dolore alla coscia destra. Senza lavare i denti aprii la porta. E, appena prima di uscire, mi rivolsi all’animale chiedendo:
“Seba, ma tu mi hai mai voluto bene?”
“Non più di quanto tu ne voglia a te stesso.”
Sospirai e andai a lavoro.

Sarei morto trentadue anni più tardi. Da solo, con Sebastiano in cucina.




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antico
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Messaggio#2 » domenica 1 marzo 2015, 11:24

Comunicazione importante:
Enrico Nottoli s'è accorto di una svista poco dopo la consegna e, correttamente, non ha modificato, mi ha scritto in privato.
Il problema sta nel personaggio di Valeria che, dal dialogo telefonico in poi, ha indicato per tre volte come Veronica.
Nel leggere il racconto, dunque, tenete in conto di questo problema, in modo da non rovinarvi la lettura. Nel giudizio potete decidere di valutarlo come errore penalizzante o meno, posso dirvi come mi comporterei io: tendo a valutare la qualità di un racconto al netto di qualche svista banale che in un contesto come Minuti Contati può sempre capitare.
Detto questo, ognuno è libero di giudicare secondo il proprio metro.

cristina.danini
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Messaggio#3 » domenica 1 marzo 2015, 12:35

Peccato per le (poche) battute di troppo e per il cambio di nome, perché la trovo bella come storia. L'ultima frase ricorda vagamente l'incipit di Cent'anni di solitudine, ma forse è solo un'impressione mia. Anche la poesia nel mezzo non mi è dispiaciuta, qualunque cosa dicano i personaggi e pensassi tu mentre la scrivevi. Complimenti!

enrico.nottoli
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Messaggio#4 » domenica 1 marzo 2015, 13:00

Ciao, grazie per essere la prima a commentare. Sul fatto del nome posso dire solo di essere un bischero e aver confuso nella trascrizione i due nomi ma le battute sono 6979 come dice anche l'Antico.
E per quanto riguarda il finale ti basti che io di Marquez ho letto solo "L'amore ai tempi del colera" quindi non so come inizi quel romanzo, ma insomma lo prendo come un complimento, anche se probabilmente non lo era.

cristina.danini
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Messaggio#5 » domenica 1 marzo 2015, 13:16

Ho un cattivo contatore di battute, lo cambierò. Comunque non intendevo assolutamente accusarti di plagio, anzi! Mi è piaciuto davvero tanto il finale, solo per come è strutturato mi ha ricordato quell'incipit. Ma sarà stato un collegamento mio, ho una mente un po' strana! Scusa per il fraintendimento, davvero

enrico.nottoli
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Messaggio#6 » domenica 1 marzo 2015, 13:29

Ahaha figurati, stavo scherzando, volevo piazzare una faccina alla fine ma ho cercato di non fare il bimbo minchia al prima commento

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antico
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Messaggio#7 » domenica 1 marzo 2015, 13:31

Come contatore battute fate sempre riferimento a quello postato interno al forum e in generale prendete a riferimento il conteggio postato sul tread dedicato. Per il resto, non preoccupatevi di offendere perché non c'è nulla per cui offendersi. Dite quello che pensate ed eventualmente siate disposti a cambiare anche le vostre posizioni in seguito alle risposte. Oppure difendetele se ne siete convinti, ma senza tema di offendere. Potete essere migliori amici e mettervi reciprocamente ultimi, fatevi una risata. Ma non abbiate paura del confronto diretto che è solo grazie a quello che si ottengono i migliori risultati.

Detto questo: bello, dagli spalti dell'Arena sto cominciando a divertirmi.

beppe
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Messaggio#8 » domenica 1 marzo 2015, 14:15

Ciao Enrico, benvenuto a Minuti Contati. :)
Il tuo è un racconto ricco di particolari, una buona pratica che serve a evitare le frasi fatte e le espressioni trite e scontate, già sentite o lette mille volte. Per esempio ho apprezzato questa semplice descrizione di vita quotidiana:
 
Il caffè venne fuori, lo tirai via dal fuoco non appena vidi schizzarne una parte sul piano cottura.

