[A] Equilibrio precario
Mentre mi reco al lavoro, in macchina, mi rendo conto che l’auto dietro di me mi sta seguendo.
E’ una panda scura, modello nuovo. Per giungere nel supermercato in cui sono impiegata ormai da 3 anni , sono abituata a prendere sempre un sacco di scorciatoie, quindi non può essere un caso che l’auto scura svolti ogni volta che lo faccio io.
Sono le otto del mattino, e questo non è un buon modo di cominciare la giornata. Meno male che lavorerò solo fino all’una, oggi il mio turno prevede solo cinque ore.
Il guidatore dell’auto scura indossa occhiali da sole neri e cappellino dello stesso colore. Ha un disegno sul collo, forse un tatuaggio.
È un uomo sui trent’anni, avrà all’incirca la mia età.
La cosa inquietante è che i finestrini laterali sono neri, come le lenti degli occhiali da sole.
Cerco di non pensarci, sicuramente mi sto sbagliando.
Parcheggio la macchina e la panda scura si ferma un po’ distante da me, con discrezione sbircio l’uomo e soprattutto il disegno che ha dipinto sul collo: rimango esterrefatta.
No, non è possibile. Sto sognando. Sul collo porta tatuata una pistola, e una scritta: “LOVE”. La pistola è davvero inquietante. Sicuramente è un delinquente, chi mai potrebbe farsi tatuare un’arma sul collo ?
E cosa c’entra la parola “amore “ sotto? Forse ama le pistole. La gente è matta.
Ad ogni modo non ho più tempo di pensare, sono le 8:30 e devo timbrare.
L’uomo non entra nel supermercato, resta lì fuori, come se aspettasse qualcuno.
Che strano, eppure abbiamo appena aperto. Mi rendo conto che la cosa mi angoscia. Cerco di pensare alle parole della mia analista quando qualcosa mi angoscia : “Sposta il pensiero”. Lo faccio.
Timbro, saluto, salgo al mio armadietto e metto il grembiule da lavoro. Stamattina sono in cassa, e la cosa non mi dispiace, è un lavoro rilassante. Dopo qualche ora mi sono dimenticata dell’uomo: sicuramente era lì per caso, non certo per me per fortuna. Mi viene da ridere se penso all’angoscia che ho provato.. per niente. Spesso il pensiero è il nostro peggior nemico.
Mi concentro sulla notte che ho passato con Marco, il mio amante, mentre il mio fidanzato era di turno nella sala da gioco in cui lavora. So che dovrei sentirmi in colpa, ma proprio non ce la faccio. Ripenso ai momenti di piacere che mi ha dato Marco, alle sue mani su di me, ai suoi baci infuocati. Il mio fidanzato è un bravissimo ragazzo, stiamo insieme da cinque anni e andiamo d’accordo su tutto. Mai un litigio, mai parole. E’ tutto regolare, equilibrato…troppo equilibrato forse. Tutto questo accordo rasenta la noia. Lui vorrebbe convivere, ma io per ora preferisco abitare da sola… beh, per ovvi motivi.
Con Marco invece… purtroppo ci vediamo poco, perché lui è sposato, ma i momenti che passiamo insieme sono tutti nostri. Non ho mai pensato a cosa succederebbe se il mio fidanzato dovesse scoprirci. Magari Marco lascerebbe la moglie, e si metterebbe con me. O forse no, ma almeno concluderei un rapporto stantìo. Ho 32 anni, sono ancora in tempo per vivere la mia vita senza impedimenti, ma in fondo penso che le cose potrebbero andare avanti così,senza problemi, per sempre.
Non mi sento minimamente in colpa, occhio non vede cuore non duole, anche se il mio fidanzato non si merita proprio le corna, è così buono… troppo buono. La cattivella sono io, penso tra me e me, e il pensiero mi fa quasi sorridere.
“Cosa ridi!” bisbiglia il mio collega Angelo, mentre si avvicina alla mia cassa per cambiarmi i soldi.
“Che devo fare, piangere?” gli rispondo sorridendo. Angelo ha 50 anni, è il responsabile casse, e mi sta davvero simpatico. Mi tratta bene, non mi sgrida neanche se combino qualche guaio. A dire il vero nessuno mi tratta male sul mio posto di lavoro. La mia vita è quasi perfetta, penso soddisfatta.
