Ci vuole fegato
Inviato: domenica 18 marzo 2018, 19:23
La fioca luce del monitor illuminava la stanza proiettando ombre strane su tutto ciò che mi cironda, mentre i tubicini collegati al suo corpo danzano a ritmo dei segnali acustici che emessi dal saturimetro attaccato al dito.
Riconosco a stento il ragazzo sdraiato in quel letto, e non per le fasciature o il volto tumefatto, ma perché penso a lui ancora come il dolce bambino che mi correva in braccio quando tornavo dal lavoro, che mi abbracciava e si sedeva in braccio a me chiedendomi di raccontargli la mia giornata al lavoro.
“da grande voglio essere un eroe come il mio papà, voglio arrestare i ladri e proteggere la mia mamma!”
Non capisco cosa sia andato storto..
Già, cos’è andato storto?
«Io non ho sbagliato, gli ho sempre dato tutto.»
Forse è stato proprio quello l’errore.
«Può essere, ma merita davvero di morire? »
Non lo so, io sono arrivato solo ora.. mi hai chiuso fuori dalla tua vita per anni e non sapevo nemmeno che avessi un figlio. Anzi, sono ancora più sorpreso che mi hai richiamato indietro.
«Mi serviva qualcuno con cui parlare, mi sei venuto in mente tu, ho bisogno di aiuto.»
Raccontami…
«Va bene, ma aspetta che metto l’auricolare, non voglio che le persone pensino che sia pazzo…»
L’auricolare bluetooth lampeggiava nella mia mano.
«Fatto, mi senti bene?»
Ma sei scemo? Racconta..
Questa notte io e Marta siamo stati svegliati da una pattuglia di carabinieri che suonavano insistentemente alla porta di casa. Più di una volta ci siamo svegliati così: nostro figlio sedicenne Mattia era solito combinare stronzate con i suoi amici durante la notte e noi dovevamo pagarne le conseguenze; senza contare l’umiliazione che pativo ogni volta, visto che chi bussava alla porta erano i miei colleghi.
Io e Marta ci alzammo, probabilmente lei era rientrata da poco, puzzava di alcol e vomito ed era ancora vestita dalla sera prima.
Un figlio delinquente e una moglie alcolizzata, ecco cosa mi ha regalato la vita.
Lo sguardo dei carabinieri alla porta però era diverso dal solito, uno reggeva in mano una foto e l’altro teneva lo sguardo basso, come a studiarsi gli stivali scuri.
«Carlo… cos’è successo questa volta?»
«Mario, Vostro figlio ha avuto un incidente» Marta sbiancò, ma Carlo parlò subito:
«è ancora vivo!»
La foto era della mia macchina, che al momento credevo fosse nel box sotto casa, schiantata contro il muro di un palazzo, il cofano sporco di sangue e un lenzuolo bianco steso su un corpo vicino alla portiera del guidatore. Mi dissero che aveva investito un uomo prima di sbattere contro il muro, che i suoi tre amici erano morti nello schianto e che risultavano tutti postivi alla ad alcol e droghe. Mattia era l’unico sopravvissuto.
In quell’istante credetti di aver toccato il fondo come padre, ma in realtà ero ancora sull’enorme tavoletta di quel cesso che è la mia vita, e la discesa era ancora lunga.
Ci vestimmo subito, i miei colleghi ci avrebbero dato un passaggio all’ospedale per vedere Mattia ma Marta barcollava per la casa, non si reggeva in piedi per l’alcol.
Le dissi di restare a casa ma non fu una buona idea, iniziò ad urlarmi contro, a lanciare soprammobili in giro, insultandomi, dandomi del fallito e adossandomi la colpa per quello che era successo, come se avessi potere in quella famiglia. Marta non volle sentire ragioni, si divincolò da noi e uscita sul pianerottolo scese le scale.
La pattuglia mi accompagnò al pronto soccorso dove avevano portato Mattia, e pochi miniuti dopo ero seduto su una fila di sedie vicino alla sala operatoria dove si trovava io figlio, ad aspettare.
Le ore passavano lente, Marta non si era ancora vista ed il silenzio era interrotto solo dal gracchiare della radio che Carlo portava legata al cinturone.
