Letheion

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo settembre sveleremo il tema deciso da Aislinn. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Aislinn assegnerà la vittoria.
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Eugene Fitzherbert
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Letheion

Messaggio#1 » domenica 23 settembre 2018, 23:33

Letheion
di Eugene Fitzherbert

A metà della scalinata del Massachusetts General Hospital, William Morton si sentì chiamare.
«Morton! Si lasci stringere la mano per lo splendido lavoro della scorsa settimana.» Il professor Peacock si affrettò a raggiungerlo a metà della scalinata con la mano tesa, un sorriso brillante incorniciato dal suo pizzetto caprino. «Il suo etere miracoloso è la rivoluzione che la Medicina attendeva da anni! Il paziente, Abbott, è stato anche dimesso in perfette condizioni, giusto?»
Morton strinse la mano del vecchio professore e annuì. «Era un po’ stordito, ma stava clinicamente bene quando è andato a casa. Quello del 16 ottobre 1846 è stato solo il primo di una lunga via di successi, Professore.»
«Può dirlo forte, ragazzo! E si aspetti presto un forte riconoscimento. Sa, sono nel consiglio di Harvard, e forse riusciamo a farla diventare dottore! Chissà!»
Morton era senza parole: da dentista a medico nell’arco di una settimana!
Peacock lo picchiò forte sulla spalla: «Stiamo preparando un altro intervento per la prossima settimana. Si tenga pronto: sarà lei l’ospite d’onore. Lei e il suo Etere.»
«Certamente, non vedo l’ora», disse Morton, deglutendo e distogliendo lo sguardo.
«Oh, avanti, William, non faccia il timido. Ci auguriamo che prima o poi ci sveli il suo ingrediente segreto. Si dice che l’ha portato qui dopo un viaggio a New York. E cosa mai c’è a New York che non possiamo avere a Boston?»
«Professor Peacock, sarò ben lieto di condividere la formula quando farò parte della vostra facoltà.»
«Ma naturalmente, Morton! Ah, ha sentito? Il Boston Journal ha chiamato la sua tecnica anestesia. Non le sembra un termine fantastico? Chissà se prenderà piede…»
Morton sorrise ancora. «Professor Peacock, se non le dispiace, ho del lavoro da fare a casa. Non voglio essere da meno da voi scienziati…»
«Ma certo, Morton. E mi scusi se l’ho trattenuta con qualche chiacchiera di troppo. Le faremo sapere della prossima settimana.»

Mi guardo intorno e sento l’angoscia montarmi dentro. Provo una rabbia senza fine, qualcosa che mi brucia dentro devastando ogni altro sentimento. La vista si annebbia, vedo cose che non esistono.
Guardo il pavimento e le assi di legno tremolano, perdono di consistenza, come se fossero fatte di materia impalpabile. Sembrano fatte di un liquido torbido.
Fumo nell’acqua! Sollevo lo sguardo: fuoco nel cielo. La mia mente vacilla: è la fine del mondo?
Il pavimento d’acqua è percorso da correnti scure: figure sinuose, dalle sembianze umane, si avvolgono su loro stesse e sembrano essere trasportate dai turbini inesorabili.
Sembrano urlare, sembrano soffrire. Sento le loro urla, strilla stridule senza senso. Poi le grida diventano Coro, un Coro demoniaco che si impossessa di me, che scrive a fuoco sulla mia anima.

