Strade vuote - Andrea Carbone

Il Live si terrà sabato 9 dicembre presso il Cinema Lanteri di Pisa
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andrea.carbone
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Strade vuote - Andrea Carbone

Messaggio#1 » sabato 9 dicembre 2017, 13:32

STRADE VUOTE
Di Andrea Carbone

La cravatta gli stringeva il collo, faceva caldo. Da molto tempo ormai il sole non faceva capolino, nubi ceree creavano una cappa umida che ammorbava la città, come se un regista sotto effetto di tranquillanti avesse deciso di applicare un filtro cupo alla sua personale visione di quelle strade.
Joseph si allentò il nodo, asciugandosi il sudore con la manica della camicia bianca. Sebbene i raggi non filtrassero, fu costretto a socchiudere le palpebre per guardare in fondo alla strada: i suoi occhi erano molto sensibili alla luce.
I mocassini, fino a poco tempo fa tirati a lucido, avevano delle macchie di terriccio e la cosa lo disturbò.
Lui, attento com’era alle cose, odiava le macchie e tutto ciò che usciva dal controllabile.
Dove se le era sporcate? Cercò di fare mente locale sugli ultimi avvenimenti che l’avevano portato là. Ricordava la festa a casa di Cecilia, gli sguardi passionali che Betty e Paul si scambiarono davanti la porta del bagno, il bicchiere di champagne frantumato per terra, la risata chiassosa di una donna matura dentro un vestito rosso.

Non c’era un filo di vento e, poiché il tasso di umidità sembrava crescere a ogni passo, si tolse del tutto la cravatta, slacciando anche i primi bottoni della camicia. Si fermò, alzando le maniche fino al gomito, in maniera ordinata e precisa, come se quei gesti definissero ancora chi fosse.
La strada era vuota. Alla sua destra un idrante rosso arrugginito. Lo usò per poggiarvi i piedi e togliere il terriccio dalle scarpe. Alzando lo sguardo, fu attratto dalla vetrina di un negozio la cui insegna lasciava presagire un concentrato di articoli domestici. Era completamente vuoto, come se fosse abbandonato da anni, in attesa di qualcuno che se ne prendesse cura e che nel frattempo stava lì, creatura orfana che dimagrisce ogni giorno che passa senza un cliente. Su quella vetrina impolverata tracciò un segno col dito, scrivendo il suo nome.
Joseph. Era sempre lui, di questo era certo.

Il semaforo iniziò a emettere un suono a bassa frequenza, era scattato il verde per i pedoni. Sorrise, dato che nella strada non c’era nessuno. Né un auto, né passanti, non c’era un’anima. Eppure il semaforo continuava a indicargli la via e attraversò le strisce, come se quel gesto potesse dare un significato all’esistenza stessa del semaforo, che altrimenti sarebbe stato del tutto inutile. Si sentì un’idiota per aver assecondato quella sensazione inconscia, dato che avrebbe potuto attraversare in qualsiasi momento e in qualsiasi altro punto della strada.

Dall’altra parte trovò un distributore automatico di profilattici addossato a una farmacia.
Spento il distributore, vuota la farmacia.
Vi entrò senza difficoltà: la porta era aperta e cigolava. Al di là del bancone non c’erano commessi. I farmaci tuttavia giacevano ordinati sugli scaffali. Ne scorse rapidamente qualcuno, sfiorandolo con le dita, ma non osò prenderli, mosso da un timore infondato (nessuno lo avrebbe sorpreso a rubare) ma ormai ben radicato nel suo sistema comportamentale. Un gesto incondizionato lo portò a toccarsi le tasche dei pantaloni, alla ricerca del portafogli. Non lo aveva con sé, doveva averlo dimenticato alla festa. Fu colto dalla tipica sensazione di panico che prende chiunque venga colto nel bel mezzo della strada senza telefono né contanti o documenti. Ci si sente persi, soli, in balia del destino. Ma accanto al panico c’era anche un vago senso di libertà. Nessuno avrebbe potuto cercarlo, nessuno avrebbe potuto derubarlo, non poteva pagare e quindi era al di fuori delle regole della società che prevedeva un mutuo scambio di beni. Era alla stregua di un animale.
E nel preciso istante in cui lo pensò, si specchiò sulla vetrata. C’era un viso dagli occhi spiritati circondati da due ampie occhiaie, capelli brizzolati creavano onde voluttuose e disordinate e un filo di barba incolta stava crescendo sul mento e sulle guance come erba selvaggia sull’asfalto.
Preso da un improvviso bisogno d’aria, si diresse all’uscita e spinse la porta anziché tirarla a sé, incrementando la sensazione di claustrofobia. Dopo quattro tentavi riuscì a trovare il modo esatto e si precipitò fuori, ansimando. Una folata di vento lo colse alla sprovvista, facendogli gelare la pelle impregnata di sudore. Non riusciva a capacitarsi dell’improvviso cambio di temperatura e abbassandosi le maniche della camicia, riprese a camminare con le braccia strette al petto.
Solo quando il rumore del vento gli riempì i timpani, si rese conto di quanto quella città fosse stata silenziosa fino a quel momento. Amava il silenzio, ma quello era troppo anche per lui. Avrebbe pagato per poter sentire il piano di un bambino o la frenata di un automobile. Ma non c’erano bambini e non c’erano mezzi in circolazione.