«Carlo, grazie per essere rimasto… non so più cosa fare con quel ragazzo…»
Lentamente il mio collega si girò verso di me, aveva in viso l’espressione di chi vuol dire qualcosa, ma sa che non è il momento giusto per farlo, e solo allora me ne resi conto:
«Mattia è in arresto vero?»
«Mario, sono morte quattro persone questa notte, e tuo figlio non è stato mai arrestato fin’ora perché beh, perche è tuo figlio..»
Abbassai la testa, con tutto quello che stava succedendo non avevo proprio pensato a quel dettaglio, ma era la cosa più sensata visto quello che aveva fatto.
”Sono un pessimo padre”
Erano le sei di mattina quando Marta si presento in ospedale, puzzava di vino e le macchie di vomito erano aumentate.
«Dove sei stata?»
«Non sono cazzi tuoi»
Come puoi immaginare litigammo ancora e ancora, finché la porta della sala operatoria si aprì ed usci un uomo, ci disse che Mattia era salvo, ma che senza un trapianto di fegato non sarebbe sopravvissuto a lungo.
Ed ora sono qua ad aspettare con mio figlio che arrivi un donatore compatibile per salvargli la vita.
Non prendermi per il culo, sono una voce nella tua testa, conosco la verità.
Quel piccolo stronzo ingrato non è tuo figlio, lei ti ha tradito, sono anni che ti tradisce, e lui è frutto di qualche scopata da ubriaca al bar.
È un caso che siate compatibili, e quello che ti fa star male non è che lui rischia di morire, ma perché potresti salvarlo e non vuoi farlo.
«Come fai a dirlo?»
Il fatto che tu non mi abbia mai parlato in questi anni, non vuol dire che io me ne sia andato… stavo solo aspettando.
Quante volte il paparino sbirro gli ha saltato le chiappe? Dovrebbe trovarsi già dietro le sbarre, eppure lo hai sempre protetto, ma non è servito a nulla. È colpa tua.
«Non posso condannarlo a morte»
Uno come lui non merita altro, è uno stronzo, un cancro della società. Quelli come lui non possono essere salvati.. lo sapevi da quando era bambino e picchiava tutti gli altri, lo sapevi alle medie quando ha iniziato a rubare nei supermercati, e lo sapevi anche quando hai trovato tutta quella droga nella sua camera. L’hai sempre saputo, eppure non hai mai fatto nulla.
Dagli un pezzo del tuo fegato e vivrà… e sarà ancora una volta tutta colpa tua.
«Se si riprenderà andrà in prigione, non potrà fare male a nessun altro..»
Ma ti senti quando parli? Siamo in Italia, starà in prigione un paio d’anni poi sarà nuovamente fuori, e sarà peggio di prima, lo sai meglio di me.
«Se non lo faccio, come potrò guardarmi allo specchio? Cosa penseranno di me le altre persone? Non voglio passare per quello che ha condannato a morte il proprio figlio.»
Mario, le persone ridono di te, sanno tutti di quella zoccola alcolizzata di tua moglie e di come ti tratta, e tutti hanno fermato tuo figlio almeno una volta nell’ultimo anno. Per una cazzo di volta nella tua vita fai l’uomo e prendi una decisione.
«Signor Merola?» mi girai di scatto, era il chirurgo che aveva operato Mattia quella notte.
«Scusi non volevo disturbarla, non avevo visto che fosse al telefono.»
Appoggiai il dito sull’auricolare
«Mamma devo scappare che è arrivato il dottore, ti chiamo dopo» salvataggio perfetto.
«Buonasera dottore, mi dica tutto.»
«Ho visto che lei e sua moglie non avete firmato i moduli per l’operazione.. immagino che lei sia spaventato, ma viste le condizioni di suo figlio non possiamo aspettare oltre, dobbiamo operare entro domani mattina.»
Domattina? Cosa aspetti a dirglielo? Non ci faremo togliere un pezzo di fegato per quella piccola merda! Può anche crepare per quello che ci riguarda!!
«Ha ragione dottore, mi dia ancora un’oretta; mia moglie è andata a casa a prendere dei documenti e dei vestiti, poi potremo procedere.. sa, senza di lei non me la sento di cominciare.»
«La capisco signor Merola, allora aspetteremo ancora, però se è d’accordo, tra venti minuti arriverà una infermiera per iniziare gli esami di routine.»