Morton arrivò a casa quando ormai era buio.
In casa, avvertì sua moglie che sarebbe andato nel suo Laboratorio per studiare. La giovane Elizabeth Whitman non fece domande e lasciò che suo marito si rintanasse nel suo regno segreto.
Il Laboratorio si trovava a qualche centinaio di metri dalla casa principale. Morton entrò e si richiuse la porta alle spalle. Si sedette al tavolo ingombro di alambicchi e provette, e si prese la testa con le mani.
«Dio santo, in che casino mi sono andato a ficcare!» disse ad alta voce alla stanza vuota. Si strofinò la faccia con le mani e sospirò. Con gesto tremante, tirò fuori una chiave e aprì l’ultimo cassetto della scrivania. Tirò fuori una bottiglietta piena appena per un quarto di un liquido biancastro e dalla consistenza quasi fumosa. Poi lentamente estrasse dal fondo un tomo rilegato in pelle, dagli angoli borchiati, un libro spesso che aveva attraversato i secoli. La copertina di pelle lisa non recava nessuna iscrizione, così come la costa. Sembrava più un raccoglitore di appunti che un vero e proprio testo eppure là dentro era racchiuso tutto il segreto del suo successo.
Aprì alla prima pagina:

MORPHEONOMICON
Paracelsus


De Somnio et exitu morte


Lì dentro c’era la ricetta per il suo Etere, con cui aveva addormentato il signor Abbott. Ma il libro in sé era un enigma: la prima parte, nonostante il latino e la terminologia arcaica, era stata comprensibile. Ma la seconda metà del trattato era scritta con un alfabeto sconosciuto, piena di figure inafferrabili.
C’era una sola persona che poteva, anzi doveva aiutarlo.
Con un sospiro stizzito, Morton strinse i pugni e urlò: «Allora, Chelsea, hai deciso cosa fare?»
Dal fondo della stanza, dietro una porta chiusa, giunsero i grugniti e le urla soffocate di un uomo.
«Sto per aprire, stupido idiota. Spero che ti sia deciso a dirmi tutto.»
Morton si diresse verso l’origine dei rumori. Sentiva il pavimento di legno vibrare ogni volta che quel coglione di Chelsea si dimenava. Il dentista aprì la porta del bugigattolo oscuro in cui un uomo imbavagliato e legato a una sedia si agitava in preda alla rabbia e alla disperazione.
Morton lo trascinò fuori dallo stanzino, avvicinandolo alla scrivania. Alla vista del tomo, il volto di Chelsea, scavato e rigato da rughe profonde, si infiammò cercando in ogni modo di divincolarsi, i tendini del collo tesi, le mani nodose che strattonavano le funi dietro la schiena.
Un suono gutturale emerse dalla gola riarsa, mentre saliva e sudore sporcavano il bavaglio stretto tra i denti gialli.

Sto cambiando.
Ho visto le acque ed esse mi sono entrate dentro. Il mio sangue non è più rosso, la mia carne non è più viva: sono un involucro. Ho immerso la faccia in quell’acqua turbolenta e fatta di fumo, ho assaggiato il gusto della morte, sono tornato al mondo che non ero io, sono entrato nel mondo con qualcun altro al posto mio.
Le mie braccia sono grigie, le vedo gonfiarsi. Stringo i pugni e la pelle si tende, le vene si gonfiano, i tendini tirano e poi la pelle si strappa: losanghe di carne pendono lasciando il muscolo stracciato, grigio e stopposo, morto.
Il Coro delle voci urla le sue canzoni e mi sembra di sentire la morte salire dentro di me, salire con me, essere ME. Il Coro canta di un uomo che è responsabile di tutto questo, canta che sono l’emissario, che devo correre, che devo prenderlo, portarlo con me. Il Fiume e le sue acque di fumo sono il luogo dove deve andare, la fine di tutto, il principio del dopo.
L’acqua è in me. E io sono movimento. Veloce, nella luce del sole che si spegne, corro, corro più che posso. Devo prendere l’uomo che ha fatto tutto questo.


