In un giorno di pioggia

Il Live si terrà sabato 9 dicembre presso il Cinema Lanteri di Pisa
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Giovanni Cola
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In un giorno di pioggia

Messaggio#1 » sabato 9 dicembre 2017, 17:53

Ed ecco che mi metto a scrivere, ma vedete, il più è fatto. Scusate, ci ho messo un po', ma dovevo pur vederla, prima. Dovevo conoscere la città.
Innanzitutto, non sono così convinto che sia la “mia” città. E' proprio il concetto che non mi persuade: non mi piace pensare che sia uscita, per così dire, dalla mia testa, come un candido coniglio dal cilindro di un prestigiatore. No, essa è il frutto di molte menti, di molti scrittori sicuramente, e di musicisti -credo del primo '900. Di altre città.
Potrebbe anche esistere, perché no? Ma non è rilevante. E poi, dipende sempre dalla prospettiva: io ho visitato quella città, e questo significa che essa, in qualche sperduto recondito di quell'insieme costellato di protuberanze che abbraccia sogno e realtà, deve pur esistere.
Non esiste, dal mio punto vista, più di Boston, di Timbuktu -si scrive davvero così? Vedete, nemmeno i nomi sono certi- o della domestica Calcinaia? Città di cui si parla molto -di Calcinaia un po' meno- ma che non ho mai visto, non ho mai conosciuto: di cui non mi sento di certificare l'esistenza.
Bene, in ogni caso voglio presentarvela: ma non crediate che ne sappia poi molto.
Non so che nome abbia, tanto per cominciare: sì, credo di averlo letto su un paio di cartelli, peraltro malmessi, ma era scritto in una di quelle strane lingue dell'est, piene di szc, di lettere astruse e un poco elitarie, qualcosa di simile all'ungherese -simile, ma non identico; d'altronde non posso dire di conoscere l'ungherese: ne ho soltanto un'idea abbastanza precisa, che potrebbe risultare clamorosamente sbagliata.
Ma, nome a parte, un po' l'ho conosciuta, quella città. Non ci sono molti modi di fare la conoscenza di un luogo: il mio, tra tutti, è stato l'approccio più grezzo, materiale, quello di cui tutti si farebbero beffe in quanto estremamente scontato; eppure, forse per la sua umiltà, è quello che mi ha convinto di più: ho camminato, semplicemente. E ho scoperto, prima di ogni altra cosa, quanto essa sia grigia e piovosa.
Ho vagato per i rioni disparati senza una meta precisa, con il preciso obiettivo di vincere la ritrosia di quell'anonimo ammasso di case che forse esiste davvero, ma che nessuno aveva mai visto prima di me: siete i secondi, e io vi precedo di poco. E non pensate che mi fossi perso, perché non ci si può perdere, non se persino il punto di partenza è sconosciuto.
Non conosco il nome della città, e nemmeno posso farvi un elenco sommario degli edifici storici, o delle piazze principali: non ho trovato niente che si distinguesse, in quell'ammasso di edifici sporchi, piuttosto bassi, dalle finestre rotte o murate; niente che mi aiutasse a distinguere un connotato convenzionale. “Non si ritraggono le schiene” ho sentito dire; e pensare che volevo prendervi una cartolina!
Se gli edifici erano bassi, il cielo non era da meno: colpa delle nubi, forse. In ogni caso era soverchiante, tanto opprimente da far assomigliare le strade agli ampi cunicoli di un gigantesco formicaio.
Ho cercato anche uno di quei locali che solitamente non mancano mai, quelli che, e pare assurdo, sono sempre stati un po' demodè, fin dall'inaugurazione, e che a pensarci bene risultano, proprio per questo, un po' patetici: quelli dove ci si aspetta che si ritrovino gli intellettuali.