“Con quegli occhioni, non devi piangere no” mi risponde Angelo, cordiale.
“Sei particolarmente affascinante stamattina, anche se sembri esausta. Dove sei andata ieri sera ? Beata te che sei giovane.. “ e mi fa l’occhiolino.
E’ vero, sono giovane. Sono giovane e carina, e il cielo di mezzogiorno è di un accecante e vivido azzurro. Cosa potrei volere di più dalla vita ?
Ad un tratto, mentre sorrido ad Angelo, il mio sguardo viene catturato da un altro uomo, 3 casse più in là: non è l’uomo di stamattina, non ne sono sicura perché non indossa gli occhiali scuri, ma una cosa in comune ce l’hanno: porta lo stesso tatuaggio dell’uomo della panda scura, la pistola e la scritta.
Mi sento male. Chiudo la cassa, tanto c’è poca gente, e avviso al box che mi prenderò la mia pausa, tanto tra un’ora avrò finito. Dal box, mi risponde la mia collega dicendo che non c’è alcun problema.
Vado in pausa e cerco di non guardare l’uomo tre casse di fronte a me, che sta uscendo con la spesa.
Sicuramente ho visto male… Non posso aver incontrato due uomini con lo stesso tatuaggio. E se fossero stati la stessa persona? Nel primo caso, deve essere stato appunto un caso, nel secondo caso.. forse è venuto a far la spesa stamattina e si è dimenticato qualcosa. E se fosse venuto per me ? Se mi stesse spiando? Se il mio fidanzato avesse assoldato un investigatore privato per seguirmi? No, non è possibile.
“Sposta il pensiero”. Lo faccio.
Mentre faccio la mia pausa tiro fuori dalla borsetta i tavor, che porto sempre con me .
Ne ingoio uno da un milligrammo, mi aiuterà sicuramente a calmarmi. Lo faccio sciogliere sotto la lingua, insieme al caffè.
La pausa è finita, è ora di tornare giù.
Mi riposiziono davanti alla cassa, sono molto tesa, ma il tavor sta facendo effetto. Piano piano mi rilasso, è mezzogiorno e venti e ad un tratto rivedo il tatuaggio e la scritta… Questa volta sono sul braccio di una donna che sta parlando con Angelo. E’ una bella donna sui 40 anni. Ad un certo punto gira lo sguardo su di me, mi guarda, e si copre velocemente il braccio tatuato, come se fosse imbarazzata. Poi saluta Angelo ed esce. Non è possibile. Se potevo avere dei dubbi sull’identità dello stesso uomo di stamattina.. questa è una donna. Il tatuaggio mi perseguita. Faccio un cenno ad Angelo, che si avvicina, scherzoso.
“Che c’è dolcezza? Vuoi che ti porti un caffè? Questo ed altro per la mia cassiera preferita”.
“Angelo” bisbiglio”chi era quella donna con cui parlavi?”
“Una cliente che mi ha chiesto se teniamo un certo prodotto. Sei per caso gelosa ? Magari…” Scherza.
“Angelo, ma hai visto il tatuaggio che aveva sul braccio ?”
La sua risposta mi stupiscedavvero.
“Io non ho visto nessun tatuaggio, Astrid. Perché cos’era?”
“Niente, niente” rispondo io.
Forse non lo ha notato. Forse ho visto mal…..
Mi si gela il sangue. I clienti alla mia cassa, che aspettano che passi la loro spesa sul nastro, non si accorgono del mio sguardo spaventato. Sono uomini e donne, di tutte le età. Le casse sono sempre piene all’ora di chiusura. La cosa strana è che portano tutti l’ormai noto tatuaggio, la pistola e la scritta “LOVE”. Qualcuno sul polso, altri sulla mano, altri sul braccio. Una ragazza addirittura lo porta sulla spalla nuda, visto che indossa una canottierina.
Dalla bocca mi sale un urlo involontario. Gli sguardi dei clienti sono tutti su di me. Angelo accorre.
“Cosa succede?” mi dice “Hai visto un insetto?”
“I tatuaggi! “ urlo, ormai incurante dei clienti che mi guardano come se fossi impazzita.
“Che tatuaggi? Io non ne vedo!”