Morton diede un violento ceffone a Chelsea. «Smettila di dimenarti, cretino. Devi decifrare il libro per me.» Morton rimase a fissare l’uomo legato, in attesa di un cenno. Per sottolineare quanto non gli piacesse aspettare, gli diede un altro schiaffo. L’occhio destro di Chelsea si gonfiò quasi all’istante, chiudendosi.
«Rispondimi, maledetto. Io ti tolgo il bavaglio e tu mi aiuti a tradurre il Morpheonomicon.»
Chelsea inspirò profondamente e poi annuì, lanciando odio dall’occhio aperto.
Morton con uno strattone gli liberò la bocca. «Paul Raymond Chelsea, chi sei davvero? Me lo chiedo da quando ti ho conosciuto a New York. Potevi essere mio assistente e invece siamo arrivati a questo. Coglione.»
Chelsea sembrò non voler rispondere, in un primo momento. Respirava affannosamente, la bocca sanguinante per gli schiaffi. «Morirai per quello che hai fatto. Sarai dannato per sempre, Morton. Ti avevo detto che il Morpheonomicon non era un giocattolo e non poteva essere utilizzato per farci soldi. Le conoscenze contenute in quel testo sono il frutto di centinaia di anni di studi. Sono la summa totale della iatrochimica, un’arte che tu non potrai mai capire.»
Morton lo sputò. «Smettila con queste cazzate. È solo scienza, sostanze elementari che interagiscono, non c’è bisogno di metterci dentro tutta questa paccottiglia religiosa.»
«NON OSARE CHIAMARLA PACCOTTIGLIA RELIGIOSA! Incompetente, ignorante e inetto! Non osare leggere quel libro, non ne sei degno!»
Morton scoppiò in una risata. «Ho già iniziato a usare questo dannato libro, idiota. Proprio qualche giorno fa ho addormentato una persona ed è stata operata con successo senza dolore. È stato fantastico, inimmaginabile. Neanche quel borioso pallone gonfiato del chirurgo voleva crederci.»
Chelsea spalancò gli occhi in preda all’orrore. «Tu hai usato il mio distillato per addormentare un uomo?»
«Sì. Proprio come è scritto nelle prime pagine del libro. Ho usato una spugna intrisa di Etere. Un attimo e quell’Abbott sembrava morto. D’altronde, dormire è un po’ come morire, no?» e rise ancora.
«Sono stomacato dalla tua mancanza di rispetto per le conoscenze racchiuse in quel libro. Tu soffrirai per aver agito senza precauzioni, senza sapere dove stavi andando e se mai saresti stato in grado di tornare indietro. Se hai letto il libro, ti ricordi la storia dei polli, vero?»
Morton si spazientì per l’atteggiamento spocchioso di Chelsea: «Basta così, mi hai stancato.» gli diede un altro ceffone, più per sfogare la frustrazione di essere trattato come un idiota, come avevano sempre fatto quei tromboni di medici su ad Harvard. «Devi dirmi dove trovare l’ingrediente principale. Dove si trova l’Acqua Bianca? Ne devo produrre altra.»
«Ricordati dei polli, ingrato.»
Ancora i polli. L’avevano ossessionato da quando ne aveva letto. Era nel capitolo iniziale del libro.

15 gennaio 1531
Stamattina, è successa una cosa strana. Ho lasciato incustodita dell’acqua presa dal Pozzo Maledetto di San Castaldo. Per puro caso, il contenuto della bottiglia, dal colore grigiastro e fumoso, è caduto e si è mischiato con dell’acido fosforico, che stavo salificando per fare del salgemma antireumatico.
Per una strana alchimia mai vista prima, l’acqua grigia ha cambiato colore, diventando bianca, e sprigionando un odore medicinale.
Due dei miei polli più belli e sani hanno bevuto dal catino. Dopo pochi secondi, si sono allontanati barcollando, fino ad accasciarsi al suolo, esanimi. Li ho guardati e controllati, e con sorpresa ho notato che erano profondamente addormentati.
Dopo poche ore, i polli si sono svegliati e hanno iniziato a vagare in giro per l’aia, come ubriachi.

