Festa a Isla-Varias
Inviato: sabato 9 dicembre 2017, 17:10
Non entrava spesso nella città vecchia, quella volta cercava Severo, nome antico, si era già persa, nella cripta non c'era, aveva provato anche nel corridoio dei modellini ma tanto lì non trovava mai nessuno, in ogni caso erano in molti a cercare il responsabile per le celebrazioni senza trovarlo. Era efficiente capace e introvabile. L'unico luogo certo per lei di tutto il palazzo era l'ufficio di Bbruno, anche lui era nel comitato organizzativo.
“Ciao Bbru', mi serve il tuo capo o forse mi puoi aiutare tu!”
“Ciao Marie, che ti serve?”
“Il congegno per le ali o sono rotte o non le so usare.”
“Ah, stai costruendo qualcosa?” Il tono allarmato ma sorridente le aveva fatto capire che, lei si era espressa malissimo ma lui aveva capito e la probabilità pendeva più per il rotto.
“No, sono quella che indosserà l'armatura della Grande Areta e non riesco a far funzionare le ali.”
“Facciamo così: torna alle 16,30 e le proviamo insieme, per quell'ora dovrebbe esserci anche Severo.
Il resto del tempo lo avrebbe impiegato a visitare la città vecchia, doveva avere almeno quattro secoli, la parte della piazza era il nucleo storico della città, con il mercato i palazzi delle magistrature, delle corporazioni, i palazzi nobiliari. Non aveva mai deciso se i muri alti e massicci, davano un'idea di soffocamento però, i portali e le facciate barocche le piacevano, alcuni erano aperti, si intravedevano le chiostre interne spaziose ed eleganti, ormai erano tutti musei perfettamente mantenuti. Forse Severo tutte le sue capacità le aveva usate per mantenere vivo il centro storico e le tradizioni da cui era nata Isla-Varias. Nelle stradine laterali si vedevano ancora i cortiletti delle case più modeste a un piano, tutte bianche, con i pomodori e le spezie ad essiccare al sole.
Qualche secolo prima, con i mori che scorrazzavano lungo le coste, doveva dare un senso di sicurezza.
Era la sua giornata di libertà quindi: pranzo sulle mura da cui si vedeva tutta la collina su cui digradava il centro storico fino al ponte che univa Isla alla terra ferma dove era sorta Varias, i quartieri nuovi e più indietro, il porto; voltando le spalle alle mura ci si ritrovava in un altro tempo, quando le vie erano percorse da carretti e cavalli, i palazzi nobiliari, che si affacciavano sulla grande piazza, da lassù si vedevano anche i giardini, era tutto verde e colorato visto da lassù,aiuole di rose, vialetti di oleandri e mura alte a richiudere il tutto.
Si sentiva il profumo del mare.
Sapeva che le direzioni erano Est e Sud o magari Nord e qualcos' altro, per lei c'era il mare davanti il porto sul lato e Varias dietro, tanto usava la monorotaia e per fortuna, perché al magazzino 6 avrebbe dovuto andare da sola, con un messaggio Bbruno le comunicava che si sarebbero trovati direttamente lì.
Le piaceva quel tragitto, all'interno della mura era già buio, poi, il percorso faceva una curva a gomito dove la porta era crollata e si passava nella parte nuova dove c'era ancora la luce del tardo pomeriggio e una costruzione nuova, molto più brutta ma era un salto di tre secoli nello spazio di una curva a gomito, sembrava un salto nel tempo!
Il cenro di Varias era tipico di una città moderna: strade larghe, traffico, la zona pedonale dei negozi; il magazzino 6 era nella zona industriale, tra le officine e le fonderie. Bbruno e il suo capo erano già lì e non avevano una bella espressione: le ali erano proprio rotte.
“Beh, mancano due settimane” Provò a osservare Marie.
“Sì, ma abbiamo esaurito i permessi a lavoro, possiamo proporre un progetto stage alla scuola di meccanica, il motorino si compra ma le parti meccaniche vanno rifatte. Ho già preparato la domanda da presentare alla sovrintendenza, sono giusto due settimane. Mi prendo qualche studente più responsabile, la Sovrintendenza può essere una ditta, dico per lo stage...”
Sulla parte burocratica, Severo, continuò ancora un po' nel finto interesse generale.
Non aveva mai sentito parlare bene della scuola di meccanica era tra le costruzioni delle acciaierie di Varias nella zona industriale, quella malfamata.
Le zone industriali delle grandi città non sono mai belle: strade squadrate, marciapiedi spogli, monorataie, capannoni illuminati da luce alogena , il tutto sembrava molto freddo. Quando Marie arrivò per la prima prova una settimana dopo, non capì bene l'organizzazione del tutto. Dal magazzino 6 le ali erano state spostate in un laboratorio della scuola, c'era una classe al completo che la accolse con un 'ovazione e una ola nonostante le fiamme ossidriche accese.
