[T] Il Signor Colombo

Lunedì 15 giugno alle ore 21.00! E siamo alla terza tappa della Quarta Era... Guest star: BARBARA BARALDI! Avrete le solite quattro ore di tempo per scrivere un racconto che potrebbe essere scritto anche in un'ora soltanto, quindi no scuse: gente che ha tempo fino alle 23, gente che arriva alle 23, gente che può starci tutta la sera o gente che scrive dal cellulare facendosi ispirare dagli amici, MINUTI CONTATI VI ASPETTA! Guardate il trailer dell'edizione QUI
Simone Cassia
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[T] Il Signor Colombo

Messaggio#1 » lunedì 15 giugno 2015, 22:58

Il Signor Colombo
 
di Simone Cassia
Mi lascio scivolare i giornalisti di dosso come se fossero olio, domani ne tireranno fuori un titoletto buono per riempire un buco sul giornale. Una storia che si ripresenta ogni estate. Il dramma che si mischia alla routine quotidiana delle nostre grandi città. Passano i paramedici con la barella ingombra di un sacco scuro. Non lo conoscevo nemmeno, anche se da casa mia si vede benissimo dove abitava. Credo che nessuno lo conoscesse. Signor Colombo, o Columbo, qualcosa di questo tipo. Un vecchio solo, prigioniero delle quattro mura di casa sua.

Mi chiedo se anch’io, quando sarò vecchio, finirò solo e dimenticato come lui. Cosa è successo all’umanità per permettere che certe cose accadano o forse sono sempre accadute e semplicemente non si veniva a conoscenza di queste storie. Ormai siamo bombardati da ogni genere di cattiva notizia. I telegiornali ci temprano con raffiche di parole e immagini, in una specie di ossessione perversa alla notizia che non fa altro che inspessire la barriera emotiva che poniamo tra noi e questo mondo.

Un giorno smetti di salutare il tuo vicino di casa, sempre che te ne accorga o che prima fosse tua abitudine farlo. Un altro giorno dimentichi di passare a trovare quel tuo vecchio amico che “tanto non se la prenderà” e così, una alla volta, chiudi tutte le porte verso l’esterno. Poi diventi vecchio, poi diventi inutile e persino coloro che adesso ti contattano (non ti cercano, non ti parlano: ti contattano) per necessità smettono di farlo. Che orrore.

Mi volto per allontanarmi da lì.

Certo che se è questo il mondo del domani, forse sarebbe meglio vivere nel passato o forse basterebbe limitarsi a non dimenticarlo. Non dimenticare cosa significa essere persone, non dimenticare di mettere ciò che ci rende tali prima di tutto quello che ci riduce a scatole vuote. Coltivare la nostra sensibilità. Ascoltare musica, leggere, fare ciò che ci appassiona. Vivere, in definitiva, e non fingere di farlo. Smettere di rimandare le cose, non avere paura di provare sentimenti, esseri chiari con noi stessi e con gli altri.

Vedo mio figlio, a cui ho detto di aspettarmi dall’altra parte della strada, quando sono vicino lo abbraccio e lo bacio. Lui mi chiede cos’è successo. Gli rispondo che a casa glielo racconterò.

A casa conto di fare di più di questo, di fargli capire che l’umanità ha dentro una luce che non deve spegnersi e che si deve lottare perché ciò non avvenga. La stessa luce che stamattina ha spinto il mio bambino a venire da me e dirmi.

“Papà, nel palazzo di fronte c’è una luce che non si spegne mai…"



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Flavia Imperi
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Messaggio#2 » martedì 16 giugno 2015, 10:35

Mi piace il modo originale con cui è stato interpretato il tema. La frase finale assume un'effetto inquietante, resa efficace dalla frase all'inizio "anche se da casa mia si vede benissimo dove abitava", che sembra casuale, invece è voluta: centro perfetto.

Tutta la parte di riflessione centrale ("mi chiedo se...") forse sarebbe stata ancora più efficace sotto forma di dialogo, come monologo rischia di far perdere un po' interesse, comunque l'ho trovata ben scritta.

