Elettroshock
Inviato: domenica 16 luglio 2017, 21:52
ELETTROSHOCK
di Kaipirissima
«L'uomo nero vi attende quando vi addormentate? Il clown sanguinario vi rincorre nel labirinto sotterraneo? Creature delle spazio si annidano nel vostro ventre?
Noi abbiamo la soluzione.
Vi risvegliate con lividi, tagli o in preda a una misteriosa paranoia?
Non temete, noi possiamo aiutarvi.
Venite a trovarci, SOS Sogni vi aspetta per farvi riscoprire il piacere di sognare in tutta sicurezza.
«Cosa ne pensi?» chiese Marco dopo aver recitato il suo ultimo slogan per lanciare la loro nuova attività.
«Mmh», prese tempo Sara, «Badabook? It? Alien? Forse vedi troppi film. Non è detto che tutti abbiano sogni terrificanti».
«Sono d'accordo. Ma sono quelli brutti che vorresti controllare, eliminare».
«Capisco. E quindi… tu di cosa hai paura nei sogni?», chiese Sara sorridendo.
«Mia madre», rispose Marco senza esitare.
«Tua madre? Ma sii serio!»
«Mia madre, te lo giuro, il suo volto senza corpo mi appare e mi chiede quando troverò un lavoro serio».
«Ah ha. Divertente. Guarda che il nostro servizio è una cosa seria».
Marco sorrise, poi abbassò la testa per guardarla negli occhi.
«E tu, Sara, di cosa hai paura?»
«Io? Di niente».
«Non mi freghi, l'altra notte, dopo...», Marco sorrise vedendola arrossire, «Be', dopo quello hai fatto un brutto sogno, sono sicuro».
«Ah, e com'è che tu eri sveglio?», gli chiese Sara circondandogli il collo con le braccia.
«Mi piace vederti dormire» le sussurrò sulle sue labbra.
Le dita di Sara gli afferrarono i capelli sulla nuca per attrarlo a sé e approfondire il bacio. La sua paura più grande, non glielo avrebbe mai confessato, era perderlo.
«Allora, lo slogan?», chiese Marco accarezzandole le labbra con il respiro.
«Mmmh. Mi sembra perfetto», capitolò lei mentre accoglieva la sua lingua.
Sara se ne stava seduta alla scrivania dell'ufficio destinato alle consulenze. L'arredamento possedeva un accento d'avanguardia nel design degli arredi, il cui intento era suggerire una subconscia porta verso un'altra dimensione.
Ad esempio nella poltrona, realizzata da Philp Aduatz, a un primo sguardo si sarebbe riconosciuta la classica forma, poiché il suo perimetro non aveva nulla di straordinario, ma guardando più attentamente ci si sarebbe accorti che la luce, invece di avvolgerla, la attraversava creando geometrie alternative lungo il pavimento e il muro.
L'effetto arrotondato non era dovuto all'imbottitura, era la stessa poltrona ad aver eliminato ogni elemento superfluo, ogni spigolo, nonché a essere percorsa, in tutta la superficie, di asimmetrici buchi. Sara se ne era innamorata appena l'aveva vista nel catalogo online. Già immaginava il suo primo cliente seduto su quella straordinaria poltrona, color argento liquido, a confessarle paure, sogni…
Una donna bionda, di circa ventotto anni, magra.
Il primo pensiero di Sara, vedendola accomodarsi, fu che potesse scivolare in uno dei buchi della poltrona e scomparire nel nulla. Senza rendersene conto controllò l'ombra sul muro, assicurandosi che la sua cliente fosse ancora in questa realtà.
Attese che la donna trovasse la posizione più comoda per rivolgerle poi un sorriso, che nelle intenzioni, voleva essere incoraggiante.
«Non temo i sogni, almeno non tutti». Iniziò la donna senza aspettare le solite frasi di rito. «Il fatto è che da qualche tempo quando sogno mi sono accorta che non vi è nulla, al loro interno, che mi appartenga».
