Neve
Inviato: martedì 17 aprile 2018, 0:22
Giorno 12774
Eccola. La prima nevicata del giorno. Questa è arrivata mentre ancora c’è il sole. Sono anni che vivo qui e non ho ancora ben capito come funzioni questa cosa, fatto sta che nevica sempre. Mi metterò il cappotto. Devo accompagnare fuori Bonsai: ormai anche lui si è abituato ad avere sempre le zampe gelate. Cappotto, sciarpa, cappello, guinzaglio e partiamo. Chiudo la porta di casa, ma non a chiave. Qui non si vede mai nessuno, è un posto sicuro. E se mi sbagliassi? Magari. Intorno a me c’è il silenzio. Sento il rumore delle mie scarpe infrangere il lieve velo di ghiaccio che si è formato sopra la neve. Le zampette di Bonsai, invece, si muovono così veloci da passarci appena sopra. Sembra un piccolo pattinatore. Gli alberi sono spogli, gli uccelli sono probabilmente troppo infreddoliti per uscire dai loro nidi o forse sono fuggiti per cercare un posto più caldo. Guardo lontano, ma non riesco a distinguere la linea dell’orizzonte: è come se tutto questo bianco non finisse mai. Mi sforzo di immaginare altro, ma il mio cervello ne sembra incapace. La cosa che più mi pesa è non aver nessuno con cui parlare di tutto questo. Certo Bonsai è una grande compagnia, ma la nostra relazione non è fatta di molte parole. Quando sono sovrappensiero il suo abbaiare è così forte che sembra rimbombare dentro la mia testa, dentro al mio stesso orecchio. Come adesso: è uno spillo che mi attraversa il timpano e fa male. Poi più nulla. All’inizio tutto questo mi piaceva, anche molto devo dire. Ero fiero della mia indipendenza, mi piaceva sentire di non dover aver bisogno di nessuno per stare bene. Tutto ciò che volevo era passeggiare, leggere un buon libro, bere un bicchiere di vino in silenzio davanti al caminetto, avere la libertà di addormentarmi, guardando un film, e dimenticarmi al mattino dopo dove fossi rimasto. Adesso tutto ciò che volevo si è trasformato in tutto ciò che ho, ma non so se mi basta più. Una volta ho deciso di lasciare i vestiti sul pavimento della camera prima di andare ha letto: quella libertà era davvero troppa anche per me. Dopo tanto tempo, sento un vuoto attorno a me che questo silenzio, per quanto dilagante, non riesce proprio a riempire. Mi sembra di passeggiare da ore e invece continuo ad essere intorno a casa. È il caso di rientrare: il cielo si sta abbuiando e sta iniziando a nevicare di nuovo.
“Mamma, portiamo anche questa nella casa nuova vero?”
“Sì, ma incartala bene amore. Quella palla di neve me l’ha regalata il nonno quando avevo la tua età: ci tengo molto”.
Flavia Bardelloni
Eccola. La prima nevicata del giorno. Questa è arrivata mentre ancora c’è il sole. Sono anni che vivo qui e non ho ancora ben capito come funzioni questa cosa, fatto sta che nevica sempre. Mi metterò il cappotto. Devo accompagnare fuori Bonsai: ormai anche lui si è abituato ad avere sempre le zampe gelate. Cappotto, sciarpa, cappello, guinzaglio e partiamo. Chiudo la porta di casa, ma non a chiave. Qui non si vede mai nessuno, è un posto sicuro. E se mi sbagliassi? Magari. Intorno a me c’è il silenzio. Sento il rumore delle mie scarpe infrangere il lieve velo di ghiaccio che si è formato sopra la neve. Le zampette di Bonsai, invece, si muovono così veloci da passarci appena sopra. Sembra un piccolo pattinatore. Gli alberi sono spogli, gli uccelli sono probabilmente troppo infreddoliti per uscire dai loro nidi o forse sono fuggiti per cercare un posto più caldo. Guardo lontano, ma non riesco a distinguere la linea dell’orizzonte: è come se tutto questo bianco non finisse mai. Mi sforzo di immaginare altro, ma il mio cervello ne sembra incapace. La cosa che più mi pesa è non aver nessuno con cui parlare di tutto questo. Certo Bonsai è una grande compagnia, ma la nostra relazione non è fatta di molte parole. Quando sono sovrappensiero il suo abbaiare è così forte che sembra rimbombare dentro la mia testa, dentro al mio stesso orecchio. Come adesso: è uno spillo che mi attraversa il timpano e fa male. Poi più nulla. All’inizio tutto questo mi piaceva, anche molto devo dire. Ero fiero della mia indipendenza, mi piaceva sentire di non dover aver bisogno di nessuno per stare bene. Tutto ciò che volevo era passeggiare, leggere un buon libro, bere un bicchiere di vino in silenzio davanti al caminetto, avere la libertà di addormentarmi, guardando un film, e dimenticarmi al mattino dopo dove fossi rimasto. Adesso tutto ciò che volevo si è trasformato in tutto ciò che ho, ma non so se mi basta più. Una volta ho deciso di lasciare i vestiti sul pavimento della camera prima di andare ha letto: quella libertà era davvero troppa anche per me. Dopo tanto tempo, sento un vuoto attorno a me che questo silenzio, per quanto dilagante, non riesce proprio a riempire. Mi sembra di passeggiare da ore e invece continuo ad essere intorno a casa. È il caso di rientrare: il cielo si sta abbuiando e sta iniziando a nevicare di nuovo.
“Mamma, portiamo anche questa nella casa nuova vero?”
“Sì, ma incartala bene amore. Quella palla di neve me l’ha regalata il nonno quando avevo la tua età: ci tengo molto”.
Flavia Bardelloni