Si fermò in mezzo alla strada, un gesto che fino a poco tempo fa avrebbe ritenuto disdicevole, folle. Alzò le mani in alto, come se volesse attirare l’attenzione di qualcuno, poi urlò.
Era un urlo strozzato, ma ci riprovò poco dopo e questa volta riuscì. Non urlava da quando era un ragazzino.
Nessuno rispose. Chiamò a gran voce aiuto, ma l’unica risposta che ricevette era il rumore del vento.
___


Marion pensava che il vestito viola le stesse bene e si adattasse alla situazione che si era venuta a creare. Le arrivava alle caviglie, aveva delle pieghe dalla vita in giù e la parte superiore le copriva le spalle, lasciando una piccola scollatura dalla quale si intravedeva la linea di demarcazione dei seni. Forse un po’ troppo grande per lei, che di corporatura era esile, ma al diavolo! Non doveva farlo vedere a nessuno.
Aveva impiegato giorni per trovare quel negozio di caccia. Era stata una ricerca estenuante, ma aveva dato i suoi frutti, in particolare una “Walther PPK”, che era messa in bella mostra sotto un cubo di vetro e aveva l’aria di essere una pistola importante, sebbene lei non fosse un’esperta. Anzi, non ne sapeva nulla. Ma aveva capito quanto bastava per inserire i proiettili nel caricatore.
Il posto che aveva scelto era a suo avviso stupendo. Un piccolo cortile interno di una serie di edifici che si affacciavano su di esso. Un gazebo azzurro copriva un prato inglese in cui erano sistemate panchine bianche. Si immaginava al centro di un palcoscenico, con le finestre attorno a sé che fungevano da spalti. Erano vuoti, come vuota era ogni cosa in quella città da quando lei ne avesse memoria. Era comunque divertita dall’idea che su quegli spalti, nobili benestanti la stessero osservando come si osserva un’attrice giunta alla sua ultima messa in scena.
Ma non c’era nessuno.
Fu quel pensiero secco a farle portare la pistola alla tempia, a posare l’indice sul grilletto, a chiudere gli occhi e inspirare profondamente.
E in quel momento, per la prima volta dopo un tempo incalcolabile, udì in lontananza un urlo umano, terribilmente umano.
Ultima modifica di andrea.carbone il sabato 9 dicembre 2017, 15:10, modificato 1 volta in totale.



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antico
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Re: Strade vuote - Andrea Carbone

Messaggio#2 » sabato 9 dicembre 2017, 13:36

Ciao Andrea e benvenuto su Minuti Contati! Caratteri e tempo ok, divertiti in questa Pisa Live Edition!

PS: puoi modificare il racconto fino alla chiusura (ore 18.00). Ovviamente, in quel caso, procederò a ricontrollare orario di consegna e caratteri!

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iago.menichetti
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Re: Strade vuote - Andrea Carbone

Messaggio#3 » mercoledì 13 dicembre 2017, 18:39

Ciao Andrea, ammetto che mi ha un po’ spiazzato il passaggio così brusco da un punto di vista all'altro. Non sono riuscito a capire bene il collegamento tra i due momenti, se non per l’urlo finale. L’ho percepito più come un incipit a una narrazione più lunga – un incipit che tra l’altro, mi avrebbe invogliato a continuare a leggere – che come un racconto vero e proprio. Forse andava messo più a fuoco il nucleo centrale della narrazione: il “cosa” si intendeva raccontare.

andrea.carbone
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Re: Strade vuote - Andrea Carbone

Messaggio#4 » mercoledì 13 dicembre 2017, 19:12

iago.menichetti ha scritto:Ciao Andrea, ammetto che mi ha un po’ spiazzato il passaggio così brusco da un punto di vista all'altro. Non sono riuscito a capire bene il collegamento tra i due momenti, se non per l’urlo finale. L’ho percepito più come un incipit a una narrazione più lunga – un incipit che tra l’altro, mi avrebbe invogliato a continuare a leggere – che come un racconto vero e proprio. Forse andava messo più a fuoco il nucleo centrale della narrazione: il “cosa” si intendeva raccontare.


