Dipartimento di Inseminazione Ovarica. (D.I.O.)
Inviato: mercoledì 16 maggio 2018, 22:39
L’ultimo uomo sulla terra sedeva da solo in una stanza.
Bussarono alla porta.
«Basta!» Urlò coprendosi la faccia, «non ce la faccio più». Disse fra se piangendo.
Bussarono ancora, poi sentì la porta aprirsi.
«Adam che succede?» Igea entrò nel mini appartamento arredato in maniera essenziale;
un letto singolo in un angolo, una scrivania, una piccola libreria e un divano.
Alle pareti due maxi schermi proiettavano immagini silenziose e davanti ad esse una sedia speciale sulla quale era seduto l’uomo, con casco e guanti ancora indosso e con la testa fra le mani.
La dottoressa si avvicinò.
Notò i suoi occhi arrossati e l’espressione stanca.
«Hai voglia di parlare un po'? lo sai che con me puoi aprirti». Disse sedendosi sul grande divano bianco di pelle.
Adam sbuffò, «parlare cambierà la mia situazione?» Chiese con voce acida.
«Forse no, ma servirà a farti stare meglio. Siediti qui con me».
Adam si tolse guanti e casco, poi si alzò dalla sedia di malavoglia e si lasciò cadere accanto alla dottoressa come un sacco di patate, con la testa reclinata in avanti e il corpo afflosciato sul bracciolo sinistro.
Igea pose una mano sulla sua spalla destra.
Vedendo che l’uomo non reagiva, si schiarì la voce e con tono rassicurante disse: «Adam, lo so che la tua situazione non è delle migliori, ma ti giuro che ci siamo vicine. Manca poco. Davvero! Gli ultimi esami..»
«Doc per favore, ogni volta mi dici sempre le stesse cose. L’ultima volta mi hai detto che dagli esami risultava che un cromosoma y si fosse mosso, ma la realtà è che sono imprigionato qui da vent’anni, in questo laboratorio, circondato da immagini porno e bombardato di ormoni per poter produrre litri di sperma che nemmeno in dieci vite avrei prodotto. Basta, sono esausto.» iniziò a singhiozzare sommessamente.
Igea lo accarezzò sulla schiena, «Adam, mi rendo conto che la tua vita è un inferno, ma la nostra sopravvivenza dipende da te. In tutto il pianeta siamo rimasti esattamente in ventiquattromilaseicentotrentasette, tutte donne, una buona percentuale sono tue figlie ovviamente.
Entro dieci anni dobbiamo far nascere degli uomini altrimenti dovremo ingravidare con il tuo sperma le tue figlie, con il rischio di malformazioni genetiche».
Adam sospirò, «Sai Igea, spesso mi chiedo come abbia fatto mio padre, nonostante avesse contratto il virus, a produrre un cromosoma y così forte da mettere incinta mia madre. Se non fossi nato io, l’umanità sarebbe già quasi estinta».
Igea sorrise, «ce lo chiediamo anche noi. Tuo padre ha passato cinquant’anni in questo laboratorio dando un grande contributo alla ricerca. Forse non ti ho mai detto che è grazie a lui che siamo riuscite a capire cosa ha scatenato il contagio e a isolare il virus. Ma è grazie a te che abbiamo scoperto che dopo seicentosessantasei mutazioni, il suo DNA si resetta. È in quei pochi secondi di reset che possiamo agire per inserire una nuova informazione nel suo DNA e renderlo stabile».
Adam sembrò risvegliarsi, «wow! Tre urrà per le mie dottoresse preferite!» disse sarcastico.
Poi girandosi verso la dottoressa continuò con tono rabbioso, «sappiamo tutti che il contagio è partito proprio da qui, per colpa di quel gruppo di ricercatrici femministe! Ma che cazzo pensavano che il mondo senza uomini sarebbe stato migliore? Il loro esperimento sui dinosauri fu talmente un fallimento che l’hanno estinti cazzo! Però non contente l’hanno sperimentato sulla popolazione. Bastarde».