17 gennaio 1531
Ho dovuto abbattere i polli.
Dopo il loro sonno dovuto all’Acqua Bianca, la loro indole era completamente cambiata. Da animali mansueti quali erano sempre stati, si sono trasformati in feroci uccelli predatori assetati di sangue. I loro occhi, sempre accesi e vispi, somigliavano a un grumo appassito di carne morta. Sembravano animati solo da una brama di sangue.
Mi chiedo cosa abbiano mai visto nel loro sonno artificiale. Mi domando dove siano arrivati con la loro anima e se alla fine sono tornati indietro.
Questa sostanza è potentissima. L’intera pratica del Sonno Profondo merita di essere studiata a fondo. Ma per ora, terrò per me queste conoscenze troppo pericolose.


Le strade sono rosse, come il sole che muore dietro di me. Il tempo passa, la bramosia aumenta. Devo prendere l’uomo che ha iniziato tutto questo, l’Uomo che Fugge, colui che non vuole smettere di vivere.
Corro, e sento che il mio bersaglio è vicino.
Più veloce.
Ho dormito nel sonno della morte per pochi minuti, ma è come se fosse per sempre, ho visto le acque, ho odorato la putrefazione delle anime e sono tornato indietro per portare con me chi non appartiene a questo mondo.
L’acqua grigia mi appartiene e io appartengo a lei. E anche l’Uomo che Fugge. Torneremo insieme all’acqua.


Morton era frustrato dall’atteggiamento di Chelsea, quel figlio di puttana che non voleva raccontargli i segreti del Morpheonomicon. Continuava a blaterare che doveva usare la sua Acqua Bianca per i suoi scopi idioti, che ora erano in pericolo e che era meglio che lo liberasse subito.
«Morton, il tizio a cui hai dato il mio distillato…»
«È Etere, Chelsea, niente di più.»
«Dimmi solo una cosa: è ancora in ospedale?»
«Abbott? E a te che interessa?»
«Santiddio, Morton, rispondi. È in ospedale?»
«No, certo che no. È stato mandato a casa dopo l’operazione.»
Chelsea sembrò terrorizzato. «Ti prego, liberami adesso e ti svelerò il segreto del libro. Anzi, te lo dico adesso: Paracelso, l’autore del Morpheonomicon, ha continuato a sviluppare le potenzialità dell’Acqua Bianca. Il Letheion, come lui lo chiamava, serviva a curare l’ultima delle malattie, la più grave che colpisce inesorabilmente l’uomo. Vuoi sapere come?»
Morton rimase in attesa.
Chelsea, continuava ad agitarsi sulla sedia, guardandosi intorno, in preda a una forma incontenibile di terrore. L’occhio ancora aperto appariva febbrile, mentre tendeva allo spasimo le braccia dietro la schiena. «Il Letheion è un derivato dell’acqua del fiume Lete, prelevate da un Pozzo Maledetto.»
«Ancora con queste stronzate religiose. E allora a cosa servirebbe questo tuo ritrovato di iatrochimica, il Letheion?»
«Se tu lo sapessi, verresti ricordato per sempre, e non solo come uno che addormentava la gente… Alla fine chi se ne frega di chi ti fa prendere sonno!» Chelsea lo guardò quasi con sfida. «Tu vuoi di più, vero? Vuoi sapere il segreto del Letheion?»
«Inizia a dirmi perché la seconda parte del libro sembra scritta da un’altra persona? Perché è incomprensibile?»
«Paracelso decise che non tutti dovevano essere in grado di acquisire il sapere per creare l’unico estratto chimico in grado di ingannare addirittura la Morte stessa.»
Morton rimase senza parole, mentre l’altro uomo continuava la sua danza del terrore. Morton era impietrito per quello che aveva appena udito. Ingannare la morte: la malattia imbattibile finalmente sconfitta? Stentava a crederci, anzi, in realtà gli sembravano tutte stronzate.
«Lo sai cosa succede se somministri il mio Letheion senza le dovute precauzioni? Il soggetto vede il fiume Lete, vede i morti, vede la Morte e probabilmente quando si risveglia, ha le allucinazioni e proprio come i polli, diventa violento. Si trasforma in un emissario di distruzione, come se la morte stessa si fosse impossessato di lui. È questo il tuo addormentamento…»
«La vogliono chiamare Anestesia, a quanto pare…» disse distrattamente Morton, ripensando a Abbott e allo sguardo allucinato con cui aveva lasciato l’ospedale.
«Chiamala come diavolo vuoi, ma capisci che non è una cosa per tutti. Per capire la seconda metà del Morpheonomicon, per fare l’Anestesia, devi raggiungere un piano di conoscenza diverso da quello normale. Questo riesci a capirlo, gran testa di cazzo che non sei altro?» disse Chelsea, mentre con uno schiocco si liberava i polsi lividi e scorticati.
In quello stesso istante, la porta esplose in una miriade di schegge e una figura urlante fece irruzione nel Laboratorio di Morton.

