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La stanza dell'attesa

Inviato: martedì 19 giugno 2018, 0:16
da Stefano Pastor
LA STANZA DELL'ATTESA


In casa mia c'è una porta che non deve essere aperta.
C'è sempre stata, l'ho ereditata dagli inquilini precedenti.
Ed è buffo, perché di quella stanza pago l'affitto. Cinque stanze, dice il contratto, anche se ne posso usare solo quattro.
È consuetudine, così ho sentito dire. Nel palazzo tutti conoscono la storia. È la camera del signor Lorenzi, il vecchio ciabattino.
La sua storia risale almeno a cinquant’anni fa. Aveva un chiosco, poco lontano. Si era fatto benvolere da tutto il vicinato. A quei tempi la casa era abitata da un'anziana vedova. Per arrotondare la pensione era solita affittare una o due camere. Il signor Lorenzi si era stabilito lì. Finché un giorno era scomparso. La vedova l'aveva visto entrare, ma da quella camera non era più uscito. Che fine avesse fatto nessuno l'aveva mai scoperto.
Nessun fantasma né maledizioni, se quella stanza è rimasta come allora, il giorno della sua scomparsa, è solo per rispetto. Un antiquato, insolito, senso di rispetto per quello strano uomo.
C'era ancora il suo nome sulla buca delle lettere. Ufficialmente non era mai morto, abitava ancora lì.
Non l'avevo mai aperta, non chiedetemi la ragione. Forse perché anch'io sono amante delle tradizioni. Ma soprattutto perché la porta era chiusa e io la chiave non l'avevo.
Era argomento di discussione, ogni volta che qualcuno veniva a trovarmi. Un aneddoto di sicuro effetto. Ma anche fuori da quella casa erano in molti a conoscere la storia, era facile sentir parlare di lui. Come se fosse ancora vivo.
Tutti ci erano entrati, prima o poi. Un sistema l'avevano trovato. Io no, anche se abitavo in quella casa da cinque anni. Non ci tenevo, era meglio così. Era quello il fascino del vecchio condominio.
Niente di che, avevano detto. La camera di un pover'uomo. In aggiunta a sessant'anni di incuria, polvere e ragnatele.
Ma uno strano giorno qualcosa accadde, e la mia vita cambiò per sempre.
Ero pronto a mettermi in poltrona, con in mano un libro, quando passai davanti a quella porta. Era socchiusa. Non ragionai, ed entrai dentro.
Era buio, ma era acceso un lume, proprio al centro della stanza.
Vidi un banchetto, con tante scarpe in lavorazione. E suole, pezze di cuoio e stringhe. Nonché arnesi che non si usavano più da decenni. C’era un uomo anziano, con un grembiule di cuoio, intento a lavorare. Mi sorrise.
"Le sue scarpe, signore", disse. "Le sue povere scarpe."
Fui imbarazzato, perché erano vecchie. "Ne ho altre paia, migliori", mi scusai.
"Possono tornare come nuove, lasci fare a me".
Me le tolsi, allora, e gliele porsi.
Il suo sorriso si ravvivò. "Quanto tempo che aspetto! Qualcuno che abbia ancora bisogno di me!"
Compresi allora perché nessuno l'aveva più visto.
“Si accomodi, non ci metterò molto”.
C’era una poltrona, proprio come la mia, e un piccolo abatjour. Sembrava comodissima.
“È un buon libro?”, mi chiese.
“Il migliore”, risposi. “È già la terza volta che lo leggo. Purtroppo non interessa più a nessuno. Ci ho provato, ma non lo vogliono comprare”.
Nessun libro interessava più, presto anche la mia libreria avrebbe chiuso i battenti.
“Vedrà che qualcuno arriverà”, disse lui, continuando il suo lavoro. “Basta aspettare”. Ammiccò. “Lei è arrivato, infine”.
Non c’era altro intorno a noi, avevo l’impressione di essere fuori dal mondo. Mi sedetti.
“Aspettiamo, allora. Aspettiamo”.
Aprii il libro e mi misi a leggere.

Re: La stanza dell'attesa

Inviato: martedì 19 giugno 2018, 0:20
da Il Dottore
Ciao, Stefano.

Tutto ok con i parametri, buona Valery Esperian Edition!

PS Puoi modificare il racconto fino all’una, sempre rimanendo nei parametri. In caso di modifiche nell’intervallo compreso tra le 01.01 e le 01.33 verrà assegnato un malus tempo.

Re: La stanza dell'attesa

Inviato: martedì 19 giugno 2018, 17:06
da SalvatoreStefanelli
Ho trovato questa storia "Grande!". Ogni cosa al posto giusto: il ritmo giusto, la caratterizzazione dei personaggi e quello dell'ambiente, l'atmosfera. Tutto credibile, nonostante l'aspetto fantastico. Ricco di una poetica profonda, con un finale che lascia il dubbio: scomparirà anche il nuovo inquilino? Ognuno può pensarla come vuole e verci il finale che meglio crede. Io penso che il protagonista torni alla sua vita e che il ciabattino sia solo diventato un nuovo amico speciale, ma ogni altro finale pensato mi starebbe bene comunque. Non vi ho trovato refusi o errori da segnalarti, ma io non riesco a essere molto attento in questo periodo. Bravo, una ottima prova e il tema perfettamente centrato.

