[M] Il centotredicesimo piano

Lunedì 15 giugno alle ore 21.00! E siamo alla terza tappa della Quarta Era... Guest star: BARBARA BARALDI! Avrete le solite quattro ore di tempo per scrivere un racconto che potrebbe essere scritto anche in un'ora soltanto, quindi no scuse: gente che ha tempo fino alle 23, gente che arriva alle 23, gente che può starci tutta la sera o gente che scrive dal cellulare facendosi ispirare dagli amici, MINUTI CONTATI VI ASPETTA! Guardate il trailer dell'edizione QUI
andrea.viscusi
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[M] Il centotredicesimo piano

Messaggio#1 » lunedì 15 giugno 2015, 22:42

Il sole ruota intorno a noi mentre ci arrampichiamo lentamente. Kurt mi precede. Questo vuol dire che è lui a trovare la strada, ma anche che se dovesse scivolare sarei io a sostenere il suo peso in cordata. Non so se ne avrei la forza, coi muscoli doloranti. Ma ho con me il machete, e non esiterei a usarlo.
 
Si erano spostati lì alla fine dell'inverno precedente. Il freddo tremendo di quella stagione aveva costretto il clan a cercare un posto più riparato, e avevano scoperto che i grattacieli della città costituivano un'efficace barriera contro il vento.
Avevano stabilito il campo e battuto la zona in cerca di cibo e acqua: ce n'era in abbondanza per tutti. Con un po' di fortuna, avrebbero potuto stabilirsi lì anche per un paio di anni.
Non se n'erano accorti subito. Era stato solo durante la loro quarta notte tra le rovine metropolitane che avevano visto la luce. Veniva dall'alto, dalla cima di un palazzo lontano qualche chilometro. Era intensa, limpida. E non si spegneva mai.
 
Siamo quasi in cima. Procediamo con estrema cautela, il baratro al di sotto è impressionante e le vesciche sulle mani impediscono una presa stabile. Ma ora che sta calando il crepuscolo, iniziamo a scorgere il bagliore della luce. Per adesso è fioco, ma al buio rischiarerà tutto intorno a noi.
 
– Dobbiamo scoprire cos'è – ha dichiarato Kurt al consiglio, una notte in cui era già abbastanza caldo da poter rimanere all'aperto, riuniti intorno al fuoco. Il capo è lui, ma sa di dover ricevere l'approvazione del consiglio per una missione del genere.
– È una follia – ha risposto subito Egon. – Non ci serve la luce. Abbiamo già trovato tutto quello che cercavamo.
Si oppone alla proposta, ma gli altri sanno che la sua è una sfida all'autorità di Kurt. Più giovane, più forte, più arrogante: vuole dimostrarsi degno di essere un capo.
– Tu sei troppo piccolo, non ricordi. Ma prima della tempesta solare la luce era ovunque, anche di notte. Se potessimo riavere l'uso dell'elettricità torneremo ad essere un mondo civilizzato.
Borbottii, colpi di tosse. Ghigni.
Egon si alza in piedi. La luce, quella luce, illumina i suoi occhi astuti. – Va bene. Andremo noi due, domani.
 
– La vedo! – esclama Kurt, eccitato. Con il suo piccone spacca il vetro, si issa, entra dentro. Sento la tensione della corda allentarsi. Proseguo fino alla finestra rotta (le ho contate, questa è la centotredicesima) ed entro anch'io.
Al centro della stanza c'è un oggetto conico appeso al soffitto. Al centro una sfera luminosa, accecante nel buio che ci circonda.
– Una lampadina – mormora Kurt. – Funziona! Capisci cosa significa, Egon?
Mi avvicino anch'io all'oggetto. Lo guardo dal basso: è piccolo, lucido. Emana una luce giallognola, malsana. Cattiva.
– Sì, capisco – rispondo a Kurt.
Sollevo il machete e colpisco la sfera, che si frantuma e si spegne.
Poi, nel buio, lo alza ancora.

