Casus belli - di Diego Martelli
Inviato: lunedì 17 settembre 2018, 23:47
"Buonasera, ispettore. Abbiamo già ricevuto il consigliere: la attende di sopra" disse ad alta voce il tenente, venendomi incontro. Strinsi le labbra senza ribattere, ma ci guardammo negli occhi. C'eravamo già capiti.
In cima alle scale mi attendeva la scena del crimine. Il corpo avvolto in un abito grigio rovinato dal sangue giaceva scomposto fra il tavolo della cucina e il frigorifero. Un ometto smilzo, anch'esso in abito grigio, sostava in piedi lì accanto e ne studiava il viso contratto.
Un tempo avrei potuto prenderlo per la collottola e schiaffarlo fuori a fornire le sue generalità. Un tempo. La spilla del partito brillava sul bavero della sua giacca come un invincibile talismano. Quando si voltò, per un attimo mi parve che i suoi denti fossero tutti canini.
"Ispettore! Che fa la questura, temporeggia su un caso del genere? Le pare che io possa arrivare qui prima di lei?"
"Io ho un lavoro vero, consigliere, a differenza sua."
Un momento di silenzio, poi l'ometto sorrise. "Lei ha sempre la battuta pronta, vero? Deve essere la sua ascendenza inglese. Non faccia l'offeso, crede che non sappiamo queste cose? Si consoli: almeno non ha dna africano, o americano."
Lo ignorai e finsi di lavorare, osservando la stanza. Lui proseguì, passeggiando sopra a prove fresche. "Era inevitabile. Gli avevamo proposto di trasferirsi in centro, dove poteva avere la scorta... ma lui non ha voluto sentire ragioni. Il quartiere della sua famiglia, rimanere a contatto con il territorio... le solite sciocchezze sentimentali che ammorbano questo paese."
Mi si parò davanti. Provai a scostarmi, ma mi prese per il braccio.
"Mi lasci subito."
"Sa cosa significa questo omicidio, vero? Ora non si potrà più essere tolleranti. Ora potremo cercarli, tutti. Esami del DNA a tappeto, in tutto il quartiere, casa per casa."
"Non me lo faccia ripetere."
Lasciò il braccio ma rimase dov'era. Nei suoi occhi potevo scorgere il trionfo, il fanatismo, forse il sospetto. "Clandestini, criminali, meticci con il sangue maledetto da Dio! Ma stavolta l'hanno fatta fuori dal cesso! E' una occasione, capisce? L'occasione per cambiare davvero le cose! Per dare una ripulita!"
Lo spinsi via. Pesavo quaranta chili più di lui, e gli feci fare mezza stanza all'indietro. "Via! Questa è la scena di un crimine, non una riunione della Commissione Razza! Fuori! Fuori dai coglioni!"
L'aggressione fisica lo intimidì solo per un istante, poi si sistemò la cravatta soddisfatto. "Ci dia il responsabile, ispettore. Ce lo dia presto! Questo paese ha bisogno di esempi. Mi aspetto di ricevere notizie entro domattina." Imboccò la porta e io restai da solo col cadavere. Era una questione seria. Attesi che fosse lontano, poi aprii il pad e attivai la cifratura.
"Ni hao. Sì, ne vogliono fare un caso. Fai distribuire gli inibitori di traccia, e assicurati che li prendano. Tutto il quartiere. Fatti aiutare dagli albanesi."
"Guten Nacht. Mi dispiace disturbarla ma... sì. Sì, se può nasconderlo lei, sarebbe meglio. Non vorrei chiederglielo ma... sì. Sì. Grazie. Davvero."
"As-salāmu ʿalaykum! Ci siamo, di nuovo. Pensate voi al diversivo sui media? Fra due giorni devono parlare d'altro. No, non so chi è stato o perché."
Chiusi il mio pad e guardai fuori dalla finestra. In teoria la città non ospitava nessuno che non fosse cittadino da almeno quattro generazioni complete, ed era necessario che tutto continuasse a sembrare così: che gli imam pregassero in segreto, che le spezie esotiche passassero per prodotti locali, che i documenti chiamassero Giovanna quella che era nata come Genevieve.