No, non ho trovato neanche loro; giusto qualche caffè fumoso e squallido, dimora e rifugio di mangiatori di patate -quando tornate nel quadro? Come sta Vincent?- e altre ombre prive, francamente, di tratti interessanti.
Era così: inutile avanzare delle pretese, davvero quella non era la mia città; al massimo, la città che la mia mente si trovava ad attraversare. Però ce li avrei visti proprio bene, degli intellettuali incattiviti: di quelli che si guardano alle spalle, convinti di essere importanti e, proprio per questo, spiati dal patrio regime. I miei pregiudizi erano certi in proposito: “Si tratta della capitale di un paese autoritario!”
Una convinzione portata avanti con foga, ma credo che avessero torto: mancavano quei titanici monumenti di cemento, imprescindibili inni geometrici a quelle tirannie che sono figlie, di latte, dei popoli ciechi e digiuni.
E' questo il punto: non c'era nulla di notevole, a parte il fatto stesso che nulla si distingueva nell'opaco ovunque imperante. I pochi uomini che incontravo possedevano quello sguardo pacato e bovino di chi sembra sul punto di contemplare l'universo, e invece non pensa assolutamente a nulla. Portavano delle giacche tutte rattoppi, sporche di polverino di carbone: e quante ciminiere che vedevo! E com'era sporca, quella pioggia sottile e insidiosa!
Il punto è che quella città, dopo un mio interesse iniziale, sincero e niente affatto blando -com'è possibile che non ci siano monumenti, né edifici di interesse? Hanno mai visto il sole? Possibile che tutti gli altri se ne stiano rintanati in casa, come topi? E i topi?- cominciava a nausearmi, e a spaventarmi, come se l'aura che la opprimeva potesse in qualche modo contaminare chi non ne faceva parte. E dire che, l'ho sempre sostenuto, anche nella bruttura oggettiva, anche nel più squallido e comune anfratto -che ne so, un muro orribilmente macchiato dalle muffe e dal muschio, vendetta di un elemento naturale colpito nei proprio canoni estetici- si può scoprire della poesia, e in maniera sorprendentemente ricca e varia: ma era troppo pericoloso; e così, feci per andarmene.
Sì, feci per chiudere gli occhi, in quel mondo smorto e piovoso; pronto a riaprirli, ci contavo, in questo. Stavo per farlo, ma venni trattenuto.
All'improvviso mi raggiunse, in quel piovoso silenzio, il canto di un pianoforte, e la musica di una candida voce di donna. Ci credereste? No? Eppure, a volte, i fiori prosperano nel cemento. In crepe così sottili da essere, di fatto, invisibili.
Era un miracolo autentico, e quindi del tutto inaspettato: una nota di colore in quella città grigia, che destava quella città teoricamente ancora viva, sì, ma comunque destinata a dormire per il resto dei suoi lunghi giorni vuoti.
Mi avvicinai di corsa, e attraverso una finestra, la prima finestra aperta che vedevo, contemplai, incantato, due giovani, innamorati e abbracciati, lui alla tastiera e lei che lo accompagnava raggiante. Essi rischiaravano, non so quanto consapevolmente, quel deserto artificiale: e che il loro pensiero abbracciasse il mondo, l'intera città, o soltanto quel rione indistinguibile, non faceva differenza.
Non durò che pochi istanti, e forse me ne resi appena conto, lì per lì, e non riuscii a godere appieno di quel miracolo. Non importa.
Giuro che vidi, in quel tempo che, ahimè, fuggiva via, la pioggia colorarsi di viola, di verde, di blu, scrollandosi di dosso il vomito delle ciminiere. Vidi l'ispirazione e la magnificenza di un ideale, quale che fosse, nello sguardo riscosso di chi si fermava ad ascoltare. Furono pochi attimi: ma realizzai come anche un solo istante di speranza possa incrinare millenni di disperazione.
E riconciliatomi finalmente con quei paraggi, me ne allontanai.



