[M] Morte improvvisa (Alexandra Fischer)
Inviato: lunedì 13 aprile 2015, 23:04
Erano tutti e due nella piscina dell’impianto termale, in un caldo pomeriggio estivo, quando, all’improvviso, la notte inghiottì l’acqua e anche tutto l’edificio.
La splendida architettura moresca non esisteva più.
- Ehi, Landloo. Non vedo più nulla – gridò l’ospite terrestre all’addetto alieno.
La ragazza rimpianse di aver deciso di approfittare dell’Ora Vuota di Akvoperlo per usare le terme.
Con gli alieni non si poteva mai sapere.
Landloo le si avvicinò.
- Non si muova, signorina. C’è stato un guasto alla centrale, ma rimedieremo subito.
Una luce si accese sul fondo del nulla vischioso come inchiostro di seppia dimenticato al sole di Akvoperlo.
- Presto, presto – gridò lei.
Sentiva forme muoversi accanto a lei e pensò che il buio aveva tentacoli simili a bioccoli di polvere ed emanava il lezzo dell’acqua marcia.
Era intollerabile, dal momento che le terme erano un’invenzione della sua gente.
Landloo le si fece più vicino e la sfiorò con una chela da far morire di invidia uno dei granchi giganti della spiaggia.
La ragazza gridò.
L’alieno proiettò il fascio di luce per aiutarla a uscire dallo spazio dove fino a pochi istanti prima si trovava la vasca.
- Esca subito – le disse .
- Ma non c’è un piano B?
La giovane donna glielo aveva chiesto con un tono querulo.
L’alieno sogghignò dentro di sé, pensando che i terrestri erano tutti uguali.
Tracotanti quando le cose andavano bene, molto meno davanti ai guasti.
Scosse la chela, mentre regolava l’intensità della luce.
Glielo doveva, in fondo.
I suoi compagni avevano fatto sempre così: meglio mostrarsi gentili davanti a loro, visto che la ribellione la stava conducendo già il loro pianeta.
La ragazza si guardò intorno, delusa di vedere la stessa cisterna corrosa dall’umidità e spoglia di quando era arrivata come ospite degli zii.
La realtà virtuale voluta da suo padre e dagli altri imprenditori era dunque scomparsa?
Volle domandarlo a Landloo.
- Quando contate di riparare il guasto? – gli domandò, con lo stesso tono da bambina viziata che usava in compagnia di esseri come lui.
Umanoidi, vagamente orientali e servizievoli, così simili ai domestici che aveva lasciato sulla Terra.
Pensò che poteva permetterselo.
A terra trovò l’accappatoio e se lo mise, contenta di aver diffidato di quelli che gli inservienti delle terme offrivano agli ospiti.
Diversamente, sarebbe stata soltanto in trikini, un abbigliamento sconveniente nelle emergenze, soprattutto per una von Stern.
- Dov’è l’uscita? – gli domandò.
- Per di qua, se ha la compiacenza di seguirmi – rispose Landloo, con un tono da maggiordomo, malgrado dentro di sé esultasse.
Quella smorfiosa avrebbe sofferto parecchio, nella cisterna di Malvaluçeo.
Laggiù si trovava il punto di spurgo delle acque, ed era una lezione che i terrestri si erano ostinati a non imparare.
Ripensò al padre, scomparso nella cisterna dopo aver riparato un guasto molto simile a quello che si era appena verificato.
Le labbra gli si piegarono in un sorriso saturnino quando l’acqua nera cominciò a smuoversi.
Il pianeta stava digerendo ed espellendo rifiuti proprio in quel momento.
Il piano B esisteva e consisteva nel fargli venire un mal di stomaco tale da espellere lui e la ragazza prima che la situazione si facesse seria: non tutti i rifiuti erano morti.
Esattamente come la von Stern aveva constatato agitandosi nell’acqua quando le si era avvicinato con la luce.
A quel punto, gli rimaneva la luce.
Era un sottile filo verdastro, ma lui sapeva come trasformarlo in qualcosa di più.
Girò il polso.
