[C] Potere, Carolina Pelosi
Inviato: martedì 14 aprile 2015, 0:22
Potere, Carolina Pelosi
"Lo sai, credo di sapere perché non ci riesci più."
"Non mi resta niente ormai. Dimmelo."
La voce di Bea è strozzata, gli occhi rossi e i capelli in disordine. Luna la guarda, ferma sull'uscio della sua stanza, in disordine pure lei.
Beatrice stringe tra le mani il talismano giallo, grande quanto il suo palmo. Respira forte e, con gli occhi fissi sul ciondolo, recita la formula in latino, come le ha insegnato sua nonna.
Phylacterium revelat umbram eius.
Un vento leggero e gelido sposta una ciocca di capelli dal viso.
"Papà, ciao", dice con un sorriso, guardando dritto davanti a sé.
"Ci siamo quasi, dico bene?", domanda suo padre, mentre addita la pancia grande e tonda di Beatrice.
"Ci siamo. Non sai quanto pesa."
"Lo chiamerai Mattia, è deciso?"
"Deciso. Quand'ero piccola dicevo che avrei chiamato mio figlio come te, ricordi?"
"E tu sei testarda."
Suo padre sorride. Sorride anche lei.
"Come si sta di là, oggi?"
"Si sta come si stava ieri. Il cuore mi fa male."
"Lo so, papà", ingoia l'aria ferma in gola, "ti farà male sempre."
"Maledetto. Maledetto."
La stanza è semi buia, una candela quasi consumata illumina un angolo. L'ombra di Beatrice trema sul muro. Sente una fitta al basso ventre, con una mano l'accarezza come per calmare il dolore. Prende fiato.
"L'hai più visto il dottore?"
"No, papà. Dal funerale non lo sento neanche più."
"Sono contento sia venuto", dice lui, portandosi una mano sul petto.
"Già. Ci teneva, dopo tutto quel tempo, forse eri suo amico."
"Non lo so, tanti amici di vecchia data non c'erano. Vero?", domanda. Ha l'aria delusa.
"Papà, lo sai che ormai vivono tutti fuori città."
Beatrice si alza, prende un bollitore e mette a scaldare dell'acqua. Tira fuori la tazza, quella bianca con le rondini, la sua preferita, e aspetta che l'acqua sia calda abbastanza.
"Luna dice che si occuperà lei di sistemare la stanza di Mattia, sai?"
"Tua sorella ha sempre avuto un cuore buono."
"Lo so. Non troverò mai nessuno come lei", sbotta, mentre versa due cucchiaini di zucchero nella tazza.
"E Luca?"
"Luca è un'altra storia, è il padre di mio figlio."
"E basta?"
"Non l'ho ancora deciso, papà. Luna è una certezza", risponde con voce ferma.
"Vi bastate a vicenda."
Sorridono ancora.
Beatrice riempie la tazza d'acqua, poi immerge l'infuso alla camomilla.
"Papà, adesso vai. Ci vediamo domani."
"Certo, a domani. Abbracciami Luna."
Un vento leggero sposta una ciocca di capelli, di nuovo. Il talismano s'illumina a intermittenza, fino a smettere del tutto. Bea si mette sotto le coperte e chiude gli occhi.
Quando una fitta fortissima glieli fa riaprire, Bea ha stringe la bocca in una smorfia di dolore. Un dolore atroce. Chiama sua sorella, che si precipita nella sua stanza e l'accompagna fino alla macchina. Mette in moto e parte, Beatrice respira a intervalli, gonfiando le guance a ogni respiro.
La corsa all'ospedale termina e Bea si ritrova su un letto bianco e freddo, a gambe spalancate. Il dolore la confonde, pulsa dentro la testa, vede la sagoma di Luca fuori dalla stanza e quella di sua sorella, mentre i dottori le intimano di spingere.
Mattia ha tanti, tantissimi capelli. Neri come la pece, Bea lo guarda, sorride, mentre l'ostetrica lo porta via.
"Luna, devo parlare con papà."
"Proprio adesso, qui?", le chiede sottovoce, ruotando la testa da una parte e poi dall'altra.