Sara prese un attimo per pensare a quello che la donna aveva detto.
«Intende che i suoi sogni assomigliano più a delle visioni, presagi che riguardano persone che non conosce?»
«Non so se sono premonizioni, non sono una medium, però sono certa che quei sogni non abbiano alcun contatto, nemmeno metaforico, con il mio vissuto. I luoghi, le persone, le situazioni, non possono in alcun modo riferirsi a me».
«Capisco», disse annuendo Sara. «Quello che vorrei chiederle è se c'è qualcosa che la turba o la spaventa in tali sogni, a parte l'assoluta sensazione di estraneità».
Alla domanda la donna sembrò indugiare.
«Forse farei meglio a raccontarle il sogno, poiché seppure con minime differenze si tratta sempre dello stesso copione».
Sara annuì incoraggiante.
La donna si sistemò meglio nella poltrona, cercando di evitare i buchi più grandi.
«Partiamo dal luogo o non luogo. Che sia un paesaggio urbano, collinare montuoso, ecc. in ognuno vi è un'anomalia che lo rende del tutto estraneo. Il cielo è una volta del tutto estranea. Non presenta nuvole, né appare mai il sole, la luna o le stelle. Sembra quasi un fondale di colore piatto, senza sfumature che alterna due colori: dorato durante quello che si può considerare il giorno e mercurio la notte. Anche le persone appaiono del tutto normali, in casa, per strada, in ufficio, ecc, se non fosse per una semplice caratteristica, che si ripete invariata in tutti loro: la pupilla dei loro occhi acquisisce il colore del cielo. Se non fosse per queste due anomalie il sogno sarebbe del tutto normale. I personaggi nel sogno conducono un'esistenza del tutto simile alla nostra. Vanno a lavorare, al cinema, si amano, si lasciano, ma d'improvviso c'è un'esplosione e una specie di varco si apre nel cielo, lasciando intravedere, come dietro un sipario, qualcosa di terribile e straordinario… ».
«Quindi lei si è rivolta a noi perché vuole sapere che cosa c'è dietro quel “sipario”?»
«Non proprio. Io so cosa c'è» aggiunse la donna. «Vorrei...» poi si interruppe come se non avesse il coraggio di andare oltre.
«Vorrebbe…?» L'incoraggiò Sara.
«Vorrei che lo vedesse… di persona anche lei», rispose la donna.
«Entrare nei sogni dei clienti non è il nostro servizio. Noi offriamo dei “gadget” creati-studiati appositamente per i bisogni onirici. Ad esempio una chiave per scappare da una prigione, degli stivali che coprono velocemente lunghe distanze, una luce per penetrare le tenebre. I nostri aiuti riguardano oggetti non persone. Questa pratica, lo sa, è vietata dalla legge».
«Posso pagare molto di più»
«Non è una questione di denaro, ma di etica, anzi è la legge».
«La prego, lei deve assolutamente vedere».
«Signora, come le ho già detto la manipolazione dei sogni da parte di un soggetto terzo…»
«Ma non sarebbe manipolazione, io voglio solo che lei sia lì e veda quello che vedo io. É molto importante». A quel punto la donna si alzò dalla poltrona e le afferrò il braccio colpendolo con un taser.
Sara sentì un'energia propagarsi dalla mano, giungere alla nuca e colpire le sue sinapsi.
Gli occhi della donna le apparvero all'improvviso di un colore diverso: dorato. Istintivamente guardò fuori dalla finestra: il cielo, come una grande tela, occupava l'intera volta scintillando come oro fuso, poi d'improvviso come una macchia di calore il cielo sembrava fondersi fino a generare uno squarcio che si allargava sempre più fino a convergere verso la sua finestra che improvvisamente sembrava aprirsi su un vasto nulla in cui scompariva Marco, la sua attività SOS sogni, il suo secondo cuore.