Fu raggiunta da un gruppo di cinque ragazzi (decisamente grandi per essere ancora a scuola), provenienti da almeno tre continenti diversi.
“Buon giorno, cerco il professor Severo”
“Sì, ora non c'è, però c'è B017”
“Che suppongo non sia Bbruno!”
“No, è la macchina assistente.”
“Esistono davvero? Non ne ho mai vista una.”
“Dove lavori?”
“Sono... faccio chimica!”
“Ah, no le assistenti stanno nelle officine delle acciaierie, è un brevetto loro.”
Intanto uno dei cinque teneva in aria un dispositivo che a tratti lampeggiava.
La macchina assistente sembrava antropomorfa ma negli arti nascondeva ogni sorta di utensili, non che si vedesse ma lei lo sapeva.
Buon giorno, la signora deve indossare la veste adatta “
“E' parte del costume , non ho portato le decorazioni e le armi, comunque ...”
“E' quello B! Tranqui monta le ali.”
Lei si esprimeva in maniera complicata anche per gli umani, glielo avevano fatto notare ogni tanto.
Il motorino elettrico funzionava.
“Ma il fumo da dove esce?”
“Ma perché c'è il fumo, non era una donna? E perché ha le ali?”
“Sì, ma la leggenda dice che è scesa in campo nelle nuvole, nessuno riusciva a vederla e ha sconfitto i pirati mori!
“Ma le ali?”
Poteva essere una versione della leggenda, ma non aveva molto senso, infatti il ragazzo orientale era poco convinto ma gli altri non gli dettero corda, Marie aveva anche provato a spiegare la storia ma i ragazzi continuavano a scherzare, chiacchierare tra loro e lei aveva solo due ore di permesso, fortunatamente c'era il robot e alla fine di tutto non capì nemmeno come procedessero le cose e non capì nulla dalle espressioni indifferenti degli allievi.
L'appuntamento con la sarta era tutt'altra cosa, era una stilista emergente, abitava nella zona artistica della città, per così dire, con casette piccole dai colori pastello intonate le une alle altre, circondate da giardini, aiuole curate, viali alberati, poco traffico, gli abitanti si spostavano a piedi o in bici era tutto luminoso e bello, capì tutto quello che le disse la sarta.
Secoli prima di Varias c'era stata un altra città, distrutta da un attacco dei mori,nonostante tutto, i pirati avevano perso quella battaglia perché era arrivato l'esercito guidato da una condottiera che era diventata leggenda. In molti si chiedevano come si fosse passati dal narrare la carica dei soldati, così travolgente da sembrare in groppa a cavalli alati, ad: “Areta aveva le ali” (ed era appiedata), tranne quelli della scuola di meccanica.
“Ciao Bbru', mi serve il tuo capo o forse mi puoi aiutare tu!”
“Ciao Marie, che ti serve?”
“Il congegno per le ali o sono rotte o non le so usare.”
“Ah, stai costruendo qualcosa?” Il tono allarmato ma sorridente le aveva fatto capire che, lei si era espressa malissimo ma lui aveva capito e la probabilità pendeva più per il rotto.
“No, sono quella che indosserà l'armatura della Grande Areta e non riesco a far funzionare le ali.”
“Facciamo così: torna alle 16,30 e le proviamo insieme, per quell'ora dovrebbe esserci anche Severo.
Il resto del tempo lo avrebbe impiegato a visitare la città vecchia, doveva avere almeno quattro secoli, la parte della piazza era il nucleo storico della città, con il mercato i palazzi delle magistrature, delle corporazioni, i palazzi nobiliari. Non aveva mai deciso se i muri alti e massicci, davano un'idea di soffocamento però, i portali e le facciate barocche le piacevano, alcuni erano aperti, si intravedevano le chiostre interne spaziose ed eleganti, ormai erano tutti musei perfettamente mantenuti. Forse Severo tutte le sue capacità le aveva usate per mantenere vivo il centro storico e le tradizioni da cui era nata Isla-Varias. Nelle stradine laterali si vedevano ancora i cortiletti delle case più modeste a un piano, tutte bianche, con i pomodori e le spezie ad essiccare al sole.
Qualche secolo prima, con i mori che scorrazzavano lungo le coste, doveva dare un senso di sicurezza.
Era la sua giornata di libertà quindi: pranzo sulle mura da cui si vedeva tutta la collina su cui digradava il centro storico fino al ponte che univa Isla alla terra ferma dove era sorta Varias, i quartieri nuovi e più indietro, il porto; voltando le spalle alle mura ci si ritrovava in un altro tempo, quando le vie erano percorse da carretti e cavalli, i palazzi nobiliari, che si affacciavano sulla grande piazza, da lassù si vedevano anche i giardini, era tutto verde e colorato visto da lassù,aiuole di rose, vialetti di oleandri e mura alte a richiudere il tutto.