«Certo dottore, la ringrazio di cuore..»
Se n’è andato… venti minuti? Sei scemo? Non abbiamo ancora deciso! E poi cos’è questa storia di tua moglie? Non sai nemmeno dove si trova!
«Arriverà, non può essere andata a bere anche stasera»
AH! E tu ne sei convinto? Conoscendola magari si starà scopando mezzo bar cercando di farsi ingravidare da qualche coglione per rimpiazzare il figlio moribondo…
«Smettila di fare il bastardo! Ho già un sacco di problemi, non ti ci mettere pure tu.»
Se non hai il coraggio di dire di no, allora sei fottuto. Non puoi vincere a questo gioco, ma non puoi nemmeno far vincere quello stronzetto… io mi accontenterei di un dignitoso pareggio..
«Pareggio? Cosa vuoi dire?»
La risposta la conosci..
In quel momento sentii chiaramente il suo peso sul fianco destro, lei era sempre stata li.
La mia via di fuga.
La presi: la canna nera brillava alla luce del monitor facendo risaltare la scritta “P.BERETTA”, tirai verso l’alto la levetta della sicura e il pallino rosso venne fuori. Il carrello non fece alcuna resistenza, come se anche lei volesse aiutarmi a uscirne al più presto.
Puntai la pistola contro Mattia.
Siamo alla resa dei conti, è colpa tua se è cresciuto cosi.. è ora di rimediare ai tuoi errori.
«Hai ragione, la colpa è mia…»
Girai la pistola, il sapore metallico in bocca mi disgustava, ma non avrei dovuto sopportarlo a lungo… giusto il tempo di premere il grilletto.
Mattia! MATTIA SVEGLIATI!!
Il giovane ragazzo si tirò su dal letto, cercando chi lo stesse chiamando. Non c’era nessuno nella stanza, guardò fuori dalle sbarre della cella, era l’alba, oggi era il suo ultimo giorno e dopo 3 anni di carcere finalmente usciva da quella merda di posto.
Ultimo giorno eh?
«Chi sta parlando?»
Sono un vecchio amico di tuo padre… sai, è stata una fortuna che siano riusciti a darti i suoi organi dopo che si è sparato… per un attimo ho avuto paura di non farcela..
Riconosco a stento il ragazzo sdraiato in quel letto, e non per le fasciature o il volto tumefatto, ma perché penso a lui ancora come il dolce bambino che mi correva in braccio quando tornavo dal lavoro, che mi abbracciava e si sedeva in braccio a me chiedendomi di raccontargli la mia giornata al lavoro.
“da grande voglio essere un eroe come il mio papà, voglio arrestare i ladri e proteggere la mia mamma!”
Non capisco cosa sia andato storto..
Già, cos’è andato storto?
«Io non ho sbagliato, gli ho sempre dato tutto.»
Forse è stato proprio quello l’errore.
«Può essere, ma merita davvero di morire? »
Non lo so, io sono arrivato solo ora.. mi hai chiuso fuori dalla tua vita per anni e non sapevo nemmeno che avessi un figlio. Anzi, sono ancora più sorpreso che mi hai richiamato indietro.
«Mi serviva qualcuno con cui parlare, mi sei venuto in mente tu, ho bisogno di aiuto.»
Raccontami…
«Va bene, ma aspetta che metto l’auricolare, non voglio che le persone pensino che sia pazzo…»
L’auricolare bluetooth lampeggiava nella mia mano.
«Fatto, mi senti bene?»
Ma sei scemo? Racconta..
Questa notte io e Marta siamo stati svegliati da una pattuglia di carabinieri che suonavano insistentemente alla porta di casa. Più di una volta ci siamo svegliati così: nostro figlio sedicenne Mattia era solito combinare stronzate con i suoi amici durante la notte e noi dovevamo pagarne le conseguenze; senza contare l’umiliazione che pativo ogni volta, visto che chi bussava alla porta erano i miei colleghi.
Io e Marta ci alzammo, probabilmente lei era rientrata da poco, puzzava di alcol e vomito ed era ancora vestita dalla sera prima.
Un figlio delinquente e una moglie alcolizzata, ecco cosa mi ha regalato la vita.