L'ho subito collegato a un recente fatto di cronaca che mi aveva particolarmente impressionato, ma anche se non l'avessi colta, mi sarebbe piaciuto ugualmente. E' Complimenti per l'originalità!
Siamo storie di storie

Alice Gibellini
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Messaggio#3 » martedì 16 giugno 2015, 15:19

Il tema viene rispettato, anche se in modo indiretto e figurato (la luce intesa come senso di umanità). Lo stile è piuttosto corretto ma, a mio parere, sarebbe risultato più convincente se alcune parti, anziché spiegate, fossero state mostrate attraverso le azioni. La spiegazione della morale prevale sui fatti (la morte dell'anziano e il dialogo con il bambino), ai quali non viene dato sufficiente spazio. Forse sarebbe stato possibile trasmettere lo stesso messaggio tramite una descrizione più accurata di ciò che è avvenuto (ad esempio, cos'è successo precisamente al vicino di casa?).

Simone Cassia
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Messaggio#4 » martedì 16 giugno 2015, 16:48

@Alice: non è importante nel dettaglio quello che è successo, quanto lo spunto di riflessione che ne viene fuori. Il punto del racconto è che i drammi che sentiamo al telegiornale ci toccano relativamente fino a quando non ne diventiamo protagonisti ed è quello che succede al protagonista. Il figlio gli fa notare che nel palazzo di fronte c'è una luce che non si spegne mai e il protagonista decide di attivarsi (avrebbe potuto dire al bambino che non era nulla di interessante). Non è spiegato, ma ci sono tutti gli indizi per capire che ha chiamato i soccorsi perché indagassero e il risultato è il rinvenimento di un anziano solo e dimenticato che è venuto a mancare di cui nessuno ha sentito la mancanza. Un dramma silenzioso che fa pensare.

@Flavia: avrei potuto fare un dialogo, vero, ma non mi sento ferratissimo nella stesura dei dialoghi e questa è la prima edizione di Minuti Contati a cui partecipo; ho voluto iniziare con qualcosa su cui mi sentivo certo, più avanti sperimenterò.

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eleonora.rossetti
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Messaggio#5 » mercoledì 17 giugno 2015, 9:07

Ciao Simone! Che bello, il tuo primo Minuti Contati e siamo nello stesso girone, che colpo! ^^

Tema rispettato (luce intesa come l'umanità nelle persone, il provare ancora sentimenti e pietà verso il prossimo), la resa è buona anche se, come alcuni ti hanno fatto notare, c'è poca azione e molto raccontato/riflessione, ma questo è un gusto personale.

Alcune frasi mi suonano un po' "stonate" come questa:
Cosa è successo all’umanità per permettere che certe cose accadano o forse sono sempre accadute e semplicemente non si veniva a conoscenza di queste storie.

Rileggendola parto con un tono d'interrogativa e poi finisco con un affermativa (e il tempo verbale al passato non mi si concorda).

Meravigliosa invece questa, che raccoglie tutto il tono amaro del racconto:
(non ti cercano, non ti parlano: ti contattano)

Sulla frase finale ho un attimo zoppicato a trovarci un senso, ed è stato dopo il tuo intervento che ho compreso la vera realtà dei fatti. Ecco, mi sarebbe piaciuto che questa realtà (cioè che è stato lui ad attivarsi per i soccorsi eccetera) trapelasse un poco di più, perché all'inizio il tono mi sembra poco "partecipe", come se stesse apprendendo il fatto con sufficienza.

 

Resta comunque un buon lavoro! ;)
Uccidi scrivendo.

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marco.roncaccia
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Messaggio#6 » mercoledì 17 giugno 2015, 9:52

Ciao Simone,
rispetto al tema, che inserisci per esteso alla fine del racconto, direi che ci siamo. Il racconto tocca un tema importante e l’anonimato di chi ci è vicino è reso benissimo con quel “Colombo o Columbo non ricordo bene”. Trovo però le riflessioni del protagonista preponderanti rispetto agli avvenimenti. Il protagonista ci dice parecchie cose ma ce ne mostra poche. Tanto che, secondo me, la considerazione sulla luce che ha dentro l’umanità rovina un po’ l’effetto della frase finale che, invece, posta in bocca al figlio, in relazione alla scoperta indiretta della fine dell’anziano, la trovo originale.

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Daniele_picciuti
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Messaggio#7 » mercoledì 17 giugno 2015, 9:57

Eccomi. Allora, secondo me la parte dedicata al monologo/riflessione è troppo estesa, e se la tua intenzione di far riflettere sulla società moderna è indovinata, dall'altra la storia ne risulta appesantita, dal momento che non stai inserendo una riflessione in un romanzo o in un racconto medio/lungo, lo stai facendo in un racconto breve che, di conseguenza, diventa la riflessione. Io avrei sacrificato cinque righe per creare meglio il quadro, magari un breve scambio tra lui e il figlio o un agente, o un ulteriore dettaglio che inquadrasse ciò che lui ha fatto, ovvero chiamato i soccorsi. Ecco, se dovessi dire come mi sembra il racconto direi: sbilanciato. Ma ben scritto, comunque.
Il mondo che ho creato non è solo parte di me, ma esiste, come esiste la fede.