 
Il dettaglio del caffè schizzato sul piano cottura – e a chi non è mai capitato? – ci mette a nostro agio nel mondo del protagonista: è uno di noi, ha i nostri stessi problemi, le nostre stesse speranze.
Come in tutte le cose, però, ci vuole misura. Alcuni dettagli possono essere eccessivi e del tutto irrealistici, anche se precisi ed esatti. La frase che balza all’occhio in tal senso è questa:
 
lo centrai in pieno sulla coscia posteriore destra.

 
Troppe informazioni, e fuori dal punto di vista dell’io narrante. Per il protagonista non è importante il dettaglio della “coscia posteriore destra”. Probabilmente, nel mood del momento, avrebbe potuto pensare piuttosto qualcosa del tipo “lo centrai in pieno sul culo.” Molto meno preciso, ma più reale di una precisa descrizione anatomica, dato il contesto. O addirittura soltanto “lo centrai in pieno.” E basta. Less is more. (E ricorda anche che difficilmente il protagonista avrebbe potuto registrare il punto preciso dell’impatto fra la sua auto e il cinghiale: da dietro il volante, non poteva affatto assistere all’impatto.)
Ti dico questo perché il diavolo, come si dice, è nei dettagli. Se vuoi essere dettagliato, devi essere davvero preciso, altrimenti il lettore, anche se non saprà verbalizzare le sue sensazioni, avvertirà qualcosa che stride, qualcosa di troppo o di sopra le righe nella tua storia.
Altro piccolo dettaglio, a una prima lettura la frase: "Ora parlava però." mi è suonata strana perché fin dalla sua prima apparizione il personaggio di Sebastiano è presentato come “parlante”, a modo suo:
 
Urlò. […] Grugniva, di un grugnito disperato che pareva gridarmi:
“Ehi, brutta merda! Mi hai preso! Non sai chi sono io! Io ti pelo, hai capito? Ti porto per avvocati e ti pelo! Chiama un’ambulanza, muoviti, Cristo!”

 
Personalmente sentirei il bisogno di un davvero. “Ora parlava davvero, però.”
Al contrario, bella scelta quella dell’ambiguo Grugnì. alla prima apparizione del coinquilino bestiale nel presente.
Per il resto, il racconto si legge con piacere, è aderente al tema, lascia il giusto amaro in bocca che promette nel titolo, “Rimpianto”. Ottima la scelta della forma dialogica per dare voce al dramma interiore che inchioda il protagonista al proprio passato, come la presenza di un coinquilino molesto che non può mandar via.
Una buona prova. Bravo.

enrico.nottoli
Messaggi: 82

Messaggio#9 » lunedì 2 marzo 2015, 16:22

Ciao Beppe!
Hai ragione sui dettagli, forse ne ho aggiunti troppi, anche la botta sul culo del cinghiale è un esempio perfetto di come poteva essere più efficace usare un linguaggio vago anziché così specifico.
La frase: "ora parlava però" è introdotta dal verbo "pareva", come hai sottolineato anche te, quindi è il lamento della bestia che nelle orecchie del personaggio si manifesta in delle frasi, è una sua immaginazione. Per questo subito dopo il cinghiale non risponde più al personaggio ma se ne sta in terra morente. Prende a parlare soltanto quando entra a pieno nella vita (mentale chiaramente) del protagonista. In pratica c'è una linea sottile che lega il protagonista alla realtà, e con la morte del cinghiale (oltre che la separazione dalla moglie) la linea viene spezzata per sempre e interrompe ogni rapporto con il reale rifugiandosi solo nella fantasia. Spezzata questa linea non conta più se il cinghiale parli davvero o nella sua immaginazione, adesso il cinghiale parla e basta. Detto ciò un bel: DAVVERO, come hai suggerito, faceva tornare i conti, pensavo solo si reggesse anche senza.
Grazie mille dei consigli e degli appunti che mi hai fatto.

beppe
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Messaggio#10 » lunedì 2 marzo 2015, 16:30

Ciao Enrico, infatti, prendi sempre i commenti, non solo i miei cum grano salis. Tolkien, per esempio, faceva leggere i capitoli de Il Signore degli Anelli ai suoi amici Inklings (C.S. Lewis & Company) nel pub, ascoltava i loro consigli con attenzione... gli chiedevano magari solo di cambiare una frase o fare uno o due aggiustamenti. Ronald (questo il suo nome per gli amici) ascoltava tutto, annuiva e poi... o ignorava del tutto i commenti o buttava via l'intero capitolo e lo riscriveva da capo!
Ora, ognuno ha il suo stile, e ognuno ha i suoi gusti. L'unica tua guida può essere il tuo "lettore interiore". Estrapolati e leggiti, come se fossi tu il tuo destinatario.
Ciao! :-)

