La numero uno
Inviato: martedì 21 novembre 2017, 1:09
La numero uno
di Fernando Nappo
Mi chiamo Eugenio Mercari, avventuriero. Beh? Che cosa sono quelle facce? Volevate una presentazione tipo: “Mi chiamo Mercari, Eugenio Mercari”? Una scopiazzatura spacciata per citazione? Mi spiace ragazzi, per la roba stracotta rivolgetevi pure ad altri. Io del banale non so che cosa farmene. Io vivo per l’avventura, per l’impresa mirabolante, per lo sprezzo del pericolo. Come direbbe Paperinik, per me il pericolo è come il pane quotidiano.
Io, signori miei, cerco/compro/vendo e rivendo fumetti d’avventura.
Come li scovo, come me li procuro, a quanto li rivendo... be’, un domani tutto questo potrebbe diventare ottimo materiale per uno sceneggiatore di fumetti.
Ma non tergiversiamo: oggi non sono al lavoro per altri, ma per me stesso. Proprio oggi ho appreso una notizia fresca fresca: un certo signor Mune possiede una prima edizione del numero uno di Mister NO autografata da Guido Nolitta e Gallieno Ferri!
Arrivo a casa del tizio a notte fonda e noto subito qualcosa di strano: la porta della rimessa è aperta, l’interno è illuminato da una luce fioca.
Che qualcuno mi abbia preceduto nell’operazione di, ehm, recupero?
Mi avvicino tenendo in pugno la mia colt, identica in tutto e per tutto a quella che Sergio Diso disegnava nelle avventure di Mister NO, salvo che i bossoli sono caricati a sale grosso, come l’archibugio di Paperone.
Butto un occhio all’interno, cercando di tenermi il più possibile nascosto. Intravedo un uomo e una donna.
«Credo che la sua offerta sia interessante» dice l’uomo «ma sono convito che possa fare di meglio. Altrimenti non sarebbe venuta a svegliarmi nel cuore della notte. O sbaglio?». È Marco Mune, deduco.
L’acquirente, la donna, è alta, bionda, con un gran fisico. Indossa una camicetta e dei pantaloni attillati e tira una lenta, pensosa boccata da una sigaretta. Sarebbe perfetta per impersonare Patricia Rowland, una delle molte fidanzate di Mister NO.
«Ho fretta di concludere, signor Mune. Smettiamola con questa tiramolla e mi dica quanto vuole.»
Lo stronzo è sul punto di vendere. E non lo posso permettere, puxa vida! OK, calma e sangue freddo. Mi calo il passamontagna sul volto e irrompo nella rimessa.
«Fermi tutti! Giù le mani da quel fumetto!»
Mune sgrana gli occhi e alza le mani. La donna, veloce come una vipera, mi tira addosso il mozzicone acceso e si tuffa sul prezioso albo.
La cicca mi rimbalza addosso e finisce in un contenitore pieno di fumetti.
Approfittando della momentanea confusione, Mune cerca di svignarsela, ma commette l’errore di passarmi a tiro. Gli rifilo uno schiaffo che si sente fino in strada, un po’ per fermarlo e un po’ perché mi va, perché uno che vende un fumetto di quel valore, di quel pregio è un pirla e merita solamente di essere preso a ceffoni. Lui si accartoccia in un angolo, massaggiandosi la faccia.
Rivolgo lo sguardo alla mia antagonista. «Da qui non passi» dico, tenendole puntata addosso la sparasale. Sfoggio la mia espressione più fredda e truce, quella delle trattative più dure, quella di cui vado fiero. Peccato solamente che la tipa non possa vederla, dato il passamontagna.
«Non te lo darò mai!» replica. «Costi quel che costi.» Fa la dura, ma il suo sguardo la tradisce. Sta guardando il contenitore dei fumetti che sta cominciando a prendere fuoco.
Mune comincia a piagnucolare. «Il mio garage, i miei fumetti...»
Lo guardo male, e lui si accartoccia un altro po’ nell’angolo, mugolando.
Intanto le fiamme cominciano a far sentire il loro calore.
«Non abbiamo molto tempo. Dammi quel Mister NO e vattene.»
«Altrimenti?»
«Altrimenti ci lasciamo la pellaccia tutti e tre.» Col cacchio, me la dò a gambe ben prima, ma questo mi sembrava proprio un bel momento per una frase drammatica. Mi manca solamente il baloon che esce dalla bocca.
La tizia, una volta ancora, mi sorprende: fa un passo verso di me, apparentemente arrendevole, poi butta il fumetto tra le fiamme. Mi blocco un istante, sufficiente alla ragazza per scantonare, infilare la porta e sparire.
Guardo il prezioso fumetto andare in... fumetto, in senso letterale.
Placido, sfilo dalla giacca la mia bottiglia di cachaça, che in verità contiene acqua di rubinetto perché sul lavoro - a parte le apparenze - è meglio restare sobri, e spengo il principio d’incendio.
«Sarai contento» dice Mune. «Così io ci ho rimesso un affare. Chi mi paga adesso? Chi mi ridà il fumetto?»
«Ci abbiamo perso un po’ tutti stasera» dico. Poi non mi trattengo.«Sai come si dice: Marco Mune...»
Mi volto e me ne vado.
OK, non odiatemi per l’uscita banale. So che ho esordito dicendo che lo detesto e lo evito come la peste, ma ogni tanto uno sgarro ci vuole anche per me, e che diamine.
