LAVORETTI ESTIVI
Inviato: lunedì 21 agosto 2017, 22:17
LAVORETTI ESTIVI
Ok, va bene. Cioè, non va bene per niente!
Me la sono cercata? Non direi.
Non è che un tizio va a prendere il sole sulla spiaggia e si tira addosso uno tsunami no?
Mi sono trovato esattamente, perfettamente ed inequivocabilmente nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ecco.
Ci si diploma: tutti contenti, genitori, nonni.
Poi che si fa? Il lavoretto pre-estate. Per pagarsi le vacanze a Ibiza con gli amici-poco-raccomandabili di sempre. Come da copione.
E dove lo trova un lavoretto uno sbarbatello incapace e con gli ormoni già a ballare in discoteca?
Ma certo! Va ad aiutare lo zio!
Lo zio Aurelio che fa un mestiere fighissimo.
Senza entrare in tecnicismi, lo zio chiude tombe.
Fa parte di quella equipe, al soldo dei pinguini delle onoranze funebri, che si occupa di portare spatole e stucco per sigillare “in perpetuum” le salme nei loro fornetti, loculi e compagnia.
Ora, fin qui si potrebbe parlare semplicemente di una macabra alternativa al più frivolo volantinaggio. Se non fosse che...
Se non fosse che quel giorno era cominciato male.
Ermete, il collega dello zio, soffriva di problemi intestinali post prandiali. Questo significava che non potevo limitarmi a mescolare lo stucco in polvere con l'acqua. Lo zio Aurelio contava su di me per collocare la bara del defunto (che poi si sarebbe rivelata defunta), nel tunnel stretto del loculo, sistemare il lastrone di marmo e poi stuccarne i contorni rendendolo (fa un po' ridere) a prova di resurrezione.
Eccoci quindi che arriviamo, già caffettizzati e pronti per il giogo.
I pinguini attendevano con le mani dietro la schiena in profondo cordoglio. C'erano un paio di familiari del defunto, ovviamente inabili a fare alcunché.
“Piglia la secchia France'!” (Lo zio era di modi spicci).
Quindi prendo il secchio e lo avvicino. Altri due pinguini portano la bara appena scaricata dal carro.
Ora la issiamo fino a farla poggiare sullo scalino del fornetto.
“Spigni spigni Francè"!
La bara era dentro, una sudata da ricordare.
Nel mentre pinguini e familiari discutevano davanti al lastrone di marmo.
La foto ovale di una donna anziana riempiva l'esatto spazio centrale. Poi le date, di nascita a sinistra, di morte a destra.
Sotto, una frase che non riuscivo a leggere bene, separata da un crocifisso d'acciaio stilizzato. Era proprio su questa frase che si dibatteva quando ci fu il primo colpo.
Un colpo sordo. Come il pugno su un cuscino.
Si voltarono tutti in direzioni diverse. Erano le due del pomeriggio di un Luglio torrido, chi poteva esserci in un cimitero oltre alle zanzare?
Secondo colpo.
Un indice puntò verso il fornetto ancora aperto, quello dove avevamo appena calato la bara.
Qualcuno si avvicinò, lo zio era tra questi.
-Tu tu tum! Tu tum! Tu tututum! Crack! Tum!-
“Santa Madonna! È lu mortu!”
Tutto a un tratto iniziarono a sentirsi rumori strani, come di terra che frana, poi degli schianti fragorosi. Poi un tonfo, proprio accanto a noi. Sembrò lo scoppio di una bomba.
Questa volta ci voltammo tutti nella stessa direzione.
La bara era a terra, fracassata.
E la vecchia stava cercando di alzarsi.
“Mamma”! Fece uno dei familiari, e corse verso di lei rompendo con le mani i pezzi di legno che le impedivano di uscire.
Errore.
La vecchia afferrò immediatamente il braccio del figlio e lo addentò.
Girai indietro la testa istintivamente, ma non c'era più nessuno. Solo lo zio, che mi teneva per le spalle e mi trascinava via.
Feci in tempo a sentire tutte le urla di quel malcapitato mentre la rediviva madre gli disossava l'avambraccio.
Corriamo, io e lo zio, e correndo ci accorgiamo che non era soltanto la vecchia ad aver rifiutato la degna sepoltura.
Molti erano già in piedi, barcollando e cadendo l'uno sopra l'altro.
Mucchi di stracci appiccicati ad ossa che gemevano a braccia tese.
Altre urla.
Vidi uno dei pinguini dell'agenzia funebre. Cercava di liberarsi dalla stretta di due braccia spuntate dalla terra che gli tenevano ferme le caviglie.
Pensai di andare ad aiutarlo ma dalla stessa terra emerse una testa calva che si attaccò alla sua gamba trascinandolo a terra.
Lo zio mi spinse via.
Capii che mi stava portando verso l'uscita, il tempo di svoltare l'angolo. Poi si fermò. Le mani sugli occhi.
Erano centinaia, aggrappati al cancello come bestie selvatiche in una gabbia. Non saremmo potuti uscire.
La porta della casetta del guardiano era chiusa a chiave. Lo zio la prese a calci ed entrammo.
Neanche una parola, ci accucciammo lì coi piedi a tenere ferma la porta che già traballava per i colpi dei morti/non più tali.
Pensavo a quegli idioti dei miei amici, li vedevo già ubriachi a toccare il culo alle ragazze in discoteca.
Io sarei morto lì. E poi sarei risorto pure io? Bah, non aveva molta importanza.
Volevo solo smettere di sentire quei lamenti, e volevo che quella porta venisse giù, e magari sentire meno dolore possibile.