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Peter7413
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Messaggio#11 » lunedì 2 marzo 2015, 18:16

"Estrapolati e leggiti, come se fossi tu il tuo destinatario." (cit. The Beps)

Vero, ma nei limiti. Ci si rivolge comunque sempre all'esterno e nella marea di offerta che c'è lo si deve conoscere per emergere. Quindi ok affidarsi al proprio lettore interiore, ma sempre con il corretto atteggiamento critico, pena il rischio di passare inosservati. La giusta via sta sempre nel giusto mix d'ingredienti e l'asticella non va posta troppo da una parte, ma neppure dall'altra.

Premetto che non ho ancora letto il racconto, Enrico, ripasserò per il commento ;).

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marco.roncaccia
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Messaggio#12 » lunedì 2 marzo 2015, 18:22

Ciao Enrico,
hai avuto una buona idea, hai materializzato la “bestia feroce” del tema prendendo il toro per le corna, anzi il cinghiale per le zanne e sfruttando in modo originale il topos (non il topo) degli animali (amici o nemici) immaginari: Harvey, Donnie Darko e l’armadillo di Zerocalcare sono i primi riferimenti che mi vengono in mente.
Trovo inappuntabile il primo dialogo tra Seba e il protagonista e in generale quella scena lì. Tanto che fossi in te avrei iniziato così.
Ti segnalo alcuni elementi deboli, almeno per il mio gusto:
- la premessa in seconda persona mi sembra non aggiungere niente anzi appesantisce costringendoti a passare dalla seconda alla prima persona poco dopo, cosa che non andrebbe fatta in una racconto breve senza un serio motivo;
- Al dialogo tra il cinghiale in agonia e il protagonista sbronzo non riesco a credere pienamente lo trovo un po’ sopra le righe;
- La commistione tra poesia e prosa in questo contesto mi pare forzosa
- Il titolo (!!!)
In ogni caso reputo la tua una buona prova. Complimenti.

enrico.nottoli
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Messaggio#13 » lunedì 2 marzo 2015, 20:17

Ciao Ozbo,
Donnie Darko mi piace un sacco e non nego di averci pensato in effetti, il mio protagonista ha molto in comune con quel film.
Il dialogo sbronza-cinghiale è paradossale all'estremo ma era una cosa voluta, ho provato proprio a non renderlo credibile, ma in fondo anche il dialogo in cucina non è proprio scritto per essere verosimile, preferivo mostrare la follia del personaggio piuttosto che seguire la realtà.
La poesia è saltata all'occhio ma in realtà l'ho inserita solo per mostrare il carattere cinico del cinghiale che smonta sempre il protagonista, non aveva un altro ruolo ecco.
Sui titoli, invece, sono sempre stato un po' imbranato, ho scelto questo perché rileggendo mi sembrava il tema del racconto (il rimpianto di essersi lasciato dalla moglie) e l'ho usato. Diciamo che capisco i tre punti esclamativi dai :)
Grazie per le impressioni, appena avrò letto tutti i racconti ti darò anche il mio feedback.

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Filippo Santaniello
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Messaggio#14 » giovedì 5 marzo 2015, 18:10

Ciao Enrico,
credo sia la prima volta che leggo qualcosa di tuo. D'istinto ho pensato che sai tenere desta l'attenzione del lettore, utilizzi uno stile pulito, preciso, frasi brevi e buoni dialoghi, ma subito dopo mi sono reso conto che in certi punti hai perso il controllo dell'attendibilità ed è come se fossi scivolato verso zone poco chiare, almeno per me. Ovviamente sono gusti, siamo qui per confrontarci. Spero di rileggerti presto, ciao!