Ciao, il collegamento temporale è scandito come hai intuito bene, dall'urlo finale, che dovrebbe far intuire la compresenza dei due personaggi nello stesso luogo, evento che per entrambi sancirà un cambiamento della realtà che hanno vissuto o immaginato fino a quell'istante. Sul cosa si intende raccontare, ho le idee chiare, ma prima di rispondere aspetto altre recensioni perchè non voglio influenzare gli altri lettori e voglio capire se il messaggio è arrivato a qualcuno.
Grazie comunque del commento.

Filippo
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Re: Strade vuote - Andrea Carbone

Messaggio#5 » giovedì 14 dicembre 2017, 23:06

Un racconto con delle bellissime immagini. Ci sono delle espressioni folgoranti, evocative sia dei luoghi che degli stati d’animo. Penso soprattutto al protagonista che si specchia in una vetrina, al suo gesto potente di alzare le mani al cielo e gridare; penso a tutta la descrizione del personaggio femminile, al pathos che crei intorno alle sue azioni (meravigliosa l’idea del cortile interno come luogo d’elezione per il gesto).
E’ un racconto che procede per immagini e che quindi, secondo me, tende a perdere qualcosa nel complesso. La novella riesce a lasciare nel lettore un’immagine nitida, che è quella della città deserta. Questo è un bene. Solo che quell’immagine non è troppo originale, forse la mente del lettore l’ha già vista.
Resta un racconto ben scritto ed evocativo. Su tutto, porterò con me la seconda parte, quella sulla protagonista femminile. Molto bella.

MinuticontatiYo
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Re: Strade vuote - Andrea Carbone

Messaggio#6 » domenica 17 dicembre 2017, 13:13

Ciao Andrea,
Il tuo racconto mi è piaciuto e secondo me è anche scritto abbastanza bene. Premetto che tutti i racconti del gruppo viaggiano più o meno sulla stessa frequenza, non ce ne sono di nettamente superiori rispetto agli altri. Di conseguenza il minimo dettaglio ti fa scendere di posizione. Nel tuo racconto in modo particolare mi è dispiaciuta la poca interazione fra i due personaggi e il motivo per il quale la città di cui scrivi è deserta. Il finale è piaciuto, anche se a parer mio quello sarebbe potuto essere l'inizio di una storia molto più ampia.

Zebratigrata
Messaggi: 308

Re: Strade vuote - Andrea Carbone

Messaggio#7 » domenica 17 dicembre 2017, 20:01

Ciao Andrea,
la narrazione è ben strutturata e la lettura scorrevole, tuttavia ci sono alcuni problemini che richiederebbero una revisione (per es. ci si specchia ‘nella vetrata’, per rispettare la consecutio sarebbe preferibile usare ‘poco tempo prima’ invece di ‘poco tempo fa’ e Paul e Betty si ‘erano scambiati’ degli sguardi, dettagli di questo tipo ma tutta roba che si sistema con una rilettura attenta). L'idea mi è piaciuta e in particolare mi piace che porti il lettore fin quasi alla fine con il primo personaggio facendo sì che si immedesimi e inizi a sentirsi solo pure lui, per poi rivelarci che c'è un altro essere umano, c'è speranza. Il finale poi lascia un filo di dubbio è di angoscia che non guastano in questo caso. Si saranno incontrati?

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alex.coman
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Re: Strade vuote - Andrea Carbone

Messaggio#8 » domenica 17 dicembre 2017, 23:35

Ciao :)

Devo dire che ti sei salvato in finale (almeno secondo il mio umile parere) :) Mi è piaciuto il collegamento dell'urlo.
Mi sono piaciute molto anche i pensieri del primo personaggio, che, nonostante la solitudine, cerca ancora di rispettare le regole di una società (inesistente).
Per il resto, non capivo dove volevi andare a parare (di solito è un ottimo segno, ma nel tuo caso non hai lasciato nemmeno la scia di qualche indizio: non si da al lettore la scelta di pensare come finisce, semplicemente non ne ha la più pallida idea).
Il finale mi ha sorpreso (ovviamente), piacevolmente sorpreso.
Una cosa non ho capito però, ovvero l'incipit e la festa di cui parli all'inizio.

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antico
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Re: Strade vuote - Andrea Carbone

Messaggio#9 » lunedì 18 dicembre 2017, 21:59

Bello, mi è piaciuto. Hai le idee chiare e sei riuscito a controllare bene il tutto. Due anime sole che, nel loro momento più drammatico, s'incontrano proprio grazie al silenzio che li stava ingoiando. Forse avresti potuto lavorare di più sul tuo protagonista, darci qualche indizio, leggerissimo e appena accennato, per giustificare questa sua improvvisa alienazione. Questo, unito alla presenza di qualche refuso e forma da sistemare (poca roba) mi impedisce di assegnarti il pollice su pieno, mi fermo al quasi su e t'invito CALDAMENTE, in caso di non passaggio del turno, a presentare il tuo racconto nel Laboratorio perché sì, mi piacerebbe averlo in Vetrina.

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