L'indispensabile professionalità del signor G.
Inviato: martedì 19 settembre 2017, 0:16
L’indispensabile professionalità del signor G.
(di Raffaele Marra)
La donna irrompe frettolosa nell’ufficio e si chiude la porta alle spalle. Non saluta, si precipita alla scrivania e lì si blocca, respirando sonoramente con il naso.
“La prego, non ce la faccio più.”
“Allora facciamo subito”, risponde cortese il signor G. alzandosi dalla poltrona e dirigendosi, con le spalle leggermente curve e il solito sorriso, davanti alla sua nuova cliente.
Quella lo guarda negli occhi, per un attimo sembra titubante, sta quasi per ripensarci. Poi qualcosa di irrefrenabile sembra salirle dal profondo e la sua espressione torna quella di prima.
“Sei un pezzo di merda, ti odio, maledettissimo bastardo…”
Uno schiaffo sonoro schiocca tra la mano di lei e la guancia di lui, entrambe inizialmente pallide.
Silenzio.
Poi un movimento, sguardi furtivi, un sospiro.
“Mi scusi, forse ho esagerato”, dice la sconosciuta.
“Non si preoccupi”, risponde il signor G. tornando a sedersi, “sono qui per questo”. Con la stessa mano prima si accarezza la guancia calda, poi dà una sistematina al riporto argentato sulla fronte rugosa.
“Se non ci fosse lei… Stavo per prendere a schiaffi il mio direttore. Sarebbe stata la fine, per me”.
Il signor G. sorride, come al solito. Se non ci fosse il suo ufficio, in città sarebbe un disastro. Invece lui è lì, in quel buco freddo e umido, a lavorare per guadagnarsi il pane.
E per un mondo migliore, forse.
“Quant’è?”
“Sono venti per le parole e ottanta per lo schiaffo. Fanno cento.”
La donna alza le spalle, quindi paga, lo saluta e, più o meno sorridente, se ne va.
Se le persone badassero all’estetica di un ufficio, il minuscolo stanzino del signor G. sarebbe eternamente deserto. Invece, quella grigia stanza nel seminterrato di un enorme edificio in centro, costantemente rombante delle centrali termiche adiacenti, è frequentata da decine di clienti ogni giorno.
È un lavoro duro, ma c’è da guadagnare bei soldini, questo è certo.
Lo schiaffo nervoso di una impiegata maltrattata? Dagli ottanta ai centoventi, a seconda della forza.
Un pugno in un occhio di un marito tradito? Duecento, almeno.
Un paio di calci in culo da due tifosi frustrati? Settantacinque a testa e palla al centro.
Le bacchettate legnose di un insegnante troppo vecchio? Dieci ogni colpo sul palmo della mano, quindici sul dorso.
Il signor G. ha imparato a ricevere senza battere ciglio, senza lamentarsi, senza appellarsi ad alcun sindacato.
Stoico e professionale ogni mattina apre, timbra il cartellino e fa il suo.
Per i soldi. E per un mondo migliore.
È sera, ora di chiudere, e sta per piovere.
Un buon brodino caldo allungato con brandy è quello che ci vuole. Cura le ferite e offusca la solitudine.
Il signor G. raccoglie dalla scrivania il fazzoletto con un incisivo saltato durante la risoluzione di una pratica pomeridiana particolarmente impegnativa. E remunerativa, ovvio.
Un fruscio.
“C’è ancora tempo, vero?”
Alza lo sguardo.
Il vecchio gli sorride. Ha gli occhi azzurri e l’aria tesa. Non ricorda di averlo sentito entrare.
“Se facciamo velocemente…”, risponde superando la scrivania fino a fermarsi a un passo da lui.
Lo sconosciuto devia per un attimo lo sguardo.
“Non ne posso più, davvero”, dice sospirando, “se non mi sfogo con lei sarà un’ennesima strage…”
“Sono qui per questo…”
“Lo so, ma con me farà molto più male del solito.”
Un tuono, molto più vicino dei precedenti. Il signor G. non riesce a distogliere lo sguardo da quegli occhi profondi e stanchi.
“In compenso, saprò ripagarla come merita”.
Le mani del vecchio iniziano a tremare. Con esse il vetrocemento vicino al soffitto dietro alla scrivania prende a vibrare percosso dalla pioggia. O chissà da cosa.
“Le va bene la Vita Eterna?”
Il signor G. deglutisce, sbatte un paio di volte le palpebre, quindi ritorna a trattenere il fiato. È pur sempre un professionista del settore. Un vero specialista. L’unico al mondo.