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antico
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Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#2 » sabato 9 dicembre 2017, 17:55

Ciao Giovanni e benvenuto su Minuti Contati! Tutto ok con i parametri, divertiti in questa Pisa Live Edition!

Lorenzo Diddi
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Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#3 » mercoledì 13 dicembre 2017, 11:00

Ciao Giovanni, ho letto il tuo racconto e l'ho trovato di un gusto davvero unico. Si percepiscono molte sensazioni e le immagini che si incontrano sono piene di colori. Il tema proposto è stato trattato con cura e la città che presenti sembra soffrire per quella pioggia grigia, ma sa tornare a sentire la musica. La narrazione è scorrevole e arricchita da un lessico notevole e ricercato che non fa che impreziosire il tuo racconto. Mi congratulo e ti ringrazio per il bel testo.

Giovanni Cola
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Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#4 » mercoledì 13 dicembre 2017, 14:39

Grazie mille, anch'io ho letto il tuo e l'ho trovato davvero molto fantasioso, piacevolmente assurdo, simpatico nei particolari ma non privo di un'immagine di insieme (e questo è importantissimo) decisamente affascinante.

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Piscu
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Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#5 » giovedì 14 dicembre 2017, 18:03

C'è qualcosa che non mi convince in questo racconto, potrebbe anche essere solo un problema di sintonia con lo stile, ma mi dà l'impressione di quelle profonde riflessioni sul nulla di cui sono pieni i libri che vanno in finale allo Strega. La città è presente e descritta, ma tutto questo arzigogolarci intorno l'ha resa qualcosa di distante, quasi un campione da laboratorio. Inoltre, di fatto non accade nulla dall'inizio alla fine, se non un flusso di coscienza che potrebbe avvenire tutto in un secondo. Insomma pur rispettando i requisiti, questa storia mi dà l'idea che sia stata composta pensando "non so cosa scrivere, quindi non scrivo di nulla".

Giovanni Cola
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Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#6 » giovedì 14 dicembre 2017, 22:04

Ciao Piscu! Grazie del tuo commento. Mi spiace che il senso delle riflessioni e del racconto nella lettura non sia emerso, ma sono contento di avere l'opportunità di "farmi leggere", ricevere le vostre opinioni rappresenta un ottimo feedback. Ciao, alla prossima.

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Piscu
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Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#7 » venerdì 15 dicembre 2017, 9:43

mi rendo conto che il tema non era facile, perché spingeva molto a un tipo di racconto molto cronachistico, appunto. anch'io ho avuto le stesse difficoltà.

marcocioni
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Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#8 » sabato 16 dicembre 2017, 11:43

fra gli otto racconti è quello in cui il tema proposto si presenta più centrale e sviluppato: in ogni rigo la città è protagonista esplicito ed evidente. Una città senza un nome, senza caratteristiche peculiari, che sembra concepita dentro un momento di tristezza apparentemente senza fine. Nella mia mente si formava solo un quadro in bianco e nero, con poco bianco a dire il vero. Bella poi l’idea finale di arte, musica, speranza che colorano per un istante il quadro, perfino la pioggia si ribella al grigio sporco delle ciminiere. Tema centrato, poetica evidente e molta emotività. Manca purtroppo - ed è la pecca del racconto - l’efficacia dello stile narrativo, diluita e persa dentro opacità, indefinitezza che smarrisce il lettore non consentendo di ricavare una cartolina che ci dia un’idea efficace della città che hai inventato. In più circostanze si nota la volontà di cercare un lessico alto, ma spesso il tentativo non riesce in quanto le parole non si sposano bene con il significato della frase.

Zince Zotti
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Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#9 » sabato 16 dicembre 2017, 16:01

Finalmente una città! Hai deciso di raccontare una città e, a differenza di molti che han scritto una storia ambientata in una città, la tua città è il centro della storia. Questo spazio, che in fondo è il luogo interiore della voce narrante, decidi di descriverlo con un po’ di mestizia, dandoci molti elementi ma con grande intelligenza non ci spieghi in realtà nulla, non ci concedi certezze che ci annoierebbero. Forse il vero protagonista a ben pensarci è questo grande senso di sospensione . Se posso permettermi una critica, non mi ha convinto l’introduzione, l’ho riletto più volte per capirlo meglio e ogni volta ho saltato le prime 13 righe.
Di tutti i racconti letti penso poi che questo sia il più simile al mio, se hai voglia, leggilo e giudica tu.

Pantaleo Cassatella
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Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#10 » sabato 16 dicembre 2017, 16:17

Ciao!
Senza dubbio uno dei migliori racconti che abbia letto, in cui la città viene fuori prepotente ed è l'unica e vera protagonista del racconto, si afferma sullo sfondo, in primo piano, dappertutto. E non in maniera scontata, anzi, ho trovato il racconto assai originale e fresco, non posso che farti davvero dei complimenti sentiti! Bravo!

Giovanni Cola
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Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#11 » sabato 16 dicembre 2017, 18:08

Grazie a tutti per i commenti, li sto trovando utilissimi!

andrea.carbone
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Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#12 » sabato 16 dicembre 2017, 19:05

Immagine molto nitida di una città che non sembra poi così distante dalle grigie cittadine industriali dell'est (ma anche senza andare così lontani), connotata da qualche elemento contraddittorio e misterioso, che aggiunge se possibile maggiore angoscia alla descrizione. Il finale tuttavia giunge come un arcobaleno dopo una tempesta. Forse un pelo troppo didascalica nel suo voler inserire quella speranza fatta di colori in un mondo grigio, ma comunque d'effetto. Uno dei migliori del gruppo, per quanto mi riguarda.