 
Egon torna al villaggio da solo. Gli altri chiedono cosa è successo. Lui inventa una storia. Sa che, nel buio, nessuno ha visto il corpo di Kurt precipitare.



Alexia
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Messaggio#2 » martedì 16 giugno 2015, 22:06

Mi hai colpito fin dalle prime righe. Testo veloce, dinamico, scrittura matura e asciutta. Come dico sempre, in un racconto breve il trucco è chiudere il cerchio, e qui lo hai fatto egregiamente.

In poche righe è emerso un mondo, un retroscena, mi hai dato i giusti indizi per muovermi e comprendere cosa stava accadendo, e mi hai persino regalato un bel colpo di scena sulla chiusa. Mi piacerebbe leggerne un racconto più corposo.

Alexia B

Gabriele Macchiarella
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Messaggio#3 » giovedì 18 giugno 2015, 14:27

Purtroppo non amo questo genere di storie, quindi ammetto d'esser prevenuto.
Ho trovato questo testo piuttosto lento e molto spesso mi ritrovavo perso fra le righe dovendo tornare indietro nella lettura per capire bene cosa stesse accadendo.
Questo genere di storie, sia per quanto riguarda le opere letterarie che cinematografiche, siano un po' tutte simili.

torpedocolorado
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Messaggio#4 » giovedì 18 giugno 2015, 18:43

una certa tensione con un finale a sorpresa che ha il sapore dell'allegoria dei nostri tempi(il sonno della ragione e i suoi lumi che si spengono) .Mute neoprimitive inseguono il sogno dell'olimpo tecnologico raggiunto prima dell'evento catastrofico. Fino a creare un'aura quasi divina intorno ad una lampadina. Da limare alcune parti del racconto in modo da renderlo piu fluido ma...alla fine m'è piaciuto Andrea

Serena
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Messaggio#5 » giovedì 18 giugno 2015, 19:38

Ciao Andrea! Buona prova, con un testo che si dipana in maniera molto scorrevole. L'arrampicata ci permette di intravedere un mondo post apocalittico, dove molto è andato perduto, e forse potrebbe quasi essere un bene! Probabilmente non è un tema molto originale, ma nel complesso hai costruito una storia che ha un suo percorso.

A rileggerti presto!

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ceranu
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Messaggio#6 » giovedì 18 giugno 2015, 23:41

Ciao Andrea, ben tornato, sono felice di incrociarti.
Colgo l'occasione per farti i complimenti per “Bella dentro”, uno dei racconti più belli che io abbia mai letto su Minuti Contati. Sappi che mi hai fatto commuovere, e questa cosa me la pagherai ;)
Veniamo al racconto di questa volta. Come detto ad altri l'ambientazione postapocalittica non è delle più semplici. Nel tuo caso ho apprezzato la scalata sul palazzo e il ritmo che hai impresso. Ho apprezzato il finale.
La scrittura è buona, ho notato un paio di sbavature, ma nulla di particolare. Quindi posso dire che nel complesso il racconto mi è piaciuto. Bravo.
Ciao e alla prossima.

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Flavia Imperi
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Messaggio#7 » venerdì 19 giugno 2015, 0:21

Ciao Andrea!

Ambientazione perfetta, hai trasformato i grattacieli di una città in luoghi selvatici da esplorare.

Non mi è  piaciuto il continuo cambio di vista da prima persona a terza, poi ancora prima... inizia con il punto di vista del protagonista, efficace, d'impatto. Personalmente avrei continuato così, al massimo con il punto di vista degli altri, ma sempre in prima persona. Il finale con narratore esterno secondo me perde parecchio.