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ceranu
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Messaggio#15 » giovedì 5 marzo 2015, 18:59

Ciao Enrico,
racconto molto carino, ma con parecchi limiti.
Lo stile mi piace, c'è qualche ripetizione, ma poca cosa.
Il problema è la storia. Finita la lettura, dove crei un'ottima atmosfera, rimane poco. Non c'è un vero motivo per leggere questo racconto, la trama di per se non è nulla di particolare. Un uomo come molti che paga per una cazzata fatta. Non regge lo stress e va fuori di testa.
Non so, mi sembra un po' poco.
A tratti ho avuto l'impressione che surreale e normalità si mischiassero. Non mi sono stupito leggendo che il suo amico era un cinghiale, ma l'ho fatto quando hai scritto che da solo l'ha spinto oltre il Guardrail. Quanto pesa un cinghiale?
In quella scena ci sono altre imprecisioni, la realtà ha bisogno di coerenza. Se urti il cinghiale e freni solo dopo, l'animale sarà dietro l'auto e non davanti.
Nel complesso una buona prova, leggera ma buona.
Ciao e alla prossima

enrico.nottoli
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Messaggio#16 » giovedì 5 marzo 2015, 21:03

Ciao ragazzi.

allora rispondo prima a Filippo. Grazie del parere intanto. È vero che nella seconda parte il racconto diventa un po' più tortuoso, e magari difficile da tenere in fila. Se posso chiedertelo, hai mica voglia di dirmi quale siano le zone più buie di preciso? Con un esempio capirei un po' meglio dove ho sbagliato. Grazie ancora :)

 

ciao Ceranu. Allora sono contento che tu abbia apprezzato lo stile, la storia è volutamente poco pesante. Con un tema simile non volevo cadere nel disperato e ho cercato di non calcare la mano sul tragico ma di dimostrare come il passato possa essere doloroso anche in cose più piccole, senza necessariamente gente che muoia o simili.

Hai ragione anche sul fatto che surreale e reale si fondano poco a poco, infatti il punto di vista è del protagonista che sta proprio impazzendo man mano.

sulla scena del cinghiale butto giù la maschera e faccio una rivelazione, che ci crediate o no mi è accaduta davvero una cosa simile :) in pratica sono un montanaro  doc e intorno casa ho pieno di  cinghiali. Una sera con un paio di amici in auto ne abbiamo preso uno piccolo e ti assicuro che dopo averlo preso il corpo era balzato in avanti dalla botta! Siamo scesi e un mio amico lo ha afferrato per le zampe e scaraventato fuori Dalla carreggiata. Era un cinghiale cucciolo, di una quindicina di chili. Questo per dire che le misure variano da dieci a trecento chili, in base alla stazza e all'età. Di cacciagione ne so perché mio padre ci va spesso a caccia.

Spero di aver chiarito un po' almeno questa immagine.

Grazie a entrambi per il commento.

 

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ceranu
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Messaggio#17 » giovedì 5 marzo 2015, 22:01

Ciao Enrico, ora è tutto più chiaro, però la prossima volta specifica la taglia del cinghiale. Io ho immaginato un bel cinghiale da almeno 200kg. Anche perché poi si trasforma in un adulto.

sharon.galano
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Messaggio#18 » venerdì 6 marzo 2015, 15:52

Ciao Enrico,

il tuo racconto è veloce. Per questo ti consiglierei di eliminare il paragrafo introduttivo dal sapore introspettivo e passare direttamente all'azione. I dialoghi reggono bene la prova del nove, almeno quelli della prima parte. Il misunderstanding si ha proprio nella seconda parte del racconto: la trasformazione del cinghiale in coinquilino, non è credibile. Se questo è un segno della pazzia del protagonista, deve essere anticipato da indizi disseminati un po' prima. La poesia poteva essere una buona occasione: es. banale fai in modo che utilizzi quattro o cinque versi per parlare della sua ex paragonandola a un animale. Sono solo suggerimenti, tutti siamo qui per confrontarci. Buon lavoro.

jacqueline.nieder
Messaggi: 28

Messaggio#19 » sabato 7 marzo 2015, 13:56

Ciao Enrico,

il tuo racconto mi è piaciuto tantissimo. E' come leggere in un salone luminoso con grandi finestre spalancate e un venticello d'aria fresca che ti entra piacevolmente nei polmoni. Credo che tu abbia una grande padronanza del dialogo. E' vero, è naturale. Il lettore scorre nel testo con piacere e voglia di saperne di più.
E poi mi hai fatto ridere. L'idea del cinghiale come coinquilino mi ha fatto morire. ;)
L'unica cosa è il dettaglio della coscia, troppo preciso per essere verosimile.

