I regali della vita

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Il giorno prestabilito, il BOSS darà un tema e dei bonus. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum. A quel punto partirà la fase dei commenti e delle classifiche.
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ceranu
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I regali della vita

Messaggio#1 » giovedì 13 luglio 2017, 15:00

Prima notte
Sei sdraiato a letto con gli occhi chiusi. Il raso delle lenzuola ti carezza il volto e una brezza fresca ti procura un brivido. Ti senti appagato, come dopo aver fatto l'amore.
La parte di materasso alla tua destra affossa spostandoti leggermente dove qualcuno si sta muovendo. Non hai memoria di chi sia, sai solo che dev'essere stata un'esperienza memorabile.
Una mano ti carezza la spalla nuda e l'alito caldo ti scalda l'orecchio.
Senti il rumore della sua lingua staccarsi dal palato, in quello schiocco che precede le parole sussurrate.
«È stato bellissimo…»
Sgrani gli occhi e scatti in piedi. Ti volti e spalanchi la bocca. «Mario…» balbetti al tuo amico.


Giorno 1

Giorgio, il fiato corto e una sensazione di sporco addosso, si svegliò di soprassalto e si mise a sedere sul letto. Un lembo del lenzuolo, pregno di sudore, gli rimase incollato al petto. Il pene gli pulsava e a ogni sussulto lo sentiva staccarsi della coscia.
Si guardò attorno e tirò un sospiro di sollievo: non c'era nessuno.
Portò la mano all'inguine; le dita si immersero in un liquido viscoso e appiccicaticcio.
«Che cazzo…» imprecò fra i denti, scuotendo la testa.
L'immagine del sogno era ancora nitida nella sua mente. Chiuse gli occhi e provò ad allontanarla, ma appena si ritrovò nel buio dei suoi pensieri rivide Mario che lo fissava, appagato.
Si alzò di scatto, infilò le pantofole e corse in bagno. Aprì il rubinetto della doccia e si fiondò sotto il getto gelato. Sussultò, ma resistette.
Serrò la mascella e cercò di allontanare ogni pensiero. Si concentrò sull'acqua che gli schiacciava i capelli sulla fronte, sfiorava le sopracciglia sfoltite, si insinuava nella barba curata e scivolava sul corpo snello e muscoloso, frutto di anni di sport. Quello che aveva vissuto era sicuramente un segnale del suoi io; stava trascurando un po' troppo i suoi amici, non c'erano alternative. In mattinata avrebbe mandato un messaggio a Mario e si sarebbero fatti una birra come ai vecchi tempi.

Seconda notte

Sei sdraiato a terra; il sole ti costringe a tenere gli occhi socchiusi, il profumo dei fiori ti pizzica il naso e uno stelo d'erba ti solletica il collo. Osservi le nuvole passare nel cielo, maestose e candide vincono la gravità e sollecitano la tua fantasia.
«Guarda, quello sembra un cavallo che traina una carrozza» dici, sollevando la mano e indicando due cumuli informi.
Accanto a te qualcuno sogghigna. Un'inquietudine familiare ti attanaglia lo stomaco, ma subito si allontana quando percepisci il calore della persona che ti sta accanto e senti il suo braccio cingerti.
Sorridi e ricominci a guardare le nuvole.
«Mentre quello sembra un ragazzo su uno scooter che sta scippando una vecchia…» Il tuo indice si staglia davanti al blu del cielo.
«Sei il solito scemo!» La faccia di Mario invade la tua visuale. Socchiude gli occhi e la bocca e ti si avvicina.