Igea socchiuse gli occhi e sospirò, «Adam te l’ho spiegato mille volte, era una ricerca sulla lotta biologica. Inserendo in natura insetti maschi con DNA mutato, in pochi anni si sarebbero estinte per esempio le zanzare malariche o le zecche. L’intento era buono. Non ci fu nessun complotto ne nessuna voglia di eliminare il sesso maschile. Erano delle scienziate, non erano femministe e non contaminarono l’acqua appositamente. Hanno sempre giurato che fu un incidente».
«Si vabbè, un incidente strano, visto che oltre alla creazione del virus hanno cercato in ogni modo di far riprodurre le donne per partenogenesi. Comunque oramai questo è il nostro presente e se ancora mi faccio spremere come un limone da voi è solo per non darla vinta a quelle stronze!»
La dottoressa sorrise, «Vedrai ce la faremo! Presto torneranno a nascere dei bellissimi bambini maschi. Vedila così, se riusciamo in questo intento tu sarai il padre del genere umano».
Adam abbozzò un mezzo sorriso e il suo tono si addolcì, «da piccolo desideravo una famiglia grande, ma mai avrei pensato a una così grande. Cosa mi volevi dire Doc quando sei entrata?»
A Igea si illuminarono gli occhi. «La fattrice numero uno, Lilith, è incinta di un maschio. Purtroppo ha delle malformazioni genetiche multiple e sarebbe necessario farla abortire. Appena le abbiamo comunicato la notizia è fuggita, ma resta comunque un grande risultato. Significa che la cura che stiamo somministrando sia a te che a loro sta iniziando a dare i suoi frutti».
Nel cuore di Adam si riaccese la speranza, «ed Eva? Eva come sta reagendo?»
«Eva non è ancora pronta a generare, ma abbiamo iniziato la cura e sta reagendo bene. Fra pochi mesi sarà inseminata, nel frattempo noi perseveriamo con la nostra ricerca. Adam ci riusciremo vedrai.
Se sei stanco, darò ordine di sospendere le stimolazioni visive e tattili, hai tutto il diritto a mezza giornata di riposo. Hai qualche richiesta particolare per questo pomeriggio?»
Adam rispose tutto di un fiato. «Sempre la solita da anni. Ciò che mi manca è una persona con la quale parlare, fare una passeggiata, scambiare idee, discutere di libri. Insomma mi manca la tenerezza e l’amore di una compagna».
Igea ci pensò su. «Sai che non è mai stato possibile, non potevamo permetterti distrazioni. Ma visto i risultati incoraggianti che abbiamo ottenuto ultimamente, credo che si possa fare. Anche Eva ha bisogno di un compagno fuori dal laboratorio. Potrete incontrarvi tutti i giorni nel grande parco della nostra clinica. Un posto sicuro, lontano da camici bianchi e provette. Che ne dici?»
«Sarebbe fantastico!» rispose Adam con entusiasmo, ma la sua felicità durò un attimo.
Si guardò intorno, poi guardò la dottoressa e mille pensieri gli si accalcarono in testa.
Iniziò ad entrare in ansia e a mordicchiarsi le unghie, poi balbettando aggiunse «Igea, scusami io non credo però di essere in grado...insomma io…»
«Quale è il problema adesso Adam? Non hai appena detto che vuoi compagnia? Non capisco!»
Adam sospirò, poi indicando lo schermo grande quanto una parete disse: «ma come faccio a relazionarmi con una donna? Sono vent’anni che vedo porno, cosa gli dico quando la vedo? Ciao sono Adam, che tette enormi che hai, e che culo! Sai il mio gingillo è venticinque centimetri, se ti metti a pecora te lo faccio sentire tutto! Questi sono i discorsi che sento fare in quei film del cazzo …»
Igea sorrise, «Adam ma non hai mai fatto apprezzamenti sulle mie tette, te la caverai anche con lei tranquillo!»
Adam sorrise a sua volta «Ei Doc con tutto il rispetto, tu hai settantacinque anni, Eva diciassette».
Disse ammiccando.
«Be mio caro avrò anche settantacinque anni ma mi difendo bene» rispose Igea con voce offesa, poi scoppiarono a ridere assieme.
L’espressione della dottoressa si addolcì e lo guardò con la tenerezza di una mamma.
