Chi va piano
Inviato: lunedì 21 agosto 2017, 23:32
Spengo il computer con rabbia e penso al telefono.
Ci dev'essere un fucile da qualche parte. Bartazzi, quel pazzo paranoico, aveva sempre temuto che qualcosa del genere potesse accadere. Uso la gamba di una sedia per forzare il suo armadietto e ci trovo una pistola, una torcia, razioni di cibo e una mezza dozzina di caricatori, il tutto in un comodo zaino verde scuro.
E bravo Bartazzi. Se non ti hanno già mangiato ti faccio impiegato del mese. Luigi Bartazzi: testa di cazzo patentata, maniaco delle cospirazioni e impiegato del mese di agosto 2017. Cioè, essendo il ventuno oggi, sarebbe meglio farlo impiegato del mese di settembre...
Si sarà chiamato davvero Luigi, poi? Odio non ricordare i nomi dei sottoposti. Luciano, forse?
Controllo che la pistola non abbia la sicura inserita mentre scendo le scale.
Lorenzo?
Cazzo, hanno già sfondato.
Per fortuna oggi in ufficio sono solo, tolte le due guardie di sicurezza e Lauretta in portineria, quindi non ne sono venuti tanti.
Seguono l'odore della carne viva, pare – enorme difetto, tra l'altro: non puoi aspettarti un minimo di pensiero tattico da una massa di cacciatori guidati solo dal fiuto.
Due o tre, comunque, sono arrivati anche da noi. Qualcuno gli ha sparato in testa e li ha lasciati a terra, un paio di metri oltre la porta distrutta.
Dev'essere stata una delle guardie. A giudicare da Lauretta e dall'altro agente che si avvicinano barcollando a me, coperti di morsi e graffi, chi ha sparato non si è fermato ad aiutare gli altri due... Né a porre fine alle loro sofferenze.
Tocca a me, immagino. Sparo quattro colpi, tre vanno a segno: uno alla spalla della portinaia e due in mezzo ai suoi grandi occhi blu.
Wow, aveva degli occhi da attrice hollywoodiana; me ne rendo conto solo mentre la guardo cadere. Sono dettagli a cui non fai caso quando sei preso dalla routine quotidiana, immagino.
Resto a fissarla per qualche secondo. Quando mi volto, l'altro zombie è avanzato di meno di due metri nella mia direzione.
Contro due di loro, un solo individuo con la mia prestanza fisica e la mia mira – entrambe scadenti – dovrebbe morire in pochi secondi, o perlomeno rischiare grosso. Invece eccomi qua, a sparare due, tre, quattro volte a questa carogna prima di beccare finalmente il cranio.
Avrei potuto lanciargli articoli di cancelleria e vasi di fiori in faccia fino a spegnergli il cervello a suon di traumi, e con tutte le probabilità non mi avrebbe raggiunto lo stesso.
In strada trovo un'altra decina di cadaveri ambulanti, ma sono sparsi e mi basta camminare a passo svelto per seminarli – in fondo, la mia destinazione è in questo stesso quartiere, come tutte le sedi principali di chi conta qualcosa in questa dannata città.
In questo dannato Paese.
Entro nel palazzo di Stevenson, e trovo l'atrio pieno di corpi. Per sicurezza apro un buco in testa a chiunque non ne abbia già uno. Non si sa mai quando si alzano, questi zombie: alcuni vengono contagiati nonappena muoiono, altri solo se in vita erano stati morsi, alcuni ci mettono cinque minuti a trasformarsi, altri un paio d'ore o anche di più...
E a proposito di inaffidabilità, la corrente è saltata: niente ascensore.
“Sei un BASTARDO!,” urlo a pieni polmoni, calpestando i primi gradini col cipiglio di un bambino capriccioso. Penso di nuovo al telefono, e all'elettricità.
Sblocco lo schermo dello smartphone e faccio scorrere le ultime notizie per ingannare il tempo durante l'interminabile salita. Quando mi annoio, passo ai giochi.
Un paio di zombie interrompono la mia partita a Kittens VS The Undead, ma sono tanto rumorosi quanto lenti, e si rivelano una sfida meno impegnativa di quella che stanno affrontando i miei gattini virtuali.
Al tredicesimo piano, un piccolo videocitofono lampeggia di fianco alle porte sigillate degli uffici di Rob Stevenson. Dalle finestre dell'anticamera in cui mi trovo riesco a scorgere minuscoli cannibali defunti e gente disperata che trascina quello che può fuori da negozi, magazzini, case private.
Di ladri e sciacalli è pieno il mondo.
Suono il campanello.
Passa meno di un minuto prima che le porte si aprano, silenziose e funzionali come un non morto dovrebbe essere. Raggiungo la scrivania di quel piccolo figlio di papà americano in un lampo.
“Nei primi stadi della ricerca eri, eh, Stevenson? Nei primi stadi della ricerca un paio di palle!”
Penso a Thomas Edison che si porta via tutti i fulmini e le saette di Nikola Tesla. Visualizzo Antonio Meucci e Alexander Graham Bell litigare a distanza per la paternità dell'invenzione del telefono.
“Fucking hell, rilassati, è stato un incidente! Lo giuro! Cross my heart! Voglio dire, ti sembrano pronti?”
Chiudo gli occhi, sull'orlo delle lacrime. Il telefono vibra per ricordarmi l'appuntamento di domani.
Come se potessi dimenticarlo.
Rilasciare l'Esercito dei Morti → offrire un vaccino → diventare il Re del Mondo o il più noto terrorista della Storia a seconda del risultato.
22/08/17, ore 09:00.
Tutto sfumato per un cazzo di incidente.