“Giusto zio? Zio...?”.
Simone Delos
Ok, va bene. Cioè, non va bene per niente!
Me la sono cercata? Non direi.
Non è che un tizio va a prendere il sole sulla spiaggia e si tira addosso uno tsunami no?
Mi sono trovato esattamente, perfettamente ed inequivocabilmente nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ecco.
Ci si diploma: tutti contenti, genitori, nonni.
Poi che si fa? Il lavoretto pre-estate. Per pagarsi le vacanze a Ibiza con gli amici-poco-raccomandabili di sempre. Come da copione.
E dove lo trova un lavoretto uno sbarbatello incapace e con gli ormoni già a ballare in discoteca?
Ma certo! Va ad aiutare lo zio!
Lo zio Aurelio che fa un mestiere fighissimo.
Senza entrare in tecnicismi, lo zio chiude tombe.
Fa parte di quella equipe, al soldo dei pinguini delle onoranze funebri, che si occupa di portare spatole e stucco per sigillare “in perpetuum” le salme nei loro fornetti, loculi e compagnia.
Ora, fin qui si potrebbe parlare semplicemente di una macabra alternativa al più frivolo volantinaggio. Se non fosse che...
Se non fosse che quel giorno era cominciato male.
Ermete, il collega dello zio, soffriva di problemi intestinali post prandiali. Questo significava che non potevo limitarmi a mescolare lo stucco in polvere con l'acqua. Lo zio Aurelio contava su di me per collocare la bara del defunto (che poi si sarebbe rivelata defunta), nel tunnel stretto del loculo, sistemare il lastrone di marmo e poi stuccarne i contorni rendendolo (fa un po' ridere) a prova di resurrezione.
Eccoci quindi che arriviamo, già caffettizzati e pronti per il giogo.
I pinguini attendevano con le mani dietro la schiena in profondo cordoglio. C'erano un paio di familiari del defunto, ovviamente inabili a fare alcunché.
“Piglia la secchia France'!” (Lo zio era di modi spicci).
Quindi prendo il secchio e lo avvicino. Altri due pinguini portano la bara appena scaricata dal carro.
Ora la issiamo fino a farla poggiare sullo scalino del fornetto.
“Spigni spigni Francè"!
La bara era dentro, una sudata da ricordare.
Nel mentre pinguini e familiari discutevano davanti al lastrone di marmo.
La foto ovale di una donna anziana riempiva l'esatto spazio centrale. Poi le date, di nascita a sinistra, di morte a destra.
Sotto, una frase che non riuscivo a leggere bene, separata da un crocifisso d'acciaio stilizzato. Era proprio su questa frase che si dibatteva quando ci fu il primo colpo.
Un colpo sordo. Come il pugno su un cuscino.
Si voltarono tutti in direzioni diverse. Erano le due del pomeriggio di un Luglio torrido, chi poteva esserci in un cimitero oltre alle zanzare?
Secondo colpo.
Un indice puntò verso il fornetto ancora aperto, quello dove avevamo appena calato la bara.
Qualcuno si avvicinò, lo zio era tra questi.
-Tu tu tum! Tu tum! Tu tututum! Crack! Tum!-
“Santa Madonna! È lu mortu!”
Tutto a un tratto iniziarono a sentirsi rumori strani, come di terra che frana, poi degli schianti fragorosi. Poi un tonfo, proprio accanto a noi. Sembrò lo scoppio di una bomba.
Questa volta ci voltammo tutti nella stessa direzione.
La bara era a terra, fracassata.
E la vecchia stava cercando di alzarsi.
“Mamma”! Fece uno dei familiari, e corse verso di lei rompendo con le mani i pezzi di legno che le impedivano di uscire.
Errore.
La vecchia afferrò immediatamente il braccio del figlio e lo addentò.
Girai indietro la testa istintivamente, ma non c'era più nessuno. Solo lo zio, che mi teneva per le spalle e mi trascinava via.
Feci in tempo a sentire tutte le urla di quel malcapitato mentre la rediviva madre gli disossava l'avambraccio.
Corriamo, io e lo zio, e correndo ci accorgiamo che non era soltanto la vecchia ad aver rifiutato la degna sepoltura.
Molti erano già in piedi, barcollando e cadendo l'uno sopra l'altro.
Mucchi di stracci appiccicati ad ossa che gemevano a braccia tese.
Altre urla.
Vidi uno dei pinguini dell'agenzia funebre. Cercava di liberarsi dalla stretta di due braccia spuntate dalla terra che gli tenevano ferme le caviglie.
Pensai di andare ad aiutarlo ma dalla stessa terra emerse una testa calva che si attaccò alla sua gamba trascinandolo a terra.
Lo zio mi spinse via.
Capii che mi stava portando verso l'uscita, il tempo di svoltare l'angolo. Poi si fermò. Le mani sugli occhi.
Erano centinaia, aggrappati al cancello come bestie selvatiche in una gabbia. Non saremmo potuti uscire.
La porta della casetta del guardiano era chiusa a chiave. Lo zio la prese a calci ed entrammo.
Neanche una parola, ci accucciammo lì coi piedi a tenere ferma la porta che già traballava per i colpi dei morti/non più tali.
Pensavo a quegli idioti dei miei amici, li vedevo già ubriachi a toccare il culo alle ragazze in discoteca.
Io sarei morto lì. E poi sarei risorto pure io? Bah, non aveva molta importanza.
Volevo solo smettere di sentire quei lamenti, e volevo che quella porta venisse giù, e magari sentire meno dolore possibile.
“Giusto zio? Zio...?”.
Simone Delos