L'INCONTRO
Inviato: martedì 19 dicembre 2017, 0:58
Oramai aveva deciso, quella sarebbe stata la sua ultima notte.
Prima di uscire dette un occhiata in giro, la casa era linda e pinta, sul letto un vestito blu con ancora il cartellino del prezzo attaccato, la ventiquattrore con tutti i suoi risparmi era sul tavolo insieme alla lettera con le sue ultime volontà.
Con passo deciso scese per strada e si avviò verso il centro città, mancavano circa tre ore al passaggio del frecciarossa delle 6.05.
Guardò il cielo, “ sto arrivando amore mio” disse a voce alta.
I passi rimbombavano nel silenzio notturno, sapeva che appena passato il ponte avrebbe trovato aperto il fioraio di via Melegnano, era aperto a tutte le ore, ogni giorno, in ogni situazione metereologica.
Appena svoltato l’angolo si sentì strattonare all’indietro e qualcosa di freddo e affilato le premette la giugulare:” Fermo, non gridare o sei morto. Sbrigati dammi il portafoglio svelto”.
Riccardo alzò le mani e iniziò a ridere, “Morto? Davvero? Tu mi uccideresti?”
“Smettila di ridere faccio sul serio! Dammi il portafoglio o ti uccido” disse la voce con un sibilo.
“perfetto uccidimi allora, ma prima fammi comprare una rosa dal fioraio, non vorrei andare da lei a mani vuote”.
“Ma che cazzo stai farneticando, non ti muovere, altrimenti la rosa te la ficco su per il culo prima di tagliarti la gola, dammi il portafoglio ho detto”.
Riccardo sentì una mano che lo tastava ovunque, “Senti non so chi tu sia, ma io mi chiamo Riccardo e troverai solo cinque euro nella tasca interna della giacca, quindi o mi ammazzi subito o te ne vai capito?”.
“Ma che cazzo dici amico, non è così che deve andare, tu dovresti avere paura, e mi dovresti dare il portafoglio mentre mi preghi di non farti del male! Lo sapevo che quello stronzo del sorcio mi aveva raccontato un sacco di stronzate!” la voce era delusa.
Riccardo sentì diminuire la pressione della lama sulla sua gola.
“Vai amico sei libero, non sono un assassino”.
Riccardo si girò e si trovò a guardare in faccia un ragazzino di circa sedici anni, con il viso sporco e l’alito fetido.
“Che cazzo guardi? Vattene stronzo”.
Riccardo lesse negli occhi di quel ragazzo la sua stessa disperazione, poteva essere suo figlio, quel figlio che avevano sempre desiderato e che non era mai arrivato.
“Aspetta un attimo, ho qualcosa da darti” disse Riccardo mentre si sfilava l’orologio e la catenina lanciandole verso il ragazzo che le prese al volo.
“vuoi dei soldi?”
“Sei fuori di zucca amico, ma che ti dice il cervello? Io ti lascio andare e tu mi dai il tuo orologio e la catenina?Ma chi cazzo sei Babbo Natale?”
“Prendi questa, apre il portone a via del leone 15, questa invece è la chiave dell’ interno 6, sul tavolo troverai una ventiquattrore, quei soldi sono tuoi, buona serata ”.
Così dicendo Riccardo riprese a camminare, aver regalato i suoi soldi a quel ragazzo lo faceva sentire come se la sua vita avesse nuovamente un senso.
Sentì dei passi dietro di se, “ei amico, mi chiamo Diego” disse il ragazzo tendendo la mano, “scusami se ho tentato di rapinarti, ma sai la disperazione ti fa fare cose assurde, era la prima volta per me, si insomma hai capito quello che voglio dire no?”
Riccardo sorrise, non poteva crederci, quel ragazzo si chiamava Diego, proprio uno dei nomi che Lucia aveva scelto per un loro ipotetico figlio.
“Diego, non preoccuparti capisco più di quanto pensi, comunque adesso va a quell’indirizzo, prendi la valigetta e cambia la tua vita, sei giovane, fra poco avrai un bel gruzzoletto in tasca, non buttarti via, se fossi tuo padre ti consiglierei di darti una ripulita, finire la scuola e trovarti un lavoro degno di questo nome”
Diego sorrise tristemente “ se tu fossi mio padre ti sputtaneresti tutti i soldi tra alcool e puttane, per poi tornare a casa e massacrare di botte me e mia madre. Mia mamma non ce l’ha fatta, ma io si, e stai tranquillo fratello non ho nessuna intenzione di finire come mio padre”.
“benissimo, ne sono felice, ma ora scusami ho un treno da prendere e una rosa da comprare, Bouna serata”.
Riccardo acquistò la rosa e si diresse verso la stazione, giunto al binario due lo percorse fino in fondo e poi continuò a camminare nella notte sulle rotaie, allontanandosi sempre di più dalla città.
Trovò nella notte un posto perfetto dove aspettare il suo treno, “Lucia, amore finalmente ti rivedrò!” disse mettendosi al centro del binario appena vide i fari del treno avvicinarsi. Allargò le braccia e chiuse gli occhi, poi sentì un colpo forte allo stomaco, cadde di schiena, il colpo le tolse il fiato, strinse i denti aspettando che le ruote del treno le passassero sopra, il rumore era assordante ma a parte il dolore alla schiena e un peso sopra lo stomaco non sentiva alcun dolore, aprì gli occhi e si trovò nuovamente faccia a faccia con il ragazzo, “se io fossi tuo figlio non vorrei vedere mio padre suicidarsi” disse Diego rialzandosi, e porgendo la mano a Riccardo, “oggi il treno è passato, se vuoi poi riprovarci domani, ma per adesso che ne dici se ti offro una bella colazione paparino?”