Giorno 2

«Capisci cosa intendo?» Giorgio gesticolava animatamente.
Afferrò il ramoscello di un bonsai e con un colpo preciso di forbici lo recise. «È la seconda volta che faccio un sogno simile…»
«Toglimi una curiosità.» Ada si alzò dalla sedia, da cui aveva ascoltato il racconto dell'amico senza fiatare, lo raggiunse, gli afferrò le mani e le chiuse fra le sue.
«Ti stai rivolgendo alla dottoressa o all'amica?»
Giorgio si liberò dalla presa e ricominciò a lavorare al suo bonsai. «Non ho bisogno di una psicologa, il mio è solo uno sfogo. Sti sogni iniziano a infastidirmi, non sembrano i miei!»
«Capisco» disse con voce pacata la donna. Si allungò, afferrò il bicchiere dosatore con dentro l'acqua e lo portò vicino al vaso.
Giorgio le strinse il polso. «E no, non è ancora il momento di annaffiare.»
Lei sorrise e lo rimise a posto. Si voltò e, sotto lo sguardo attento del padrone di casa, andò verso la libreria.
«È piaciuto anche a me Eclipse» Prese il libro, l'aprì e iniziò a sfogliarlo. «Però credo che New Moon sia il migliore della serie.»
Improvvisamente, Giorgio si sentì sotto esame. Ada stava setacciando ogni angolo di casa sua alla ricerca di qualcosa che le permettesse di giungere a una diagnosi. Era quello che aveva voluto quando le aveva scritto quella mattina con la scusa di un brunch, però era difficile assistere in silenzio allo stupro del suo spazio: forse sarebbe stato meglio chiamare direttamente Mario.
«Non lo so, a me è piaciuta tutta» rispose, tagliando il ramo sbagliato.
«Quindi non vuoi sapere cosa ne penso?» Ada poggiò il libro in orizzontale sugli altri.
Giorgio deglutì a fatica e cercò di non guardare quello scempio.
«No, ma tanto lo so che non riuscirai a stare zitta…» Tornò a fissare il bonsai ma alle sue spalle sentiva la presenza di quella copertina nera, in orizzontale, che guastava la simmetria della libreria.
«Credo che tu ti stia reprimendo.»
Mentre tagliava l'ennesimo ramo, la mano di Giorgio iniziò a tremare.
«Le tue manie, le tue regole, il bisogno di precisione e sicurezza. Sembra che tu stia cercando di mettere ordine a una vita che non ne ha. Resti contenuto per paura di mostrarti.» Ada gli andò vicino, riprese il bicchierino e svuotò l'acqua nel vaso.
Giorgio sentì la rabbia montargli dentro. Lo stomacò avvampò e le guance si infiammarono. «E no, sia chiaro: non sono io il pecisino del cavolo, siete voi a essere dei selvaggi. L'acqua va data dopo la potatura e quel libro…» a lunghe falcate raggiunse la libreria «va messo al suo posto!» Prese Eclipse e lo impilò tra New Moon e Breaking Dawn. Finalmente era tornato tutto al suo posto. Si voltò e guardò l'amica che sorrideva.
«Amico mio, è arrivato il momento di capire una cosa che sappiamo tutti…»
A Giorgio non piacque per nulla quell'espressione. Era chiaro che Ada si fosse fatta un'impressione sbagliata. Guardò l'orologio e trasalì, si era fatto tardi.
«Facciamo così, possiamo continuare questa bellissima conversazione un'altra volta. Ora devo fare yoga e poi devo andare a prendere mia madre per portarla all'Ikea.» Evitò di guardare Ada in faccia, quella frase suonava strana anche alle sue di orecchie figuriamoci a quelle dell'amica. La prese sotto braccio e l'accompagno alla porta.
«Sei stata utile come un pile in una sfilata di moda…» Si bloccò vedendo l'amica piegarsi in due dalle risate.
«Te ne rendi conto?» chiese lei.
La risposta era “Sì”, ma non l'avrebbe mai ammesso. Si stava comportando come una checca isterica. La rabbia tornò ad aggredirlo. «Non capisco di cosa parli…» quasi urlò trascinandola fino alla porta, che aprì.
Poggiò la mano sullo stipite, flette la testa di lato e sollevò il sopracciglio destro. «Veramente, grazie ancora tesoro, la prossima volta che vorrò l'opinione di una psicologa da blog ti farò un trillo, ma ora ho altro da fare!»
Ignorò le risate che accompagnarono Ada mentre usciva e sbatté la porta.
Poggiò la schiena contro il muro e guardò la finestra alle spalle del tavolo su cui stava lavorando. Le insinuazioni della sua amica l'avevano solo confuso e messo a soqquadro, un po' come quel bonsai con il ramo tagliato male.