Lo sguardo dei carabinieri alla porta però era diverso dal solito, uno reggeva in mano una foto e l’altro teneva lo sguardo basso, come a studiarsi gli stivali scuri.
«Carlo… cos’è successo questa volta?»
«Mario, Vostro figlio ha avuto un incidente» Marta sbiancò, ma Carlo parlò subito:
«è ancora vivo!»
La foto era della mia macchina, che al momento credevo fosse nel box sotto casa, schiantata contro il muro di un palazzo, il cofano sporco di sangue e un lenzuolo bianco steso su un corpo vicino alla portiera del guidatore. Mi dissero che aveva investito un uomo prima di sbattere contro il muro, che i suoi tre amici erano morti nello schianto e che risultavano tutti postivi alla ad alcol e droghe. Mattia era l’unico sopravvissuto.
In quell’istante credetti di aver toccato il fondo come padre, ma in realtà ero ancora sull’enorme tavoletta di quel cesso che è la mia vita, e la discesa era ancora lunga.
Ci vestimmo subito, i miei colleghi ci avrebbero dato un passaggio all’ospedale per vedere Mattia ma Marta barcollava per la casa, non si reggeva in piedi per l’alcol.
Le dissi di restare a casa ma non fu una buona idea, iniziò ad urlarmi contro, a lanciare soprammobili in giro, insultandomi, dandomi del fallito e adossandomi la colpa per quello che era successo, come se avessi potere in quella famiglia. Marta non volle sentire ragioni, si divincolò da noi e uscita sul pianerottolo scese le scale.
La pattuglia mi accompagnò al pronto soccorso dove avevano portato Mattia, e pochi miniuti dopo ero seduto su una fila di sedie vicino alla sala operatoria dove si trovava io figlio, ad aspettare.
Le ore passavano lente, Marta non si era ancora vista ed il silenzio era interrotto solo dal gracchiare della radio che Carlo portava legata al cinturone.
«Carlo, grazie per essere rimasto… non so più cosa fare con quel ragazzo…»
Lentamente il mio collega si girò verso di me, aveva in viso l’espressione di chi vuol dire qualcosa, ma sa che non è il momento giusto per farlo, e solo allora me ne resi conto:
«Mattia è in arresto vero?»
«Mario, sono morte quattro persone questa notte, e tuo figlio non è stato mai arrestato fin’ora perché beh, perche è tuo figlio..»
Abbassai la testa, con tutto quello che stava succedendo non avevo proprio pensato a quel dettaglio, ma era la cosa più sensata visto quello che aveva fatto.
”Sono un pessimo padre”
Erano le sei di mattina quando Marta si presento in ospedale, puzzava di vino e le macchie di vomito erano aumentate.
«Dove sei stata?»
«Non sono cazzi tuoi»
Come puoi immaginare litigammo ancora e ancora, finché la porta della sala operatoria si aprì ed usci un uomo, ci disse che Mattia era salvo, ma che senza un trapianto di fegato non sarebbe sopravvissuto a lungo.
Ed ora sono qua ad aspettare con mio figlio che arrivi un donatore compatibile per salvargli la vita.
Non prendermi per il culo, sono una voce nella tua testa, conosco la verità.
Quel piccolo stronzo ingrato non è tuo figlio, lei ti ha tradito, sono anni che ti tradisce, e lui è frutto di qualche scopata da ubriaca al bar.
È un caso che siate compatibili, e quello che ti fa star male non è che lui rischia di morire, ma perché potresti salvarlo e non vuoi farlo.
«Come fai a dirlo?»
Il fatto che tu non mi abbia mai parlato in questi anni, non vuol dire che io me ne sia andato… stavo solo aspettando.
Quante volte il paparino sbirro gli ha saltato le chiappe? Dovrebbe trovarsi già dietro le sbarre, eppure lo hai sempre protetto, ma non è servito a nulla. È colpa tua.
«Non posso condannarlo a morte»
Uno come lui non merita altro, è uno stronzo, un cancro della società. Quelli come lui non possono essere salvati.. lo sapevi da quando era bambino e picchiava tutti gli altri, lo sapevi alle medie quando ha iniziato a rubare nei supermercati, e lo sapevi anche quando hai trovato tutta quella droga nella sua camera. L’hai sempre saputo, eppure non hai mai fatto nulla.
