Assistenza Sanitaria - Mario Pacchiarotti
Inviato: lunedì 21 agosto 2017, 23:02
Mal di testa, lingua impastata, dolore ovunque, mal di stomaco, pesante rincoglionimento, fame devastante… Apro a fatica gli occhi. La luce mi acceca, li socchiudo e attendo che le mie pupille si adattino. Ci vuole un po’, vedo ancora sfocato, ma riconosco Antonio.
«Cazzo, Anto’, ieri abbiamo esagerato…» La mia voce suona estranea e ho in bocca un sapore di merda.
Lui abbozza un sorriso, ma la faccia da funerale non è in tema, tento di tirarmi su, ma qualcosa mi blocca. Sono legato al letto.
«Daje, Anto’, non ho voglia di scherzi…»
Comincio a vederci meglio, sono in una stanza di ospedale, c’è un tizio col camice.
«Signor Martini, sono il dottor Carmini, cerchi di non agitarsi. Ora le spiegherò tutto.»
«Oddio, in che guaio mi sono cacciato? Ho avuto un incidente? Overdose? Mi avevano garantito che era roba buona.»
Il dottore scuote la testa, ha una faccia terribile.
«Vede, signor Martini, lei è… uhmm… be’ di fatto, ecco, lei sarebbe morto.»
«Sarei morto?»
Carmini tossisce.
«È morto, in effetti.»
«Ma che cavolo dici, sono vivo e vegeto, che scherzo è? Smettetela. Dov'è la telecamera, da che parte devo guardare?» Cerco intorno con lo sguardo. «Lì nell'angolo? Sull'armadio?» Antonio si copre gli occhi. Sta piangendo?
«Lei si è preso il Tripanosoma brucei Romero, signor Martini.»
Il termine mi suona conosciuto ma tra mal di testa e rimbambimento non collego.
«Tripa che?»
«Mario, sei uno zombie» taglia corto Antonio. Lo guardo come fosse un alieno. Zombie… Zombie?
«Che cazzo vuol dire, zombie?»
Il medico mi si affianca, rimanendo a distanza.
«Sindrome di Romero, signor Martini, adesso so che fatica a ragionare ma, in pratica, lei è stato infettato da un protozoo, purtroppo non deve aver dato peso ai sintomi iniziali, così la malattia ha fatto il suo corso. Lei è morto l’altro ieri. E si è risvegliato oggi.»
Le informazioni pian piano si riordinano nella mia testa.
«La malattia africana…»
Il dottore annuisce.
Mi sforzo di ricordare, ma solo alcuni tasselli vanno al loro posto.
«Non posso essermela presa, non viaggio da anni.»
«Non è l’unico modo… Di sicuro lei ha fatto sesso non protetto con una persona infetta, sarebbe importante se ci potesse indicare di chi si tratta. Per prevenire altre infezioni.»
Cerco di concentrarmi, ma mi pare di avere il cervello congelato, e ho fame, soprattutto ho una dannata fame.
Mi viene alle labbra un nome. «Adelaide…»
«Adelaide Delacruz» conclude Antonio. «Lavora come hostess, posso darle io il contatto.»
«Bene, bene» il dottore sembra contento. «Ha avuto anche lei rapporti con quella ragazza?»
Antonio scuote la testa. «Non ne ho avuto occasione, e comunque sono vaccinato.»
«Meglio così. Contatteremo la ragazza al più presto, speriamo non ci siano altre vittime. Ora se non vi dispiace io vado.»
«Dottore, un secondo, io… quando potrò uscire?» un pensiero emerge dalla melassa. «Cavolo, domenica mi devo sposare.»
Antonio abbassa la testa. Il dottore si gira e torna verso di me.
«Signor Martini, mi dispiace, nelle sue condizioni il matrimonio è fuori discussione.»
«Cosa?»
«Il suo corpo, nonostante le cure e gli sforzi, andrà decadendo sempre più. Già ora ha perso gran parte delle sue funzionalità, come… uhmm… quelle sessuali. E andrà sempre peggio.»