Simone Cassia
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Messaggio#8 » mercoledì 17 giugno 2015, 11:00

Volevo ringraziarvi delle recensioni, ho notato che tutti mi avete fatto notare lo sbilanciamento del racconto verso l'ambito riflessivo. La cosa è voluta, non mi sono fatto "prendere la mano" ;) . L'azione, che è solo accennata, svanisce per essere puro spunto riflessivo. Se però tutti lo percepite come criticità, è un dato che di cui devo tener conto per migliorare :)
Grazie ancora.

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angelo.frascella
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Messaggio#9 » mercoledì 17 giugno 2015, 22:36

Ciao Simone.

Ciao Simone.

Devo dire che mi riesce difficile considerare il tuo scritto come un racconto. Mancano trama, personaggi, dialoghi, ambientazione e si riduce il tutto a una riflessione su un avvenimento di cronaca. Potrebbe andare bene in un testo lungo, ma qui no. Tra l'altro si tratta di riflessioni condivisibili, ma tutto sommato banali che tutti abbiamo sentito o espresso almeno una volta nella vita, di fronte a questi (purtroppo) frequenti fatti di cronaca. Invece bisognerebbe dare qualcosa di "nuovo" al lettore. Permettimi di dire però che lo stile è buono e quindi puoi lavorarci sopra. Ti propongo un esercizio: perché non provi a dare una svolta "drammatica" al racconto, scrivendo il tutto dal punto di vista di un essere umano abietto che è contento per la sorte del signor Colombo e facendo trasparire un odio forte e immotivato per motivi banali nei confronti del povero vecchietto (magari con tanto di frasi e facce di circostanza nei confronti degli altri passanti che invece si dolgono per davvero per la vittima)?

A rileggerci
Angelo

Simone Cassia
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Messaggio#10 » giovedì 18 giugno 2015, 10:03

Fatality! Mancanza di dialoghi, trama, personaggi e ambientazione... ho vinto qualcosa? :P
Scherzi a parte, ti  ringrazio per il commento e per i complimenti allo stile. L'esercizio che mi proponi sembra piuttosto divertente, anche se non ho problemi ad esprimere cattivi sentimenti, solo, non avevo intenzione di farlo. Immagino che comunque l'esercizio non sia scollegato al "nuovo" da offrire al lettore, altrimenti non capirei perché i buoni sentimenti risultino banali mentre i cattivi meritino di essere raccontati. Ho già promesso agli altri che smusserò il lato riflessivo dei miei racconti e rinnovo anche a te questa promessa :)

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angelo.frascella
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Messaggio#11 » giovedì 18 giugno 2015, 11:03

:)

Non è che abbia nulla contro i buoni sentimenti, sia chiaro. Sono pur sempre un Jedi :)

Il fatto è che (ci ho messo un po' a capirlo pure io) i buoni sentimenti sbattuti in faccia così possono suonare melensi e un po' stucchevoli (i miei primi racconti colavano melassa). Meglio indurli indirettamente nel lettore, dal mio punto di vista.

Aggiungo una mia opinione/sensazione: i grandi scrittori del passato erano anche grandi pensatori, con conoscenza approfondita della filosofia, dei dilemmi etici e morali che vi si nascondono dietro ecc. Quando leggo per esempio Dostoevskij e lui si prende la libertà di fare digressioni e discorsi, rimango sempre a bocca aperta dalla loro profondità. Per quello che mi riguarda, sono cosciente di non essere assolutamente all'altezza di quel modello ed evito di perdermi in lunghe riflessioni che, sono certo, risulterebbero banali non perché non valide, ma perché non avrebbero quell'impalcatura concettuale approfondita che potrebbero permettere a un lettore di "imparare" qualcosa in più su di sè e sul mondo.
Questo ovviamente vale per me e, probabilmente, tu hai altri strumenti "concettuali": rimane valida, anche in questo caso, l'idea di dare qualcosa di più, nelle riflessioni, qualcosa che possa stupire il lettore.

