Il tutto ogni notte
Inviato: martedì 19 dicembre 2017, 0:41
Iniziava sempre tutto da un leggero affanno, che si tramutava lentamente in un’assenza progressiva di fiato. Ciclicamente la mano si spostava da sotto le coperte per cercare quella accanto alla sua, ma questa volta il risentimento ebbe la meglio sul bisogno. Cinque anni di convivenza avevano creato una serie di abitudini ormai difficili da contrastare, ma questa volta il motivo dell’affanno era paradossalmente legato alla sua risoluzione. L’umiliazione bruciava ancora viva nel petto al solo ricordo di tutte le facce che l’avevano fissata in quel momento, mentre lei sfogava tutti i suoi sentimenti repressi attraverso le urla. Non succederà più, aveva pensato lei, nessuno si sarebbe mai più permesso una tale mancanza di rispetto nei suoi confronti in pubblico, ma l’arrendersi all’abitudinarietà era inevitabile. Non era la prima volta che qualcuno le urlava contro in pubblico, ed ogni singola volta aveva creato una frattura irreparabile e un indurimento di conseguenza che rendevano l’assenza di respiro una costante di ogni notte. Era principalmente questo a infastidirla: la ciclicità di ogni notte, l’impossibilità di sfuggire alla routine e la dipendenza da lei per sentire la sua mano afferrata e un semplice sussurro di parole tranquillizzanti nel suo orecchio.
La banalità e la bassezza di questo bisogno la disgustavano.
Dopotutto non era diversa da tutti gli altri che prima di lei si erano presi il diritto di mancarle di rispetto. Era ordinaria e l’abitudine non portava altro che repressione. B scostò allora semplicemente il lenzuolo e si alzò dal letto riuscendo a malapena a stare dritta a causa del giramento di testa. Guardò N e sentì il bisogno pressante di cacciarla dalla stanza. Quella sua calma nel dormire pacifica era un insulto nei suoi confronti, doveva soffrire esattamente come lei, vergognandosi di essere entrata a far parte delle cause dei suoi attacchi. Doveva vergognarsi di essere esattamente uguale a tutti gli altri, proprio lei che si era sempre professata diversa.
B allungò la mano verso il comodino per afferrare il telefono e cercò il suo nome, lui sarebbe venuto a prenderla e le cose avrebbero seguito semplicemente il loro corso naturale. Un atto naturale le aveva unite e solo un atto contro natura avrebbe potuto liberarla dall’oppressione che era diventata la costanza di quella relazione. R rispose al primo colpo, esattamente come aveva previsto, la venerava dopotutto, di quella venerazione che non conosceva regolamentazione dal momento che non avrebbe mai portato a nulla. Gli disse di aspettarla sotto casa tra dieci minuti perché sarebbe arrivata in cerca di rifugio, lui tentò di rassicurarla, ma lei si limitò a chiudergli il telefono in faccia. Se fosse stato quello che cercava, sarebbe rimasta esattamente dov’era.
Il percorso fu breve e altrettanto fu l’atto. R era evidentemente in uno stato d’incredulità e conquista che rese il tutto più patetico del necessario. La sua delicatezza nel toccarla e soprattutto le sue mani su di lei non erano altro che il crollo dell’ideale di fronte alla concretezza dell’esperienza. Quando finirono le si avvicinò per sussurrarle che non avrebbe mai pensato sarebbe potuto accadere, data la solidità del rapporto tra lei e N, che si era condannato ad osservarla in silenzio per sempre. L’utilizzo del passato nelle sue parole risvegliò il senso di irritazione e malessere che la banalità dell’atto fisico era riuscita a cancellare per pochi minuti. Non voleva il passato. Voleva che quel senso di sospensione e inquietudine restassero per sempre vivi in lui, tutta quella concretezza era paragonabile all’assassinio. La concretezza non era che una realizzazione di quello che aveva compiuto e soprattutto aveva voluto compiere: un atto contro natura, che la liberava dal peso di scegliere. N avrebbe scelto al posto suo adesso e tutto sarebbe tornato sul piano dell’ideale, come era giusto che fosse, com’era prima che cominciasse.