Forse il guasto si sarebbe riparato soltanto di lì a qualche ora, perché i controlli sulla realtà virtuale erano stati allentati dagli arroganti terrestri: era la tecnologia perfetta.
Aveva sedato lo stomaco del pianeta nelle ore riservate ai terrestri per tanto tempo, lasciandogli il tempo per digerire quando dormivano.
Andava bene così, no?
Landloo pensò ai cambiamenti intervenuti ad Akvoperlo da quando erano arrivati i terrestri e ne avevano sfruttato l’acqua curativa.
All’epoca, lo stabilimento termale era per pochi eletti.
Poi era scoppiato il benessere e i turisti erano aumentati a dismisura.
Così, le Ore Vuote, da Dodici, secondo il computo terrestre, si erano ridotte a una.
Troppo poco, per lo stomaco del pianeta.
Ed eccoli lì, lui e la terrestre, obbligati alla fuga.
Ma solo uno di loro due si sarebbe salvato, a meno che la ragazza non fosse un’abilissima nuotatrice.
Landloo lo sapeva, vedendo restringersi il cunicolo allagato che stavano attraversando insieme.
Girò il fascio di luce e girò il polso.
La micro lampada si trasformò in un esagono verde.
- Questo calmerà lo stomaco del pianeta in questo punto – disse poi alla von Stern prendendola per mano e appuntandole l’esagono verde al bavero dell’accappatoio come avrebbe fatto con una medaglia.
- Ehi, non c’è altro?
Landloo, ripresa la forma a granchio della sua razza, si appiattì e si tuffò in un angolo dove l’acqua diventava profonda.
Le urla della ragazza gli davano i nervi.
Aveva fatto quello che aveva potuto, per lei.
Doveva pensare a se stesso, perché già forme tubolari munite di denti fosforescenti gli si affollavano intorno e lo fiutavano.
Quella era l’Ora Vuota, certo, ma lo stomaco, ormai assuefatto ai sedativi terrestri, non ne teneva più conto e da un po’ non digeriva i pasti con la consueta efficienza.
Per la realtà virtuale terrestre, era arrivata la Morte Improvvisa.
E lui, da bravo inserviente, non se l’era sentito di dirlo alla von Stern, no, no.
Era la figlia di uno dei padroni.
La splendida architettura moresca non esisteva più.
- Ehi, Landloo. Non vedo più nulla – gridò l’ospite terrestre all’addetto alieno.
La ragazza rimpianse di aver deciso di approfittare dell’Ora Vuota di Akvoperlo per usare le terme.
Con gli alieni non si poteva mai sapere.
Landloo le si avvicinò.
- Non si muova, signorina. C’è stato un guasto alla centrale, ma rimedieremo subito.
Una luce si accese sul fondo del nulla vischioso come inchiostro di seppia dimenticato al sole di Akvoperlo.
- Presto, presto – gridò lei.
Sentiva forme muoversi accanto a lei e pensò che il buio aveva tentacoli simili a bioccoli di polvere ed emanava il lezzo dell’acqua marcia.
Era intollerabile, dal momento che le terme erano un’invenzione della sua gente.
Landloo le si fece più vicino e la sfiorò con una chela da far morire di invidia uno dei granchi giganti della spiaggia.
La ragazza gridò.
L’alieno proiettò il fascio di luce per aiutarla a uscire dallo spazio dove fino a pochi istanti prima si trovava la vasca.
- Esca subito – le disse .
- Ma non c’è un piano B?
La giovane donna glielo aveva chiesto con un tono querulo.
L’alieno sogghignò dentro di sé, pensando che i terrestri erano tutti uguali.
Tracotanti quando le cose andavano bene, molto meno davanti ai guasti.
Scosse la chela, mentre regolava l’intensità della luce.
Glielo doveva, in fondo.
I suoi compagni avevano fatto sempre così: meglio mostrarsi gentili davanti a loro, visto che la ribellione la stava conducendo già il loro pianeta.
La ragazza si guardò intorno, delusa di vedere la stessa cisterna corrosa dall’umidità e spoglia di quando era arrivata come ospite degli zii.
La realtà virtuale voluta da suo padre e dagli altri imprenditori era dunque scomparsa?