«Dai ho capito. Oggi passerò il pomeriggio a darti consigli, da dove partiamo? Ti hanno mai spiegato come nascono i bambini?»
Risero ancora, e Adam si sentì felice come non lo era mai stato.
---
Trentacinque anni ed era nervoso come un adolescente.
In fondo era il suo primo appuntamento.
Alle 15.00 avrebbe dovuto vedere Eva, e mentre si aggiustava la tunica azzurra e si pettinava, ripassava mentalmente i consigli di Igea.
N 1: guardarla sempre negli occhi, le donne amano il contatto visivo.
N2: usare sempre una voce carezzevole e sorridente ma non troppo, una cosa è risultare gentili un’ altra è sembrare ebeti.
N3: stare in silenzio e ascoltarla con attenzione.
N4: se non sei d’accordo con il suo pensiero, mai dire «non sono d’accordo», ma iniziare sempre la frase con «ciò che dici è molto interessante e lo condivido, anche se…»
Ce la poteva fare, in fondo le regole non erano molte.
Si avviò verso il luogo dell’appuntamento, era una magnifica giornata di primavera, le piante erano in fiore e nell’aria aleggiava un odore di fragole e gelsomino.
Vide Eva che lo aspettava sotto il melo.
Era bellissima.
I capelli lunghi e biondi sciolti al vento, l’ovale del viso perfetto e un corpo esplosivo messo in risalto dalla corta tunica.
Si fece coraggio e la raggiunse a grandi falcate, stampandosi un enorme sorriso sulle labbra.
«Buon pomeriggio, io sono Adam, piacere di conoscerti» disse allungando la mano e fissando gli occhi di lei.
«Piacere mio sono Eva,» rispose la ragazza prendendo la mano di lui.
«Ehm ecco, ti andrebbe di fare una passeggiata?» disse Adam con occhi sgranati e fissi e continuando ad avere le labbra tirate.
«Bè si certamente, è per questo che siamo qui no?» rispose lei con voce titubante.
Adam si accorse che Eva lo guardava in maniera strana, quasi spaventata.
Pensò che era normale per una ragazza della sua età sentirsi in imbarazzo di fronte a un uomo sconosciuto.
Decise di dargli il tempo per abituarsi e rimase in silenzio, continuando a sorridere e a guardarla negli occhi.
Poi Eva parlò.
«Scusa Adam posso chiederti una cosa?»
«Certamente dimmi tutto».
«Ecco magari è una domanda scomoda, potresti non voler rispondere, anche perché non me lo avevano detto, cioè va bene non mi importa, ma sai la curiosità…»
Adam non riusciva a capire, avrebbe voluto chiederle cosa non gli avevano detto, ma la terza regola di Igea diceva di stare zitto e ascoltare quindi non osò fare nessuna domanda, continuò a guardare Eva negli occhi, a sorridere e a muovere la testa avanti e indietro in segno affermativo.
«Ehm Adam? Tutto bene? Hai capito cosa ti ho chiesto?» disse Eva scandendo bene le parole.
Adam continuò per qualche secondo a muovere la testa in segno affermativo, poi si riscosse «ah si certo, ho capito tutto, cioè chiedimi quello che vuoi, non c’è problema». Disse con voce carezzevole.
Eva fece una mezza smorfia, «ecco mi chiedevo che tipo di malattia hai avuto per ridurti così, cioè insomma cosa era paresi? Qualche tipo di problema alla muscolatura facciale? Danni neuronali?»
«Non capisco! Di quale malattia parli?»
«Bè ecco, non lo so ma da quando sei arrivato hai la bocca tirata e gli occhi fissi e sgranati, pensavo che fosse dovuto a una malattia».
Adam si sentì morire, gli si avvamparono le guance e i palmi delle mani iniziarono a sudare.
Era imbarazzatissimo.
«Scusami se ho detto qualcosa che non dovevo…» la voce di Eva era preoccupata.
Adam non sapeva come risponderle, aveva la bocca impastata e la lingua attaccata al palato.
