[V] Amore mio - Stefano Pastor
Inviato: martedì 19 maggio 2015, 0:08
Oltrepassai la porta sbagliata.
«Lisa! Come stai? Cosa ti è successo?».
Che bel ragazzo! Ero arrossita? Anche lui indossava il camice, era un paziente come me. Quando l’avevo conosciuto? Cercai uno specchio, senza rendermene conto, sapevo di essere in uno stato pietoso.
Presi tempo. «Mi sto riprendendo», borbottai.
Era assurdo, quel ragazzo mi amava, glielo leggevo negli occhi. C’era anche di più: adorazione.
«Amore mio, ho creduto che… ho temuto che non ti avrei più vista».
Chi diavolo era? Come potevo averlo scordato? Avrei dato la vita per un ragazzo così, mi ero sempre sentita inadeguata. In genere i ragazzi mi evitavano.
«Combatto», dissi. «Combatto sempre, non mi arrendo».
Erano le parole sbagliate, lo vidi impallidire. Abbassò pure gli occhi, non riusciva a guardarmi.
«Mi scusi, signorina. Mi sono sbagliato». Non era tanto credibile, dato che sapeva anche il mio nome. «Lei non dovrebbe stare qui».
Ero turbata dalla sua tristezza, dal suo dolore. «Chi è Lisa?», gli chiesi.
Tratteneva a stento le lacrime. «Vada via, per favore. Non dovrebbe stare qui», ripeté.
Mi spinse fuori, oltre quella porta. Una porta anonima, dipinta di giallo.
Il mio cuore era impazzito. Sentivo la perdita. Una perdita immensa, insostenibile, eppure quel ragazzo non l’avevo mai visto prima.
Feci appena un passo, poi arrivò papà. Anche lui era sconvolto. «Lisa! Non riuscivo più a trovarti!».
Mi sentivo meglio e glielo dissi, avevo bisogno di fare due passi.
«Non qui, assolutamente non qui. Non vedi che è proibito?».
Non ne sapevo niente. «Cos’è questo posto?».
Scosse il capo. «Non ora».
«Chi è Lisa? C’è un’altra Lisa? Una che mi assomiglia?».
Nel dire quelle parole compresi, e impallidii anch’io. Se non mi avesse afferrata sarei stramazzata al suolo. «Ora non c’è più», disse mio padre.
«No!», dissi. «No! No! No!».
«Non avresti dovuto sapere, ho fatto di tutto per impedirlo».
Aveva sbagliato, invece, e glielo urlai. «Sono questi i cloni? Quelli che usate per i trapianti?».
«Non dovevi vederli. Nessuno li vuole vedere».
Non potevo crederci. Quanto ero stata stupida, cieca. «Quel ragazzo è… un clone? Anche lui lo è?».
«Lo sono tutti, oltre la porta gialla».
Il cuore aveva ripreso a battere all’impazzata, sarebbe esploso. «Lui l’amava. Lei… perché si chiamava Lisa?».
«Perché era te, era proprio come te».
«Ma loro…».
Cosa mi aspettavo, che li allevassero in qualche forma di stasi? Erano esseri umani, proprio come noi. Erano noi.
«Quel ragazzo…». Non sapevo neanche il suo nome. «Cosa gli accadrà?».
«Se è qui vuol dire che è arrivato il suo turno. Grazie a lui qualcuno vivrà, proprio come è stato per te».
«No!», gridai.
«Combatti, Lisa! Combatti! Tu sei forte, devi farcela. Puoi sopportare anche questo! Puoi sconfiggere la malattia, sopravvivere!».
Era sopravvivere, quello? Quante altre Lise avrei dovuto seppellire? Di quanti organi mi sarei appropriata?
«Non sono esseri umani, ricordalo. Sono parte di noi, i loro organi sono nostri. Li abbiamo creati solo per questo».
Però non mi aveva detto cos’erano i cloni. Io non lo sapevo, non l’avevo mai neppure immaginato.
Il mio cuore stava per scoppiare. Il suo cuore. Sarei morta d’amore. Per un amore che non avevo mai conosciuto.
