La prossima volta lasciate stare LineaVerde, guardatevi MacGyver e costruitevi un lanciafiamme - DAY TWO
Inviato: mercoledì 19 aprile 2017, 0:19
Valeria era da sempre un'appassionata di botanica e grazie a questa passione aveva vinto il titolo di pollice verde di Clusone negli ultimi dieci anni.
Ma un giorno a Valeria questa supremazia parve vacillare.
Nell'appartamento sotto il suo si era trasferita una nuova vicina: si chiamava Giuditta ed era una luminare della botanica.
Le rose sul balcone di Giuditta splendevano come rubini e offuscavano quelle di Valeria.
Valeria non riusciva a sopportare che i fiori della vicina fossero più belli dei suoi.
Era disperatissima, doveva riacquistare il primato e si concentrò per trovare una soluzione.
La risposta le giunse una domenica guardando LineaVerde.
Quella sera andò ai fornelli e mise sul fuoco una pentola con dell'acqua a bollire.
Pochi minuti dopo Valeria era sul balcone con la pentola a cui aveva aggiunto abbondanti manciate di sale.
Pensò che forse non sarebbe bastato e ci aggiunse numerose gocce di pesticida.
Si sporse dalla ringhiera: i fiori che avevano oscurato i suoi la sbeffeggiavano.
Appurò che di sotto nessuno passasse per strada o che qualcuno dalle finestre delle case e degli appartamenti attorno potesse vederla.
Si fece coraggio, versò l'acqua e andò a dormire serena e felice.
Il giorno seguente Valeria fece colazione e andò a sistemare le proprie rose.
Erano bellissime.
Tutti i vicini sarebbero tornati a farle i complimenti, visto che quelle della vicina erano spacciate.
Si affacciò dal balcone per vederle in agonia.
Ritrasse subito lo sguardo, rientrò in casa chiudendo con forza alle sue spalle la porta-finestra.
"È impossibile!" esclamò Valeria osservando nel lavandino il pentolone con cui aveva attentato alle piante.
Quel giorno si vestì per andare in ufficio ma non ci andò.
Passò tutto il giorno su e giù tra cucina e balcone e sporgendosi dal balcone.
La macchina di Giuditta era sempre parcheggiata giù nella via.
Si gettò disperata sul divano.
Singhiozzò per diversi minuti: "la targa pollice verde non può andare a quella stronza!"
Il rumore di una portiera e l'accensione di un motore le ridiedero un contegno.
Uscì sul balcone e appurò che Giuditta era andata a lavorare.
Doveva agire alla svelta.
Prese la sua borsetta e vi ammassò dentro alcuni oggetti da giardinaggio.
Uscì dall'appartamento e si fiondò giù dalle scale.
Andò dal portinaio Vincenzo e con la scusa che una sua gonna era caduta nel balcone sotto al suo riuscì a farsi aprire la porta di casa della vicina.
L'appartamento era pieno di piante e di strumenti botanici.
La sua mente non reggeva a tale visione: non solo le piante sul balcone della vicina erano più belle delle sue, ma tutte quelle all'intero appartamento erano più belle delle sue.
Uscì sul balcone, estrasse dalla borsetta una paletta e fece per colpire una rosa.
Questa si animò e schivò il colpo.
Valeria arretrò alla vista di quella pianta con i denti aguzzi.
Rientrò nell'appartamento dove ad attenderla c'era un'intera selva di piante carnivore.
Giuditta rincasò la sera e le sue piante la salutarono con rutti di sazietà.
Ma un giorno a Valeria questa supremazia parve vacillare.
Nell'appartamento sotto il suo si era trasferita una nuova vicina: si chiamava Giuditta ed era una luminare della botanica.
Le rose sul balcone di Giuditta splendevano come rubini e offuscavano quelle di Valeria.
Valeria non riusciva a sopportare che i fiori della vicina fossero più belli dei suoi.
Era disperatissima, doveva riacquistare il primato e si concentrò per trovare una soluzione.
La risposta le giunse una domenica guardando LineaVerde.
Quella sera andò ai fornelli e mise sul fuoco una pentola con dell'acqua a bollire.
Pochi minuti dopo Valeria era sul balcone con la pentola a cui aveva aggiunto abbondanti manciate di sale.
Pensò che forse non sarebbe bastato e ci aggiunse numerose gocce di pesticida.
Si sporse dalla ringhiera: i fiori che avevano oscurato i suoi la sbeffeggiavano.
Appurò che di sotto nessuno passasse per strada o che qualcuno dalle finestre delle case e degli appartamenti attorno potesse vederla.
Si fece coraggio, versò l'acqua e andò a dormire serena e felice.
Il giorno seguente Valeria fece colazione e andò a sistemare le proprie rose.
Erano bellissime.
Tutti i vicini sarebbero tornati a farle i complimenti, visto che quelle della vicina erano spacciate.
Si affacciò dal balcone per vederle in agonia.
Ritrasse subito lo sguardo, rientrò in casa chiudendo con forza alle sue spalle la porta-finestra.
"È impossibile!" esclamò Valeria osservando nel lavandino il pentolone con cui aveva attentato alle piante.
Quel giorno si vestì per andare in ufficio ma non ci andò.
Passò tutto il giorno su e giù tra cucina e balcone e sporgendosi dal balcone.
La macchina di Giuditta era sempre parcheggiata giù nella via.
Si gettò disperata sul divano.
Singhiozzò per diversi minuti: "la targa pollice verde non può andare a quella stronza!"
Il rumore di una portiera e l'accensione di un motore le ridiedero un contegno.
Uscì sul balcone e appurò che Giuditta era andata a lavorare.
Doveva agire alla svelta.
Prese la sua borsetta e vi ammassò dentro alcuni oggetti da giardinaggio.
Uscì dall'appartamento e si fiondò giù dalle scale.
Andò dal portinaio Vincenzo e con la scusa che una sua gonna era caduta nel balcone sotto al suo riuscì a farsi aprire la porta di casa della vicina.
L'appartamento era pieno di piante e di strumenti botanici.
La sua mente non reggeva a tale visione: non solo le piante sul balcone della vicina erano più belle delle sue, ma tutte quelle all'intero appartamento erano più belle delle sue.
Uscì sul balcone, estrasse dalla borsetta una paletta e fece per colpire una rosa.
Questa si animò e schivò il colpo.
Valeria arretrò alla vista di quella pianta con i denti aguzzi.
Rientrò nell'appartamento dove ad attenderla c'era un'intera selva di piante carnivore.
Giuditta rincasò la sera e le sue piante la salutarono con rutti di sazietà.