Appuntamento con l'apprendista maga
Inviato: lunedì 18 giugno 2018, 22:20
APPUNTAMENTO CON L’APPRENDISTA MAGA di Alexandra Fischer
«Presto, Doktor Stolz, credo che ci siamo» gridò l’aiuto archeologo tastando la parete: accanto a lui, i colleghi avevano appena cominciato a liberare gli scalini dai cocci di vasellame e detriti.
L’interpellato li scese con la pesantezza di un condannato a morte, perché sapeva cosa lo aspettava dietro a quel muro.
Accese la candela e disse all’aiuto archeologo: «Grazie, Dennis. Entrerò prima io».
La statuetta spezzata in due tronconi gli pesava in tasca come un macigno, ma lui sapeva di dover affrontare il proprio destino.
La colpa dell’incidente nell’anticamera della tomba era stata sua: aveva rotto la piccola scultura raffigurante la Guida delle Anime.
Per un lunghissimo istante di terrore aveva creduto di vederla trasformarsi in uno scorpione.
Resosi conto dell’errore, se l’era messa in tasca con l’idea irrazionale di doverla restituire alla proprietaria.
Da allora, le sue notti erano trascorse nel rimorso, aveva sentito un pianto di donna provenire dalla tomba, e la notte prima aveva avuto la visione fuggevole di una presenza vestita di bisso bianco, che lo aveva condotto fino alla cima della scala prima di dissolversi come un miraggio del deserto.
Stolz aveva maledetto la propria idea di allestire la propria tenda così vicina al luogo di sepoltura.
Certo, la tomba della Figlia del Mago doveva contenere per forza una camera segreta con tutti i trucchi ereditati dal padre e lui intendeva trovarla.
L’ingresso con la falsa tomba violata non lo aveva scoraggiato, e le statuine con gli ushabti della fanciulla erano state insufficienti a ripagarlo.
Aveva costretto tutta la squadra a un lavoro estenuante, basandosi sui dati raccolti in una vita di studio con l’ossessione di chi teme il ritardo all’appuntamento della propria vita.
La luce della candela illuminò un letto funebre, una cassapanca, e diversi bauli, ornati da disegni di animali e divinità che cambiavano di continuo sotto il suo sguardo stanco.
Gli affreschi raffiguranti una fanciulla dall’acconciatura a treccine ebbero l’effetto di confonderlo ancora di più: pur essendo eseguiti nello stile statico dell’arte egizia, con le figure di profilo, gli apparvero come una lanterna magica, nella quale la giovane assisteva il padre nei numeri di magia animando bastoni, trasformando gemme in frutti e fazzoletti variopinti in farfalle.
Stolz chiuse gli occhi riaprendoli per guardare il pavimento.
Li rialzò soltanto davanti alla porta scorrevole: aprendola si trovò nella camera sepolcrale, dove vide la bara di legno.
Le mani gli corsero alla tasca mentre il coperchio si sollevava e ne usciva la fanciulla, bella come negli affreschi.
«Scusa» le disse lui tendendole i due tronconi della statuetta.
Lei li prese tremante: «Né io né mio padre abbiamo mai creduto ai sacerdoti venerando solo la magia. Abbiamo sbagliato»
Incredulo, Stolz si avvicinò al sarcofago aperto, aspettandosi di vedere una sagoma rinsecchita avvolta in bende.
La fanciulla si mise a piangere: «Oh, no, per te è troppo tardi.»
Dal sarcofago balzò fuori un demone dagli occhi rossi, dalle fattezze vagamente umane.
Prima di morire, Stolz ravvisò in lui una debole somiglianza con il mago raffigurato negli affreschi e non seppe mai di aver ridato la pace a due anime maledette.
«Presto, Doktor Stolz, credo che ci siamo» gridò l’aiuto archeologo tastando la parete: accanto a lui, i colleghi avevano appena cominciato a liberare gli scalini dai cocci di vasellame e detriti.
L’interpellato li scese con la pesantezza di un condannato a morte, perché sapeva cosa lo aspettava dietro a quel muro.
Accese la candela e disse all’aiuto archeologo: «Grazie, Dennis. Entrerò prima io».
La statuetta spezzata in due tronconi gli pesava in tasca come un macigno, ma lui sapeva di dover affrontare il proprio destino.
La colpa dell’incidente nell’anticamera della tomba era stata sua: aveva rotto la piccola scultura raffigurante la Guida delle Anime.
Per un lunghissimo istante di terrore aveva creduto di vederla trasformarsi in uno scorpione.
Resosi conto dell’errore, se l’era messa in tasca con l’idea irrazionale di doverla restituire alla proprietaria.
Da allora, le sue notti erano trascorse nel rimorso, aveva sentito un pianto di donna provenire dalla tomba, e la notte prima aveva avuto la visione fuggevole di una presenza vestita di bisso bianco, che lo aveva condotto fino alla cima della scala prima di dissolversi come un miraggio del deserto.
Stolz aveva maledetto la propria idea di allestire la propria tenda così vicina al luogo di sepoltura.
Certo, la tomba della Figlia del Mago doveva contenere per forza una camera segreta con tutti i trucchi ereditati dal padre e lui intendeva trovarla.
L’ingresso con la falsa tomba violata non lo aveva scoraggiato, e le statuine con gli ushabti della fanciulla erano state insufficienti a ripagarlo.
Aveva costretto tutta la squadra a un lavoro estenuante, basandosi sui dati raccolti in una vita di studio con l’ossessione di chi teme il ritardo all’appuntamento della propria vita.
La luce della candela illuminò un letto funebre, una cassapanca, e diversi bauli, ornati da disegni di animali e divinità che cambiavano di continuo sotto il suo sguardo stanco.
Gli affreschi raffiguranti una fanciulla dall’acconciatura a treccine ebbero l’effetto di confonderlo ancora di più: pur essendo eseguiti nello stile statico dell’arte egizia, con le figure di profilo, gli apparvero come una lanterna magica, nella quale la giovane assisteva il padre nei numeri di magia animando bastoni, trasformando gemme in frutti e fazzoletti variopinti in farfalle.
Stolz chiuse gli occhi riaprendoli per guardare il pavimento.
Li rialzò soltanto davanti alla porta scorrevole: aprendola si trovò nella camera sepolcrale, dove vide la bara di legno.
Le mani gli corsero alla tasca mentre il coperchio si sollevava e ne usciva la fanciulla, bella come negli affreschi.
«Scusa» le disse lui tendendole i due tronconi della statuetta.
Lei li prese tremante: «Né io né mio padre abbiamo mai creduto ai sacerdoti venerando solo la magia. Abbiamo sbagliato»
Incredulo, Stolz si avvicinò al sarcofago aperto, aspettandosi di vedere una sagoma rinsecchita avvolta in bende.
La fanciulla si mise a piangere: «Oh, no, per te è troppo tardi.»
Dal sarcofago balzò fuori un demone dagli occhi rossi, dalle fattezze vagamente umane.
Prima di morire, Stolz ravvisò in lui una debole somiglianza con il mago raffigurato negli affreschi e non seppe mai di aver ridato la pace a due anime maledette.