Era una città vecchia di un paese vecchio, da sempre teatro di invasioni, migrazioni, pellegrinaggi. Dovevamo resistere. Ogni giorno qualcuno si univa a noi.
Alle nuove elezioni mancavano solo tre mesi.
In cima alle scale mi attendeva la scena del crimine. Il corpo avvolto in un abito grigio rovinato dal sangue giaceva scomposto fra il tavolo della cucina e il frigorifero. Un ometto smilzo, anch'esso in abito grigio, sostava in piedi lì accanto e ne studiava il viso contratto.
Un tempo avrei potuto prenderlo per la collottola e schiaffarlo fuori a fornire le sue generalità. Un tempo. La spilla del partito brillava sul bavero della sua giacca come un invincibile talismano. Quando si voltò, per un attimo mi parve che i suoi denti fossero tutti canini.
"Ispettore! Che fa la questura, temporeggia su un caso del genere? Le pare che io possa arrivare qui prima di lei?"
"Io ho un lavoro vero, consigliere, a differenza sua."
Un momento di silenzio, poi l'ometto sorrise. "Lei ha sempre la battuta pronta, vero? Deve essere la sua ascendenza inglese. Non faccia l'offeso, crede che non sappiamo queste cose? Si consoli: almeno non ha dna africano, o americano."
Lo ignorai e finsi di lavorare, osservando la stanza. Lui proseguì, passeggiando sopra a prove fresche. "Era inevitabile. Gli avevamo proposto di trasferirsi in centro, dove poteva avere la scorta... ma lui non ha voluto sentire ragioni. Il quartiere della sua famiglia, rimanere a contatto con il territorio... le solite sciocchezze sentimentali che ammorbano questo paese."
Mi si parò davanti. Provai a scostarmi, ma mi prese per il braccio.
"Mi lasci subito."
"Sa cosa significa questo omicidio, vero? Ora non si potrà più essere tolleranti. Ora potremo cercarli, tutti. Esami del DNA a tappeto, in tutto il quartiere, casa per casa."
"Non me lo faccia ripetere."
Lasciò il braccio ma rimase dov'era. Nei suoi occhi potevo scorgere il trionfo, il fanatismo, forse il sospetto. "Clandestini, criminali, meticci con il sangue maledetto da Dio! Ma stavolta l'hanno fatta fuori dal cesso! E' una occasione, capisce? L'occasione per cambiare davvero le cose! Per dare una ripulita!"
Lo spinsi via. Pesavo quaranta chili più di lui, e gli feci fare mezza stanza all'indietro. "Via! Questa è la scena di un crimine, non una riunione della Commissione Razza! Fuori! Fuori dai coglioni!"
L'aggressione fisica lo intimidì solo per un istante, poi si sistemò la cravatta soddisfatto. "Ci dia il responsabile, ispettore. Ce lo dia presto! Questo paese ha bisogno di esempi. Mi aspetto di ricevere notizie entro domattina." Imboccò la porta e io restai da solo col cadavere. Era una questione seria. Attesi che fosse lontano, poi aprii il pad e attivai la cifratura.
"Ni hao. Sì, ne vogliono fare un caso. Fai distribuire gli inibitori di traccia, e assicurati che li prendano. Tutto il quartiere. Fatti aiutare dagli albanesi."
"Guten Nacht. Mi dispiace disturbarla ma... sì. Sì, se può nasconderlo lei, sarebbe meglio. Non vorrei chiederglielo ma... sì. Sì. Grazie. Davvero."
"As-salāmu ʿalaykum! Ci siamo, di nuovo. Pensate voi al diversivo sui media? Fra due giorni devono parlare d'altro. No, non so chi è stato o perché."
Chiusi il mio pad e guardai fuori dalla finestra. In teoria la città non ospitava nessuno che non fosse cittadino da almeno quattro generazioni complete, ed era necessario che tutto continuasse a sembrare così: che gli imam pregassero in segreto, che le spezie esotiche passassero per prodotti locali, che i documenti chiamassero Giovanna quella che era nata come Genevieve.
Era una città vecchia di un paese vecchio, da sempre teatro di invasioni, migrazioni, pellegrinaggi. Dovevamo resistere. Ogni giorno qualcuno si univa a noi.
Alle nuove elezioni mancavano solo tre mesi.