Lui che distrugge la lampadina è un'immagine forte, incisiva. Nel complesso un buon racconto. Complimenti!
Siamo storie di storie

Rossella_Stocco
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Messaggio#8 » venerdì 19 giugno 2015, 10:30

Ciao Andrea, il tuo racconto mi è piaciuto molto, tratta inoltre un tema che apprezzo particolarmente. Ho trovato però difficile la lettura con il passaggio dalla prima alla terza persona, e questo ha fatto perdere un pò la suspance che si doveva creare. Neanche il finale con il narratore esterno mi ha entusiasmata. Ma nel complesso l'ho trovato piacevole. Buona fortuna.

marco.fronzoni
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Messaggio#9 » venerdì 19 giugno 2015, 11:36

L’idea alla base della storia, il movente opposto dei due esploratori che viene svelato solo nel finale, l’intrigo del tradimento premeditato mi sono piaciuti, però nel brano trovo anche delle incoerenze che fatico a metabolizzare: perché costoro vivono in accampamenti esterni, quando esistono costruzioni spaziose, integre e soprattutto non infestate da esseri letali del tipo ‘io sono leggenda’? Insomma, scoprono che i grattacieli li riparano dal vento stando fuori… ma capire che standoci dentro è anche meglio?
La questione della cordata mi sfugge: viene enfatizzato l’aspetto che l’essere secondo comporterebbe il fatto che se l’apripista – Kurt - dovesse perdere la presa, Egon che segue dovrebbe sostenerne il peso, ma se fosse invece Egon a perdere la presa, Kurt mica sarebbe esente dal sostenerlo…
E allora cosa cambia l’essere primo o secondo da questo punto di vista?
Rimane ovviamente in sospeso l’argomento di non poco conto - se riferito alla ambientazione creata nel brano - riguardante da dove provenga l’energia che alimenta la lampadina.
Il finale: “poi nel buio lo alzA ancora”, sicuramente un refuso.

andrea.viscusi
Messaggi: 44

Messaggio#10 » sabato 20 giugno 2015, 12:36

rispondo a qualche osservazione random, in particolare per le osservazioni di Marco qui sopra.

quanto alla possibilità di stare negli edifici, non ho specificato (non c'era lo spazio), ma l'idea era che per qualche sorta di superstizione questa gente non si fida più a entrare all'interno delle rovine della civiltà. questo non vuol dire che se ne tengano lontani, ma preferiscno stare all'aperto. non ci sono però mostri/vampiri/zombie, ma solo una società moderna annientata da una tempesta solare (come ce ne sono spesso) più forte del normale che ha annientato tutti i dispositivi elettrici. c'è qualcosa nel testo che ti aveva portao a pensare a qualche tipo di creatura malefica?

in merito alla cordata, ammetto di non essere un esperto di arrampicate, nel senso che non ne so proprio nulla. dalle nozioni sporadiche che mi sono arrivate però mi sembra che di solito sia l'apripista a correre il maggior rischio di scivolare o trovare un appiglio falso, mentre chi segue di solito ha già la strada da seguire. quindi è vero che ognuno deve reggere il peso dell'altro, ma è più probabile che sia chi sta in alto a cadere. ma potrei anche sbagliarmi, eh.

sul "mistero" della luce, la spiegazione non viene data, lo so, ma non è quello il punto. non te lo so dire nemmeno io perché quella lampadina era accesa, perché non è un problema che mi sono posto. potrebbe essere un banale pannello solare (di cui loro hanno dimenticato l'esistenza) o un generatore a gasolio che funziona da sessant'anni, o un sortilegio della strega dell'ovest. non lo so, ma non ha importanza ai fini della storia, che non verte tanto sull'origine in sé della luce, ma sul suo ruolo.

marco.fronzoni
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Messaggio#11 » sabato 20 giugno 2015, 19:55

Appunto. Che non ci fossero mostri/vampiri/zombie si capiva, ma proprio per questa motivo, il perché non si rifugiassero all'interno degli edifici non mi era chiaro. La superstizione o la diffidenza derivanti dai trascorsi catastrofici quali deterrenti ad utilizzare l'interno degli edifici, non mi risultano proprio immediate, anche perché l'oggetto del contendere su cui i personaggi si confrontano inizialmente, tra l'altro senza particolari 'scongiuri' o tabù, riguarda proprio l'elettricità; Kurt addirittura ne parla con rimpianto e la spedizione parte con l'intento e l'ipotesi (almeno per uno dei due) di riconquistare l'uso dell'energia. Comunque nulla di male, può tranquillamente essere che sia io in difetto nell'interpretazione del brano.