Dagli un pezzo del tuo fegato e vivrà… e sarà ancora una volta tutta colpa tua.
«Se si riprenderà andrà in prigione, non potrà fare male a nessun altro..»
Ma ti senti quando parli? Siamo in Italia, starà in prigione un paio d’anni poi sarà nuovamente fuori, e sarà peggio di prima, lo sai meglio di me.
«Se non lo faccio, come potrò guardarmi allo specchio? Cosa penseranno di me le altre persone? Non voglio passare per quello che ha condannato a morte il proprio figlio.»
Mario, le persone ridono di te, sanno tutti di quella zoccola alcolizzata di tua moglie e di come ti tratta, e tutti hanno fermato tuo figlio almeno una volta nell’ultimo anno. Per una cazzo di volta nella tua vita fai l’uomo e prendi una decisione.
«Signor Merola?» mi girai di scatto, era il chirurgo che aveva operato Mattia quella notte.
«Scusi non volevo disturbarla, non avevo visto che fosse al telefono.»
Appoggiai il dito sull’auricolare
«Mamma devo scappare che è arrivato il dottore, ti chiamo dopo» salvataggio perfetto.
«Buonasera dottore, mi dica tutto.»
«Ho visto che lei e sua moglie non avete firmato i moduli per l’operazione.. immagino che lei sia spaventato, ma viste le condizioni di suo figlio non possiamo aspettare oltre, dobbiamo operare entro domani mattina.»
Domattina? Cosa aspetti a dirglielo? Non ci faremo togliere un pezzo di fegato per quella piccola merda! Può anche crepare per quello che ci riguarda!!
«Ha ragione dottore, mi dia ancora un’oretta; mia moglie è andata a casa a prendere dei documenti e dei vestiti, poi potremo procedere.. sa, senza di lei non me la sento di cominciare.»
«La capisco signor Merola, allora aspetteremo ancora, però se è d’accordo, tra venti minuti arriverà una infermiera per iniziare gli esami di routine.»
«Certo dottore, la ringrazio di cuore..»
Se n’è andato… venti minuti? Sei scemo? Non abbiamo ancora deciso! E poi cos’è questa storia di tua moglie? Non sai nemmeno dove si trova!
«Arriverà, non può essere andata a bere anche stasera»
AH! E tu ne sei convinto? Conoscendola magari si starà scopando mezzo bar cercando di farsi ingravidare da qualche coglione per rimpiazzare il figlio moribondo…
«Smettila di fare il bastardo! Ho già un sacco di problemi, non ti ci mettere pure tu.»
Se non hai il coraggio di dire di no, allora sei fottuto. Non puoi vincere a questo gioco, ma non puoi nemmeno far vincere quello stronzetto… io mi accontenterei di un dignitoso pareggio..
«Pareggio? Cosa vuoi dire?»
La risposta la conosci..
In quel momento sentii chiaramente il suo peso sul fianco destro, lei era sempre stata li.
La mia via di fuga.
La presi: la canna nera brillava alla luce del monitor facendo risaltare la scritta “P.BERETTA”, tirai verso l’alto la levetta della sicura e il pallino rosso venne fuori. Il carrello non fece alcuna resistenza, come se anche lei volesse aiutarmi a uscirne al più presto.
Puntai la pistola contro Mattia.
Siamo alla resa dei conti, è colpa tua se è cresciuto cosi.. è ora di rimediare ai tuoi errori.
«Hai ragione, la colpa è mia…»
Girai la pistola, il sapore metallico in bocca mi disgustava, ma non avrei dovuto sopportarlo a lungo… giusto il tempo di premere il grilletto.
Mattia! MATTIA SVEGLIATI!!
Il giovane ragazzo si tirò su dal letto, cercando chi lo stesse chiamando. Non c’era nessuno nella stanza, guardò fuori dalle sbarre della cella, era l’alba, oggi era il suo ultimo giorno e dopo 3 anni di carcere finalmente usciva da quella merda di posto.
Ultimo giorno eh?
«Chi sta parlando?»
Sono un vecchio amico di tuo padre… sai, è stata una fortuna che siano riusciti a darti i suoi organi dopo che si è sparato… per un attimo ho avuto paura di non farcela..