Forever Young
Inviato: martedì 17 luglio 2018, 1:16
“Stai zitto, per l’amor del Cielo! Te l’ho già detto, e te lo ripeto. Stai zitto!”
Lo sforzo per mantenere il volume della voce basso- sconfessato e tradito dal tremolio roco- risuona con una lieve eco in un silenzio più ampio.
Le spalle graffiate contro la parete di terra. I piedi doloranti e compressi, incastrati nelle scarpe che si fanno arpioni di disperazione. Sospesi sopra il cunicolo, le mani sbucciate. Quella cosa è la sotto e per ora non li ha visti. Non ancora.
Una call su facebook per un flashmob, ma come aveva potuto pensare che potesse essere una buona idea? Soprattutto era davvero una idea o c’era qualcosa sotto? Il suo sospetto costante, la sua ansia di complotto, la sua fame di congiura come mai non avevano acceso il suo sesto senso? Che cretino che era stato!
Dell’irrazionale presenza- lamentosa e urticante oltre ogni misura- con la quale sta dividendo il suo spazio vitale -forse l’ultimo!- non conosce neppure il nome.
È uno dei tanti, uno dei troppi cretini -più di lui, se umanamente possibile da quantificare in questo frangente!- che seguivano i flashmob in giro per la penisola, solo per lo sfizio di finire pochi secondi in tv.
Troppo giovane per essere “maschio” troppo trasandato per essere “femmina”, capelli corvini corti, insensati tatuaggi scarabocchiati, di dubbio gusto, persino in viso.
Non dice frasi di senso compiuto, ma ripete parole a caso.
Più lui cerca di zittirlo, più la sua cantilena sommessa lo manda fuori di testa. Quella cosa li avrebbe sentiti. Quella cosa li avrebbe ammazzati, come aveva fatto con tutti gli altri.
Maledetto il giorno che aveva deciso di uscire di casa. Maledetto il raduno alla cava di Guidonia. Maledetti tutti i flashmob della Terra.
Mentre rimugina sull’enorme cazzata che aveva appena realizzato di aver fatto, un ciuffo di capelli impiastricciati di fango e sudore gli spazza la faccia e, cercando di sopprimere giovane un nascente sospiro, urta con l’orecchio la parete del terrapieno: del brecciolino dispettoso e non curante cade giù, trascinando con sé alcune pietruzze. Fatal Error.
Il grido disumano –acuto e penetrante- che riecheggia soffoca e impedisce ogni razionale risposta.
Gli occhi del suo ignoto compagno di sventura si dilatano in uno sguardo incerto, forse terrore, forse stupore, e il labbro superiore si dischiude scoprendo degli incisivi quadrati e sbreccati.
Una risata scaturisce scrosciando da quella bocca, con un fiotto di sangue. Nella sua nenia isterica deve essersi morso la lingua.
Gli occhi della cosa si accendono nel buio, regalando all’antro un bagliore di brace e illuminando le sue froge ampie e vibranti.
L’odore del sangue: il richiamo, la fame.
Trema: franando la terra del suo misero nascondiglio va in pezzi anche la sua razionalità. L’androgino essere continua a ridere sguaiato e ripete i suoi versi senza senso. Estrae un oggetto dalla tasca. È quasi rotondo, bianco traslucido. Nel delirio del terrore gli sembra di scorgere un teschio. Non è possibile, non può essere vero. Sulla mano il sigillo di Lucifero: chi l’avrebbe mai detto che l’inferno è a Guidonia?
Si piscia sotto, batte i denti, implora perdono dei suoi peccati. Si sente già morto. Vorrebbe avere la forza di saltare giù e abbandonarsi alla certezza della morte.
Sente ringhiare due metri sotto i suoi piedi, ma non vede più gli occhi di brace.
Non riesce a smettere di tremare.
Il tipo lo guarda come se si fosse finalmente svegliato, connesso di nuovo col reale, smette di ridere e alza un sopracciglio.
Si passa sulla bocca l’indice, il medio e poi l’anulare, infine il dorso della stessa mano per togliere bava e sangue dal viso. Il sigillo di Lucifero bene in vista. Un paio di metri, sotto i loro piedi ringhia nascosta nel buio la bestia infernale.
“Bella Fra’ ma chi ci pensava che all’età tua non ti eri mai fatto? Riprenditi che mi sa che ti ha preso male!”
Due schiaffi in viso, dell’acqua gelata. La caverna, il cunicolo, il Flashmb. Non c’è più nulla.
Asfalto, alberi e silenzio.
“Ma dove cazzo sto?”
Grida non più padrone della sua voce. Se ne rende conto, si vergogna.
Una strada di periferia, un muretto, un tipo buffo che non ricorda d’aver mai visto prima, ah si l’ha incontrato mentre andava a buttare il pattume, a spasso con un bulldog, nel deserto della città di sabato sera a luglio. “Hai da accendere?” e da li non sa più come sono finiti a parlare.
“Dai fammi fare un tiro, che di accendermi una paglia intera non mi va”
La cava di Guidonia, saranno quindici anni che non ci va, eppure sembrava così reale. Il ragazzetto pallido e allampanato saluta, sembra quasi simpatico. Se ne va, il cagnetto scodinzolante al seguito.
Il battito ancora accelerato alleviato da un sospiro di sollievo, ma, le scarpe infangate, le mani sbucciate, i capelli sozzi.. Corre a gambe levate verso casa.
Se aguzzasse l’orecchio sentirebbe il ragazzetto dire:
“Bravo Brian Hugh, sei sazio? Qualcuno dobbiamo risparmiarlo, lasciarlo vivo, perché possa andare a dire in giro che sono solo un ragazzo come tanti"
Qualcuno, ma non lui: lui adesso, la sa la verità.