Terza notte

Osservi Mario che, a torso nudo, sfiora le foglie del piccolo bonsai a cui hai reciso il ramo.
«Sei stato frettoloso, avresti dovuto tagliarlo dalla base…» sussurra. La sua voce è calda, i suoi modi affabili. Sorride; la luce entra dalla finestra, riflette sui suoi denti candidi e ti abbaglia.
Quello che sta succedendo in quella stanza è “sbagliato”, se entrasse Ada ti direbbe la sua verità e non vorresti mai sentirla. Eppure non vuoi interrompere il quadretto intimo.
Osservi i suoi piedi nudi poggiati sulle piastrelle che hai appena lucidato. Fa un passo e lascia un alone che continuerà a vedersi finché non passerai lo straccio. Attendi che ti monti la rabbia, ma non succede. È come se lui potesse fare qualsiasi cosa…


Giorno 3

Giorgio appese la giacca nell'armadio, sistemò il nodo della cravatta e andò a recuperare il portatile nella cassettiera chiusa a chiave.
Mentre attendeva che windows si avviasse, andò ad annaffiare le piante che abbellivano il suo ufficio. Quelle delle pulizie sostenevano di dargli da bere, ma ogni volta che toccava la terra aveva l'impressione di trovarsi nel deserto.
«Vedete quanto vi voglio bene.» Poggiò l'annaffiatoio, recuperò uno straccetto e spolverò le foglie più larghe. «Arrivo prima degli altri, mi prendo cura di voi e poi inizio a lavorare.» Aprì la finestra di un dito e tornò alla scrivania.
Quei pochi gesti, ripetuti tutte le mattine, lo rilassavano. Le piante le aveva prese per far sembrare meno asettico l'ufficio, ma poi aveva scoperto il loro effetto tranquillizzante che aumentava quando riusciva a dirgli due parole.
Finalmente era a lavoro. Si sentiva più a sua agio che a casa e non avrebbe dovuto pensare a quegli incubi che lo tormentavano. Perché era certo che quelli fossero solo dei maledetti incubi.
Qualcuno bussò alla porta.
«Avanti!» disse, regolando il tono in modo da sembrare sicuro ma non arrogante. Era anche grazie a quelle accortezze se riusciva a fare carriera.
«Signor Devida, ho visto che è arrivato presto e ho pensato che poteva volere un caffè.»
Giorgio rimase immobile qualche secondo a fissare Dara, la segretaria. Era la prima volta che si dimostrava così cortese, normalmente gli dava del lei e sembrava quasi imbarazzata. Rifletté un paio di secondi sul da farsi e, nonostante una delle sue regole fondamentali fosse che non bisognava mischiare il lavoro con la vita privata, decise che avrebbe potuto usarla per dimostrare al mondo qualcosa.
Se non ricordava male doveva avere sui ventiquattro anni, quando aveva letto il suo curriculum si era stupito nello scoprire che ragazze con sedici anni meno di lui potessero già lavorare. Non era male: aveva le caviglie sottili, i fianchi stretti e poco seno, come piaceva a lui. Anche i capelli corti non gli dispiacevano. L'osservazione sul suo anticipo indicava che non era sveglissima, visto che era arrivato allo stesso orario di sempre, ma anche quello poteva giocare a suo favore.