Volle domandarlo a Landloo.
- Quando contate di riparare il guasto? – gli domandò, con lo stesso tono da bambina viziata che usava in compagnia di esseri come lui.
Umanoidi, vagamente orientali e servizievoli, così simili ai domestici che aveva lasciato sulla Terra.
Pensò che poteva permetterselo.
A terra trovò l’accappatoio e se lo mise, contenta di aver diffidato di quelli che gli inservienti delle terme offrivano agli ospiti.
Diversamente, sarebbe stata soltanto in trikini, un abbigliamento sconveniente nelle emergenze, soprattutto per una von Stern.
- Dov’è l’uscita? – gli domandò.
- Per di qua, se ha la compiacenza di seguirmi – rispose Landloo, con un tono da maggiordomo, malgrado dentro di sé esultasse.
Quella smorfiosa avrebbe sofferto parecchio, nella cisterna di Malvaluçeo.
Laggiù si trovava il punto di spurgo delle acque, ed era una lezione che i terrestri si erano ostinati a non imparare.
Ripensò al padre, scomparso nella cisterna dopo aver riparato un guasto molto simile a quello che si era appena verificato.
Le labbra gli si piegarono in un sorriso saturnino quando l’acqua nera cominciò a smuoversi.
Il pianeta stava digerendo ed espellendo rifiuti proprio in quel momento.
Il piano B esisteva e consisteva nel fargli venire un mal di stomaco tale da espellere lui e la ragazza prima che la situazione si facesse seria: non tutti i rifiuti erano morti.
Esattamente come la von Stern aveva constatato agitandosi nell’acqua quando le si era avvicinato con la luce.
A quel punto, gli rimaneva la luce.
Era un sottile filo verdastro, ma lui sapeva come trasformarlo in qualcosa di più.
Girò il polso.
Forse il guasto si sarebbe riparato soltanto di lì a qualche ora, perché i controlli sulla realtà virtuale erano stati allentati dagli arroganti terrestri: era la tecnologia perfetta.
Aveva sedato lo stomaco del pianeta nelle ore riservate ai terrestri per tanto tempo, lasciandogli il tempo per digerire quando dormivano.
Andava bene così, no?
Landloo pensò ai cambiamenti intervenuti ad Akvoperlo da quando erano arrivati i terrestri e ne avevano sfruttato l’acqua curativa.
All’epoca, lo stabilimento termale era per pochi eletti.
Poi era scoppiato il benessere e i turisti erano aumentati a dismisura.
Così, le Ore Vuote, da Dodici, secondo il computo terrestre, si erano ridotte a una.
Troppo poco, per lo stomaco del pianeta.
Ed eccoli lì, lui e la terrestre, obbligati alla fuga.
Ma solo uno di loro due si sarebbe salvato, a meno che la ragazza non fosse un’abilissima nuotatrice.
Landloo lo sapeva, vedendo restringersi il cunicolo allagato che stavano attraversando insieme.
Girò il fascio di luce e girò il polso.
La micro lampada si trasformò in un esagono verde.
- Questo calmerà lo stomaco del pianeta in questo punto – disse poi alla von Stern prendendola per mano e appuntandole l’esagono verde al bavero dell’accappatoio come avrebbe fatto con una medaglia.
- Ehi, non c’è altro?
Landloo, ripresa la forma a granchio della sua razza, si appiattì e si tuffò in un angolo dove l’acqua diventava profonda.
Le urla della ragazza gli davano i nervi.
Aveva fatto quello che aveva potuto, per lei.
Doveva pensare a se stesso, perché già forme tubolari munite di denti fosforescenti gli si affollavano intorno e lo fiutavano.
Quella era l’Ora Vuota, certo, ma lo stomaco, ormai assuefatto ai sedativi terrestri, non ne teneva più conto e da un po’ non digeriva i pasti con la consueta efficienza.
Per la realtà virtuale terrestre, era arrivata la Morte Improvvisa.
E lui, da bravo inserviente, non se l’era sentito di dirlo alla von Stern, no, no.
Era la figlia di uno dei padroni.