Ricordò la quarta regola della dottoressa, ovvero mai contraddire le donne, quindi in tono sommesso rispose «ciò che dici è molto interessante e lo condivido, anche se in realtà stavo solo seguendo qualche consiglio che mi ha dato Igea, ma credo di non averlo compreso bene visto i risultati» disse Adam sconsolato.
Eva iniziò a ridere «no fammi capire, io ti chiedo se hai un emiparesi e tu rispondi che ciò che dico è interessante e lo condividi? è stata Igea a dirti di rispondere così mentre fai quell’espressione da pesce congelato?»
Adam si unì alla sua risata sollevato.
«Sii te stesso Adam» continuò Eva visibilmente più rilassata «e vedrai che andrà tutto bene».
Fecero qualche passo nel vialetto, poi Eva si chinò per cogliere un bellissimo giglio.
Adam vide la corta tunica sollevarsi e lasciare scoperto il suo fondoschiena.
«Che culo!» Esclamò di getto.
«Come scusa?» disse Eva sobbalzando.
«Mi hai detto di essere me stesso giusto? Bè il mio me stesso ha appena accertato che hai un gran bel culo» disse tutto di un fiato.
Eva lo squadrò da capo a piedi con sguardo severo.
Adam fu percorso da un brivido di paura.
Poi vide un gran sorriso aprirsi sul viso della ragazza.
«Bravo, così si fa! Devi essere te stesso bel fustacchione mio!» disse ammiccando.
Adam sorrise.
Il ghiaccio era rotto.
-------------
Era quasi un anno che Adam ed Eva si incontravano tutti i giorni, per due ore, nei giardini del parco dell’ eden.
quel giorno c’era un bel sole ed erano immersi in una interessantissima conversazione sotto un albero di melo.
Adam, sentiva crescere in lui il desiderio di fare l’amore con Eva, ma Igea glie lo aveva proibito.
«Non puoi farlo Adam, manderesti a monte anni di studi. Se mai Eva rimanesse incinta di un maschio non sapremmo mai il processo che ti ha portato a produrre uno spermatozoo y forte. Dobbiamo tenerti sotto controllo lo capisci?»
Adam lo capiva, ma il suo desiderio stava diventando irrefrenabile.
Eva era così bella, così dolce, ma anche così ingenuamente seducente.
Riusciva a trattenersi solo perché la credeva disinteressata al sesso e mai avrebbe voluto forzarla.
Poi cadde una mela dall’albero.
Eva la raccolse e la morse.
Le sue labbra carnose e rosse scivolarono sopra la buccia di quel succoso frutto, e i suoi splendidi occhi azzurri incrociarono quelli di Adam.
«Ne vuoi un morso?» gli chiese avvicinandosi.
Adam prese la mela e mentre la stava per mordere Eva si avvicinò e la morse anche lei dalla parte opposta.
Fu un attimo e i loro corpi si avvinghiarono, baciandosi e toccandosi in ogni dove.
Adam ebbe un attimo di esitazione, «ho trentacinque anni, migliaia di figlie, ma sono vergine amore mio».
Eva sorrise «anche io» rispose mentre con le mani lo indirizzava dentro di se.
Fu meraviglioso per entrambi, Adam non avrebbe mai immaginato di provare delle sensazioni così intense.
Toccare la pelle di una donna vera era ben altra cosa che essere stimolato artificialmente.
Da quel momento seppe di non poterne fare più a meno.
Igea si arrabbiò molto con tutte e due, e gli fu impedito di vedersi.
Loro cercarono di difendersi dicendo che un serpente li aveva ipnotizzati con i suoi grandi occhi e di non aver avuto cognizione di ciò che stavano facendo.
Ovviamente non furono creduti.
Poi le dottoresse del dipartimento di inseminazione ovarica scoprirono che Eva era incinta di due gemelli maschi sani, e ipotizzarono che l’ingrediente che mancava per sconfiggere il virus e produrre cromosomi y sani erano la libertà e l’amore.
Decisero quindi di lasciarli liberi di vivere la propria vita, tenendoli comunque sempre sotto controllo.
Se la loro ipotesi non fosse stata giusta avrebbero comunque avuto, fra qualche anno, due gemelli con i quali continuare i loro esperimenti.