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catalina.pintilie
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Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#13 » domenica 17 dicembre 2017, 22:27

Non manca di certo di fascino e questo credo sia molto importante. Scorre, coinvolge, racconta ma non annoia, lascia spazio all'immaginario.

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Kei
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Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#14 » domenica 17 dicembre 2017, 23:11

Beh che dire questo racconto mi è piaciuto! E sì, te lo dico con questo linguaggio colloquiale che non mi permetto mai di usare, proprio perché tanto mi sono immersa nella lettura da sentirmi particolarmente vicina alla tua narrazione e -un po’ di conseguenza- a te scrittore.
La vaghezza dei dettagli, l’incertezza e la resa quasi surreale della tua città è azzeccatissima col tema, secondo me.
Sei riuscito a dare un aspetto alla tua città. E’ un luogo che non deve avere dettagli, non deve essere esaltante, ma appunto fumoso come le nubi industriali. E’ una città che c’è, ne siamo sicuri, ma che non è importante voler conoscere. Sei lì, ma subito passa la voglia d’esserci. Non ci sei e ti sale quella curiosità, il chiederti perché ci sei arrivato e rimasto, ma sopratutto se oltre al cemento ci sia qualcosa.
Fa riflettere. Non bisogna rimanere alle apparenze, né perdere la speranza di ricavare qualcosa anche dall’apparente cemento inespressivo. C’è sempre qualcosa che può risollevarti, anche se abiti in una città grigia fatta di monotonia, dove ti senti in trappola come un formicaio. Complimenti! Spero di leggere altro di tuo in futuro!

Giovanni Cola
Messaggi: 33

Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#15 » domenica 17 dicembre 2017, 23:46

Vi ringrazio ancora una volta: i complimenti invogliano ad andare avanti, le critiche aiutano a migliorare (e a crescere). Ciao a tutti

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iago.menichetti
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Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#16 » lunedì 18 dicembre 2017, 2:04

Ciao Giovanni, fino all'ultima parte mi è sembrato uno dei racconti più letterari tra quelli che ho letto: per certi versi mi ha fatto pensare a Borges; sei stato molto bravo a caratterizzare strade di pura fantasia che ho sentito essere, più che uno scorcio sull'esterno, un viaggio all'interno della mente del narratore. Inoltre direi che il racconto sviluppa pienamente il tema assegnato.

La cosa che mi convince di meno è la parte finale: secondo me, paradossalmente, il quadro amoroso che restituisce colore alla città concretizza fin troppo qualcosa prima rimasto ammantato nella nebbia. Mi sarebbe piaciuto che il mondo fosse rimasto, fino alla fine, in quella sorta di limbo grigio che avevi evocato; però forse si tratta solo di una preferenza personale. ^^

Giovanni Cola
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Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#17 » martedì 19 dicembre 2017, 13:02

Ciao Iago! Grazie del commento, ho capito quello che vuoi dire. L'idea del tocco di colore finale non la rinnego, ma sono d'accordo sul fatto che non debba andare a perturbare eccesivamente l'atmosfera grigia e opprimente, comunque imperante: un "evento cromatico" circoscritto nello spazio e nel tempo, limitato. Il rischio è quello di rimarcarlo troppo.

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antico
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Re: In un giorno di pioggia

Messaggio#18 » giovedì 21 dicembre 2017, 14:11

Racconto che ho trovato davvero difficile commentare. Sembra che, tipo Nandù, giochi sul non sense, ma poi viene il dubbio che il percorso sia piuttosto intimo, rivolto all'interno più che verso l'esterno. Certo è che si fatica a "entrare" e questo a causa di una partenza molto diluita che mi è sembrata anche troppo allungata. E poi quelle affermazioni (come stai Vincent che o le cogli subito o ti portano su strade non funzionali... e occhio che il lettore può non avere il tuo stesso bagaglio, ma magari fregarti con mille altre citazioni che seminerebbero chi ha scritto). Eppure mi è piaciuto perché quel finale è un tocco di luce che spicca nel grigiore che avevi dipinto fino a quel momento e sì, è proprio vero che è sufficiente un pizzico di quello per cambiare, radicalmente l'esperienza. Pollice tendente all'alto e un invito a riprenderlo nel Laboratorio dove, sono sicuro, potrai trovare nuovi consigli e una forma definitiva al testo, in ottica Vetrina.

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