"Per favore, ne ho bisogno."
"D'accordo. Facciamo che domattina te lo porto, dormi adesso."
Beatrice annuisce e chiude gli occhi.
"Te l'ho promesso, ecco qua". Luna interrompe il sonno di sua sorella, entra nella stanza con il talismano in mano. Glielo porge, chiude le tende e esce.
Beatrice chiude gli occhi. Stringe la collana tra le mani. Recita la formula.
Il vento leggero non lo sente, stavolta.
Apre gli occhi, guardandosi intorno. Li richiude e ci riprova.
Non succede niente.
Respira più veloce, mentre recita la frase in latino tra i denti, infinite volte.
"Luna!", urla.
Lei apre la porta allarmata.
"Non funziona più. Il talismano, non succede un cazzo."
"Calmati. Riprovaci."
"C'ho provato non so più quante volte. Corri da nonna, chiedile delle erbe."
"Erbe? Quali erbe?"
"Delle cazzo di erbe. Erbe. Erbe magiche che ti fanno vedere cose che non puoi vedere mai. Erbe profumate. Erbe amare che funzionano. Erbe". Beatrice è fuori di sé, parla veloce e si agita sul letto, mentre la flebo attaccata al suo braccio balla insieme a lei.
"Bea..."
"Luna, t'imploro. Non ti chiedo altro."
"Prendi Mattia, fatti portare a casa. Luca è in auto, ci vediamo lì."
Luna afferra la borsa e scappa via.
"Lo sai, credo di sapere perché non ci riesci più."
"Non mi resta niente ormai. Dimmelo."
La voce di Bea è strozzata, gli occhi rossi e i capelli in disordine. Luna la guarda, ferma sull'uscio della sua stanza, in disordine pure lei.
"Nonna dice che il contatto s'interrompe quando entra in gioco un'altra vita."
"Mattia..."
Bea resta immobile.
"La storia che la vita è più forte della morte... che ne so. Ecco."
"Non gli ho neanche detto addio."
Bea ha gli occhi lucidi. Luna la stringe forte, Mattia dorme nella culla.
Il talismano è poggiato sul comodino. Non brilla.
Non brilla più.
"Lo sai, credo di sapere perché non ci riesci più."
"Non mi resta niente ormai. Dimmelo."
La voce di Bea è strozzata, gli occhi rossi e i capelli in disordine. Luna la guarda, ferma sull'uscio della sua stanza, in disordine pure lei.
Beatrice stringe tra le mani il talismano giallo, grande quanto il suo palmo. Respira forte e, con gli occhi fissi sul ciondolo, recita la formula in latino, come le ha insegnato sua nonna.
Phylacterium revelat umbram eius.
Un vento leggero e gelido sposta una ciocca di capelli dal viso.
"Papà, ciao", dice con un sorriso, guardando dritto davanti a sé.
"Ci siamo quasi, dico bene?", domanda suo padre, mentre addita la pancia grande e tonda di Beatrice.
"Ci siamo. Non sai quanto pesa."
"Lo chiamerai Mattia, è deciso?"
"Deciso. Quand'ero piccola dicevo che avrei chiamato mio figlio come te, ricordi?"
"E tu sei testarda."
Suo padre sorride. Sorride anche lei.
"Come si sta di là, oggi?"
"Si sta come si stava ieri. Il cuore mi fa male."
"Lo so, papà", ingoia l'aria ferma in gola, "ti farà male sempre."
"Maledetto. Maledetto."
La stanza è semi buia, una candela quasi consumata illumina un angolo. L'ombra di Beatrice trema sul muro. Sente una fitta al basso ventre, con una mano l'accarezza come per calmare il dolore. Prende fiato.
"L'hai più visto il dottore?"
"No, papà. Dal funerale non lo sento neanche più."
"Sono contento sia venuto", dice lui, portandosi una mano sul petto.
"Già. Ci teneva, dopo tutto quel tempo, forse eri suo amico."
"Non lo so, tanti amici di vecchia data non c'erano. Vero?", domanda. Ha l'aria delusa.
"Papà, lo sai che ormai vivono tutti fuori città."