Come fa a non vederli? Guardo Angelo, e il panico mi assale ancora più forte... mollo la cassa, mi strappo di dosso il grembiule e scappo.
Si, perché non mi sono sbagliata. Angelo aveva anche lui il tatuaggio, sulla fronte……..Stamattina non c’era.
Scappo tra le urla dei miei colleghi che mi chiamano per nome, preoccupati. Nella foga della corsa, inciampo contro uno scatolone, rotolo a terra, poi il buio.
Faccio incessanti incubi sulla pistola e la scritta.
Nel dormiveglia sento delle voci sussurrate.
“Di nuovo” sta dicendo una voce femminile “che peccato, una ragazza così giovane e bella”.
“Astrid” ne sussurra un’altra. Questa è la mia analista. Io la chiamo così per sdrammatizzare, in realtà è la dottoressa del reparto psichiatrico della mia città. Finalmente apro gli occhi, e incontro il suo.
“Astrid, come stai?Cosa è successo stavolta ? Hai interrotto le medicine? Sei venuta qui tre ore fa, con l’ambulanza, svenuta, i tuoi colleghi ti hanno vista scappare come un’ossessa dal tuo posto di lavoro, e per la foga sei inciampata.. ma cosa è successo ?”
Di colpo capisco. E’ vero, ho speso le medicine. Sono bipolare, e il bipolarismo non curato porta spesso episodi psicotici. E ho sospeso le medicine per essere più attiva durante i miei incontri di passione con Marco.
La psichiatra continua: “Sta venendo qui il tuo fidanzato, era preoccupato anche lui. Ma vuoi dirmi cosa è successo ? Ne hai combinata un’altra delle tue ? sai che devi fare una vita tranquilla se non vuoi peggiorare la tua condizione…nessuno dei tuoi colleghi sa che sei qui, sei una ragazza intelligente e non ti sei mai fatta accorgere della tua malattia. Ma devi stare tanquilla, quante volte te lo devo dire ?”
La pistola e la scritta. Ecco cosa mi portano a vedere le mie paranoie, quando qualcosa si guasta nel mio equilibrio mentale. La morte (la pistola) dell’amore (la scritta). L’amore con Marco, che io stavo uccidendo. . Il mio senso di colpa non perdona. E io che pensavo di non averne.
“Ha ragione dottoressa” rispondo, poi dopo, in colloquio le racconto tutto. Della mia relazione clandestina, delle visioni. Mi fido della psichiatra, è molto brava e mi segue da anni. Mi ascolta, poi, a fine colloquio, scoppia a ridere. “Astrid” mi dice, sei la paziente più fantasiosa che io conosca, eppure le tue visioni mi strappano sempre un sorriso, come quella volta che ti eri fissata perché avevi preso un kg di peso e vedevi un sacco di ragazze con la tua faccia, tutte in sovrappeso. Ma questa volta, se non me lo avessi detto tu, non l’avrei decifrata la tua simbologia. La morte dell'amore, e tu eri l'assassina. Cosa intendi fare ?”
“E me lo chiede? Interrompo la mia relazione clandestina, lo dice anche lei che ho bisogno di una vita tranquilla. “
“Brava ragazza. E non sospendere più gli antipsicotici, ti prego. Senno la prossima volta vedrai elefanti rosa…”
Scoppio a ridere, so che ha ragione, e sono estremamente sollevata della mia decisione.
Ad un tratto entra una donna nella stanza. La dottoressa mi presenta la nuova infermiera. Ma…Ha la stessa faccia della moglie di Marco, che lavora con lui in banca! Non credo che abbia cambiato lavoro… E’ lì che l’ho conosciuto, ho visto spesso anche lei, quindi ne sono certa … “Sposta il pensiero”.
Guardo la psichiatra e le sorrido. Poi riguardo la nuova infermiera. La guardo attentamente. Non somiglia per niente alla moglie di Marco, avrà almeno 10 anni di più.
Sì, il senso di colpa gioca strani scherzi, soprattutto quando viene a guastarsi il mio equilibrio, il che accade spesso vista la mia malattia.
“Bene, sei dimessa. Quell’angelo dell tuo fidanzato sta venendo a prenderti. . Prenditi la roba, e spero di non vederti più qui!, hai capito Astrid? “
Le sorrido di nuovo. Onestamente, lo spero anch’io.