Nebbia
Inviato: martedì 17 luglio 2018, 0:59
Nebbia
«Nebbia…»
Sto riempiendo la mia borraccia, posizione scomoda. Ho puntato i piedi in modo da tenerli fuori dal terriccio umido che circonda la fonte e sono piegato verso il rivolo d’acqua che spruzza tra le rocce. Mi giro verso la voce e vedo due infradito e pelle nera. «Ma che cazz…!» Perdo l’equilibrio e sono costretto a puntare lo scarpone destro nel fango per non cadere.
«Io… Scusa!»
Raccolgo la borraccia, infilo una mano in tasca per assicurarmi che il serramanico che mi porto dietro per gli incontri sgraditi, tipo lupi o cinghiali o qualunque cosa che non abbia mai incontrato, sia ancora lì e mi seggo su un cumulo di pietre rialzato il giusto da permettermi una posizione di vantaggio. «Sì, beh, non hai fatto niente, sono io che sono scivolato», dico.
Lui sorride e si fa avanti verso la fonte, si piega e si sporge per bere direttamente, non ha con sè una borraccia e neppure uno zaino, per non parlare delle infradito che, beh, su un sentiero di montagna non sono commentabili. Mai visto un nero per andare alla punta, se si esclude quel mio amico con cui gioco a basket. Questo, però, non l’ho mai visto.
«Sono uno della…» sembra cercare la parola «…casa.»
«Intendi quella dove stanno i rifugiati?»
«Sì, quella!» Sorride.
Confermo, non l’ho mai visto, però devo ammettere che sono un po’ tutti uguali e che neppure c’è mai stato tempo per conoscerli: al mattino in fila verso la stazione dei pullman e la sera di nuovo, verso casa. E durante il giorno anche, avanti e indietro, avanti e indietro, verso la città e ritorno.
«Nebbia!» Mi guarda e fa segno con la mano tutto intorno.
«Eh sì» rispondo «C’è sempre su di qua, ma poi passa.»
«Punta vicina?»
«No, manca ancora un pezzo» rispondo di nuovo «Ma sei venuto senza niente?» mi guarda senza capire «Intendo cibo, panini, mangiare o anche solo una maglia nel caso faccia freddo?»
«Ah ok! No no!» fa segno di no con la mano e intanto sorride.
«Beh, venire su di qua senza un minimo di equipaggiamento non è una grande idea, lo sai?»
«Eh sì, sì!» accenna di sì con il volto «Ma io no punta!»
«Solo un giretto? Ti sei spinto un bel po’ su, ragazzo! Se non ci fosse la nebbia vedresti che siamo già belli alti!»
«Io cerca la ultima…» Cerca la parola «… Grangia!»
«L’ultima grangia?»
«Sì! L’ultima prima di vetta!»
«E che ci vai a fare? Non ti interessa arrivare su in punta e guardare il panorama? Da là vedi il Parco Nazionale del Gran Paradiso, sai?»
«Bello! Bello! Ma altra volta! Tu sa dove ultima grangia?»
«Te la sei persa nella nebbia, sta più giù, ragazzo!»
«Oh… Male!» per un attimo lo vedo offuscarsi, poi torna il sorriso e mi guarda «Non comode queste qua!» e indica le sue infradito.
«Eh beh! No che non sono comode! Ma che ci vai a fare a quella grangia? Ormai è abbandonata anche dagli ultimi pastori, non ce le portano fin lì le vacche!»
Mi guarda, non credo abbia afferrato tutto il senso dell’ultima mia frase, ma lo vedo concentrarsi.
«Tu scusa, no parlo bene italiano ancora e rompo regole di lingua…»
«Vai tranquillo!» Gli rispondo con un sorriso che credo appaia di accondiscendenza.
«Io parla spagnolo, inglese, arabo e mia lingua, ma italiano difficile!»
Sorrido, forse meglio glissare sul fatto che io parlo proprio solo quello. Lui continua.
«Saputo da anziano di paese di battaglia dell’ultima grangia, durante vostra resistenza» non lo sapevo ci fosse stata una battaglia «e così volevo vedere posto, sentire…» cerca la parola «…atmosfera».
«Ma dici che si sono combattuti proprio lì? Da chi l’hai saputo, scusa?»
«Da signore con cui fatto viaggio in pullman fino Torino»
In breve, mi racconta di come i partigiani si fossero asserragliati nella grangia con i tedeschi che attaccavano dal basso, un coacervo di urla e di strazi, dall’una e dall’altra parte, con diversi giovani che lasciarono le loro vite proprio lì, ai bordi di quel sentiero che per tanti anni ho percorso inconsapevolmente per andare verso la vetta a rimirare il panorama.
«Nebbia via, non trovi?» Mi dice alla fine, anche se non è vero. O forse è vero, dipende dai punti di vista.
Fatto sta che incominciamo a scendere insieme verso l’ultima grangia mentre lui mi spiega della specializzazione in tornitura che ha preso frequentando un corso in città e di come sia difficile trovare lavoro oggi in Italia.