Tutto risucchiato dalla realtà che d'un tratto mostrava, uno dopo l'altro, immacolati camici bianchi.
di Kaipirissima
«L'uomo nero vi attende quando vi addormentate? Il clown sanguinario vi rincorre nel labirinto sotterraneo? Creature delle spazio si annidano nel vostro ventre?
Noi abbiamo la soluzione.
Vi risvegliate con lividi, tagli o in preda a una misteriosa paranoia?
Non temete, noi possiamo aiutarvi.
Venite a trovarci, SOS Sogni vi aspetta per farvi riscoprire il piacere di sognare in tutta sicurezza.
«Cosa ne pensi?» chiese Marco dopo aver recitato il suo ultimo slogan per lanciare la loro nuova attività.
«Mmh», prese tempo Sara, «Badabook? It? Alien? Forse vedi troppi film. Non è detto che tutti abbiano sogni terrificanti».
«Sono d'accordo. Ma sono quelli brutti che vorresti controllare, eliminare».
«Capisco. E quindi… tu di cosa hai paura nei sogni?», chiese Sara sorridendo.
«Mia madre», rispose Marco senza esitare.
«Tua madre? Ma sii serio!»
«Mia madre, te lo giuro, il suo volto senza corpo mi appare e mi chiede quando troverò un lavoro serio».
«Ah ha. Divertente. Guarda che il nostro servizio è una cosa seria».
Marco sorrise, poi abbassò la testa per guardarla negli occhi.
«E tu, Sara, di cosa hai paura?»
«Io? Di niente».
«Non mi freghi, l'altra notte, dopo...», Marco sorrise vedendola arrossire, «Be', dopo quello hai fatto un brutto sogno, sono sicuro».
«Ah, e com'è che tu eri sveglio?», gli chiese Sara circondandogli il collo con le braccia.
«Mi piace vederti dormire» le sussurrò sulle sue labbra.
Le dita di Sara gli afferrarono i capelli sulla nuca per attrarlo a sé e approfondire il bacio. La sua paura più grande, non glielo avrebbe mai confessato, era perderlo.
«Allora, lo slogan?», chiese Marco accarezzandole le labbra con il respiro.
«Mmmh. Mi sembra perfetto», capitolò lei mentre accoglieva la sua lingua.
Sara se ne stava seduta alla scrivania dell'ufficio destinato alle consulenze. L'arredamento possedeva un accento d'avanguardia nel design degli arredi, il cui intento era suggerire una subconscia porta verso un'altra dimensione.
Ad esempio nella poltrona, realizzata da Philp Aduatz, a un primo sguardo si sarebbe riconosciuta la classica forma, poiché il suo perimetro non aveva nulla di straordinario, ma guardando più attentamente ci si sarebbe accorti che la luce, invece di avvolgerla, la attraversava creando geometrie alternative lungo il pavimento e il muro.
L'effetto arrotondato non era dovuto all'imbottitura, era la stessa poltrona ad aver eliminato ogni elemento superfluo, ogni spigolo, nonché a essere percorsa, in tutta la superficie, di asimmetrici buchi. Sara se ne era innamorata appena l'aveva vista nel catalogo online. Già immaginava il suo primo cliente seduto su quella straordinaria poltrona, color argento liquido, a confessarle paure, sogni…
Una donna bionda, di circa ventotto anni, magra.
Il primo pensiero di Sara, vedendola accomodarsi, fu che potesse scivolare in uno dei buchi della poltrona e scomparire nel nulla. Senza rendersene conto controllò l'ombra sul muro, assicurandosi che la sua cliente fosse ancora in questa realtà.
Attese che la donna trovasse la posizione più comoda per rivolgerle poi un sorriso, che nelle intenzioni, voleva essere incoraggiante.
«Non temo i sogni, almeno non tutti». Iniziò la donna senza aspettare le solite frasi di rito. «Il fatto è che da qualche tempo quando sogno mi sono accorta che non vi è nulla, al loro interno, che mi appartenga».