Ora anche le dottoresse del D.I.O si sarebbero prese un bel periodo di riposo.
Sonia Lippi
Bussarono alla porta.
«Basta!» Urlò coprendosi la faccia, «non ce la faccio più». Disse fra se piangendo.
Bussarono ancora, poi sentì la porta aprirsi.
«Adam che succede?» Igea entrò nel mini appartamento arredato in maniera essenziale;
un letto singolo in un angolo, una scrivania, una piccola libreria e un divano.
Alle pareti due maxi schermi proiettavano immagini silenziose e davanti ad esse una sedia speciale sulla quale era seduto l’uomo, con casco e guanti ancora indosso e con la testa fra le mani.
La dottoressa si avvicinò.
Notò i suoi occhi arrossati e l’espressione stanca.
«Hai voglia di parlare un po'? lo sai che con me puoi aprirti». Disse sedendosi sul grande divano bianco di pelle.
Adam sbuffò, «parlare cambierà la mia situazione?» Chiese con voce acida.
«Forse no, ma servirà a farti stare meglio. Siediti qui con me».
Adam si tolse guanti e casco, poi si alzò dalla sedia di malavoglia e si lasciò cadere accanto alla dottoressa come un sacco di patate, con la testa reclinata in avanti e il corpo afflosciato sul bracciolo sinistro.
Igea pose una mano sulla sua spalla destra.
Vedendo che l’uomo non reagiva, si schiarì la voce e con tono rassicurante disse: «Adam, lo so che la tua situazione non è delle migliori, ma ti giuro che ci siamo vicine. Manca poco. Davvero! Gli ultimi esami..»
«Doc per favore, ogni volta mi dici sempre le stesse cose. L’ultima volta mi hai detto che dagli esami risultava che un cromosoma y si fosse mosso, ma la realtà è che sono imprigionato qui da vent’anni, in questo laboratorio, circondato da immagini porno e bombardato di ormoni per poter produrre litri di sperma che nemmeno in dieci vite avrei prodotto. Basta, sono esausto.» iniziò a singhiozzare sommessamente.
Igea lo accarezzò sulla schiena, «Adam, mi rendo conto che la tua vita è un inferno, ma la nostra sopravvivenza dipende da te. In tutto il pianeta siamo rimasti esattamente in ventiquattromilaseicentotrentasette, tutte donne, una buona percentuale sono tue figlie ovviamente.
Entro dieci anni dobbiamo far nascere degli uomini altrimenti dovremo ingravidare con il tuo sperma le tue figlie, con il rischio di malformazioni genetiche».
Adam sospirò, «Sai Igea, spesso mi chiedo come abbia fatto mio padre, nonostante avesse contratto il virus, a produrre un cromosoma y così forte da mettere incinta mia madre. Se non fossi nato io, l’umanità sarebbe già quasi estinta».
Igea sorrise, «ce lo chiediamo anche noi. Tuo padre ha passato cinquant’anni in questo laboratorio dando un grande contributo alla ricerca. Forse non ti ho mai detto che è grazie a lui che siamo riuscite a capire cosa ha scatenato il contagio e a isolare il virus. Ma è grazie a te che abbiamo scoperto che dopo seicentosessantasei mutazioni, il suo DNA si resetta. È in quei pochi secondi di reset che possiamo agire per inserire una nuova informazione nel suo DNA e renderlo stabile».
Adam sembrò risvegliarsi, «wow! Tre urrà per le mie dottoresse preferite!» disse sarcastico.
Poi girandosi verso la dottoressa continuò con tono rabbioso, «sappiamo tutti che il contagio è partito proprio da qui, per colpa di quel gruppo di ricercatrici femministe! Ma che cazzo pensavano che il mondo senza uomini sarebbe stato migliore? Il loro esperimento sui dinosauri fu talmente un fallimento che l’hanno estinti cazzo! Però non contente l’hanno sperimentato sulla popolazione. Bastarde».