gloomy97
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Messaggio#12 » martedì 23 giugno 2015, 1:50

ciao Andrea,
il tuo racconto nel complesso mi è piaciuto. Se non sbaglio fa parte del genere distopico, in cui ci si immagina uno scenario post apocalittico...
Ad essere sincera ho dovuto rileggere la parte finale per comprendere chi fosse il narratore, ma nonostante ciò mi è piaciuto il continuo cambio di vista che a mio parere contribuisce dinamicità alla storia.
Buona fortuna
Gaia

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antico
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Messaggio#13 » martedì 23 giugno 2015, 10:31

Certo, se fosse stata infilata da qualche parte l'informazione che ci sono superstizioni riguardo alle città si sarebbe evitato un problema, ma personalmente non mi ha infastidito. Una dialettica fra passato e futuro, fra chi ricorda e vorrebbe ricostruire e chi non conosce altro che il presente e a esso si adatta agendo di conseguenza. Una riflessione sociologica, un appunto sull'adattabilità che non sempre privilegia la scelta migliore, un faro a illuminare il male oscuro dell'uomo. Un racconto autoconclusivo che riesce a ricreare un mondo (al netto di un paio d'informazioni che se inserite avrebbero arricchito e completato ancora di più). Una luce che non si spegne mai che non è quella della ragione, ma quella della ricerca del potere. Un consiglio per Andrea: non una tempesta solare, ma un qualcosa creato dall'uomo, quell'uomo che non vede nonostante la luce e che pertanto è destinato a reiterare la propria autodistruzione. Per me un pollice SU in quanto già così è un testo davvero forte che, in più, nasconde ulteriori potenzialità.

tina.caramanico
Messaggi: 43

Messaggio#14 » martedì 23 giugno 2015, 14:44

L’eterna lotta per il potere qui passa attraverso il possesso di una lampadina. Buoni i dialoghi, la situazione (malgrado le poche battute) è comprensibile, chiara la motivazione di Egon. E’ meno evidente (almeno secondo me) la credibilità “tecnica”: recuperare “quella” lampadina che ancora funziona in “quel” luogo (tra l’altro come mai funziona ancora e proprio lì?) non vuol dire necessariamente avere di nuovo a disposizione l’energia elettrica, quindi il suo ruolo è tutto simbolico, contrariamente a quello che alcune battute dei dialoghi lasciano intendere.

Francesca Nozzolillo
Messaggi: 59

Messaggio#15 » giovedì 25 giugno 2015, 16:02

Ciao. Il racconto mi è piaciuto, hai centrato bene il tema. L'ambientazione è ben costruita, non ho grandi critiche da fare, a parte il fatto che il continuo cambio di punto di vista non rende immediata la comprensione do chi sia Kurt o chi sia Egon. Verso la fine anche io ho dovuto rileggere più di una volta per capire, ma il significato che c'è dietro la lampadina che si rompe mi ha molto colpito.

 

Sybilla Levanti
Messaggi: 142

Messaggio#16 » venerdì 26 giugno 2015, 19:24

Ciao Andrea, il racconto mi è piaciuto ma io ho un debole per le storie post apocalittiche che aprono un futuro incerto al genere umano e più in generale a tutto il pianeta.
A livello di trama quindi mi ha preso molto, incuriosendomi su cosa sarebbe successo nelle righe successive. Devo però dire che, ma forse è un mio problema, il passaggio tra l'italic e il font classico mi ha creato un po' di difficoltà all'inizio, ma non così grave da compromettere la riuscita della storia. Va anche aggiunto che con un limite di caratteri a disposizione, il riuscire a sintetizzare in poche righe i diversi punti di vista dei personaggi poteva non rendere facile la contestualizzazione.

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