Nella mia testa le sue parole rimbombano estranee, eppure sento che dice la verità, dentro di me c’è quella conoscenza.
«Inoltre, questa malattia la spingerà con sempre più forza… avrà desiderio di mangiare… carne umana.»
Guardo quel bel boccone in camice bianco e in effetti sento la fame salire.
«Un desiderio che diventerà ingestibile. Per questo… lei, come tutti i malati, non può essere lasciato libero.»
Scuoto con forza le braccia tentando di liberare le mani, ma i legacci sono saldi.
«Mi terrete prigioniero per sempre?»
Antonio scoppia a piangere ed esce dalla stanza. La faccia del dottore è terrea.
«Se lei fosse stato vaccinato, signor Martini, e fosse rimasto comunque contagiato, l’avremmo ricoverata in una struttura dedicata, dove ci sono tecnologie e personale specializzati per la gestione di persone come lei. Ma purtroppo lei ha rifiutato la vaccinazione, e i costi di gestione di un posto del genere, lei può capirlo, sono enormi.»
Ancora una volta cerco nella memoria traccia di quanto l’uomo sta dicendo.
«Era pericoloso, una cosa sperimentale, non sicura…»
Il dottore annuisce. «È vero, c’è un certo rischio, ma come vede l’alternativa è ben peggiore.»
«Mi ucciderete?»
L’uomo ride nervoso. «Questo no, da una parte lei è già morto, dall'altra evitiamo di ricorrere a rimedi estremi. Non direttamente. Sarà confinato in un luogo dove vengono inviati tutti quelli come lei.»
Zombie, in mezzo agli zombie, penso con orrore.
«Dove?»
«Patmos, un’isoletta greca.»
«Un’isoletta… ma quanti…»
Il dottore sorride comprensivo, benevolo.
«Oh, non si preoccupi, non sarà mai un posto sovraffollato.»
Il mio cervello da zombie è lento, ma poi ci arriva.
Guardo il dottore famelico e lui se la squaglia.
Spero solo, una volta lì, di aver più fame degli altri.
Altro che pranzo di nozze.
«Cazzo, Anto’, ieri abbiamo esagerato…» La mia voce suona estranea e ho in bocca un sapore di merda.
Lui abbozza un sorriso, ma la faccia da funerale non è in tema, tento di tirarmi su, ma qualcosa mi blocca. Sono legato al letto.
«Daje, Anto’, non ho voglia di scherzi…»
Comincio a vederci meglio, sono in una stanza di ospedale, c’è un tizio col camice.
«Signor Martini, sono il dottor Carmini, cerchi di non agitarsi. Ora le spiegherò tutto.»
«Oddio, in che guaio mi sono cacciato? Ho avuto un incidente? Overdose? Mi avevano garantito che era roba buona.»
Il dottore scuote la testa, ha una faccia terribile.
«Vede, signor Martini, lei è… uhmm… be’ di fatto, ecco, lei sarebbe morto.»
«Sarei morto?»
Carmini tossisce.
«È morto, in effetti.»
«Ma che cavolo dici, sono vivo e vegeto, che scherzo è? Smettetela. Dov'è la telecamera, da che parte devo guardare?» Cerco intorno con lo sguardo. «Lì nell'angolo? Sull'armadio?» Antonio si copre gli occhi. Sta piangendo?
«Lei si è preso il Tripanosoma brucei Romero, signor Martini.»
Il termine mi suona conosciuto ma tra mal di testa e rimbambimento non collego.
«Tripa che?»
«Mario, sei uno zombie» taglia corto Antonio. Lo guardo come fosse un alieno. Zombie… Zombie?
«Che cazzo vuol dire, zombie?»
Il medico mi si affianca, rimanendo a distanza.