L’importante è che l’operazione di stanotte, nonostante la piega sicuramente imprevista, mi abbia alla fine portato a un risultato tutt’altro che disprezzabile: ora l’unica copia esistente della prima edizione del numero uno di Mister NO autografata da Guido Nolitta e Gallieno Ferri è quella della mia collezione. Puxa vida!
di Fernando Nappo
Mi chiamo Eugenio Mercari, avventuriero. Beh? Che cosa sono quelle facce? Volevate una presentazione tipo: “Mi chiamo Mercari, Eugenio Mercari”? Una scopiazzatura spacciata per citazione? Mi spiace ragazzi, per la roba stracotta rivolgetevi pure ad altri. Io del banale non so che cosa farmene. Io vivo per l’avventura, per l’impresa mirabolante, per lo sprezzo del pericolo. Come direbbe Paperinik, per me il pericolo è come il pane quotidiano.
Io, signori miei, cerco/compro/vendo e rivendo fumetti d’avventura.
Come li scovo, come me li procuro, a quanto li rivendo... be’, un domani tutto questo potrebbe diventare ottimo materiale per uno sceneggiatore di fumetti.
Ma non tergiversiamo: oggi non sono al lavoro per altri, ma per me stesso. Proprio oggi ho appreso una notizia fresca fresca: un certo signor Mune possiede una prima edizione del numero uno di Mister NO autografata da Guido Nolitta e Gallieno Ferri!
Arrivo a casa del tizio a notte fonda e noto subito qualcosa di strano: la porta della rimessa è aperta, l’interno è illuminato da una luce fioca.
Che qualcuno mi abbia preceduto nell’operazione di, ehm, recupero?
Mi avvicino tenendo in pugno la mia colt, identica in tutto e per tutto a quella che Sergio Diso disegnava nelle avventure di Mister NO, salvo che i bossoli sono caricati a sale grosso, come l’archibugio di Paperone.
Butto un occhio all’interno, cercando di tenermi il più possibile nascosto. Intravedo un uomo e una donna.
«Credo che la sua offerta sia interessante» dice l’uomo «ma sono convito che possa fare di meglio. Altrimenti non sarebbe venuta a svegliarmi nel cuore della notte. O sbaglio?». È Marco Mune, deduco.
L’acquirente, la donna, è alta, bionda, con un gran fisico. Indossa una camicetta e dei pantaloni attillati e tira una lenta, pensosa boccata da una sigaretta. Sarebbe perfetta per impersonare Patricia Rowland, una delle molte fidanzate di Mister NO.
«Ho fretta di concludere, signor Mune. Smettiamola con questa tiramolla e mi dica quanto vuole.»
Lo stronzo è sul punto di vendere. E non lo posso permettere, puxa vida! OK, calma e sangue freddo. Mi calo il passamontagna sul volto e irrompo nella rimessa.
«Fermi tutti! Giù le mani da quel fumetto!»
Mune sgrana gli occhi e alza le mani. La donna, veloce come una vipera, mi tira addosso il mozzicone acceso e si tuffa sul prezioso albo.
La cicca mi rimbalza addosso e finisce in un contenitore pieno di fumetti.
Approfittando della momentanea confusione, Mune cerca di svignarsela, ma commette l’errore di passarmi a tiro. Gli rifilo uno schiaffo che si sente fino in strada, un po’ per fermarlo e un po’ perché mi va, perché uno che vende un fumetto di quel valore, di quel pregio è un pirla e merita solamente di essere preso a ceffoni. Lui si accartoccia in un angolo, massaggiandosi la faccia.
Rivolgo lo sguardo alla mia antagonista. «Da qui non passi» dico, tenendole puntata addosso la sparasale. Sfoggio la mia espressione più fredda e truce, quella delle trattative più dure, quella di cui vado fiero. Peccato solamente che la tipa non possa vederla, dato il passamontagna.
«Non te lo darò mai!» replica. «Costi quel che costi.» Fa la dura, ma il suo sguardo la tradisce. Sta guardando il contenitore dei fumetti che sta cominciando a prendere fuoco.
Mune comincia a piagnucolare. «Il mio garage, i miei fumetti...»
Lo guardo male, e lui si accartoccia un altro po’ nell’angolo, mugolando.
Intanto le fiamme cominciano a far sentire il loro calore.
«Non abbiamo molto tempo. Dammi quel Mister NO e vattene.»
«Altrimenti?»
«Altrimenti ci lasciamo la pellaccia tutti e tre.» Col cacchio, me la dò a gambe ben prima, ma questo mi sembrava proprio un bel momento per una frase drammatica. Mi manca solamente il baloon che esce dalla bocca.
La tizia, una volta ancora, mi sorprende: fa un passo verso di me, apparentemente arrendevole, poi butta il fumetto tra le fiamme. Mi blocco un istante, sufficiente alla ragazza per scantonare, infilare la porta e sparire.
Guardo il prezioso fumetto andare in... fumetto, in senso letterale.
Placido, sfilo dalla giacca la mia bottiglia di cachaça, che in verità contiene acqua di rubinetto perché sul lavoro - a parte le apparenze - è meglio restare sobri, e spengo il principio d’incendio.
«Sarai contento» dice Mune. «Così io ci ho rimesso un affare. Chi mi paga adesso? Chi mi ridà il fumetto?»
«Ci abbiamo perso un po’ tutti stasera» dico. Poi non mi trattengo.«Sai come si dice: Marco Mune...»
Mi volto e me ne vado.
OK, non odiatemi per l’uscita banale. So che ho esordito dicendo che lo detesto e lo evito come la peste, ma ogni tanto uno sgarro ci vuole anche per me, e che diamine.
L’importante è che l’operazione di stanotte, nonostante la piega sicuramente imprevista, mi abbia alla fine portato a un risultato tutt’altro che disprezzabile: ora l’unica copia esistente della prima edizione del numero uno di Mister NO autografata da Guido Nolitta e Gallieno Ferri è quella della mia collezione. Puxa vida!