Finché amore non vi riunisca
Inviato: lunedì 16 ottobre 2017, 23:12
La vigilia di Ognissanti, in cui la soglia tra i mondi resta socchiusa: la notte ideale per questo genere di operazione.
Se penso a tutti i maghi, i saggi, gli esoteristi da cui ho dovuto imparare per arrivare fin qui... Dal culto di una dea fittizia a un Ordine dal nome letteralmente impronunciabile, da istituti di ricerca sullo spiritismo fino a un adorabile club di lettura vicino al British Museum.
Ho affrontato da solo il grosso della ricerca, certo: con tutta la loro disciplina e il loro talento e i loro segreti, nessuno è stato in grado di piegarsi a questo compito con la mia stessa sfiancante dedizione. Lo dico senza orgoglio: lo studio e la pratica continui mi hanno rovinato la vista e l'umore, mi hanno fatto invecchiare di cinquant'anni in trenta e con tutte le probabilità mi hanno reso un idiota in qualunque campo che esuli da questo.
Squarciare il velo. Aprire un condotto. Trovare...
La verità, suppongo, è che non c'è urgenza più grande dell'amore.
Nel mio caso, l'amore è una ragazza.
Edith.
Lo so, dovrei dire era: le sue ossa sono sul pavimento proprio di fronte a me, dopotutto. Tra me e il Cerchio.
All'interno di quest'ultimo si manifesterà l'entità di cui ho bisogno. Non Edith, no: cercare scambiare parole con i morti è il modo migliore per farsi abbindolare da qualche spiritello, senza contare che la soluzione che cerco è più durevole di una conversazione.
Ciò che voglio evocare ha tanti nomi quante sono le paure degli uomini, e il suo lavoro, per quanto necessario, non smetterà mai di procurargli odio.
“Io cerco chi conduce e consola,” dico ad alta voce. Lo Psicopompo.
“Cerco il Traghettatore!”
Ecco la nebbia, fatta dell'incenso bruciato e di sostanze che alterano le mie percezioni, ma anche di qualcosa di freddo e alieno, che viene da là.
Ecco la sagoma che si condensa in una forma a me comprensibile: ecco le rive su cui poggiano piedi antichi, ecco il remo che ha attraversato innumerevoli eoni...
Ecco gli occhi di brace.
Ecco Caronte.
Mi studia da sotto il pesante cappuccio: vedo la luce rossa nelle sue iridi e in fondo alle sue pupille, sento il crepitare del suo respiro, ma non distinguo lineamenti. Non ne ha, in effetti, non davvero: basta osservarlo da una differente angolazione e compaiono le ali di un corvo, o una tuba nera, o un cane gigantesco. Sento odore di sigari e morte, di sesso e nostalgia di casa.
Attendo che sia lui a parlare. Certo, ha tutto il tempo del mondo, ma come ognu creatura sovrannaturale detesta la cattività quasi quanto la noia.
Finalmente: “Cosa vuoi?”
Da bambino soffrivo di terrori notturni: avevano la sua stessa voce.
Indico lo scheletro. Abbassa lo sguardo: “Sì,” mormora, riflessivo, “sì: Edith, giusto? Insisteva per offrirmi un tè.”
Mi mordo il labbro inferiore; non lo facevo da prima della dentiera. Nessuno insisteva per il tè come lei. Nessuno lo preparava con tanto metodo, né lo serviva così educatamente, né era suo pari nel chiacchierare mentre lo sorseggiava.
Nessuno nell'intero Creato ha mai fatto nulla con metà della grazia con cui lo faceva la mia Edith.
“Ah: amore,” osserva Caronte. Mi scopro a strabuzzare gli occhi. “Stupito? Dopo tutti i morti che ho condotto via da questa terra, non dovrei saper riconoscere l'amore?”
Sorrido: “Hai ragione. Ora, se hai capito questo...”
“No.”
“Come?”
“No.”
Non devo vacillare. Il Cerchio lo tiene qui, ma il suo potere è troppo grande perché possa costringerlo a servirmi senza una volontà brillante quanto il centro di una stella.
“Saprai cosa sto per chiederti. Voglio che lei torni al mio fianco, per restare ancora al suo...”
Caronte sbuffa col suono di mille agonie: “No. Per l'ennesima volta, all'ennesimo mentecatto d'uno stregone vedovo, no.”
“Ho studiato a sufficienza, consultato abbastanza fonti da sapere che l'aldilà è... Complesso. Fatto di spazi sconfinati, di desideri e timori che soffiano come vento e creano Campi Elisi e Purgatori e Terre dell'Estate e...”
“Non accadrà.”
“So che la mia Edith potrebbe aver superato prove, visitato altri universi.”
“Non puoi convincermi, vecchio! Come questo Cerchio mi impedisce di bastonarti sulla testa, così la soglia della Morte si è chiusa alle spalle di Edith! Non importa se bruci tutto l'incenso del mondo: non la riporterò in vita!”
“In... Vita...?” Oh, diamine. Scoppio a ridergli in faccia, come fosse un ubriacone qualsiasi incontrato al pub. “Pensi che la rivoglia qui? Per regalarle cosa, ben dieci o quindici anni di scarsa tolleranza dei costumi giovanili e di vescica poco controllata? Ah!”
“Non capisco...”
“L'aldilà, suggeriscono i miei studi, è complesso, un intreccio di credenze e distanze, e io ho paura di... Perdermi, dall'altra parte. Di non trovarla.”
Caronte sembra sbigottito: “Avresti l'eternità. La troveresti, prima o poi.”
“Non l'ho avuta per trent'anni, e non intendo sprecare altro tempo. Neanche una frazione d'infinito.”
