Radiocoraggio di Andrea Crucitti
Inviato: martedì 22 maggio 2018, 1:29
Livio non era mai stato coraggioso.
Aveva sempre sognato di fare il cronista delle partite di calcio.
Per l'esattezza quello che da sempre lo affascinava erano le radiocronache.
Perché?
Perché il radiocronista doveva far sognare gli ascoltatori e, attraverso la sua voce gracchiante, dipingere nelle loro menti le parabole nell'aria della sfera di gioco.
E poi perché nessuno poteva vederlo!
Lui odiava essere osservato.
Da piccolo aveva studiato le inflessioni vocali dei più bravi cronisti, che imitava nella vita di tutti i giorni.
Ed ecco il triplice fischio con cui la maestra di matematica decreta la fine del compito.
Così dalla fine del liceo aveva iniziato a frequentare gli studi della radio locale e dopo qualche anno ecco le prime radiocronache delle partite di calcio.
Fu una sorpresa per tutti la cavalcata della squadra del paese ai play-off nazionali, e la voce del mite Livio accompagnò quell'impresa.
A Roma per la prima volta, per le finali, Sandro il suo amico cameraman lo seguiva.
Ma le riprese erano solo per i calciatori, Livio era stato chiaro.
All'arrivo in aeroporto l'emozione era palpabile, quello che finora era successo aveva le caratteristiche di un miracolo.
Un miracolo che presto si sarebbe trasformato nella più inaspettata delle tragedie.
Quando quegli uomini iniziarono a sparare tra la folla al grido di Allahu Akbar, la telecamera era già accesa ed era puntata sul capocannoniere che faceva finta di intervistare l'ala destra.
Le due giovani promesse del calcio cittadino furono tra i primi ad essere colpiti l, tra le grida generali.
La telecamera finì per terra ma continuò a riprendere quelle scene orribili attraverso gli schizzi del sangue di Sandro sull'obiettivo.
Livio, come in trance, iniziò la sua radiocronaca personale.
Dribbling. Traversone. Atterramento in area di rigore. Espulsione.
Cartellino rosso. Rosso come quel sangue che scorreva a fiumi in aeroporto.
Quando il più grosso del commando puntò la pistola contro un ragazzino vestito con la maglia gialloverde della squadra del cuore, Livio indossò una divisa tutta nuova. Una divisa intessuta di coraggio.
Un'asta di una transenna in mano, il cuore ormai fuoriuscito dal petto e tutta la sua forza che fracassava il cranio del terrorista.
Squalifica a vita.
La telecamera continuava a riprendere. Il ragazzino col numero 10 sulle spalle che fuggiva.
La squadra avversaria con un uomo in meno.
Ed il radiocronista-eroe sceso in campo per la squadra di casa che adesso stramazzava sotto i colpi degli avversari che reagivano al suo gesto disperato.
Mentre il cuore rallentava, Livio continuava tra sè a commentare.
Grande reazione d'orgoglio del nostro team.
In breve la polizia intervenne limitando il numero delle vittime di quella ennesima inaccettabile tragedia.
In tutto il mondo le televisioni riproponevano il coraggio di quell'eroe, vero fuoriclasse, che aveva sacrificato la sua vita per salvare quella del giovane tifoso.
Si spengono le luci, passiamo la linea allo studio.
Aveva sempre sognato di fare il cronista delle partite di calcio.
Per l'esattezza quello che da sempre lo affascinava erano le radiocronache.
Perché?
Perché il radiocronista doveva far sognare gli ascoltatori e, attraverso la sua voce gracchiante, dipingere nelle loro menti le parabole nell'aria della sfera di gioco.
E poi perché nessuno poteva vederlo!
Lui odiava essere osservato.
Da piccolo aveva studiato le inflessioni vocali dei più bravi cronisti, che imitava nella vita di tutti i giorni.
Ed ecco il triplice fischio con cui la maestra di matematica decreta la fine del compito.
Così dalla fine del liceo aveva iniziato a frequentare gli studi della radio locale e dopo qualche anno ecco le prime radiocronache delle partite di calcio.
Fu una sorpresa per tutti la cavalcata della squadra del paese ai play-off nazionali, e la voce del mite Livio accompagnò quell'impresa.
A Roma per la prima volta, per le finali, Sandro il suo amico cameraman lo seguiva.
Ma le riprese erano solo per i calciatori, Livio era stato chiaro.
All'arrivo in aeroporto l'emozione era palpabile, quello che finora era successo aveva le caratteristiche di un miracolo.
Un miracolo che presto si sarebbe trasformato nella più inaspettata delle tragedie.
Quando quegli uomini iniziarono a sparare tra la folla al grido di Allahu Akbar, la telecamera era già accesa ed era puntata sul capocannoniere che faceva finta di intervistare l'ala destra.
Le due giovani promesse del calcio cittadino furono tra i primi ad essere colpiti l, tra le grida generali.
La telecamera finì per terra ma continuò a riprendere quelle scene orribili attraverso gli schizzi del sangue di Sandro sull'obiettivo.
Livio, come in trance, iniziò la sua radiocronaca personale.
Dribbling. Traversone. Atterramento in area di rigore. Espulsione.
Cartellino rosso. Rosso come quel sangue che scorreva a fiumi in aeroporto.
Quando il più grosso del commando puntò la pistola contro un ragazzino vestito con la maglia gialloverde della squadra del cuore, Livio indossò una divisa tutta nuova. Una divisa intessuta di coraggio.
Un'asta di una transenna in mano, il cuore ormai fuoriuscito dal petto e tutta la sua forza che fracassava il cranio del terrorista.
Squalifica a vita.
La telecamera continuava a riprendere. Il ragazzino col numero 10 sulle spalle che fuggiva.
La squadra avversaria con un uomo in meno.
Ed il radiocronista-eroe sceso in campo per la squadra di casa che adesso stramazzava sotto i colpi degli avversari che reagivano al suo gesto disperato.
Mentre il cuore rallentava, Livio continuava tra sè a commentare.
Grande reazione d'orgoglio del nostro team.
In breve la polizia intervenne limitando il numero delle vittime di quella ennesima inaccettabile tragedia.
In tutto il mondo le televisioni riproponevano il coraggio di quell'eroe, vero fuoriclasse, che aveva sacrificato la sua vita per salvare quella del giovane tifoso.
Si spengono le luci, passiamo la linea allo studio.