La casa, il nascondiglio, il luogo maledetto.
Sento l’odore del mio stesso elemento, sento il responsabile dei miei sogni di morte, del mio viaggio oltre l’umano. Mi fermo, circondato dal buio: avverto anche l’Uomo che Fugge e il Coro lo vuole. L’Acqua grigia dentro di me ribolle e si agita in mille volute, come fumo irretito in una bottiglia. Il mio giorno è quasi compiuto, sono la mano che renderà libero il mondo dall’Uomo che Non Muore.
Il desiderio di uccidere, di assaporare il sangue mi trasforma: piccole zampe di millepiedi, verme demoniaco, dagli artigli taglienti spuntano dalle mie braccia, vibranti di morte. Io sono l’Uomo Scolopendra, il Laceratore, il Distruttore, il Purificatore.
Ascolto la voce del Coro e rilascio lo stesso canto urlante, mentre mi scaglio contro la porta.
Esplode e dentro lo vedo: l’Uomo che Fugge! L’UOMO CHE FUGGE!
Grido il suo nome, e il coro dentro di me fa lo stesso.


Morton si voltò verso la porta e vide Abbott precipitarsi nel Laboratorio. Non sembrava più lui, le mani levate al cielo, che si aprivano e si chiudevano, come vermi alla ricerca della preda. Indossava solo i calzoni laceri che portava il giorno aveva lasciato l’Ospedale.
La cosa che pietrificò Morton furono gli occhi: privi della luce che rende unico lo sguardo umano, incastonati nella faccia di Abbott c’erano due grumi di tessuto pulsante e grigiastro, che non appartenevano a questo mondo. E cos’era questo odore salmastro e aspro come l’acqua di un fiume riempito di cadaveri? Era Abbott a emanare questo odore dannato?
Morton si accorse che Chelsea si era alzato e si era lanciato verso la sua scrivania.
Abbott urlò ancora qualcosa di belluino e incomprensibile, poi pronunciò una parola che trafisse la mente di Morton: «PARACELSO, SEI MIO! Non puoi scappare!»
Paracelso?
E i pezzi del puzzle si incastrarono: Paul Raymond Chelsea. P. R. Chelsea: Paracelso. L’uomo che aveva rapito a New York dopo aver fallito la trattativa di un lavoro in società per creare una sostanza chimica che togliesse il dolore, era l’autore del MORPHEONOMICON, il libro segreto del Sonno e della Fuga dalla Morte. E dopo averla ingannata per anni, lui, Morton, era quello che l’aveva portato a un passo da lui.
Si girò verso il medico di un‘epoca passata, e lo vide prendere la bottiglietta di Letheion. Con un gesto veloce, ne fece stillare una goccia nell’occhio sinistro, accompagnando i gesti con oscure parole in latino. Poi provò velocemente ad aprirsi l’occhio destro. Ma era troppo gonfio e non ne voleva sapere mostrare la pupilla.
Per guadagnare un po’ di tempo, Morton si lanciò verso Abbott, afferrandolo alla vita.
Con la coda dell’occhio, vide Chelsea afferrare una provetta e frantumarla tra le dita. Con una scheggia mezza insanguinata, il vecchio si incise la palpebra. Il sangue sgorgò in un fiotto, e subito l’occhio si sgonfiò. Lo spalancò e ci versò dentro qualche goccia di Letheion, proprio mentre Morton veniva scagliato dall’altra parte della stanza.