“Uno come lei mi ritorna decisamente utile”, sussurra il vecchio mentre lo stanzino comincia a rombare come uno stomaco affamato, “per un mondo migliore…”
Il signor G. annuisce, stringe i denti e, come sempre, attende…
(di Raffaele Marra)
La donna irrompe frettolosa nell’ufficio e si chiude la porta alle spalle. Non saluta, si precipita alla scrivania e lì si blocca, respirando sonoramente con il naso.
“La prego, non ce la faccio più.”
“Allora facciamo subito”, risponde cortese il signor G. alzandosi dalla poltrona e dirigendosi, con le spalle leggermente curve e il solito sorriso, davanti alla sua nuova cliente.
Quella lo guarda negli occhi, per un attimo sembra titubante, sta quasi per ripensarci. Poi qualcosa di irrefrenabile sembra salirle dal profondo e la sua espressione torna quella di prima.
“Sei un pezzo di merda, ti odio, maledettissimo bastardo…”
Uno schiaffo sonoro schiocca tra la mano di lei e la guancia di lui, entrambe inizialmente pallide.
Silenzio.
Poi un movimento, sguardi furtivi, un sospiro.
“Mi scusi, forse ho esagerato”, dice la sconosciuta.
“Non si preoccupi”, risponde il signor G. tornando a sedersi, “sono qui per questo”. Con la stessa mano prima si accarezza la guancia calda, poi dà una sistematina al riporto argentato sulla fronte rugosa.
“Se non ci fosse lei… Stavo per prendere a schiaffi il mio direttore. Sarebbe stata la fine, per me”.
Il signor G. sorride, come al solito. Se non ci fosse il suo ufficio, in città sarebbe un disastro. Invece lui è lì, in quel buco freddo e umido, a lavorare per guadagnarsi il pane.
E per un mondo migliore, forse.
“Quant’è?”
“Sono venti per le parole e ottanta per lo schiaffo. Fanno cento.”
La donna alza le spalle, quindi paga, lo saluta e, più o meno sorridente, se ne va.
Se le persone badassero all’estetica di un ufficio, il minuscolo stanzino del signor G. sarebbe eternamente deserto. Invece, quella grigia stanza nel seminterrato di un enorme edificio in centro, costantemente rombante delle centrali termiche adiacenti, è frequentata da decine di clienti ogni giorno.
È un lavoro duro, ma c’è da guadagnare bei soldini, questo è certo.
Lo schiaffo nervoso di una impiegata maltrattata? Dagli ottanta ai centoventi, a seconda della forza.
Un pugno in un occhio di un marito tradito? Duecento, almeno.
Un paio di calci in culo da due tifosi frustrati? Settantacinque a testa e palla al centro.
Le bacchettate legnose di un insegnante troppo vecchio? Dieci ogni colpo sul palmo della mano, quindici sul dorso.
Il signor G. ha imparato a ricevere senza battere ciglio, senza lamentarsi, senza appellarsi ad alcun sindacato.
Stoico e professionale ogni mattina apre, timbra il cartellino e fa il suo.
Per i soldi. E per un mondo migliore.
È sera, ora di chiudere, e sta per piovere.
Un buon brodino caldo allungato con brandy è quello che ci vuole. Cura le ferite e offusca la solitudine.
Il signor G. raccoglie dalla scrivania il fazzoletto con un incisivo saltato durante la risoluzione di una pratica pomeridiana particolarmente impegnativa. E remunerativa, ovvio.
Un fruscio.
“C’è ancora tempo, vero?”
Alza lo sguardo.
Il vecchio gli sorride. Ha gli occhi azzurri e l’aria tesa. Non ricorda di averlo sentito entrare.
“Se facciamo velocemente…”, risponde superando la scrivania fino a fermarsi a un passo da lui.
Lo sconosciuto devia per un attimo lo sguardo.
“Non ne posso più, davvero”, dice sospirando, “se non mi sfogo con lei sarà un’ennesima strage…”
“Sono qui per questo…”
“Lo so, ma con me farà molto più male del solito.”
Un tuono, molto più vicino dei precedenti. Il signor G. non riesce a distogliere lo sguardo da quegli occhi profondi e stanchi.
“In compenso, saprò ripagarla come merita”.
Le mani del vecchio iniziano a tremare. Con esse il vetrocemento vicino al soffitto dietro alla scrivania prende a vibrare percosso dalla pioggia. O chissà da cosa.
“Le va bene la Vita Eterna?”
Il signor G. deglutisce, sbatte un paio di volte le palpebre, quindi ritorna a trattenere il fiato. È pur sempre un professionista del settore. Un vero specialista. L’unico al mondo.
“Uno come lei mi ritorna decisamente utile”, sussurra il vecchio mentre lo stanzino comincia a rombare come uno stomaco affamato, “per un mondo migliore…”
Il signor G. annuisce, stringe i denti e, come sempre, attende…