Beatrice si alza, prende un bollitore e mette a scaldare dell'acqua. Tira fuori la tazza, quella bianca con le rondini, la sua preferita, e aspetta che l'acqua sia calda abbastanza.
"Luna dice che si occuperà lei di sistemare la stanza di Mattia, sai?"
"Tua sorella ha sempre avuto un cuore buono."
"Lo so. Non troverò mai nessuno come lei", sbotta, mentre versa due cucchiaini di zucchero nella tazza.
"E Luca?"
"Luca è un'altra storia, è il padre di mio figlio."
"E basta?"
"Non l'ho ancora deciso, papà. Luna è una certezza", risponde con voce ferma.
"Vi bastate a vicenda."
Sorridono ancora.
Beatrice riempie la tazza d'acqua, poi immerge l'infuso alla camomilla.
"Papà, adesso vai. Ci vediamo domani."
"Certo, a domani. Abbracciami Luna."
Un vento leggero sposta una ciocca di capelli, di nuovo. Il talismano s'illumina a intermittenza, fino a smettere del tutto. Bea si mette sotto le coperte e chiude gli occhi.
Quando una fitta fortissima glieli fa riaprire, Bea ha stringe la bocca in una smorfia di dolore. Un dolore atroce. Chiama sua sorella, che si precipita nella sua stanza e l'accompagna fino alla macchina. Mette in moto e parte, Beatrice respira a intervalli, gonfiando le guance a ogni respiro.
La corsa all'ospedale termina e Bea si ritrova su un letto bianco e freddo, a gambe spalancate. Il dolore la confonde, pulsa dentro la testa, vede la sagoma di Luca fuori dalla stanza e quella di sua sorella, mentre i dottori le intimano di spingere.
Mattia ha tanti, tantissimi capelli. Neri come la pece, Bea lo guarda, sorride, mentre l'ostetrica lo porta via.
"Luna, devo parlare con papà."
"Proprio adesso, qui?", le chiede sottovoce, ruotando la testa da una parte e poi dall'altra.
"Per favore, ne ho bisogno."
"D'accordo. Facciamo che domattina te lo porto, dormi adesso."
Beatrice annuisce e chiude gli occhi.
"Te l'ho promesso, ecco qua". Luna interrompe il sonno di sua sorella, entra nella stanza con il talismano in mano. Glielo porge, chiude le tende e esce.
Beatrice chiude gli occhi. Stringe la collana tra le mani. Recita la formula.
Il vento leggero non lo sente, stavolta.
Apre gli occhi, guardandosi intorno. Li richiude e ci riprova.
Non succede niente.
Respira più veloce, mentre recita la frase in latino tra i denti, infinite volte.
"Luna!", urla.
Lei apre la porta allarmata.
"Non funziona più. Il talismano, non succede un cazzo."
"Calmati. Riprovaci."
"C'ho provato non so più quante volte. Corri da nonna, chiedile delle erbe."
"Erbe? Quali erbe?"
"Delle cazzo di erbe. Erbe. Erbe magiche che ti fanno vedere cose che non puoi vedere mai. Erbe profumate. Erbe amare che funzionano. Erbe". Beatrice è fuori di sé, parla veloce e si agita sul letto, mentre la flebo attaccata al suo braccio balla insieme a lei.
"Bea..."
"Luna, t'imploro. Non ti chiedo altro."
"Prendi Mattia, fatti portare a casa. Luca è in auto, ci vediamo lì."
Luna afferra la borsa e scappa via.
"Lo sai, credo di sapere perché non ci riesci più."
"Non mi resta niente ormai. Dimmelo."
La voce di Bea è strozzata, gli occhi rossi e i capelli in disordine. Luna la guarda, ferma sull'uscio della sua stanza, in disordine pure lei.
"Nonna dice che il contatto s'interrompe quando entra in gioco un'altra vita."
"Mattia..."
Bea resta immobile.
"La storia che la vita è più forte della morte... che ne so. Ecco."
"Non gli ho neanche detto addio."
Bea ha gli occhi lucidi. Luna la stringe forte, Mattia dorme nella culla.
Il talismano è poggiato sul comodino. Non brilla.
Non brilla più.