[C] L’ORA DI LIBERTA’
Inviato: martedì 14 aprile 2015, 0:08
-L’allarme non funziona più- dice Gian, con la testa fuori dalla capanna.
-Cosa vuol dire?-
-Vuol dire che non funziona più. Dev’esserci un guasto-
Mi alzo dal mio mucchio di stracci e mi sporgo fuori anch’io. C’è solo il rumore del vento che striscia tra le macerie.
-Ne sei certo?-
-Sì-
Gian raggiunge l’armadio e tira fuori il pacchetto che custodiamo gelosamente da settimane.
-Dobbiamo approfittarne. Ora o mai più-
Deglutisco a fatica. L’idea di uscire fuori, con quell’orribile drone pronto a piombarti addosso con il suo maledetto laser, mi terrorizza. Tuttavia Gian ha ragione: dobbiamo approfittare di quest’occasione, o anche il prossimo mese lo passeremo a mangiare radici.
Andros ha le uova. Gli è rimasta una sola gallina, vecchia da fare spavento, ma almeno gli fa le uova. E accetta solo merce incredibilmente preziosa in cambio.
-Andiamo- Gian mi prende per mano e usciamo dalla capanna.
Tremanti, camminiamo insieme tra le case distrutte, evitando carcasse d’auto, fasci di cavi elettrici, vecchi frigoriferi invasi dalla vegetazione. Mi stringo al petto il pacchetto come se da esso dipendesse la mia vita.
Gian aveva ragione: l’allarme non scatta, i droni non arrivano. Spero con tutto il cuore che ci mettano un bel po’ a riparare il guasto.
Quando scorgo da lontano l’ospedale, sento il cuore martellarmi per l’emozione. Tutto quello che desidero è mangiare qualcosa che non siano quelle maledette radici.
Entriamo. Andros è sdraiato su un logoro materasso dietro alla reception. Ci vede arrivare.
-Che diavolo volete?-
-Qualche uovo in cambio di questo- dice Gian, e poggia sul bancone il pacchetto.
Andros toglie l’involucro con aria famelica e ne scopre il prezioso contenuto: un fascio di riviste porno che io e Gian abbiamo trovato sotto alle rovine.
Gli occhi di Andros brillano. -Ve ne do quattro-
Ci passa le uova avvolte in un giornale. Gian le prende e ce ne andiamo subito. Leggo la contentezza nei suoi occhi: è andata alla grande.
Strisciamo tra le case distrutte, tenendoci per mano. D’improvviso non riesco a trattenermi.
-Oh Gian, ma perché c’è stata la guerra?-
Gian tiene lo sguardo fisso all’orizzonte. -Non me lo ricordo-
Continuiamo a camminare, pregando che l’allarme non suoni.
-Mi ricordo solo che sembravano esserci delle buone ragioni, e invece da un giorno all’altro era tutto distrutto e sono comparsi quei droni che t’inceneriscono a vista. E quell’allarme che suona se solo provi a uscire di casa...-
Serra la presa intorno alla mia mano. -Se solo avessimo fermato questa follia quando ancora potevamo. Se solo…-
Mi fermo. Gli poggio un dito sulle labbra. Per oggi siamo stati fin troppo fortunati, stasera metteremo nello stomaco del buon cibo. Come quello che mangiavamo un tempo, prima della guerra.
Di colpo, come una lugubre esplosione, riparte la sirena dell’allarme. Io e Gian corriamo verso casa, e già i sibili dei droni ci sono alle spalle. Quanto vorrei che il guasto che ci ha regalato la nostra ultima ora di libertà fosse durato più a lungo.
Linda De Santi
-Cosa vuol dire?-
-Vuol dire che non funziona più. Dev’esserci un guasto-
Mi alzo dal mio mucchio di stracci e mi sporgo fuori anch’io. C’è solo il rumore del vento che striscia tra le macerie.
-Ne sei certo?-
-Sì-
Gian raggiunge l’armadio e tira fuori il pacchetto che custodiamo gelosamente da settimane.
-Dobbiamo approfittarne. Ora o mai più-
Deglutisco a fatica. L’idea di uscire fuori, con quell’orribile drone pronto a piombarti addosso con il suo maledetto laser, mi terrorizza. Tuttavia Gian ha ragione: dobbiamo approfittare di quest’occasione, o anche il prossimo mese lo passeremo a mangiare radici.
Andros ha le uova. Gli è rimasta una sola gallina, vecchia da fare spavento, ma almeno gli fa le uova. E accetta solo merce incredibilmente preziosa in cambio.
-Andiamo- Gian mi prende per mano e usciamo dalla capanna.
Tremanti, camminiamo insieme tra le case distrutte, evitando carcasse d’auto, fasci di cavi elettrici, vecchi frigoriferi invasi dalla vegetazione. Mi stringo al petto il pacchetto come se da esso dipendesse la mia vita.
Gian aveva ragione: l’allarme non scatta, i droni non arrivano. Spero con tutto il cuore che ci mettano un bel po’ a riparare il guasto.
Quando scorgo da lontano l’ospedale, sento il cuore martellarmi per l’emozione. Tutto quello che desidero è mangiare qualcosa che non siano quelle maledette radici.
Entriamo. Andros è sdraiato su un logoro materasso dietro alla reception. Ci vede arrivare.
-Che diavolo volete?-
-Qualche uovo in cambio di questo- dice Gian, e poggia sul bancone il pacchetto.
Andros toglie l’involucro con aria famelica e ne scopre il prezioso contenuto: un fascio di riviste porno che io e Gian abbiamo trovato sotto alle rovine.
Gli occhi di Andros brillano. -Ve ne do quattro-
Ci passa le uova avvolte in un giornale. Gian le prende e ce ne andiamo subito. Leggo la contentezza nei suoi occhi: è andata alla grande.
Strisciamo tra le case distrutte, tenendoci per mano. D’improvviso non riesco a trattenermi.
-Oh Gian, ma perché c’è stata la guerra?-
Gian tiene lo sguardo fisso all’orizzonte. -Non me lo ricordo-
Continuiamo a camminare, pregando che l’allarme non suoni.
-Mi ricordo solo che sembravano esserci delle buone ragioni, e invece da un giorno all’altro era tutto distrutto e sono comparsi quei droni che t’inceneriscono a vista. E quell’allarme che suona se solo provi a uscire di casa...-
Serra la presa intorno alla mia mano. -Se solo avessimo fermato questa follia quando ancora potevamo. Se solo…-
Mi fermo. Gli poggio un dito sulle labbra. Per oggi siamo stati fin troppo fortunati, stasera metteremo nello stomaco del buon cibo. Come quello che mangiavamo un tempo, prima della guerra.
Di colpo, come una lugubre esplosione, riparte la sirena dell’allarme. Io e Gian corriamo verso casa, e già i sibili dei droni ci sono alle spalle. Quanto vorrei che il guasto che ci ha regalato la nostra ultima ora di libertà fosse durato più a lungo.
Linda De Santi