Ah altra cosa: belli i dettagli dentro casa. Il caffè, lo sporco sui fornelli. Ne sento l'odore, armeggio con le mani del personaggio.
Complimenti insomma :)

francesco.damore
Messaggi: 19

Messaggio#20 » domenica 8 marzo 2015, 13:30

Io concordo con il commento precedente di Ceranu, non trovo un motivo per il quale si dovrebbe leggere questo racconto, non accade nulla di così particolare se non nella follia dello stesso protagonista e mi sembra un po' poco; la sua follia non porta ripercussioni sugli altri a parte che a se stesso, e tutto ciò gli dura trentanni di vita senza che riesca a superarlo. Come ha fatto a durare così tanto senza che nessuno si occupasse di lui? Insomma, gli dura un po' troppo questa follia senza che degeneri completamente in una schizofrenia. Magari la sua ex moglie o sua figlia prima o poi lo avrebbe portato da uno psichiatra, non credo lo avrebbero lasciato completamente solo. Quando la sua ex moglie gli attacca il telefono dopo che il protagonista le fa una domanda riguardante sul suo coinquilino immaginario, credo che abbia capito che sia uscito fuori di testa; magari la sua preoccupazione non dovrebbe ricadere solo nei 500 euro di alimenti.

enrico.nottoli
Messaggi: 82

Messaggio#21 » lunedì 9 marzo 2015, 20:26

Intanto ciao Jacqueline, grazie mille per il commento che mi hai fatto. Sono contento che tu l'abbia apprezzato, e sul dettaglio della coscia ho capito che in effetti ho esagerato. Grazie ancora ;)

Ciao Francesco, non so a me spesso piacciono anche le storie in cui non succede qualcosa di eclatante, però quelli sono gusti in effetti. Per il resto avevo deciso che la malattia e la realtà ormai si fondessero nel racconto e non ho voluto specificare il grado o la degenerazione della patologia stessa. Sicuramente il protagonista potrebbe aver riallacciato i rapporti con la figlia, sì, ma rimane comunque un uomo solo a prescindere. Non può farci niente ormai.

Comunque di aver commentato :)

viviana.tenga
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Messaggio#22 » lunedì 9 marzo 2015, 21:18

Ciao Enrico,

Ho trovato molto carina l'idea del coinquilino che si rivela essere un amico immaginario cinghiale. Il racconto si legge bene, lo stile scorrevole ed efficace, la trama non è niente di particolare ma riesci a tenere su ugualmente la curiosità del lettore. Non mi sono piaciuti molto solo l'inizio (un po' dispersivo) e frase finale: il racconto è già completo, con quell'ultima frase fai un balzo precipitoso avanti nel tempo senza aggiungere niente a livello di impatto emotivo.

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eleonora.rossetti
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Messaggio#23 » martedì 10 marzo 2015, 10:41

Ciao Enrico, devo dire che il tuo racconto mi è piaciuto. I dialoghi rendono, mi piace lo scambio di battute tra Sebastian e il protagonista e il tema mi pare afferrato. L’unica che mi è parsa un po’ artificiosa è stata la moglie al telefono, ma la breve comparsa che fa non mi ha guastato l’atmosfera.

Avrei tolto in toto la premessa iniziale e sarei partita con lui che si alza dal letto. La quotidianità rende ancora più insopportabile, a mio avviso, il tormento del passato, perché non ti fa uscire dal tunnel, e concentrarsi su quei dettagli anziché sulle riflessioni sarebbe stato più efficace.

C’è solo un appunto che mi ha tolto un po’ credibilità alla vicenda: nel duello tra un cinghiale e una Panda ti assicuro che vince il cinghiale ^^ vivo in Valtellina e cose del genere capitano, e anche con daini e volpi, ti posso testimoniare che un cinghiale preso a tutta velocità, detta fuori dai denti, “ti entra in macchina”, ovvero te la devasta, il muso non lo ritrovi più ^_^

A te è capitato un cucciolo, ma siccome nella storia non lo specifichi, mi sono immaginata un bel bestione e ho pensato “ma che Panda ha? Un carroarmato?” ^_^”

Al di là di questo, il mio giudizio è positivo. Bel lavoro!
Uccidi scrivendo.

enrico.nottoli
Messaggi: 82

Messaggio#24 » martedì 10 marzo 2015, 17:29

Ciao, grazie ad entrambe per i pareri che mi avete dato.