“Io... Immagino di poterti disegnare una mappa, o... Chiamartela, appena arrivi...”
“Fantastico! Grazie! Allora, quando posso morire?”
Se penso a tutti i maghi, i saggi, gli esoteristi da cui ho dovuto imparare per arrivare fin qui... Dal culto di una dea fittizia a un Ordine dal nome letteralmente impronunciabile, da istituti di ricerca sullo spiritismo fino a un adorabile club di lettura vicino al British Museum.
Ho affrontato da solo il grosso della ricerca, certo: con tutta la loro disciplina e il loro talento e i loro segreti, nessuno è stato in grado di piegarsi a questo compito con la mia stessa sfiancante dedizione. Lo dico senza orgoglio: lo studio e la pratica continui mi hanno rovinato la vista e l'umore, mi hanno fatto invecchiare di cinquant'anni in trenta e con tutte le probabilità mi hanno reso un idiota in qualunque campo che esuli da questo.
Squarciare il velo. Aprire un condotto. Trovare...
La verità, suppongo, è che non c'è urgenza più grande dell'amore.
Nel mio caso, l'amore è una ragazza.
Edith.
Lo so, dovrei dire era: le sue ossa sono sul pavimento proprio di fronte a me, dopotutto. Tra me e il Cerchio.
All'interno di quest'ultimo si manifesterà l'entità di cui ho bisogno. Non Edith, no: cercare scambiare parole con i morti è il modo migliore per farsi abbindolare da qualche spiritello, senza contare che la soluzione che cerco è più durevole di una conversazione.
Ciò che voglio evocare ha tanti nomi quante sono le paure degli uomini, e il suo lavoro, per quanto necessario, non smetterà mai di procurargli odio.
“Io cerco chi conduce e consola,” dico ad alta voce. Lo Psicopompo.
“Cerco il Traghettatore!”
Ecco la nebbia, fatta dell'incenso bruciato e di sostanze che alterano le mie percezioni, ma anche di qualcosa di freddo e alieno, che viene da là.
Ecco la sagoma che si condensa in una forma a me comprensibile: ecco le rive su cui poggiano piedi antichi, ecco il remo che ha attraversato innumerevoli eoni...
Ecco gli occhi di brace.
Ecco Caronte.
Mi studia da sotto il pesante cappuccio: vedo la luce rossa nelle sue iridi e in fondo alle sue pupille, sento il crepitare del suo respiro, ma non distinguo lineamenti. Non ne ha, in effetti, non davvero: basta osservarlo da una differente angolazione e compaiono le ali di un corvo, o una tuba nera, o un cane gigantesco. Sento odore di sigari e morte, di sesso e nostalgia di casa.
Attendo che sia lui a parlare. Certo, ha tutto il tempo del mondo, ma come ognu creatura sovrannaturale detesta la cattività quasi quanto la noia.
Finalmente: “Cosa vuoi?”
Da bambino soffrivo di terrori notturni: avevano la sua stessa voce.
Indico lo scheletro. Abbassa lo sguardo: “Sì,” mormora, riflessivo, “sì: Edith, giusto? Insisteva per offrirmi un tè.”
Mi mordo il labbro inferiore; non lo facevo da prima della dentiera. Nessuno insisteva per il tè come lei. Nessuno lo preparava con tanto metodo, né lo serviva così educatamente, né era suo pari nel chiacchierare mentre lo sorseggiava.
Nessuno nell'intero Creato ha mai fatto nulla con metà della grazia con cui lo faceva la mia Edith.
“Ah: amore,” osserva Caronte. Mi scopro a strabuzzare gli occhi. “Stupito? Dopo tutti i morti che ho condotto via da questa terra, non dovrei saper riconoscere l'amore?”
Sorrido: “Hai ragione. Ora, se hai capito questo...”
“No.”
“Come?”
“No.”
Non devo vacillare. Il Cerchio lo tiene qui, ma il suo potere è troppo grande perché possa costringerlo a servirmi senza una volontà brillante quanto il centro di una stella.
“Saprai cosa sto per chiederti. Voglio che lei torni al mio fianco, per restare ancora al suo...”
Caronte sbuffa col suono di mille agonie: “No. Per l'ennesima volta, all'ennesimo mentecatto d'uno stregone vedovo, no.”
“Ho studiato a sufficienza, consultato abbastanza fonti da sapere che l'aldilà è... Complesso. Fatto di spazi sconfinati, di desideri e timori che soffiano come vento e creano Campi Elisi e Purgatori e Terre dell'Estate e...”
“Non accadrà.”
“So che la mia Edith potrebbe aver superato prove, visitato altri universi.”
“Non puoi convincermi, vecchio! Come questo Cerchio mi impedisce di bastonarti sulla testa, così la soglia della Morte si è chiusa alle spalle di Edith! Non importa se bruci tutto l'incenso del mondo: non la riporterò in vita!”
“In... Vita...?” Oh, diamine. Scoppio a ridergli in faccia, come fosse un ubriacone qualsiasi incontrato al pub. “Pensi che la rivoglia qui? Per regalarle cosa, ben dieci o quindici anni di scarsa tolleranza dei costumi giovanili e di vescica poco controllata? Ah!”
“Non capisco...”
“L'aldilà, suggeriscono i miei studi, è complesso, un intreccio di credenze e distanze, e io ho paura di... Perdermi, dall'altra parte. Di non trovarla.”
Caronte sembra sbigottito: “Avresti l'eternità. La troveresti, prima o poi.”
“Non l'ho avuta per trent'anni, e non intendo sprecare altro tempo. Neanche una frazione d'infinito.”
“Io... Immagino di poterti disegnare una mappa, o... Chiamartela, appena arrivi...”
“Fantastico! Grazie! Allora, quando posso morire?”