Non Dormire - di Filippo Puddu
Inviato: mercoledì 14 giugno 2017, 23:25
L'abatjour spara luce gialla sugli appunti tanto fitti che il nero seppia mi si avviluppa attorno ai bulbi oculari. No, così non può funzionare, con l'esame domani. Butto lo sguardo sullo schermo del pc, una complessa miniatura mi mostra una donna che partorisce un cane, che in realtà è San Domenico. In fondo, l'ho sempre saputo che i preti sono tutti cani. Me la rido, ma lacrimo, faccio una fatica maiala a tenere gli occhi aperti. Piglio il cellulare in mano e apro Facebook. Ecco, ci mancavano solo i grillini che festeggiano per la vittoria e la bella faccia di Vittoria che ghigna felice.
– Vai a scoparti Di Maio, cogliona.
Domani mi sente. Per lo meno 'sti ignoranti hanno fatto qualcosa di utile, mi hanno svegliato. Mi sparo la musica a palla in cuffia e riprendo il quaderno in mano.
– Daje! La miniatura in esame presenta il sogno…
Mi cala la palpebra e mi ritrovo a pensare a cosa me ne faccio delle vostre cinque stelle e di tutte le parole che vi sento blaterare. La batteria mi stordisce, Appino si trasforma in Morfeo.
– Mbwebis…
Versi lontani.
– Bebis…
Si avvicinano.
– Melis!
Un colpo secco mi fa rinvenire. Cerco di tirarmi su ma mi ritrovo a scivolare e reggermi disperatamente ai braccioli di una sedia. Sono circondato da luci fredde, scrivanie, computer, facce che non riconosco, monaci incappucciati e un tizio che pare voglia sbranarmi.
– Cosa?
– Stavi dormendo, parassita! Consegnami il tuo tesserino!
Continuo a guardarmi intorno, spaesato.
– Chi?
L'uomo incazzato mi prende per il colletto della camicia, mi strappa il documento da sotto il taschino e mi lancia di peso in braccio agli incappucciati.
– Portatelo via! Hai finito di rubare soldi agli italiani, Melis!
– Ehi, lasciatemi!
– E voi, cosa state fermi a guardare? A lavoro, o seguite lui!
– Ma chi siete cosa.
Cerco di reagire, di liberare le braccia, ma la presa dei frati è roccia.
– Ma cosa, Dio c***!
– Blasfemia!
Rinvengo di colpo, sento una puntura alla spalla ma non riesco a muovere gambe o braccia, sento i lacci che stringono sulla pelle. Un boato mi assorda. Mi hanno legato e una luce troppo forte mi impedisce di capire dove mi trovi.
– Eccolo davanti a voi, il ladro!
Riesco piano a scorgere un incappucciato che tiene una siringa in una mano e un microfono nell'altra. Così, il mondo prende forma, come le migliaia di persone che dalla platea e dalle tribune di un teatro inveiscono.
– È arrivato il momento! – Sbraita lo speaker – La giustizia è nelle mani del popolo!
Si gira verso di me, sorride. Riconosco le vesti da frate domenicano e quelle strane cinque stelle ricamate sul petto. Mi indica cinque box luminosi ai lati del palco, tutti hanno un simbolo di riconoscimento che mi suona famigliare.
– Allora, la procedura la conoscete bene: sigh-sigh per graziarlo!
Urla di disapprovazione.
– Oppure, pollice alto per la scarnificazione.
Boati di gioia.
– Cuore per il topo in trappola, ah-ah per l'impalamento.
Delirio.
– O, infine, arcobaleno per l'evirazione!
Estasi.
– Uno vale uno, votate!
– Vai a scoparti Di Maio, cogliona.
Domani mi sente. Per lo meno 'sti ignoranti hanno fatto qualcosa di utile, mi hanno svegliato. Mi sparo la musica a palla in cuffia e riprendo il quaderno in mano.
– Daje! La miniatura in esame presenta il sogno…
Mi cala la palpebra e mi ritrovo a pensare a cosa me ne faccio delle vostre cinque stelle e di tutte le parole che vi sento blaterare. La batteria mi stordisce, Appino si trasforma in Morfeo.
– Mbwebis…
Versi lontani.
– Bebis…
Si avvicinano.
– Melis!
Un colpo secco mi fa rinvenire. Cerco di tirarmi su ma mi ritrovo a scivolare e reggermi disperatamente ai braccioli di una sedia. Sono circondato da luci fredde, scrivanie, computer, facce che non riconosco, monaci incappucciati e un tizio che pare voglia sbranarmi.
– Cosa?
– Stavi dormendo, parassita! Consegnami il tuo tesserino!
Continuo a guardarmi intorno, spaesato.
– Chi?
L'uomo incazzato mi prende per il colletto della camicia, mi strappa il documento da sotto il taschino e mi lancia di peso in braccio agli incappucciati.
– Portatelo via! Hai finito di rubare soldi agli italiani, Melis!
– Ehi, lasciatemi!
– E voi, cosa state fermi a guardare? A lavoro, o seguite lui!
– Ma chi siete cosa.
Cerco di reagire, di liberare le braccia, ma la presa dei frati è roccia.
– Ma cosa, Dio c***!
– Blasfemia!
Rinvengo di colpo, sento una puntura alla spalla ma non riesco a muovere gambe o braccia, sento i lacci che stringono sulla pelle. Un boato mi assorda. Mi hanno legato e una luce troppo forte mi impedisce di capire dove mi trovi.
– Eccolo davanti a voi, il ladro!
Riesco piano a scorgere un incappucciato che tiene una siringa in una mano e un microfono nell'altra. Così, il mondo prende forma, come le migliaia di persone che dalla platea e dalle tribune di un teatro inveiscono.
– È arrivato il momento! – Sbraita lo speaker – La giustizia è nelle mani del popolo!
Si gira verso di me, sorride. Riconosco le vesti da frate domenicano e quelle strane cinque stelle ricamate sul petto. Mi indica cinque box luminosi ai lati del palco, tutti hanno un simbolo di riconoscimento che mi suona famigliare.
– Allora, la procedura la conoscete bene: sigh-sigh per graziarlo!
Urla di disapprovazione.
– Oppure, pollice alto per la scarnificazione.
Boati di gioia.
– Cuore per il topo in trappola, ah-ah per l'impalamento.
Delirio.
– O, infine, arcobaleno per l'evirazione!
Estasi.
– Uno vale uno, votate!