«Nebbia…»
Sto riempiendo la mia borraccia, posizione scomoda. Ho puntato i piedi in modo da tenerli fuori dal terriccio umido che circonda la fonte e sono piegato verso il rivolo d’acqua che spruzza tra le rocce. Mi giro verso la voce e vedo due infradito e pelle nera. «Ma che cazz…!» Perdo l’equilibrio e sono costretto a puntare lo scarpone destro nel fango per non cadere.
«Io… Scusa!»
Raccolgo la borraccia, infilo una mano in tasca per assicurarmi che il serramanico che mi porto dietro per gli incontri sgraditi, tipo lupi o cinghiali o qualunque cosa che non abbia mai incontrato, sia ancora lì e mi seggo su un cumulo di pietre rialzato il giusto da permettermi una posizione di vantaggio. «Sì, beh, non hai fatto niente, sono io che sono scivolato», dico.
Lui sorride e si fa avanti verso la fonte, si piega e si sporge per bere direttamente, non ha con sè una borraccia e neppure uno zaino, per non parlare delle infradito che, beh, su un sentiero di montagna non sono commentabili. Mai visto un nero per andare alla punta, se si esclude quel mio amico con cui gioco a basket. Questo, però, non l’ho mai visto.
«Sono uno della…» sembra cercare la parola «…casa.»
«Intendi quella dove stanno i rifugiati?»
«Sì, quella!» Sorride.
Confermo, non l’ho mai visto, però devo ammettere che sono un po’ tutti uguali e che neppure c’è mai stato tempo per conoscerli: al mattino in fila verso la stazione dei pullman e la sera di nuovo, verso casa. E durante il giorno anche, avanti e indietro, avanti e indietro, verso la città e ritorno.
«Nebbia!» Mi guarda e fa segno con la mano tutto intorno.
«Eh sì» rispondo «C’è sempre su di qua, ma poi passa.»
«Punta vicina?»
«No, manca ancora un pezzo» rispondo di nuovo «Ma sei venuto senza niente?» mi guarda senza capire «Intendo cibo, panini, mangiare o anche solo una maglia nel caso faccia freddo?»
«Ah ok! No no!» fa segno di no con la mano e intanto sorride.
«Beh, venire su di qua senza un minimo di equipaggiamento non è una grande idea, lo sai?»
«Eh sì, sì!» accenna di sì con il volto «Ma io no punta!»
«Solo un giretto? Ti sei spinto un bel po’ su, ragazzo! Se non ci fosse la nebbia vedresti che siamo già belli alti!»
«Io cerca la ultima…» Cerca la parola «… Grangia!»
«L’ultima grangia?»
«Sì! L’ultima prima di vetta!»
«E che ci vai a fare? Non ti interessa arrivare su in punta e guardare il panorama? Da là vedi il Parco Nazionale del Gran Paradiso, sai?»
«Bello! Bello! Ma altra volta! Tu sa dove ultima grangia?»
«Te la sei persa nella nebbia, sta più giù, ragazzo!»
«Oh… Male!» per un attimo lo vedo offuscarsi, poi torna il sorriso e mi guarda «Non comode queste qua!» e indica le sue infradito.
«Eh beh! No che non sono comode! Ma che ci vai a fare a quella grangia? Ormai è abbandonata anche dagli ultimi pastori, non ce le portano fin lì le vacche!»
Mi guarda, non credo abbia afferrato tutto il senso dell’ultima mia frase, ma lo vedo concentrarsi.
«Tu scusa, no parlo bene italiano ancora e rompo regole di lingua…»
«Vai tranquillo!» Gli rispondo con un sorriso che credo appaia di accondiscendenza.
«Io parla spagnolo, inglese, arabo e mia lingua, ma italiano difficile!»
Sorrido, forse meglio glissare sul fatto che io parlo proprio solo quello. Lui continua.
«Saputo da anziano di paese di battaglia dell’ultima grangia, durante vostra resistenza» non lo sapevo ci fosse stata una battaglia «e così volevo vedere posto, sentire…» cerca la parola «…atmosfera».
«Ma dici che si sono combattuti proprio lì? Da chi l’hai saputo, scusa?»
«Da signore con cui fatto viaggio in pullman fino Torino»
In breve, mi racconta di come i partigiani si fossero asserragliati nella grangia con i tedeschi che attaccavano dal basso, un coacervo di urla e di strazi, dall’una e dall’altra parte, con diversi giovani che lasciarono le loro vite proprio lì, ai bordi di quel sentiero che per tanti anni ho percorso inconsapevolmente per andare verso la vetta a rimirare il panorama.
«Nebbia via, non trovi?» Mi dice alla fine, anche se non è vero. O forse è vero, dipende dai punti di vista.
Fatto sta che incominciamo a scendere insieme verso l’ultima grangia mentre lui mi spiega della specializzazione in tornitura che ha preso frequentando un corso in città e di come sia difficile trovare lavoro oggi in Italia.