«Ti ringrazio, accomodati pure…» le fece cenno di sedersi sulla poltrona su cui alle volte schiacciava un pisolino dopo pranzo.
«La ringrazio, ma dovrei tornare di là a sistemare le carte per l'incontro di oggi pomeriggio.»
Giorgio si esibì in un sorriso smagliante. «Cosa vuoi che siano dieci minuti?» Si alzò e le andò incontro.
Il naso largo con la gobba, la pelle butterata e il mento pronunciato di lei, erano stati coperti ad arte dal trucco che perdeva d'efficacia con il diminuire della distanza. Quando arrivò a toglierle di mano la tazzina di caffè, l'appeal di Dara era lo stesso del bonsai storpio che aveva a casa.
«Se insiste…» Le gote della ragazza dovettero arrossire, ma lo strato di cerone sulla faccia non fece vedere il cambiamento.
«Allora, come ti trovi da noi?» chiese Giorgio, sedendosi sul bracciolo della poltrona e poggiando il gomito sullo schienale alle spalle di lei.
«Direi bene, dopo due anni sto imparando a conoscere le vostre abitudini.»
Perplesso, Giorgio ripensò allo stupore della ragazza nel vederlo arrivare presto in ufficio: aveva ancora tanto da imparare, ma almeno non gli aveva portato lo zucchero per il caffè e, considerato che lo beveva amaro, forse non era così sbadata.
«Bravissima, e con gli altri come va?» chiese, portando la tazzina alle labbra e riempiendosi la bocca del liquido nero. La temperatura era ottima, ma il sapore dolciastro lo nauseò.
Risputò il caffè nella tazzina e contrasse il viso in una smorfia nauseata. «E che cazzo!» imprecò.
Dara sgranò gli occhi e scoppiò a piangere. «Lo sapevo, non ne combino una giusta…»
Giorgio si scosse e mise la tazzina sul davanzale accanto ai fiori ma, vedendo l'alone nero che si stava formando, recuperò uno straccetto, pulì e ce l'appoggiò sopra.
«Non fare così, è solo un caffè» provò a rincuorarla.
Lei bloccò i singulti e alzò lo sguardo. «Non è per quello. Fabrizio, lui non mi vuole più…»
Giorgio tirò un sospiro di sollievo, non avrebbe dovuto provarci e finalmente si spiegavano le improvvise attenzioni della ragazza. Imbarazzato, le poggiò una mano sui capelli e la carezzò.
«Non piangere, una ragazza come te avrà centinaia di occasioni.»
«Non è vero!» ringhiò lei, sprofondando con il viso nella camicia di lui.
Giorgio sentì l'improvviso desiderio di staccarsi da quell'abbraccio. Tra mascara, matita e cerone la sua camicia sarebbe stata da buttare nel giro di pochi attimi. Non lo fece.
Le afferrò delicatamente il mento, le sollevò il viso e, dopo aver guardato di sfuggita l'alone marrone sul suo addome, sorrise.
«Fidati di me, sei bellissima» le sussurrò.
Dara smise di piangere e inspirò a pieni polmoni.
«Ha ragione. So che detto da lei ha lo stesso valore di quando me lo dice la mamma, ma io sono una bella ragazza.» Dara si rimise in piedi e lo abbracciò. «Grazie» disse «Lei è una persona sensibile e “speciale”.» Gli diede un bacio sulla guancia e uscì.
Giorgio, pietrificato, continuava a pensare che c'era qualcosa di sbagliato in quello che gli era appena successo, ma non capiva cosa.