Igea socchiuse gli occhi e sospirò, «Adam te l’ho spiegato mille volte, era una ricerca sulla lotta biologica. Inserendo in natura insetti maschi con DNA mutato, in pochi anni si sarebbero estinte per esempio le zanzare malariche o le zecche. L’intento era buono. Non ci fu nessun complotto ne nessuna voglia di eliminare il sesso maschile. Erano delle scienziate, non erano femministe e non contaminarono l’acqua appositamente. Hanno sempre giurato che fu un incidente».
«Si vabbè, un incidente strano, visto che oltre alla creazione del virus hanno cercato in ogni modo di far riprodurre le donne per partenogenesi. Comunque oramai questo è il nostro presente e se ancora mi faccio spremere come un limone da voi è solo per non darla vinta a quelle stronze!»
La dottoressa sorrise, «Vedrai ce la faremo! Presto torneranno a nascere dei bellissimi bambini maschi. Vedila così, se riusciamo in questo intento tu sarai il padre del genere umano».
Adam abbozzò un mezzo sorriso e il suo tono si addolcì, «da piccolo desideravo una famiglia grande, ma mai avrei pensato a una così grande. Cosa mi volevi dire Doc quando sei entrata?»
A Igea si illuminarono gli occhi. «La fattrice numero uno, Lilith, è incinta di un maschio. Purtroppo ha delle malformazioni genetiche multiple e sarebbe necessario farla abortire. Appena le abbiamo comunicato la notizia è fuggita, ma resta comunque un grande risultato. Significa che la cura che stiamo somministrando sia a te che a loro sta iniziando a dare i suoi frutti».
Nel cuore di Adam si riaccese la speranza, «ed Eva? Eva come sta reagendo?»
«Eva non è ancora pronta a generare, ma abbiamo iniziato la cura e sta reagendo bene. Fra pochi mesi sarà inseminata, nel frattempo noi perseveriamo con la nostra ricerca. Adam ci riusciremo vedrai.
Se sei stanco, darò ordine di sospendere le stimolazioni visive e tattili, hai tutto il diritto a mezza giornata di riposo. Hai qualche richiesta particolare per questo pomeriggio?»
Adam rispose tutto di un fiato. «Sempre la solita da anni. Ciò che mi manca è una persona con la quale parlare, fare una passeggiata, scambiare idee, discutere di libri. Insomma mi manca la tenerezza e l’amore di una compagna».
Igea ci pensò su. «Sai che non è mai stato possibile, non potevamo permetterti distrazioni. Ma visto i risultati incoraggianti che abbiamo ottenuto ultimamente, credo che si possa fare. Anche Eva ha bisogno di un compagno fuori dal laboratorio. Potrete incontrarvi tutti i giorni nel grande parco della nostra clinica. Un posto sicuro, lontano da camici bianchi e provette. Che ne dici?»
«Sarebbe fantastico!» rispose Adam con entusiasmo, ma la sua felicità durò un attimo.
Si guardò intorno, poi guardò la dottoressa e mille pensieri gli si accalcarono in testa.
Iniziò ad entrare in ansia e a mordicchiarsi le unghie, poi balbettando aggiunse «Igea, scusami io non credo però di essere in grado...insomma io…»
«Quale è il problema adesso Adam? Non hai appena detto che vuoi compagnia? Non capisco!»
Adam sospirò, poi indicando lo schermo grande quanto una parete disse: «ma come faccio a relazionarmi con una donna? Sono vent’anni che vedo porno, cosa gli dico quando la vedo? Ciao sono Adam, che tette enormi che hai, e che culo! Sai il mio gingillo è venticinque centimetri, se ti metti a pecora te lo faccio sentire tutto! Questi sono i discorsi che sento fare in quei film del cazzo …»
Igea sorrise, «Adam ma non hai mai fatto apprezzamenti sulle mie tette, te la caverai anche con lei tranquillo!»
Adam sorrise a sua volta «Ei Doc con tutto il rispetto, tu hai settantacinque anni, Eva diciassette».
Disse ammiccando.
«Be mio caro avrò anche settantacinque anni ma mi difendo bene» rispose Igea con voce offesa, poi scoppiarono a ridere assieme.
L’espressione della dottoressa si addolcì e lo guardò con la tenerezza di una mamma.
«Dai ho capito. Oggi passerò il pomeriggio a darti consigli, da dove partiamo? Ti hanno mai spiegato come nascono i bambini?»
Risero ancora, e Adam si sentì felice come non lo era mai stato.
---
Trentacinque anni ed era nervoso come un adolescente.
In fondo era il suo primo appuntamento.
Alle 15.00 avrebbe dovuto vedere Eva, e mentre si aggiustava la tunica azzurra e si pettinava, ripassava mentalmente i consigli di Igea.
N 1: guardarla sempre negli occhi, le donne amano il contatto visivo.
N2: usare sempre una voce carezzevole e sorridente ma non troppo, una cosa è risultare gentili un’ altra è sembrare ebeti.
N3: stare in silenzio e ascoltarla con attenzione.
N4: se non sei d’accordo con il suo pensiero, mai dire «non sono d’accordo», ma iniziare sempre la frase con «ciò che dici è molto interessante e lo condivido, anche se…»
Ce la poteva fare, in fondo le regole non erano molte.
Si avviò verso il luogo dell’appuntamento, era una magnifica giornata di primavera, le piante erano in fiore e nell’aria aleggiava un odore di fragole e gelsomino.
Vide Eva che lo aspettava sotto il melo.
Era bellissima.
I capelli lunghi e biondi sciolti al vento, l’ovale del viso perfetto e un corpo esplosivo messo in risalto dalla corta tunica.
Si fece coraggio e la raggiunse a grandi falcate, stampandosi un enorme sorriso sulle labbra.
«Buon pomeriggio, io sono Adam, piacere di conoscerti» disse allungando la mano e fissando gli occhi di lei.
«Piacere mio sono Eva,» rispose la ragazza prendendo la mano di lui.
«Ehm ecco, ti andrebbe di fare una passeggiata?» disse Adam con occhi sgranati e fissi e continuando ad avere le labbra tirate.
«Bè si certamente, è per questo che siamo qui no?» rispose lei con voce titubante.
Adam si accorse che Eva lo guardava in maniera strana, quasi spaventata.
Pensò che era normale per una ragazza della sua età sentirsi in imbarazzo di fronte a un uomo sconosciuto.
Decise di dargli il tempo per abituarsi e rimase in silenzio, continuando a sorridere e a guardarla negli occhi.
Poi Eva parlò.
«Scusa Adam posso chiederti una cosa?»
«Certamente dimmi tutto».
«Ecco magari è una domanda scomoda, potresti non voler rispondere, anche perché non me lo avevano detto, cioè va bene non mi importa, ma sai la curiosità…»
Adam non riusciva a capire, avrebbe voluto chiederle cosa non gli avevano detto, ma la terza regola di Igea diceva di stare zitto e ascoltare quindi non osò fare nessuna domanda, continuò a guardare Eva negli occhi, a sorridere e a muovere la testa avanti e indietro in segno affermativo.
«Ehm Adam? Tutto bene? Hai capito cosa ti ho chiesto?» disse Eva scandendo bene le parole.
Adam continuò per qualche secondo a muovere la testa in segno affermativo, poi si riscosse «ah si certo, ho capito tutto, cioè chiedimi quello che vuoi, non c’è problema». Disse con voce carezzevole.
Eva fece una mezza smorfia, «ecco mi chiedevo che tipo di malattia hai avuto per ridurti così, cioè insomma cosa era paresi? Qualche tipo di problema alla muscolatura facciale? Danni neuronali?»
«Non capisco! Di quale malattia parli?»
«Bè ecco, non lo so ma da quando sei arrivato hai la bocca tirata e gli occhi fissi e sgranati, pensavo che fosse dovuto a una malattia».
Adam si sentì morire, gli si avvamparono le guance e i palmi delle mani iniziarono a sudare.
Era imbarazzatissimo.
«Scusami se ho detto qualcosa che non dovevo…» la voce di Eva era preoccupata.
Adam non sapeva come risponderle, aveva la bocca impastata e la lingua attaccata al palato.
Ricordò la quarta regola della dottoressa, ovvero mai contraddire le donne, quindi in tono sommesso rispose «ciò che dici è molto interessante e lo condivido, anche se in realtà stavo solo seguendo qualche consiglio che mi ha dato Igea, ma credo di non averlo compreso bene visto i risultati» disse Adam sconsolato.
Eva iniziò a ridere «no fammi capire, io ti chiedo se hai un emiparesi e tu rispondi che ciò che dico è interessante e lo condividi? è stata Igea a dirti di rispondere così mentre fai quell’espressione da pesce congelato?»
Adam si unì alla sua risata sollevato.
«Sii te stesso Adam» continuò Eva visibilmente più rilassata «e vedrai che andrà tutto bene».
Fecero qualche passo nel vialetto, poi Eva si chinò per cogliere un bellissimo giglio.
Adam vide la corta tunica sollevarsi e lasciare scoperto il suo fondoschiena.
«Che culo!» Esclamò di getto.
«Come scusa?» disse Eva sobbalzando.
«Mi hai detto di essere me stesso giusto? Bè il mio me stesso ha appena accertato che hai un gran bel culo» disse tutto di un fiato.
Eva lo squadrò da capo a piedi con sguardo severo.
Adam fu percorso da un brivido di paura.
Poi vide un gran sorriso aprirsi sul viso della ragazza.
«Bravo, così si fa! Devi essere te stesso bel fustacchione mio!» disse ammiccando.
Adam sorrise.
Il ghiaccio era rotto.
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Era quasi un anno che Adam ed Eva si incontravano tutti i giorni, per due ore, nei giardini del parco dell’ eden.
quel giorno c’era un bel sole ed erano immersi in una interessantissima conversazione sotto un albero di melo.
Adam, sentiva crescere in lui il desiderio di fare l’amore con Eva, ma Igea glie lo aveva proibito.
«Non puoi farlo Adam, manderesti a monte anni di studi. Se mai Eva rimanesse incinta di un maschio non sapremmo mai il processo che ti ha portato a produrre uno spermatozoo y forte. Dobbiamo tenerti sotto controllo lo capisci?»
Adam lo capiva, ma il suo desiderio stava diventando irrefrenabile.
Eva era così bella, così dolce, ma anche così ingenuamente seducente.
Riusciva a trattenersi solo perché la credeva disinteressata al sesso e mai avrebbe voluto forzarla.
Poi cadde una mela dall’albero.
Eva la raccolse e la morse.
Le sue labbra carnose e rosse scivolarono sopra la buccia di quel succoso frutto, e i suoi splendidi occhi azzurri incrociarono quelli di Adam.
«Ne vuoi un morso?» gli chiese avvicinandosi.
Adam prese la mela e mentre la stava per mordere Eva si avvicinò e la morse anche lei dalla parte opposta.
Fu un attimo e i loro corpi si avvinghiarono, baciandosi e toccandosi in ogni dove.
Adam ebbe un attimo di esitazione, «ho trentacinque anni, migliaia di figlie, ma sono vergine amore mio».
Eva sorrise «anche io» rispose mentre con le mani lo indirizzava dentro di se.
Fu meraviglioso per entrambi, Adam non avrebbe mai immaginato di provare delle sensazioni così intense.
Toccare la pelle di una donna vera era ben altra cosa che essere stimolato artificialmente.
Da quel momento seppe di non poterne fare più a meno.
Igea si arrabbiò molto con tutte e due, e gli fu impedito di vedersi.
Loro cercarono di difendersi dicendo che un serpente li aveva ipnotizzati con i suoi grandi occhi e di non aver avuto cognizione di ciò che stavano facendo.
Ovviamente non furono creduti.
Poi le dottoresse del dipartimento di inseminazione ovarica scoprirono che Eva era incinta di due gemelli maschi sani, e ipotizzarono che l’ingrediente che mancava per sconfiggere il virus e produrre cromosomi y sani erano la libertà e l’amore.
Decisero quindi di lasciarli liberi di vivere la propria vita, tenendoli comunque sempre sotto controllo.
Se la loro ipotesi non fosse stata giusta avrebbero comunque avuto, fra qualche anno, due gemelli con i quali continuare i loro esperimenti.
Ora anche le dottoresse del D.I.O si sarebbero prese un bel periodo di riposo.
Sonia Lippi