Lo sforzo per mantenere il volume della voce basso- sconfessato e tradito dal tremolio roco- risuona con una lieve eco in un silenzio più ampio.
Le spalle graffiate contro la parete di terra. I piedi doloranti e compressi, incastrati nelle scarpe che si fanno arpioni di disperazione. Sospesi sopra il cunicolo, le mani sbucciate. Quella cosa è la sotto e per ora non li ha visti. Non ancora.
Una call su facebook per un flashmob, ma come aveva potuto pensare che potesse essere una buona idea? Soprattutto era davvero una idea o c’era qualcosa sotto? Il suo sospetto costante, la sua ansia di complotto, la sua fame di congiura come mai non avevano acceso il suo sesto senso? Che cretino che era stato!
Dell’irrazionale presenza- lamentosa e urticante oltre ogni misura- con la quale sta dividendo il suo spazio vitale -forse l’ultimo!- non conosce neppure il nome.
È uno dei tanti, uno dei troppi cretini -più di lui, se umanamente possibile da quantificare in questo frangente!- che seguivano i flashmob in giro per la penisola, solo per lo sfizio di finire pochi secondi in tv.
Troppo giovane per essere “maschio” troppo trasandato per essere “femmina”, capelli corvini corti, insensati tatuaggi scarabocchiati, di dubbio gusto, persino in viso.
Non dice frasi di senso compiuto, ma ripete parole a caso.
Più lui cerca di zittirlo, più la sua cantilena sommessa lo manda fuori di testa. Quella cosa li avrebbe sentiti. Quella cosa li avrebbe ammazzati, come aveva fatto con tutti gli altri.
Maledetto il giorno che aveva deciso di uscire di casa. Maledetto il raduno alla cava di Guidonia. Maledetti tutti i flashmob della Terra.
Mentre rimugina sull’enorme cazzata che aveva appena realizzato di aver fatto, un ciuffo di capelli impiastricciati di fango e sudore gli spazza la faccia e, cercando di sopprimere giovane un nascente sospiro, urta con l’orecchio la parete del terrapieno: del brecciolino dispettoso e non curante cade giù, trascinando con sé alcune pietruzze. Fatal Error.
Il grido disumano –acuto e penetrante- che riecheggia soffoca e impedisce ogni razionale risposta.
Gli occhi del suo ignoto compagno di sventura si dilatano in uno sguardo incerto, forse terrore, forse stupore, e il labbro superiore si dischiude scoprendo degli incisivi quadrati e sbreccati.
Una risata scaturisce scrosciando da quella bocca, con un fiotto di sangue. Nella sua nenia isterica deve essersi morso la lingua.
Gli occhi della cosa si accendono nel buio, regalando all’antro un bagliore di brace e illuminando le sue froge ampie e vibranti.
L’odore del sangue: il richiamo, la fame.
Trema: franando la terra del suo misero nascondiglio va in pezzi anche la sua razionalità. L’androgino essere continua a ridere sguaiato e ripete i suoi versi senza senso. Estrae un oggetto dalla tasca. È quasi rotondo, bianco traslucido. Nel delirio del terrore gli sembra di scorgere un teschio. Non è possibile, non può essere vero. Sulla mano il sigillo di Lucifero: chi l’avrebbe mai detto che l’inferno è a Guidonia?
Si piscia sotto, batte i denti, implora perdono dei suoi peccati. Si sente già morto. Vorrebbe avere la forza di saltare giù e abbandonarsi alla certezza della morte.
Sente ringhiare due metri sotto i suoi piedi, ma non vede più gli occhi di brace.
Non riesce a smettere di tremare.
Il tipo lo guarda come se si fosse finalmente svegliato, connesso di nuovo col reale, smette di ridere e alza un sopracciglio.
Si passa sulla bocca l’indice, il medio e poi l’anulare, infine il dorso della stessa mano per togliere bava e sangue dal viso. Il sigillo di Lucifero bene in vista. Un paio di metri, sotto i loro piedi ringhia nascosta nel buio la bestia infernale.
“Bella Fra’ ma chi ci pensava che all’età tua non ti eri mai fatto? Riprenditi che mi sa che ti ha preso male!”
Due schiaffi in viso, dell’acqua gelata. La caverna, il cunicolo, il Flashmb. Non c’è più nulla.
Asfalto, alberi e silenzio.
“Ma dove cazzo sto?”
Grida non più padrone della sua voce. Se ne rende conto, si vergogna.
Una strada di periferia, un muretto, un tipo buffo che non ricorda d’aver mai visto prima, ah si l’ha incontrato mentre andava a buttare il pattume, a spasso con un bulldog, nel deserto della città di sabato sera a luglio. “Hai da accendere?” e da li non sa più come sono finiti a parlare.
“Dai fammi fare un tiro, che di accendermi una paglia intera non mi va”
La cava di Guidonia, saranno quindici anni che non ci va, eppure sembrava così reale. Il ragazzetto pallido e allampanato saluta, sembra quasi simpatico. Se ne va, il cagnetto scodinzolante al seguito.
Il battito ancora accelerato alleviato da un sospiro di sollievo, ma, le scarpe infangate, le mani sbucciate, i capelli sozzi.. Corre a gambe levate verso casa.
Se aguzzasse l’orecchio sentirebbe il ragazzetto dire:
“Bravo Brian Hugh, sei sazio? Qualcuno dobbiamo risparmiarlo, lasciarlo vivo, perché possa andare a dire in giro che sono solo un ragazzo come tanti"
Qualcuno, ma non lui: lui adesso, la sa la verità.