Quarta notte

Tamburelli le dita sul tavolo, hai la camicia appiccicata addosso e senti gli occhi di tutti su di te. In Italia è un azzardo essere omosessuali, ma Mario ti ha promesso che a Cuba è diverso. Pensi che abbia ragione lui, eppure sei a disagio: quelli del posto ti vedono come un portafogli da cui strabordano i dollari e i turisti come uno dei tanti allupati alla ricerca di una ventenne da scopare. Con la forchetta raccogli i fagioli neri del miglior Moros y Cristianos che tu abbia mai mangiato. Lui allunga la mano, sfiora la tua e ammicca. Tu decidi che arrivato il momento di far capire alla sala che non te ne frega un cazzo delle ventenni. Ti sporgi in avanti, socchiudi gli occhi e lo baci.


Giorno 4

Giorgio estrasse il cellulare dalla tasca, sfiorò il tasto laterale e guardò l'ora. Erano le venti e quarantacinque: Mario era in ritardo.
Si umettò le labbra e si alzò dal divano, avrebbe ammazzato il tempo con un aperitivo: un bel bicchiere di bianco gli avrebbe fatto bene.
Aprì la cantinetta frigo, si grattò il mento e osservò le bottiglie più in alto. Pensò alla pizza che avrebbero ordinato e storse il naso, non avrebbe buttato uno di quei capolavori per un pasto così grezzo. Però l'occasione poteva valerne la pena, finalmente avrebbe chiarito la sua posizione e da quella notte avrebbe ripreso a dormire sonni suoi.
Si abbassò e recuperò una bottiglia di Cadillac, la poggiò sul banco della cucina, afferrò il cavatappi e liberò l'aroma di mela e agrumi. Riempì a metà un calice e l'agitò. Il liquido denso roteò fino a sfiorare il bordo.
«Ai grandi appuntamenti!» brindò, portando il bicchiere alle labbra e bevendo un lungo sorso.
Il vino gli rinfrescò il palato e gli procurò un lieve sbandamento che gli ricordò d'essere ancora a stomaco vuoto.
Qualcuno bussò alla porta.
«Avanti» disse ad alta voce, affrettandosi a recuperare un altro calice.
«Ciao, scusa il ritardo.» Mario entrò in casa e si richiuse la porta alle spalle.
Giorgio poté solo immaginare quella scena; intento a versare il vino per l'amico era rimasto con lo sguardo fisso sul bancone e, anche ora che non stava più facendo nulla, non aveva il coraggio di guardarlo.
Le mani gli tremavano e in bocca non c'era più traccia del vino o di qualsiasi liquido. Provò a deglutire, ma produsse solo una schiuma secca che lo impastò ulteriormente.
«Hai fatto bene a invitarmi.» Mario avanzava verso la cucina.
Il cuore di Giorgio accelerò.
«Passiamo troppo poco tempo insieme» insisté l'amico, che era sempre più vicino.
Le mani gli si bloccarono, gli occhi gli si riempirono di lacrime.
«Certo, da quando sto con Katia abbiamo poche occasioni per vederci.»
Il cuore saltò un battito, le fiamme che gli salirono dallo stomaco sbloccarono la gola e le mani. «A proposito, Lei come sta?» Seccato, Giorgio porse il bicchiere a Mario che, nel frattempo, l'aveva raggiunto. Squadrò di sottecchi i mocassini da cui sbucavano dei calzini bianchi che gli sfioravano le caviglie e faticò parecchio a trattenere un moto di ribrezzo.
«Bene. Prima o poi devo presentartela, le parlo sempre di te.»
«Certo, non vedo l'ora…»
«Ti piacerà un sacco.» Mario afferrò il bicchiere, lo picchiò contro quello di Giorgio e lo svuotò in un sorso. «Buono, cos'è?» chiese.
Giorgio aprì la bocca per rispondere, ma l'amico lo fermò.
«Te lo dico io: questo è un Fragolino!»
Per la seconda volta in pochi secondi, Giorgio trattenne l'insulto che gli stava per sfuggirgli di bocca. «Ci sei andato vicino, ma questo è un vino francese, difficilmente avresti potuto riconoscerlo.»
«Tu sei proprio strano. L'avrai pagato un tuono, mentre il Fragolino lo paghi un euro al supermercato e non senti nemmeno la differenza.»
Ogni secondo che passava, ogni parola che il suo amico pronunciava e ogni singolo indumento che indossava, allontanava sempre più gli incubi.
«Stamattina mi ha chiamato Ada, mi ha detto che un paio di giorni fa è stata qui e ti ha visto strano. Insisteva che dovevi dirmi qualcosa, ma non voleva dirmi cosa.»
Giorgio immaginò l'espressione divertita che doveva aver avuto l'amica mentre gli diceva quelle cose al telefono. L'avrebbe fatta pagare a quella stronza.
«Una cazzata…»
«Allora diceva la verità. Su, racconta!» Mario si allungò, recuperò la bottiglia di Cadillac e riempì il bicchiere fino all'orlo.
Giorgio ci pensò su un attimo, in fondo non sarebbe stato un problema, era chiaro che quello del sogno non poteva essere l'amico. Mise un dito di vino del calice e l'agitò.
«Non è poi una storia così lunga. Quattro notti fa…»