In quell’istante l’assenza totale di respiro la svegliò di colpo in un bagno di sudore. Lanciò un urlo a pieni polmoni, beandosi di poterlo finalmente fare. Era incapace di fermarsi, anche se coscientemente sapeva che i vicini avrebbero potuto chiamare le autorità. Non c’era posto per la coscienza in quel momento, non in quel piano astratto e notturno di cui era prigioniera. Ma quella mano, la stessa mano che aveva disprezzato prima di cadere nel terrore notturno, così concreta e reale la raggiunse pochi secondi dopo. N le afferrò il viso e la scosse. -Svegliati. Si limitò a dire e il calore così familiare e vitale le concesse di aprire gli occhi e vedere unicamente quella tinta calda che accompagnava il suo sguardo e incontrava il blu perenne del suo. - Anche stanotte? Domandò. - Anche stanotte. Rispose. Ogni singola notte tutto il mondo di B ed N veniva messo in discussione in una serie di scenari e solo al tocco di quella mano ritrovava il suo equilibrio, e così fu fino alla fine dei loro giorni insieme.
La banalità e la bassezza di questo bisogno la disgustavano.
Dopotutto non era diversa da tutti gli altri che prima di lei si erano presi il diritto di mancarle di rispetto. Era ordinaria e l’abitudine non portava altro che repressione. B scostò allora semplicemente il lenzuolo e si alzò dal letto riuscendo a malapena a stare dritta a causa del giramento di testa. Guardò N e sentì il bisogno pressante di cacciarla dalla stanza. Quella sua calma nel dormire pacifica era un insulto nei suoi confronti, doveva soffrire esattamente come lei, vergognandosi di essere entrata a far parte delle cause dei suoi attacchi. Doveva vergognarsi di essere esattamente uguale a tutti gli altri, proprio lei che si era sempre professata diversa.
B allungò la mano verso il comodino per afferrare il telefono e cercò il suo nome, lui sarebbe venuto a prenderla e le cose avrebbero seguito semplicemente il loro corso naturale. Un atto naturale le aveva unite e solo un atto contro natura avrebbe potuto liberarla dall’oppressione che era diventata la costanza di quella relazione. R rispose al primo colpo, esattamente come aveva previsto, la venerava dopotutto, di quella venerazione che non conosceva regolamentazione dal momento che non avrebbe mai portato a nulla. Gli disse di aspettarla sotto casa tra dieci minuti perché sarebbe arrivata in cerca di rifugio, lui tentò di rassicurarla, ma lei si limitò a chiudergli il telefono in faccia. Se fosse stato quello che cercava, sarebbe rimasta esattamente dov’era.
Il percorso fu breve e altrettanto fu l’atto. R era evidentemente in uno stato d’incredulità e conquista che rese il tutto più patetico del necessario. La sua delicatezza nel toccarla e soprattutto le sue mani su di lei non erano altro che il crollo dell’ideale di fronte alla concretezza dell’esperienza. Quando finirono le si avvicinò per sussurrarle che non avrebbe mai pensato sarebbe potuto accadere, data la solidità del rapporto tra lei e N, che si era condannato ad osservarla in silenzio per sempre. L’utilizzo del passato nelle sue parole risvegliò il senso di irritazione e malessere che la banalità dell’atto fisico era riuscita a cancellare per pochi minuti. Non voleva il passato. Voleva che quel senso di sospensione e inquietudine restassero per sempre vivi in lui, tutta quella concretezza era paragonabile all’assassinio. La concretezza non era che una realizzazione di quello che aveva compiuto e soprattutto aveva voluto compiere: un atto contro natura, che la liberava dal peso di scegliere. N avrebbe scelto al posto suo adesso e tutto sarebbe tornato sul piano dell’ideale, come era giusto che fosse, com’era prima che cominciasse.
In quell’istante l’assenza totale di respiro la svegliò di colpo in un bagno di sudore. Lanciò un urlo a pieni polmoni, beandosi di poterlo finalmente fare. Era incapace di fermarsi, anche se coscientemente sapeva che i vicini avrebbero potuto chiamare le autorità. Non c’era posto per la coscienza in quel momento, non in quel piano astratto e notturno di cui era prigioniera. Ma quella mano, la stessa mano che aveva disprezzato prima di cadere nel terrore notturno, così concreta e reale la raggiunse pochi secondi dopo. N le afferrò il viso e la scosse. -Svegliati. Si limitò a dire e il calore così familiare e vitale le concesse di aprire gli occhi e vedere unicamente quella tinta calda che accompagnava il suo sguardo e incontrava il blu perenne del suo. - Anche stanotte? Domandò. - Anche stanotte. Rispose. Ogni singola notte tutto il mondo di B ed N veniva messo in discussione in una serie di scenari e solo al tocco di quella mano ritrovava il suo equilibrio, e così fu fino alla fine dei loro giorni insieme.