Si sentiva il profumo del mare.
Sapeva che le direzioni erano Est e Sud o magari Nord e qualcos' altro, per lei c'era il mare davanti il porto sul lato e Varias dietro, tanto usava la monorotaia e per fortuna, perché al magazzino 6 avrebbe dovuto andare da sola, con un messaggio Bbruno le comunicava che si sarebbero trovati direttamente lì.
Le piaceva quel tragitto, all'interno della mura era già buio, poi, il percorso faceva una curva a gomito dove la porta era crollata e si passava nella parte nuova dove c'era ancora la luce del tardo pomeriggio e una costruzione nuova, molto più brutta ma era un salto di tre secoli nello spazio di una curva a gomito, sembrava un salto nel tempo!
Il cenro di Varias era tipico di una città moderna: strade larghe, traffico, la zona pedonale dei negozi; il magazzino 6 era nella zona industriale, tra le officine e le fonderie. Bbruno e il suo capo erano già lì e non avevano una bella espressione: le ali erano proprio rotte.
“Beh, mancano due settimane” Provò a osservare Marie.
“Sì, ma abbiamo esaurito i permessi a lavoro, possiamo proporre un progetto stage alla scuola di meccanica, il motorino si compra ma le parti meccaniche vanno rifatte. Ho già preparato la domanda da presentare alla sovrintendenza, sono giusto due settimane. Mi prendo qualche studente più responsabile, la Sovrintendenza può essere una ditta, dico per lo stage...”
Sulla parte burocratica, Severo, continuò ancora un po' nel finto interesse generale.
Non aveva mai sentito parlare bene della scuola di meccanica era tra le costruzioni delle acciaierie di Varias nella zona industriale, quella malfamata.
Le zone industriali delle grandi città non sono mai belle: strade squadrate, marciapiedi spogli, monorataie, capannoni illuminati da luce alogena , il tutto sembrava molto freddo. Quando Marie arrivò per la prima prova una settimana dopo, non capì bene l'organizzazione del tutto. Dal magazzino 6 le ali erano state spostate in un laboratorio della scuola, c'era una classe al completo che la accolse con un 'ovazione e una ola nonostante le fiamme ossidriche accese.
Fu raggiunta da un gruppo di cinque ragazzi (decisamente grandi per essere ancora a scuola), provenienti da almeno tre continenti diversi.
“Buon giorno, cerco il professor Severo”
“Sì, ora non c'è, però c'è B017”
“Che suppongo non sia Bbruno!”
“No, è la macchina assistente.”
“Esistono davvero? Non ne ho mai vista una.”
“Dove lavori?”
“Sono... faccio chimica!”
“Ah, no le assistenti stanno nelle officine delle acciaierie, è un brevetto loro.”
Intanto uno dei cinque teneva in aria un dispositivo che a tratti lampeggiava.
La macchina assistente sembrava antropomorfa ma negli arti nascondeva ogni sorta di utensili, non che si vedesse ma lei lo sapeva.
Buon giorno, la signora deve indossare la veste adatta “
“E' parte del costume , non ho portato le decorazioni e le armi, comunque ...”
“E' quello B! Tranqui monta le ali.”
Lei si esprimeva in maniera complicata anche per gli umani, glielo avevano fatto notare ogni tanto.
Il motorino elettrico funzionava.
“Ma il fumo da dove esce?”
“Ma perché c'è il fumo, non era una donna? E perché ha le ali?”
“Sì, ma la leggenda dice che è scesa in campo nelle nuvole, nessuno riusciva a vederla e ha sconfitto i pirati mori!
“Ma le ali?”
Poteva essere una versione della leggenda, ma non aveva molto senso, infatti il ragazzo orientale era poco convinto ma gli altri non gli dettero corda, Marie aveva anche provato a spiegare la storia ma i ragazzi continuavano a scherzare, chiacchierare tra loro e lei aveva solo due ore di permesso, fortunatamente c'era il robot e alla fine di tutto non capì nemmeno come procedessero le cose e non capì nulla dalle espressioni indifferenti degli allievi.
L'appuntamento con la sarta era tutt'altra cosa, era una stilista emergente, abitava nella zona artistica della città, per così dire, con casette piccole dai colori pastello intonate le une alle altre, circondate da giardini, aiuole curate, viali alberati, poco traffico, gli abitanti si spostavano a piedi o in bici era tutto luminoso e bello, capì tutto quello che le disse la sarta.
Secoli prima di Varias c'era stata un altra città, distrutta da un attacco dei mori,nonostante tutto, i pirati avevano perso quella battaglia perché era arrivato l'esercito guidato da una condottiera che era diventata leggenda. In molti si chiedevano come si fosse passati dal narrare la carica dei soldati, così travolgente da sembrare in groppa a cavalli alati, ad: “Areta aveva le ali” (ed era appiedata), tranne quelli della scuola di meccanica.