Giorgio, le mani giunte e lo sguardo fisso a terra, raccontò a ruota libera quanto gli era successo negli ultimi giorni. Non omise il minimo particolare, riuscì a parlare liberamente anche dei sentimenti che provava durante il sogno, gli stessi che non era riuscito ad ammettere nemmeno a se stesso, e che per la prima volta si accorse appartenergli: il sogno era quanto di più vero avesse mai vissuto.
Poche volte nella vita si era sentito così leggero. Forse aveva ragione Ada nel dire che era troppo controllato
Mentre parlava del ristorante a Cuba, alzò lo sguardo: Mario lo stava fissando con un sorriso accennato e l'espressione rilassata. Annuiva, compiaciuto. Anche lui doveva sapere tutto da molto tempo e non sembrava per nulla schifato. Eppure Giorgio stava ammettendo di essere un ricchione, uno di quelli a cui piace il cazzo e che prendevano in giro da bambini.
Si riempì un bicchiere di vino e continuò a parlare, libero.
In quel momento si rese conto di quanto avesse mentito durante la sua vita. Aveva finto di essere un altro, vivendo una bugia che esisteva solo nella sua testa. Era come se fosse stato confinato da un altra parte e finalmente stava tornando per riprendere in mano la sua vita.
«E lì ti ho baciato davanti a tutti» concluse. Portò una mano al volto e si asciugò una lacrima solitaria.
Mario annuì. «Meglio tardi che mai…» fu l'unica cosa che disse. Si alzò e l'abbracciò.
Stretto tra le braccia dell'amico, Giorgio liberò il pianto. La sensazione di libertà svanì e fu sostituita dalla paura. Ammetterlo era stato difficile, ma ora avrebbe dovuto confrontarsi con il mondo?
«E ora come si fa?» singhiozzò.
Mario si ritrasse quel tanto che gli permise di guardarlo in faccia. «Sei gay, ma sia chiaro: io il culo non te lo do!» Scoppiò a ridere.
«Scemo!» Giorgio gli tirò un pugno sul ginocchio e scosse la testa. «Come farò a dirlo ai miei?»
«Hai poco da dirgli, se ne sono fatti una ragione da quando eri alle medie.»
«Alle medie?»
L'amico annuì.
«E con gli altri. Mi guarderanno in maniera strana…»
«Perché, hai intenzione di andare in giro vestito da drag queen?» Mario fece due passi fino al divano, prese un cuscinetto, lo infilò sotto la maglietta e lo sistemò all'altezza del petto. Mise il sedere in fuori e iniziò a sculettare per la stanza. «Però, potremmo tirare su un bello spettacolo!»
Giorgio abbozzò un sorriso. «Sarà, ma dopo aver visto i tuoi calzini posso dirti con certezza che quel sogno non era il mio!»
Mentre si alzava, ridendo e fingendo di sculacciare Mario, gli fu tutto chiaro: la vita gli aveva regalato degli amici stupendi con cui affrontare qualsiasi realtà!



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federica.leonardi
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Re: I regali della vita

Messaggio#2 » martedì 18 luglio 2017, 19:46

Ciao ceranu, comincio da te.
Cosa mi è piaciuto: il passaggio dal Mario idealizzato nel sogno al Mario reale. Quel capovolgimento di personalità, secondo me, dà al racconto una bella dose di veridicità.
Cosa mi è piaciuto meno: i dialoghi, che ho trovato legnosi e, in un paio di occasioni appesantiti dal ricorso a una certa fraseologia stereotipata (es. "Ti stai rivolgendo alla dottoressa o all'amica?").

In generale ho provato poco, leggendo il racconto. Giorgio non è riuscito a trasmettermi il suo disagio interiore: è come se non lo vivesse davvero, il suo "dramma". È tutto molto piano, lineare: manca il vero conflitto, che è solo di facciata e narrato, ma non provato.

Riflessione assolutamente personale: hai provato a considerare un ribaltamento tra il sogno e la vita di Giorgio?

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ceranu
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Re: I regali della vita

Messaggio#3 » martedì 18 luglio 2017, 20:39

Ciao Federica, grazie per il commento.
No, non volevo trasmettere angoscia o chissà che. Giorgio è una persona abituata a vivere nella sua menzogna, in maniera inconsapevole.
Ho scritto una fiaba moderna con tanto di lieto fine solo per dimostrarmi che non di sola tragedia si deve vivere.
Sui dialoghi... Ho poco da dire, se ti sembrano poco naturali vorrà dire che sono scivolato sull'infodump.
Ciao e a presto ;)

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Eugene Fitzherbert
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Re: I regali della vita

Messaggio#4 » mercoledì 19 luglio 2017, 12:15

Ciao, Ceranu!
Credo che questo sia il primo racconto tuo che leggo.
Lo stile è molto controllato e preciso, forse l'unica sbavatura di poco conto è il cambio di registro improvviso quando il protagonista commenta che si sta trasformando in ricchione. Capisco che è un espediente per mostrare la rabbia di quel momento, ma stona e stride con tutta la prosa controllata dei paragrafi precedenti. Ma ti ripeto è una cosa di poco conto.