Per quel che mi riguarda, la famosa regola del "Show don't tell" mi viene in aiuto: se il messaggio che voglio dare è "semplice", dirlo in parola lo banalizzerebbe, ma farlo provare sulla pelle del lettore avrebbe un'efficacia infinitamente maggiore. Il suggerimento del punto di vista negativo andava in questo senso: anziché dire "ma guarda che brutto mondo quello in cui l'indifferenza altrui fa morire un povero vecchio da solo", rendere palpabile" l'indifferenza o la cattiveria, mostrando un esemplare di essere umano che si comporta in tal modo indurrebbe nel lettore l'indignazione morale e quindi gli farebbe sentire interiormente la verità che in questo racconto è invece solo descrivetta.

Ovviamente siamo qui per discutere liberamente e se non sei d'accordo sul mio modo di vedere la scrittura, mi farebbe molto piacere ascoltare le tue opinioni in proposito.

Simone Cassia
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Messaggio#12 » giovedì 18 giugno 2015, 11:47

Ho capito cosa intendi e ti ringrazio perché mi dai modo di approfondire il problema del rapporto stile/contenuto ;)

Ho scritto in questa maniera, risultando magari banale e stucchevole a chi ha l'abitudine di guardare costantemente oltre le cose, perché di esempi negativi di cui indignarsi moralmente siamo circondati, eppure questi non fanno sempre effetto ma anzi, lo fanno sempre meno. Allora, forse, c'è bisogno che certe cose vadano dette chiare e tonde piuttosto che lasciate intuire (anche se so che non ci si può limitare a questo, o si suonerebbe come un disco rotto). Forse c'è bisogno di un attimo di pausa in cui ricaricarsi di buoni sentimenti.

Rispetto tutti gli altri canali di comunicazione, la lettura ha il pregio di focalizzare l'attenzione del lettore (è difficile leggere mentre si fa altro, cosa che non avviene con Tv, radio e web) che può approcciarsi al mezzo con il proprio tempo. Una composizione di 3000 battute, oltretutto, è breve abbastanza da poter raggiungere anche le persone meno abituate a leggere.

Ecco tutti gli ingredienti che hanno fatto questa torta che è come quelle con la panna, piace un po' a tutti anche se alcuni la trovano troppo dolce :P

Omaima Arwen
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Messaggio#13 » venerdì 19 giugno 2015, 23:57

Il tema è incentrato pienamente. Il racconto è risultato ben scritto, originale e la luce intesa come umanità nelle persone è un tema davvero importante. Anche secondo me sarebbe risultato più convincente se alcune parti, anziché spiegate, fossero state mostrate attraverso le azioni, comunque risulta avvincente ugualmente. In generale mi è piaciuto!

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Linda De Santi
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Messaggio#14 » lunedì 22 giugno 2015, 13:03

Ciao Simone, anch'io la penso come Angelo, il tuo racconto non sembra proprio un racconto ma una riflessione sulla società odierna. Purtroppo nella tua storia sento l'autore che spiega e poco il narratore che mostra, forse con un piccolo sforzo in più il racconto sarebbe sembrato meno una riflessione generale e di più un racconto (ad esempio aggiungendo dettagli sulla vita del protagonista: invece dell'"vecchio amico che non se la prende" avresti potuto fare un nome o raccontare un piccolissimo aneddotto).
Con ciò, sono d'accordo con quello che scrivi, e mi è piaciuto il finale che a suo modo è una piccola sorpresa e riprende il tema del contest. A rileggerci :)

Fernando Nappo
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Messaggio#15 » lunedì 22 giugno 2015, 14:48

Ciao Simone,
m'è piaciuta molto la tua declinazione del tema del concorso, con un finale davvero indovinato. Purtroppo, la parte delle riflessioni sulla società rallenta un po' il racconto, suonano un po' troppo telefonate, già sentite e un po' stucchevoli, benché le trovi in larga parte condivisibili.
Ti dirò, anziché convertire quella parte in un dialogo, io proverei addirittura ad eliminarla del tutto.
Comunque mi pare un buon racconto.

carolina.pelosi
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Messaggio#16 » martedì 23 giugno 2015, 12:45

Ciao Simone.
Certo, c’è molta più riflessione di fatti raccontati, in questa storia. Consideriamolo pure un monologo, e io adoro i monologhi. Mi piace che sia un padre a parlare, che si preoccupi del figlio e di fargli sapere che non deve diventare un essere umano spento e senza stimoli. Mi verrebbe da collocare il tuo racconto nella categoria “di formazione”. