[V] L'uguaglianza di genere
Inviato: lunedì 18 maggio 2015, 22:18
L’UGUAGLIANZA DI GENERE
di Beppe Roncari
“We’re gonna fight for this love. Combattere per amore? Beh, per me lotta e amore non hanno niente in comune, mi spiego?”
L’uomo imbavagliato e legato alla seggiola mugugna qualcosa. Sarà per il coltello con cui gli ho mozzato il mignolo della destra, ma non mi sembrano frasi coerenti. Una richiesta di pietà? Lo suggeriscono le lacrime. No, quelle vengono solo dal peperoncino che gli ho spruzzato in viso quando ha cercato di violentarmi poco fa.
“Vuoi sapere del mio primo amore? Pensavo che fosse quello giusto… Non sapevo niente del sesso, non mi ero mai nemmeno toccata, pensa. Credevo che fosse peccato. Lui era così sensibile, paziente… La prima volta che siamo finiti a letto assieme mi ha rispettato. Ma la seconda volta… Eppure gli avevo detto di no, chiaramente. E lui invece mi ha infilato il suo coso… Capisci?
L’uomo annuisce, patetico. Il coltello cala di nuovo: stavolta gli trancio tutte le dita che gli restano sulla mano, solo il pollice rimane attaccato, a penzoloni. Ho stretto bene le cinghie sui polsi, non c’è rischio che muoia dissanguato. Per ora.
“Lo sai poi com’è andata a finire? Beh, se proprio lo vuoi sapere, mi ha lasciata. Si è preso tutto e mi ha lasciata! E io? Io niente, che credi! Non ero ancora come voi.”
Gli porto il coltello sotto il pomo d’Adamo, per fargli sentire, se non ci vede più, la lama fredda sulla pelle. E mi accorgo di qualcosa.
“COS’È QUESTO?” Gli urlo afferrando e stringendo con la sinistra il dito di carne che gli si è indurito fra le gambe. “Io cerco di insegnarti a tenerlo a bada, e tu… Dovevo immaginarlo. È proprio questo che ti eccita, vero? Sai che ti dico? Sono tutta bagnata anch’io… e non è giusto che non ti dia neanche una chance, no? Magari l’hai imparata la lezione… Vediamo.”
Spalanca gli occhi. È più attento di prima. Mi sfilo le mutandine da sotto la minigonna e gliele metto sotto il naso. Poi, sempre tenendogli il coltello all’altezza della gola, gli slaccio i pantaloni, glielo tiro fuori e salgo sulla seggiola, mi abbasso su di lui, lo prendo dentro di me.
“Se riesci a non venire… Se combatti il tuo istinto malato e vinci… Ti lascio andare… Altrimenti…” Gli sussurro all’orecchio, mordicchiandogli il lobo. “Avrai avuto comunque quello che desideravi, no?”
È imbarazzante. Viene subito, neanche il tempo di farmi raggiungere l’apice. Gli uomini! Pensano sempre e solo al proprio piacere! Immagino che siano singulti di terrore quelli che sento provenire dal suo petto. Mi fermo un attimo. No. Ghigna il porco! Gli strappo il bavaglio: “Cazzo ridi? Lo sai cosa ti aspetta?”
“Cosa aspetta… te… troia!” Sputa sangue. “Ho l’AIDS, cagna! Mi fai un regalo. Io morirò in fretta, ma tu?”
“Io cosa?” Gli chiedo.
“Anni di malattia… di dolore…”
È il mio turno di ridere.
“Oh! Pensavi che fossi disposta a diventare come voi e poi continuare a vivere? Tu non hai capito, pervertito! Spettano a te anni di malattia e di dolore!”
Gli libero i polsi con il coltello, lo butto a terra, tanto è debole.
“Ho già chiamato la polizia. Il tuo seme è nel mio ventre. Le dita che ti ho tagliato? Un tentativo di difesa.”
Mi taglio la gola. Il mio sangue gli piove addosso come fiotti di sperma. Il terrore nei suoi occhi è impagabile.
Mi accascio su di lui come sul mio primo amore. Alla finestra luccicano già luci rosse e blu e una sirena si avvicina nella notte.