Ho trovato interessanti i confronti con gli amici e con l'Estranea (la segretaria) che delineano la personalità a ogni riga di dialogo.
Forse una cosa manca all'appello: cosa ha scatenato i sogni? Perché proprio in quel momento e non prima?

Ti confesso che il protagonista non è solo gay, ma ha anche un disturbo ossessivo compulsivo (pure serio...) e che siccome la sua amica non se ne è accorta allora sì, è una psicologa da blog...

In definitiva il racconto mi è piaciuto, nonostante non sia il mio genere (ma questo non conta nulla). E ti faccio i complimenti per aver interpretato il tema in maniera così originale e allo stesso tempo molto attuale.

Ti faccio una domanda off the record: perché hai scelto di descrivere l'outing in questa maniera, affidandoti a una visione un po' macchiettistica dell'omosessualità? Bada, non è una critica, è che sono sinceramente curioso di saperlo.

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ceranu
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Re: I regali della vita

Messaggio#5 » mercoledì 19 luglio 2017, 12:43

Ciao Eugene, grazie per il commento.
La scelta della macchietta è perché reputo l'omosessualità al pari di qualsiasi altra tematica. Credo che usare una particolare sensibilità nel trattare determinati argomenti ne indichi la diversità,che in questo caso non trovo. A me piace sempre spingere i personaggi verso l'eccesso (come hai ben notato spesso sono psichiatrici più o meno riconosciuti) e in questo caso era un maniaco del controllo. Se avessi trattato l'omosessualità in maniera "corretta", mi sarei trovato per le mani un racconto come tanti e non mi piace come cosa.
Il mio tentativo era quello di creare una versione stramba dei vari Friends è How i met your mother in cui i protagonisti sembrano caduto nel LSD.
Per quanto riguarda il motivo scatenante non so risponderti. Ogni volta che ho attraversato una crisi non ho mai capito da cosa nascesse e ho sempre ritenuto finto il bisogno di inserirlo nei racconti.
Ciao

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Milena
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Re: I regali della vita

Messaggio#6 » mercoledì 19 luglio 2017, 14:35

Ciao Francesco!
Inutile dire che, anche senza leggere il tuo nome, credo ti avrei riconosciuto comunque. Lo stile è il tuo, il protagonista in piena crisi esistenziale mi ha ricordato alcuni personaggi dei tuoi racconti letti ultimamente. E come mi sono piaciuti quelli, così è stato anche in questo caso.
Ammetto che all'inizio ho un po' temuto... sei partito in maniera così schietta e poco "romantica" che ho pensato "aiuto chissà qui dove andiamo a finire"... invece mi hai sorpreso. Perché alla fine, invece, c'è stato un "ribaltone" (anche questo molto tipico del tuo modo di scrivere) che mi ha positivamente sorpreso. Perché in fondo si è trattato, correggimi se sbaglio, "solo" di un racconto sull'amicizia. Il protagonista è una persona normalissima ma soprattutto è circondato da persone che gli vogliono bene. I genitori innanzitutto, ma anche gli amici. Soprattutto Mario, che non solo non si lascia mettere in imbarazzo dalla storia del sogno, ma che anzi lo abbraccia e lo incoraggia tra una battuta di spirito e l'altra. C'è un senso di sollievo e leggerezza, in quest'ultima parte, molto piacevole. E per questo ti faccio i complimenti.
Ecco, se devo trovarti un appunto ti direi questo. Secondo me potresti togliere l'ultima frase, fermandoti all'esclamazione di Giorgio "...quel sogno non era il mio!". Infatti è già chiaro che il fulcro del racconto sia la forte amicizia tra il protagonista e gli altri personaggi (quanto meno Mario e Ada, lasciamo perdere la segretaria), quella frase (oltretutto con il punto esclamativo alla fine) è a mio avviso ridondante, quasi come spiegare il finale di una barzelletta... non so se rendo l'idea. Ma, a parte quello, che potrebbe benissimo essere un'opinione che nessun altro condivide, un bel racconto davvero.