Ecco l’Uomo Che Fugge, il maestro delle ombre, colui che non deve stare qui.
Tu mi appartieni, tu CI APPARTIENI!
Il Coro urla, il Coro sbraita, devo prenderlo, devo portarlo con me, devo liberarmi.
‘PARACELSO!’ Veloce verso di lui, ma l’altro, colui che mi ha addormentato, che mi ha fatto vedere l’altra parte, mi blocca. Perché? Io non voglio lui. Non adesso almeno. Dopo, forse, ma prima Paracelso, l’Uomo che mi ha sfidato e che mi è sfuggito. Deve essere mio anche il Libro che ha scritto: Il Morpheonomicon.
L’odore della dell’acqua bianca mi solletica le narici. Ma c’è qualcosa di diverso: è stata adulterata, modificata.
Vedo Paracelso, tendo le mani, ma l’Uomo del Sonno mi blocca. Lo spingo via. Paracelso si sta versando l’acqua sbagliata negli occhi.
Lo vedo, poi una fitta mi trafigge dietro le pupille. Paracelso svanisce in una nuvola di fumo, come sabbia in un fiume, come terra nel vento. Davanti a me c’è solo aria, sottile e impalpabile. Avverto qualcos’altro, ma non riesco a vederla…
Il coro urla, ulula, grida, mi lacera le orecchie, vuole sangue, vuole vendetta, vuole sfogarsi.
C’è l’Uomo del Sonno, è lui la vittima perfetta. Sarà sempre lui!
È MIO!


Morton, mezzo intontito per il volo, vide Abbott rimanere interdetto, come se all’improvviso non vedesse più la sua vittima. E con orrore, si rese conto che l’attenzione del folle era ora puntata su di lui.
Con un urlo, Abbott si scagliò contro il dentista, la bocca spalancata. «SEI MIO!» disse con una voce che non era umana e lo bloccò a terra.
Morton provò a divincolarsi, scalciando e dimenandosi, mentre con le mani cercava di tenere lontano da sé la faccia di Abbott, trasfigurata dalla rabbia, gli occhi disumani e spenti.
Sentì Paracelso dire: «Non lasciare mai che sia un dentista a fare il lavoro di un Medico!» e con un tonfo sordo colpì Abbott con il Morpheonomicon. Il tomo arrivò di taglio sulla tempia, rendendo l’aggressore inoffensivo.
Morton si liberò, e chiamò Chelsea. «Aspetta! Non andartene!»
«Morton, non hai capito che cazzo hai combinato, vero? Purtroppo, quello che hai fatto avrà una grande risonanza; già vedo stuoli di persone che vorranno fare… come l’hai chiamata? Ah, sì: l’Anestesia! Beh, spero solo che riusciate a migliorare la formula, perché il mio Letheion per ora viene con me, insieme al Morpheonomicon. È troppo pericoloso. Ma come tutti i libri proibiti, prima o poi salterà fuori di nuovo e magari sarà la volta buona…»
E se ne andò, nella notte, lasciando a Morton, pieno di domande e con l’onere di essere il padre dell’anestesia.
Ultima modifica di Eugene Fitzherbert il domenica 30 settembre 2018, 20:29, modificato 1 volta in totale.