Sara prese un attimo per pensare a quello che la donna aveva detto.
«Intende che i suoi sogni assomigliano più a delle visioni, presagi che riguardano persone che non conosce?»
«Non so se sono premonizioni, non sono una medium, però sono certa che quei sogni non abbiano alcun contatto, nemmeno metaforico, con il mio vissuto. I luoghi, le persone, le situazioni, non possono in alcun modo riferirsi a me».
«Capisco», disse annuendo Sara. «Quello che vorrei chiederle è se c'è qualcosa che la turba o la spaventa in tali sogni, a parte l'assoluta sensazione di estraneità».
Alla domanda la donna sembrò indugiare.
«Forse farei meglio a raccontarle il sogno, poiché seppure con minime differenze si tratta sempre dello stesso copione».
Sara annuì incoraggiante.
La donna si sistemò meglio nella poltrona, cercando di evitare i buchi più grandi.
«Partiamo dal luogo o non luogo. Che sia un paesaggio urbano, collinare montuoso, ecc. in ognuno vi è un'anomalia che lo rende del tutto estraneo. Il cielo è una volta del tutto estranea. Non presenta nuvole, né appare mai il sole, la luna o le stelle. Sembra quasi un fondale di colore piatto, senza sfumature che alterna due colori: dorato durante quello che si può considerare il giorno e mercurio la notte. Anche le persone appaiono del tutto normali, in casa, per strada, in ufficio, ecc, se non fosse per una semplice caratteristica, che si ripete invariata in tutti loro: la pupilla dei loro occhi acquisisce il colore del cielo. Se non fosse per queste due anomalie il sogno sarebbe del tutto normale. I personaggi nel sogno conducono un'esistenza del tutto simile alla nostra. Vanno a lavorare, al cinema, si amano, si lasciano, ma d'improvviso c'è un'esplosione e una specie di varco si apre nel cielo, lasciando intravedere, come dietro un sipario, qualcosa di terribile e straordinario… ».
«Quindi lei si è rivolta a noi perché vuole sapere che cosa c'è dietro quel “sipario”?»
«Non proprio. Io so cosa c'è» aggiunse la donna. «Vorrei...» poi si interruppe come se non avesse il coraggio di andare oltre.
«Vorrebbe…?» L'incoraggiò Sara.
«Vorrei che lo vedesse… di persona anche lei», rispose la donna.
«Entrare nei sogni dei clienti non è il nostro servizio. Noi offriamo dei “gadget” creati-studiati appositamente per i bisogni onirici. Ad esempio una chiave per scappare da una prigione, degli stivali che coprono velocemente lunghe distanze, una luce per penetrare le tenebre. I nostri aiuti riguardano oggetti non persone. Questa pratica, lo sa, è vietata dalla legge».
«Posso pagare molto di più»
«Non è una questione di denaro, ma di etica, anzi è la legge».
«La prego, lei deve assolutamente vedere».
«Signora, come le ho già detto la manipolazione dei sogni da parte di un soggetto terzo…»
«Ma non sarebbe manipolazione, io voglio solo che lei sia lì e veda quello che vedo io. É molto importante». A quel punto la donna si alzò dalla poltrona e le afferrò il braccio colpendolo con un taser.
Sara sentì un'energia propagarsi dalla mano, giungere alla nuca e colpire le sue sinapsi.
Gli occhi della donna le apparvero all'improvviso di un colore diverso: dorato. Istintivamente guardò fuori dalla finestra: il cielo, come una grande tela, occupava l'intera volta scintillando come oro fuso, poi d'improvviso come una macchia di calore il cielo sembrava fondersi fino a generare uno squarcio che si allargava sempre più fino a convergere verso la sua finestra che improvvisamente sembrava aprirsi su un vasto nulla in cui scompariva Marco, la sua attività SOS sogni, il suo secondo cuore.
Tutto risucchiato dalla realtà che d'un tratto mostrava, uno dopo l'altro, immacolati camici bianchi.