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ceranu
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Re: I regali della vita

Messaggio#7 » mercoledì 19 luglio 2017, 15:19

Ciao Milena, hai detto bene, lui è uno dei "miei" personaggi però gli ho voluto regalare un lieto fine. Le premesse per il drammone o il demenziale spinto c'erano, ma per una volta ho voluto spingere sui sentimenti positivi di coloro che hanno atteso una vita che fosse pronto alla verità. Ada e Mario l'hanno sempre assecondato nella sua menzogna e gioiscono più di lui per la scoperta.
Come detto prima, ho cercato di scrivere una fiaba moderna, magari non per bambini, ma se il lupo poteva mangiare cappuccetto rosso, Giorgio può svegliarsi la mattina dopo una polluzione notturna :)

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LauSil
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Re: I regali della vita

Messaggio#8 » mercoledì 19 luglio 2017, 18:27

Ciao Francesco!
Allora, inizio dicendo che il tuo racconto mi è piaciuto molto: l'unico del girone privo di una componente "fantastica", mi ha colpito perché, pur non provando a sorprendere a tutti i costi, veicola bene il suo messaggio positivo e alla fine rimane impresso.
Inoltre, è raro vedere un autore che gestisce il tema dell'omosessualità come un "supporto" a una narrazione incentrata su altro - l'amicizia, in questo caso - e lo fa con naturalezza, schiettamente, verosimilmente (tanto per dire, il modo in cui Mario accetta giocosamente il coming out di Giorgio è proprio quel che mi aspetterei da alcuni miei amici se mai si dovessero trovare in una situazione analoga! ^_^).

L'unica domanda che stavo per farti l'hai già ampiamente chiarita nelle risposte agli altri commenti: da principio mi sono chiesta se la descrizione del Giorgio metrosexual, col sopracciglio curato e il fisico palestrato, non sconfinasse troppo rapidamente nella macchietta (per la serie "come ha fatto a non accorgersi di essere gay, quando incarna lo stereotipo?"). Ma se il tuo intento era caricaturale, allora l'hai sicuramente raggiunto! (in effetti, a tale proposito un grosso indizio lo dà la segretaria che rispondendo al capo sottintende "grazie, apprezzo il complimento anche se a te le donne non ti garbano"... :D).
Quindi... nient'altro da aggiungere, complimenti! ^_^

valter_carignano
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Re: I regali della vita

Messaggio#9 » sabato 22 luglio 2017, 20:38

ciao
racconto che - come sempre - scorre perfettamente. Buonissimo lavoro, nella sua semplicità.
Per la mia esperienza, gay-che-non-vogliono-ammettere-di-esserlo come il protagonista non ce ne sono quasi più, sono quasi estinti (se mi si permette lo scherzo). Ma bisogna anche dire che nell'ambiente artistico che è quello di parte del mio lavoro - fra attori, ballerini e cantanti - le cose possono essere un poco diverse che nel resto della società o in altri ambiti.
In tutti i casi, Giorgio è una persona a modo, pur con le sue manie, e così Mario, un vero amico. Decisamente stronza Ada, che lo prende in giro peggio di un bullo delle medie e soprattutto - aaargh! - bagna il bonsai a caso (una selvaggia, me la immagino con le unghiazze bicolore, vestita da puttanone fantozziano, tronfia e ignorante). E pure la segretaria non fa una bella figura, banalotta e vuota, che perde un'ottima occasione per stare zitta e parla a vanvera.
Era voluta, la contrapposizione fra donne (da poco) e uomini? :-)
Ciao.

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ceranu
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Re: I regali della vita

Messaggio#10 » sabato 22 luglio 2017, 21:30

Ciao Valter, vorrei dirti che è tutto frutto della mia fantasia e che la differenza è voluta. Invece per i personaggi mi sono ispirato a persone reali che ho adattato al racconto. Chiaramente cancellerò la risposta per evitare una denuncia ;)

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