Re: La stanza dell'attesa

Inviato: martedì 19 giugno 2018, 23:53
da Emiliano Maramonte
Ciao!
Bellissimo davvero. Complimenti. Scorre via che è un piacere, cattura l'attenzione come una potente calamita e conduce per mano fino al finale. Non ho trovato un concetto, un periodo o una parola fuori posto; tutto ben orchestrato e incastrato per arrivare a uno scioglimento di trama tenero e commovente. Assai affascinante l'atmosfera e la figura del vecchio ciabattino che si rinchiude nella stanza segreta in attesa di qualcuno che gli faccia compagnia e che gli permetta di risentirsi utile. E' un po' in fondo il modo in cui va la vita: quando si giunge "al tramonto", si vuole altro tempo, ci si vuole sentire ancora vivi. Secondo me questo racconto può tranquillamente stare sul podio finale!

In bocca al lupo!
Emiliano.

Re: La stanza dell'attesa

Inviato: giovedì 21 giugno 2018, 11:27
da viviana.tenga
Ciao Stefano,

L'unico appunto che ho da farti e che avrei introdotto un po' prima il passato da libraio del protagonista, perché ho trovato che il tema dei libri che non interessano arrivi troppo alla fine, quasi in modo sbrigativo.
Per il resto, mi è piaciuta molto l'atmosfera un po' surreale che hai creato fin dall'inizio. Il racconto è scritto con uno stile pulito e preciso, la lettura scorre bene.

Re: La stanza dell'attesa

Inviato: giovedì 21 giugno 2018, 16:43
da mezzomatto
Notevole l'idea di fondo, convincente lo sviluppo e pulito lo stile della narrazione. Forse occorrerebbe raggruppare e riordinare un po' la successione degli argomenti: prima la stanza e l'atteggiamento del narratore, poi la padrona di casa, infine, per terzo, il sig. Lorenzo, che così, una volta agganciato, non lo lasciamo più.
Non è chiaro il significato di “Tutti ci erano entrati, prima o poi.” Come fa a saperlo l'io narrante? E se ci erano entrati perché non avevano visto il ciabattino e non avevano lasciato la porta aperta?
Comunque un racconto gradevole, pervaso di nostalgia.
Ah, dimenticavo. Nel mio quartiere (a Milano, periferia di cattiva fama, il Corvetto) un ragazzo giovane ha rilevato e ravvivato il negozio del vecchio ciabattino che si è ritirato a godersi il giusto riposo e una coraggiosa giovane signora ha aperto una nuova libreria.
Un degno finale per La stanza dell'attesa.

Giuseppe

Re: La stanza dell'attesa

Inviato: martedì 26 giugno 2018, 22:42
da Linda De Santi
Ciao Stefano!
Bello bello questo racconto, specialmente nel modo in cui passa, con la massima naturalezza, dal realistico al surreale.
Anche a me crea qualche dubbio la frase “tutti ci erano entrati, prima o poi”. Un po’ perché in effetti non si capisce come fa il narratore a saperlo, un po’ perché credo sarebbe meglio “tutti ci erano entrati, presto o tardi” (“poi” è indefinito, richiama di più l’idea di qualcosa che deve ancora avvenire – ma probabilmente è questione di gusti personali).
In ogni caso, è un bellissimo racconto. Complimenti!

Re: La stanza dell'attesa

Inviato: martedì 26 giugno 2018, 23:00
da Stefano Pastor
Verissimo, la frase è un po' confusa. Infatti all'inizio era molto più lunga e l'ho tagliata perché eccedevo nei caratteri.
Intendevo dire che tutti quelli che avevano abitato in quella casa negli ultimi cinquant'anni erano riusciti a entrare nella stanza, senza trovare niente (perché in effetti non avevano bisogno di lui).

Re: La stanza dell'attesa

Inviato: martedì 26 giugno 2018, 23:46
da raffaele.marra
Un racconto che, a mio parere, rasenta la perfezione. La storia è originalissima e perfettamente in tema con il contest del mese. Si sviluppa dando vita a un crescendo che alimenta rigo dopo rigo la curiosità e l'interesse del lettore coinvolgendolo gradatamente anche dal punto di vista emotivo fino a un finale che esalta e lascia il segno. La linearità stilistica contribuisce a rendere scorrevole il testo, favorendo il crescendo e conducendo il lettore alla scoperta progressiva (estremamente piacevole) del quadro definitivo della storia narrata. Davvero un'ottima prova, direi una delle migliori degli ultimi mesi.

Re: La stanza dell'attesa

Inviato: mercoledì 27 giugno 2018, 7:37
da diego.martelli
Camera nascosta come metafora della morte, o luogo in cui le persone che non hanno più uno scopo si ritirano? Sono rimasto nel dubbio, dapprima stizzito, poi affascinato dall'ambiguità. Testo ben scritto e accattivante! L'unica critica che mi viene in mente è che l'indeterminatezza della situazione è sia la forza che la debolezza del racconto, che rimane quindi un po', a mio avviso, vuoto di contenuti e di mordente: il suo valore, a mio avviso, proviene praticamente tutto dall'atmosfera malinconica e surreale più che dall'intreccio.

Re: La stanza dell'attesa

Inviato: venerdì 29 giugno 2018, 19:15
da alexandra.fischer
Trovo molto godibile questo racconto, la cui camera segreta è il laboratorio di un ciabattino.
Mi piace l’aria di attesa che crei nel lettore aumentando il mistero di questa stanza chiusa da anni e della sorte del ciabattino che l’affittava (e del quale tutti parlano al presente). Il fatto che il protagonista entri per caso (porta socchiusa) nel laboratorio del ciabattino, dà al tema della camera segreta una nota originale (e poi è bello che i due facciano amicizia…e aspettino. Io tifo per il protagonista, libraio in crisi).