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Eugene Fitzherbert
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Re: Letheion

Messaggio#2 » domenica 23 settembre 2018, 23:45

Bonus Dichiarati (ci sono degli spoiler, quindi LEGGETE DOPO AVER LETTO IL RACCONTO):
► Mostra testo

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SalvatoreStefanelli
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Re: Letheion

Messaggio#3 » giovedì 4 ottobre 2018, 15:04

Storia ben congeniata anche se il corsivo del pensiero di uno dei protagonisti sbilancia e un po' confonde chi legge. Mi pare di aver visto un paio di errori di battitura e residui non eliminati in fase di correzione. Bene per il bonus sulla storia passata, Quella dell'etere per intenderci, non ho individuato se ce ne fossero altri. Darei alla storia un voto migliore della sufficienza ma ancora lontano dell'essere un ottimo racconto.

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Marco Travaglini
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Re: Letheion

Messaggio#4 » venerdì 5 ottobre 2018, 13:01

Ciao Eugene, anche con te premetto di non essere del campo e spero di non scrivere troppe castronerie.

Un racconto che mi è molto piaciuto leggere. Con tanto di finale non scontato, ma ben preparato. Mi è piaciuto particolarmente il modo in cui Abbot descrive le sue sensazioni e il modo in cui perde la sua umanità e veicola la storia, crea una buona souspance. Anche il tema credo che sia centrato, anche se ce se ne rende conto solo verso metà racconto.
Ci sono poche cose, particolari più che altro che non mi hanno convinto. Ad esempio Morton che dice al professore giorno mese e anno per indicare il primo di una lunga serie di successi, mi sembra poco realistico in una discussione. Magari se avesse detto una cosa come “il 16 ottobre 1846 sarà una data da ricordare: il primo di una lunga via di successi” avrebbe funzionato meglio per me.
Anche l’occhio che si gonfia istantaneamente dopo il ceffone, mi ha convinto poco, di contro però il secondo ceffone per caratterizzare la scarsa pazienza di Morton mi è piaciuto molto.
Un episodio strano che non mi ha convinto è la parte dei polli, o meglio, il fatto che Morton ne fosse ossessionato: se ne fosse davvero ossessionato avrebbe dovuto prevedere delle controindicazioni per il paziente, così come successe per i polli. Invece sembra accorgersene solo dopo che Chelsea glielo fa notare. Magari in una seconda stesura non lo renderei ossessionato, ha più senso (per me) che Morton abbia saltato quella parte e la rilegga dopo che Chelsea glielo fa notare.
Non mi è chiaro come mai a un certo punto Abbot non veda più Paracelso né come mai decida di medicarsi l’occhio nel bel mezzo della baruffa.

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Marco Travaglini
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Re: Letheion

Messaggio#5 » venerdì 5 ottobre 2018, 16:12

Aggiungo la sezione bonus che avevo dimenticato:

- Riferimento a un evento storico: OK, è il tema del racconto
- Flashback: non lo so, qui si tratta di una persona che legge il resoconto di un esperimento su un libro. Se per i moderatori questo è un flashback allora va bene, altrimenti non credo possa rientrarci.
- Parola Bugigattolo: OK c’è
- Vista del sangue: c’è, credo che non ci siano problemi proprio perché non c’è il suicidio
- Titolo della canzone: qui è un po’ al limite, per me i Deep Purple ci possono rientrare e il titolo della canzone compare anche se tradotto e senza enfasi, ma rileggendo i termini con cui il bonus è descritto e cercando di interpretarne il messaggio, per me il bonus è preso.

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Sara Ronco
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Re: Letheion

Messaggio#6 » domenica 7 ottobre 2018, 19:09

Ciao
Da profana il tuo racconto mi è piaciuto molto, hai padronanza della scrittura e riesci a intrappolarmi nel racconto.
Mi hai incuriosito parecchio, credo che correrò alla pagina Wikipedia sull'anestesia.
Nonostante io scriva romanzi dall'età di 13 anni (con moooolta discontinuità) ho ancora bisogno della "badante letteraria".
Rimanete sintonizzati e vi stupirò.

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