«Sindrome di Romero, signor Martini, adesso so che fatica a ragionare ma, in pratica, lei è stato infettato da un protozoo, purtroppo non deve aver dato peso ai sintomi iniziali, così la malattia ha fatto il suo corso. Lei è morto l’altro ieri. E si è risvegliato oggi.»
Le informazioni pian piano si riordinano nella mia testa.
«La malattia africana…»
Il dottore annuisce.
Mi sforzo di ricordare, ma solo alcuni tasselli vanno al loro posto.
«Non posso essermela presa, non viaggio da anni.»
«Non è l’unico modo… Di sicuro lei ha fatto sesso non protetto con una persona infetta, sarebbe importante se ci potesse indicare di chi si tratta. Per prevenire altre infezioni.»
Cerco di concentrarmi, ma mi pare di avere il cervello congelato, e ho fame, soprattutto ho una dannata fame.
Mi viene alle labbra un nome. «Adelaide…»
«Adelaide Delacruz» conclude Antonio. «Lavora come hostess, posso darle io il contatto.»
«Bene, bene» il dottore sembra contento. «Ha avuto anche lei rapporti con quella ragazza?»
Antonio scuote la testa. «Non ne ho avuto occasione, e comunque sono vaccinato.»
«Meglio così. Contatteremo la ragazza al più presto, speriamo non ci siano altre vittime. Ora se non vi dispiace io vado.»
«Dottore, un secondo, io… quando potrò uscire?» un pensiero emerge dalla melassa. «Cavolo, domenica mi devo sposare.»
Antonio abbassa la testa. Il dottore si gira e torna verso di me.
«Signor Martini, mi dispiace, nelle sue condizioni il matrimonio è fuori discussione.»
«Cosa?»
«Il suo corpo, nonostante le cure e gli sforzi, andrà decadendo sempre più. Già ora ha perso gran parte delle sue funzionalità, come… uhmm… quelle sessuali. E andrà sempre peggio.»
Nella mia testa le sue parole rimbombano estranee, eppure sento che dice la verità, dentro di me c’è quella conoscenza.
«Inoltre, questa malattia la spingerà con sempre più forza… avrà desiderio di mangiare… carne umana.»
Guardo quel bel boccone in camice bianco e in effetti sento la fame salire.
«Un desiderio che diventerà ingestibile. Per questo… lei, come tutti i malati, non può essere lasciato libero.»
Scuoto con forza le braccia tentando di liberare le mani, ma i legacci sono saldi.
«Mi terrete prigioniero per sempre?»
Antonio scoppia a piangere ed esce dalla stanza. La faccia del dottore è terrea.
«Se lei fosse stato vaccinato, signor Martini, e fosse rimasto comunque contagiato, l’avremmo ricoverata in una struttura dedicata, dove ci sono tecnologie e personale specializzati per la gestione di persone come lei. Ma purtroppo lei ha rifiutato la vaccinazione, e i costi di gestione di un posto del genere, lei può capirlo, sono enormi.»
Ancora una volta cerco nella memoria traccia di quanto l’uomo sta dicendo.
«Era pericoloso, una cosa sperimentale, non sicura…»
Il dottore annuisce. «È vero, c’è un certo rischio, ma come vede l’alternativa è ben peggiore.»
«Mi ucciderete?»
L’uomo ride nervoso. «Questo no, da una parte lei è già morto, dall'altra evitiamo di ricorrere a rimedi estremi. Non direttamente. Sarà confinato in un luogo dove vengono inviati tutti quelli come lei.»
Zombie, in mezzo agli zombie, penso con orrore.
«Dove?»
«Patmos, un’isoletta greca.»
«Un’isoletta… ma quanti…»
Il dottore sorride comprensivo, benevolo.
«Oh, non si preoccupi, non sarà mai un posto sovraffollato.»
Il mio cervello da zombie è lento, ma poi ci arriva.
Guardo il dottore famelico e lui se la squaglia.
Spero solo, una volta lì, di aver più fame degli altri.
Altro che pranzo di nozze.