[I] Il mio nome è legione - di David Galligani
Inviato: martedì 19 maggio 2015, 0:51
La ragazza fece fuoco e si nascose dietro l'angolo del tunnel.
Sette sparó con il lanciagranate: il proiettile colpí la parete opposta, rimbalzò e sparì alla vista.
Poi esplose.
Brandelli di carne sanguinolenti volarono da tutte le parti.
«Cazzo Sette, hai fatto fuori quella puttana senza nemmeno farla soffrire» disse Cinque «Era stata lei a ammazzarmi l'ultima volta.»
«Vorrà dire che ti lascerò il prossimo che ti farà secco se proprio ci tieni» lo sfottè Cinque.
«Smettetela con le cazzate» ordinò Uno «Ci siamo quasi.»
I soldati continuarono lentamente il cammino attraverso le gallerie sotterranee delle fognature di Vecchia Città, procedendo in mezzo a liquame nerastro e a un'oscurità totale, guidati dai visori infrarossi.
Ognuno aveva una telecamera che trasmetteva audio e video al Quartier Generale, dove l'Amministratrice, il Primo Generale e un gruppo di tecnici erano intenti a osservare la scena.
«Durante lo scontro non c'è stato nessun innalzamento dei valori cardiaci né del tasso di adrenalina» commento l'Amministratrice.
«Oramai la morte è parte della loro quotidianità signora Amministratrice» rispose il Generale «Il dolore può essere fastidioso, ma tempo nemmeno una ventina di minuti che la loro mente è caricata in un nuovo corpo potenziato, con tutti i ricordi dell'ultimo periodo.»
«E il dolore aumenta il loro l'odio contro gli avversari» concluse l'Amministratrice tornando con lo sguardo al monitor di Uno, il capitano.
Ne ascoltava il respiro, ne poteva contare i battiti cardiaci, quasi ne poteva indovinare i pensieri.
Lei invece era emozionata ed eccitata: si arricciava i capelli con le mani sudate e il cuore le palpitava in gola.
Ventisette volte i suoi uomini erano morti, portando con loro le vite di migliaia di Anonimi, e ventisette volte erano tornati. Forse oggi era il giorno decisivo: il giorno della vittoria, della fine di tutte le ridicole proteste e degli attacchi all'Unico Stato.
Questa volta non avevano quasi incontrato resistenza, l'ora era vicina, se lo sentiva.
Il plotone entrò in un grande ambiente circolare che all'improvviso cominciò a vomitare Anonimi da tutte le parti.
I soldati aprirono il fuoco contro gli avversari armati solo di mazze e bastoni.
Vide teste esplodere, uomini che si accasciavano con le gambe spappolate, altri che urlavano tentando di reggere le proprie interiora.
Morivano a decine, a centinaia.
Ma non si arrestavano.
Dopo una mezz'ora le acque erano rosso scuro. Dei suoi ne rimanevano in piedi solo sei, gli altri erano caduti a bastonate.
In realtà poteva vederne ancora i valori cardiaci sui monitor, erano solo incoscienti quindi. Comunque, poco importava, la vittoria era rimandata solo di poche ore.
Cinque adesso.
Quattro.
Nove sparò una raffica al petto di un Anonimo che però ebbe la forza di colpirlo con una mazza alla testa mandando la telecamera in frantumi.
Tre. Due.
Decine di mani afferrarono,disarmarono e inchiodarono Uno.
Poi, un uomo esile e incerto su delle stampelle si fece avanti.
«Oramai hai perso, ometto» lo derise Uno.
L'uomo sorrise ed estrasse un jack neurale.
«Il mio nome è legione» disse, poi tutto si oscurò.
«Preparate un altro plotone» ordinò l'Amministratrice ai tecnici.
«Lo stiamo facendo Signora ma...»
«Ma cosa?»
«Ma sembra che qualcun'altro abbia preso controllo dei loro corpi. Qui si è scatenato l'inferno!»
Sette sparó con il lanciagranate: il proiettile colpí la parete opposta, rimbalzò e sparì alla vista.
Poi esplose.
Brandelli di carne sanguinolenti volarono da tutte le parti.
«Cazzo Sette, hai fatto fuori quella puttana senza nemmeno farla soffrire» disse Cinque «Era stata lei a ammazzarmi l'ultima volta.»
«Vorrà dire che ti lascerò il prossimo che ti farà secco se proprio ci tieni» lo sfottè Cinque.
«Smettetela con le cazzate» ordinò Uno «Ci siamo quasi.»
I soldati continuarono lentamente il cammino attraverso le gallerie sotterranee delle fognature di Vecchia Città, procedendo in mezzo a liquame nerastro e a un'oscurità totale, guidati dai visori infrarossi.
Ognuno aveva una telecamera che trasmetteva audio e video al Quartier Generale, dove l'Amministratrice, il Primo Generale e un gruppo di tecnici erano intenti a osservare la scena.
«Durante lo scontro non c'è stato nessun innalzamento dei valori cardiaci né del tasso di adrenalina» commento l'Amministratrice.
«Oramai la morte è parte della loro quotidianità signora Amministratrice» rispose il Generale «Il dolore può essere fastidioso, ma tempo nemmeno una ventina di minuti che la loro mente è caricata in un nuovo corpo potenziato, con tutti i ricordi dell'ultimo periodo.»
«E il dolore aumenta il loro l'odio contro gli avversari» concluse l'Amministratrice tornando con lo sguardo al monitor di Uno, il capitano.
Ne ascoltava il respiro, ne poteva contare i battiti cardiaci, quasi ne poteva indovinare i pensieri.
Lei invece era emozionata ed eccitata: si arricciava i capelli con le mani sudate e il cuore le palpitava in gola.
Ventisette volte i suoi uomini erano morti, portando con loro le vite di migliaia di Anonimi, e ventisette volte erano tornati. Forse oggi era il giorno decisivo: il giorno della vittoria, della fine di tutte le ridicole proteste e degli attacchi all'Unico Stato.
Questa volta non avevano quasi incontrato resistenza, l'ora era vicina, se lo sentiva.
Il plotone entrò in un grande ambiente circolare che all'improvviso cominciò a vomitare Anonimi da tutte le parti.
I soldati aprirono il fuoco contro gli avversari armati solo di mazze e bastoni.
Vide teste esplodere, uomini che si accasciavano con le gambe spappolate, altri che urlavano tentando di reggere le proprie interiora.
Morivano a decine, a centinaia.
Ma non si arrestavano.
Dopo una mezz'ora le acque erano rosso scuro. Dei suoi ne rimanevano in piedi solo sei, gli altri erano caduti a bastonate.
In realtà poteva vederne ancora i valori cardiaci sui monitor, erano solo incoscienti quindi. Comunque, poco importava, la vittoria era rimandata solo di poche ore.
Cinque adesso.
Quattro.
Nove sparò una raffica al petto di un Anonimo che però ebbe la forza di colpirlo con una mazza alla testa mandando la telecamera in frantumi.
Tre. Due.
Decine di mani afferrarono,disarmarono e inchiodarono Uno.
Poi, un uomo esile e incerto su delle stampelle si fece avanti.
«Oramai hai perso, ometto» lo derise Uno.
L'uomo sorrise ed estrasse un jack neurale.
«Il mio nome è legione» disse, poi tutto si oscurò.
«Preparate un altro plotone» ordinò l'Amministratrice ai tecnici.
«Lo stiamo facendo Signora ma...»
«Ma cosa?»
«Ma sembra che qualcun'altro abbia preso controllo dei loro corpi. Qui si è scatenato l'inferno!»