Tutto sfumato per un singolo cazzo di giorno.
Ci dev'essere un fucile da qualche parte. Bartazzi, quel pazzo paranoico, aveva sempre temuto che qualcosa del genere potesse accadere. Uso la gamba di una sedia per forzare il suo armadietto e ci trovo una pistola, una torcia, razioni di cibo e una mezza dozzina di caricatori, il tutto in un comodo zaino verde scuro.
E bravo Bartazzi. Se non ti hanno già mangiato ti faccio impiegato del mese. Luigi Bartazzi: testa di cazzo patentata, maniaco delle cospirazioni e impiegato del mese di agosto 2017. Cioè, essendo il ventuno oggi, sarebbe meglio farlo impiegato del mese di settembre...
Si sarà chiamato davvero Luigi, poi? Odio non ricordare i nomi dei sottoposti. Luciano, forse?
Controllo che la pistola non abbia la sicura inserita mentre scendo le scale.
Lorenzo?
Cazzo, hanno già sfondato.
Per fortuna oggi in ufficio sono solo, tolte le due guardie di sicurezza e Lauretta in portineria, quindi non ne sono venuti tanti.
Seguono l'odore della carne viva, pare – enorme difetto, tra l'altro: non puoi aspettarti un minimo di pensiero tattico da una massa di cacciatori guidati solo dal fiuto.
Due o tre, comunque, sono arrivati anche da noi. Qualcuno gli ha sparato in testa e li ha lasciati a terra, un paio di metri oltre la porta distrutta.
Dev'essere stata una delle guardie. A giudicare da Lauretta e dall'altro agente che si avvicinano barcollando a me, coperti di morsi e graffi, chi ha sparato non si è fermato ad aiutare gli altri due... Né a porre fine alle loro sofferenze.
Tocca a me, immagino. Sparo quattro colpi, tre vanno a segno: uno alla spalla della portinaia e due in mezzo ai suoi grandi occhi blu.
Wow, aveva degli occhi da attrice hollywoodiana; me ne rendo conto solo mentre la guardo cadere. Sono dettagli a cui non fai caso quando sei preso dalla routine quotidiana, immagino.
Resto a fissarla per qualche secondo. Quando mi volto, l'altro zombie è avanzato di meno di due metri nella mia direzione.
Contro due di loro, un solo individuo con la mia prestanza fisica e la mia mira – entrambe scadenti – dovrebbe morire in pochi secondi, o perlomeno rischiare grosso. Invece eccomi qua, a sparare due, tre, quattro volte a questa carogna prima di beccare finalmente il cranio.
Avrei potuto lanciargli articoli di cancelleria e vasi di fiori in faccia fino a spegnergli il cervello a suon di traumi, e con tutte le probabilità non mi avrebbe raggiunto lo stesso.
In strada trovo un'altra decina di cadaveri ambulanti, ma sono sparsi e mi basta camminare a passo svelto per seminarli – in fondo, la mia destinazione è in questo stesso quartiere, come tutte le sedi principali di chi conta qualcosa in questa dannata città.
In questo dannato Paese.
Entro nel palazzo di Stevenson, e trovo l'atrio pieno di corpi. Per sicurezza apro un buco in testa a chiunque non ne abbia già uno. Non si sa mai quando si alzano, questi zombie: alcuni vengono contagiati nonappena muoiono, altri solo se in vita erano stati morsi, alcuni ci mettono cinque minuti a trasformarsi, altri un paio d'ore o anche di più...
E a proposito di inaffidabilità, la corrente è saltata: niente ascensore.
“Sei un BASTARDO!,” urlo a pieni polmoni, calpestando i primi gradini col cipiglio di un bambino capriccioso. Penso di nuovo al telefono, e all'elettricità.
Sblocco lo schermo dello smartphone e faccio scorrere le ultime notizie per ingannare il tempo durante l'interminabile salita. Quando mi annoio, passo ai giochi.
Un paio di zombie interrompono la mia partita a Kittens VS The Undead, ma sono tanto rumorosi quanto lenti, e si rivelano una sfida meno impegnativa di quella che stanno affrontando i miei gattini virtuali.
Al tredicesimo piano, un piccolo videocitofono lampeggia di fianco alle porte sigillate degli uffici di Rob Stevenson. Dalle finestre dell'anticamera in cui mi trovo riesco a scorgere minuscoli cannibali defunti e gente disperata che trascina quello che può fuori da negozi, magazzini, case private.
Di ladri e sciacalli è pieno il mondo.
Suono il campanello.
Passa meno di un minuto prima che le porte si aprano, silenziose e funzionali come un non morto dovrebbe essere. Raggiungo la scrivania di quel piccolo figlio di papà americano in un lampo.
“Nei primi stadi della ricerca eri, eh, Stevenson? Nei primi stadi della ricerca un paio di palle!”
Penso a Thomas Edison che si porta via tutti i fulmini e le saette di Nikola Tesla. Visualizzo Antonio Meucci e Alexander Graham Bell litigare a distanza per la paternità dell'invenzione del telefono.
“Fucking hell, rilassati, è stato un incidente! Lo giuro! Cross my heart! Voglio dire, ti sembrano pronti?”
Chiudo gli occhi, sull'orlo delle lacrime. Il telefono vibra per ricordarmi l'appuntamento di domani.
Come se potessi dimenticarlo.
Rilasciare l'Esercito dei Morti → offrire un vaccino → diventare il Re del Mondo o il più noto terrorista della Storia a seconda del risultato.
22/08/17, ore 09:00.
Tutto sfumato per un cazzo di incidente.
Tutto sfumato per un singolo cazzo di giorno.