«Combatti, Lisa! Combatti!».
«Lisa! Come stai? Cosa ti è successo?».
Che bel ragazzo! Ero arrossita? Anche lui indossava il camice, era un paziente come me. Quando l’avevo conosciuto? Cercai uno specchio, senza rendermene conto, sapevo di essere in uno stato pietoso.
Presi tempo. «Mi sto riprendendo», borbottai.
Era assurdo, quel ragazzo mi amava, glielo leggevo negli occhi. C’era anche di più: adorazione.
«Amore mio, ho creduto che… ho temuto che non ti avrei più vista».
Chi diavolo era? Come potevo averlo scordato? Avrei dato la vita per un ragazzo così, mi ero sempre sentita inadeguata. In genere i ragazzi mi evitavano.
«Combatto», dissi. «Combatto sempre, non mi arrendo».
Erano le parole sbagliate, lo vidi impallidire. Abbassò pure gli occhi, non riusciva a guardarmi.
«Mi scusi, signorina. Mi sono sbagliato». Non era tanto credibile, dato che sapeva anche il mio nome. «Lei non dovrebbe stare qui».
Ero turbata dalla sua tristezza, dal suo dolore. «Chi è Lisa?», gli chiesi.
Tratteneva a stento le lacrime. «Vada via, per favore. Non dovrebbe stare qui», ripeté.
Mi spinse fuori, oltre quella porta. Una porta anonima, dipinta di giallo.
Il mio cuore era impazzito. Sentivo la perdita. Una perdita immensa, insostenibile, eppure quel ragazzo non l’avevo mai visto prima.
Feci appena un passo, poi arrivò papà. Anche lui era sconvolto. «Lisa! Non riuscivo più a trovarti!».
Mi sentivo meglio e glielo dissi, avevo bisogno di fare due passi.
«Non qui, assolutamente non qui. Non vedi che è proibito?».
Non ne sapevo niente. «Cos’è questo posto?».
Scosse il capo. «Non ora».
«Chi è Lisa? C’è un’altra Lisa? Una che mi assomiglia?».
Nel dire quelle parole compresi, e impallidii anch’io. Se non mi avesse afferrata sarei stramazzata al suolo. «Ora non c’è più», disse mio padre.
«No!», dissi. «No! No! No!».
«Non avresti dovuto sapere, ho fatto di tutto per impedirlo».
Aveva sbagliato, invece, e glielo urlai. «Sono questi i cloni? Quelli che usate per i trapianti?».
«Non dovevi vederli. Nessuno li vuole vedere».
Non potevo crederci. Quanto ero stata stupida, cieca. «Quel ragazzo è… un clone? Anche lui lo è?».
«Lo sono tutti, oltre la porta gialla».
Il cuore aveva ripreso a battere all’impazzata, sarebbe esploso. «Lui l’amava. Lei… perché si chiamava Lisa?».
«Perché era te, era proprio come te».
«Ma loro…».
Cosa mi aspettavo, che li allevassero in qualche forma di stasi? Erano esseri umani, proprio come noi. Erano noi.
«Quel ragazzo…». Non sapevo neanche il suo nome. «Cosa gli accadrà?».
«Se è qui vuol dire che è arrivato il suo turno. Grazie a lui qualcuno vivrà, proprio come è stato per te».
«No!», gridai.
«Combatti, Lisa! Combatti! Tu sei forte, devi farcela. Puoi sopportare anche questo! Puoi sconfiggere la malattia, sopravvivere!».
Era sopravvivere, quello? Quante altre Lise avrei dovuto seppellire? Di quanti organi mi sarei appropriata?
«Non sono esseri umani, ricordalo. Sono parte di noi, i loro organi sono nostri. Li abbiamo creati solo per questo».
Però non mi aveva detto cos’erano i cloni. Io non lo sapevo, non l’avevo mai neppure immaginato.
Il mio cuore stava per scoppiare. Il suo cuore. Sarei morta d’amore. Per un amore che non avevo mai conosciuto.
«Combatti, Lisa! Combatti!».