Si il mio cinghiale era un cucciolo altrimenti la Panda mi sa che poteva anche andare allo sfasciacatrozze direttamente ahah :)

carolina.pelosi
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Messaggio#25 » mercoledì 11 marzo 2015, 16:45

Ciao Enrico! Mi è piaciuto il tuo racconto, la tua scrittura mi piace, dura, un po' bukowskiana (ma questo lo sai già). Mi sono piaciute tanto le ripetizioni "dovrei, dovresti" che fanno già capire che quel Sebastiano non è un amico qualunque. Un po' come il "grugnì", quando parli di lui essere umano e poi lui cinghiale. Questa personificazione della coscienza l'ho apprezzata tanto e ho apprezzato anche il "non-dialogo" quando lui investe il cinghiale. L'unica cosa su cui io avrei fatto più forza è il dialogo telefonico tra lui e la sua ex moglie, che invece viene fuori nelle ultime due battute tra lui e Sebastiano (molto bello il finale).
Hai fatto un buon lavoro!

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patty.barale
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Messaggio#26 » venerdì 13 marzo 2015, 10:17

Di' la verità: tu sei Zerocalcare!

Il tuo cinghiale profuma talmente di Armadillo, che per tutto il racconto mi sono immaginata la  rappresentazione grafica della storia!

Hai uno stile che mi piace molto, leggero nel trattare temi triti e ritriti in salsa melodrammatica, e capace di strappare il sorriso.

Solo un passaggio mi ha un po' lasciata perplessa:

"Non capii mai perché quella sera, di ritorno dall’ufficio, la tradii con una prostituta" : sta ricordando il motivo per cui lei lo ha lasciato?

In questo caso, secondo me, sarebbe meglio un "l'avevo tradita".

A parte questo, il racconto mi è piaciuto veramente tanto (anche se forse dovresti rivedere un po' la parte dell'incidente: un cinghiale ti distrugge la macchina!)

A rileggerti!

viviana.spagnolo
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Messaggio#27 » lunedì 16 marzo 2015, 21:31

Ciao Enrico! Bel lavoro. Del tuo racconto ho apprezzato molto le frasi ripetute, una scelta stilistica che mi piace molto, e la verosimiglianza dei dialoghi. Nel leggerti, si intravedono con chiarezza alcuni dei tuoi riferimenti letterari. Unica pecca della tua scrittura è un'eccessiva puntualità, alle volte. Soprattutto nelle descrizioni. Snellendo un po' il tutto potresti ottenere un ritmo ancora più agile che, secondo me, ben si accorderebbe al tuo modo di scrivere. Comunque bravo!

 

diego.ducoli
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Messaggio#28 » lunedì 16 marzo 2015, 22:46

Bella l'idea del cinghiale immaginario come coinquilino, anche io me lo immaginavo si 200-300 Kg

forse perché l'idea di un bestione del genere in cucina mi divertiva.

La parte della panda che colpisce la bestia mi è sembrata un po incoerente, ma quella è una mia fissazione sugli incidenti e sui danni ai mezzi.

La svista sui nomi non l'ho trovata cosi grave una buona prova.

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Peter7413
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Messaggio#29 » venerdì 20 marzo 2015, 1:31

C'è un solo errore, a mio avviso, in questo racconto: "Così mi alzai anche quella mattina... Sarei morto trentadue anni più tardi". Dov'è l'errore? Che quello che sta in mezzo è il resoconto di un inizio giornata tipo per il protagonista, una come tante cui ne seguiranno tante altre. Quel "Così mi alzai anche quella mattina" promette qualcosa di straordinario, qualcosa che invece non arriva. Va modificato, va normalizzato.
Sul resto, invece, poco da dire. Mi piace lo stile, ho apprezzato la conduzione del racconto, il controllo esercitato dall'autore, il punto di vista leggermente deviato (la scena di lui che guarda E BASTA il cinghiale morire è da antologia), i dialoghi. Sì, forse il fatto che il tutto si regga su un rimpianto per un amore perduto cozza un pelo con il cinismo che sprizza da ogni parola e forse l'evoluzione qui sta nel cercare di coniugare questo impeto verso sentimenti banali con la visione generale o forse è meglio dire con l'istinto di chi scrive... Ma c'è molta potenza qui.

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