L'antro di Cibele
Inviato: martedì 18 settembre 2018, 0:11
L'ANTRO DI CIBELE
Dio mio, ma come fanno ad avere i denti così bianchi? Probabilmente è per via della loro faccia nera, Su quello sfondo anche dei denti gialli potrebbero sembrare abbaglianti.
No, io non sono razzista, però.. però loro sono diversi. Diversi come si muovono, come parlano, come pensano. E diversi anche dai musi gial..., pardon, dai cinesi, e dagli andini. Quelli dell'Africa nera sono diversi come misure, troppo alti e ingombranti, gli asiatici invece sono minuti che sembra vogliano rendersi invisibili, e i sudamericani sono tanto larghi quanto alti, palle rotolanti.. Diversi, ecco, solo diversi. Vuoi mettere noi, con le nostre aggraziate misure, mediane e armoniose?
Però loro mi sorridono e io devo sorridere di rimando. Viviamo in una città multietnica, no? Dobbiamo volerci tutti bene.
Anche qui, nelle grotte di Toirano, ci vogliamo bene, adesso, tutti in comitiva, tutti turisti. Ma una volta non vendevate tappeti sulle spiagge?
Sono senz'altro più di noi, il sessanta per cento almeno dei visitatori. Li conto: loro sono diciassette, contro... uno, due, tre... quarantacinque europei. Toh!? Avrei detto che c'erano più stranieri, in questa coda. Sì, però, qui sono ancora pochi, è dove abito io che saranno almeno il sessanta per cento. Fra poco non ci sarà più posto per noi.
Comincia la visita. Ci inoltriamo nei meandri, la guida ci illustra le bellezze delle grotte, ci dà informazioni scientifiche sul processo di carsificazione, su come si formano le stalattiti e le stalagmiti, sui tempi che la Natura ha impiegato a formarle. “Qui siamo nell'antro di Cibele” ci informa. Le passerelle sprofondano con un percorso a spirale e ci immergono, letteralmente, fra le molte mammelle della Dea. Le abbiamo sopra, sotto e accanto, maestose rotondità sapientemente illuminate da luci diffuse che rendono i colori soffici e teneri; morbidi cuscini di calcare, rosati o azzurrini, caldi e palpitanti. Anche le ombre sembrano colorate.
All'improvviso manca la luce, per qualche secondo le mammelle della dea rimangono vagamente luminescenti, poi anche quel luccichio si estingue e piombo nel buio più assoluto. Il buio in una cavità è quanto di più tenebroso possa esistere. Non c'è notte scura che sia altrettanto nera di una grotta senza luce. Mi sento nella solitudine più completa, tutte le dimensioni dell’universo si riducono a quelle del mio corpo. Non c'è nulla all’infuori di me stesso. La mano sente solo i pochi centimetri quadrati del contatto fisico colla ringhiera. L’udito accentua il mio isolamento perchè le voci di sorpresa e di spavento degli altri gitanti mi arrivavano da una distanza siderale. Mi sforzo a cercare spasmodicamente la luce e roteo gli occhi in tutte le direzioni
Non provo panico, ma sento comunque un enorme sollievo quando la mia mano incontra quella di un altro. La stringo e lei mi stringe convulsamente. Anche lui ha paura! Non sarà il senegalese? Allora lui è come me. Le strette si calmano e diventano un caldo contatto fraterno.
Poi torna la luce. Non quella calda, soffusa e dolce di prima, ma quella cruda e sciabolante delle lampade di emergenza delle guide, che gettano ombre nette e brutali, inquietanti, minacciose.
Mi accorgo di essere ancora mano nella mano col mio... col mio cosa? Mi stacco con ribrezzo, Però, per un attimo, non mi era importato se fosse bianco, nero, giallo o marrone.
Dio mio, ma come fanno ad avere i denti così bianchi? Probabilmente è per via della loro faccia nera, Su quello sfondo anche dei denti gialli potrebbero sembrare abbaglianti.
No, io non sono razzista, però.. però loro sono diversi. Diversi come si muovono, come parlano, come pensano. E diversi anche dai musi gial..., pardon, dai cinesi, e dagli andini. Quelli dell'Africa nera sono diversi come misure, troppo alti e ingombranti, gli asiatici invece sono minuti che sembra vogliano rendersi invisibili, e i sudamericani sono tanto larghi quanto alti, palle rotolanti.. Diversi, ecco, solo diversi. Vuoi mettere noi, con le nostre aggraziate misure, mediane e armoniose?
Però loro mi sorridono e io devo sorridere di rimando. Viviamo in una città multietnica, no? Dobbiamo volerci tutti bene.
Anche qui, nelle grotte di Toirano, ci vogliamo bene, adesso, tutti in comitiva, tutti turisti. Ma una volta non vendevate tappeti sulle spiagge?
Sono senz'altro più di noi, il sessanta per cento almeno dei visitatori. Li conto: loro sono diciassette, contro... uno, due, tre... quarantacinque europei. Toh!? Avrei detto che c'erano più stranieri, in questa coda. Sì, però, qui sono ancora pochi, è dove abito io che saranno almeno il sessanta per cento. Fra poco non ci sarà più posto per noi.
Comincia la visita. Ci inoltriamo nei meandri, la guida ci illustra le bellezze delle grotte, ci dà informazioni scientifiche sul processo di carsificazione, su come si formano le stalattiti e le stalagmiti, sui tempi che la Natura ha impiegato a formarle. “Qui siamo nell'antro di Cibele” ci informa. Le passerelle sprofondano con un percorso a spirale e ci immergono, letteralmente, fra le molte mammelle della Dea. Le abbiamo sopra, sotto e accanto, maestose rotondità sapientemente illuminate da luci diffuse che rendono i colori soffici e teneri; morbidi cuscini di calcare, rosati o azzurrini, caldi e palpitanti. Anche le ombre sembrano colorate.
All'improvviso manca la luce, per qualche secondo le mammelle della dea rimangono vagamente luminescenti, poi anche quel luccichio si estingue e piombo nel buio più assoluto. Il buio in una cavità è quanto di più tenebroso possa esistere. Non c'è notte scura che sia altrettanto nera di una grotta senza luce. Mi sento nella solitudine più completa, tutte le dimensioni dell’universo si riducono a quelle del mio corpo. Non c'è nulla all’infuori di me stesso. La mano sente solo i pochi centimetri quadrati del contatto fisico colla ringhiera. L’udito accentua il mio isolamento perchè le voci di sorpresa e di spavento degli altri gitanti mi arrivavano da una distanza siderale. Mi sforzo a cercare spasmodicamente la luce e roteo gli occhi in tutte le direzioni
Non provo panico, ma sento comunque un enorme sollievo quando la mia mano incontra quella di un altro. La stringo e lei mi stringe convulsamente. Anche lui ha paura! Non sarà il senegalese? Allora lui è come me. Le strette si calmano e diventano un caldo contatto fraterno.
Poi torna la luce. Non quella calda, soffusa e dolce di prima, ma quella cruda e sciabolante delle lampade di emergenza delle guide, che gettano ombre nette e brutali, inquietanti, minacciose.
Mi accorgo di essere ancora mano nella mano col mio... col mio cosa? Mi stacco con ribrezzo, Però, per un attimo, non mi era importato se fosse bianco, nero, giallo o marrone.