Prima di uscire dette un occhiata in giro, la casa era linda e pinta, sul letto un vestito blu con ancora il cartellino del prezzo attaccato, la ventiquattrore con tutti i suoi risparmi era sul tavolo insieme alla lettera con le sue ultime volontà.
Con passo deciso scese per strada e si avviò verso il centro città, mancavano circa tre ore al passaggio del frecciarossa delle 6.05.
Guardò il cielo, “ sto arrivando amore mio” disse a voce alta.
I passi rimbombavano nel silenzio notturno, sapeva che appena passato il ponte avrebbe trovato aperto il fioraio di via Melegnano, era aperto a tutte le ore, ogni giorno, in ogni situazione metereologica.
Appena svoltato l’angolo si sentì strattonare all’indietro e qualcosa di freddo e affilato le premette la giugulare:” Fermo, non gridare o sei morto. Sbrigati dammi il portafoglio svelto”.
Riccardo alzò le mani e iniziò a ridere, “Morto? Davvero? Tu mi uccideresti?”
“Smettila di ridere faccio sul serio! Dammi il portafoglio o ti uccido” disse la voce con un sibilo.
“perfetto uccidimi allora, ma prima fammi comprare una rosa dal fioraio, non vorrei andare da lei a mani vuote”.
“Ma che cazzo stai farneticando, non ti muovere, altrimenti la rosa te la ficco su per il culo prima di tagliarti la gola, dammi il portafoglio ho detto”.
Riccardo sentì una mano che lo tastava ovunque, “Senti non so chi tu sia, ma io mi chiamo Riccardo e troverai solo cinque euro nella tasca interna della giacca, quindi o mi ammazzi subito o te ne vai capito?”.
“Ma che cazzo dici amico, non è così che deve andare, tu dovresti avere paura, e mi dovresti dare il portafoglio mentre mi preghi di non farti del male! Lo sapevo che quello stronzo del sorcio mi aveva raccontato un sacco di stronzate!” la voce era delusa.
Riccardo sentì diminuire la pressione della lama sulla sua gola.
“Vai amico sei libero, non sono un assassino”.
Riccardo si girò e si trovò a guardare in faccia un ragazzino di circa sedici anni, con il viso sporco e l’alito fetido.
“Che cazzo guardi? Vattene stronzo”.
Riccardo lesse negli occhi di quel ragazzo la sua stessa disperazione, poteva essere suo figlio, quel figlio che avevano sempre desiderato e che non era mai arrivato.
“Aspetta un attimo, ho qualcosa da darti” disse Riccardo mentre si sfilava l’orologio e la catenina lanciandole verso il ragazzo che le prese al volo.
“vuoi dei soldi?”
“Sei fuori di zucca amico, ma che ti dice il cervello? Io ti lascio andare e tu mi dai il tuo orologio e la catenina?Ma chi cazzo sei Babbo Natale?”
“Prendi questa, apre il portone a via del leone 15, questa invece è la chiave dell’ interno 6, sul tavolo troverai una ventiquattrore, quei soldi sono tuoi, buona serata ”.
Così dicendo Riccardo riprese a camminare, aver regalato i suoi soldi a quel ragazzo lo faceva sentire come se la sua vita avesse nuovamente un senso.
Sentì dei passi dietro di se, “ei amico, mi chiamo Diego” disse il ragazzo tendendo la mano, “scusami se ho tentato di rapinarti, ma sai la disperazione ti fa fare cose assurde, era la prima volta per me, si insomma hai capito quello che voglio dire no?”
Riccardo sorrise, non poteva crederci, quel ragazzo si chiamava Diego, proprio uno dei nomi che Lucia aveva scelto per un loro ipotetico figlio.
“Diego, non preoccuparti capisco più di quanto pensi, comunque adesso va a quell’indirizzo, prendi la valigetta e cambia la tua vita, sei giovane, fra poco avrai un bel gruzzoletto in tasca, non buttarti via, se fossi tuo padre ti consiglierei di darti una ripulita, finire la scuola e trovarti un lavoro degno di questo nome”
Diego sorrise tristemente “ se tu fossi mio padre ti sputtaneresti tutti i soldi tra alcool e puttane, per poi tornare a casa e massacrare di botte me e mia madre. Mia mamma non ce l’ha fatta, ma io si, e stai tranquillo fratello non ho nessuna intenzione di finire come mio padre”.
“benissimo, ne sono felice, ma ora scusami ho un treno da prendere e una rosa da comprare, Bouna serata”.
Riccardo acquistò la rosa e si diresse verso la stazione, giunto al binario due lo percorse fino in fondo e poi continuò a camminare nella notte sulle rotaie, allontanandosi sempre di più dalla città.
Trovò nella notte un posto perfetto dove aspettare il suo treno, “Lucia, amore finalmente ti rivedrò!” disse mettendosi al centro del binario appena vide i fari del treno avvicinarsi. Allargò le braccia e chiuse gli occhi, poi sentì un colpo forte allo stomaco, cadde di schiena, il colpo le tolse il fiato, strinse i denti aspettando che le ruote del treno le passassero sopra, il rumore era assordante ma a parte il dolore alla schiena e un peso sopra lo stomaco non sentiva alcun dolore, aprì gli occhi e si trovò nuovamente faccia a faccia con il ragazzo, “se io fossi tuo figlio non vorrei vedere mio padre suicidarsi” disse Diego rialzandosi, e porgendo la mano a Riccardo, “oggi il treno è passato, se vuoi poi riprovarci domani, ma per adesso che ne dici se ti offro una bella colazione paparino?”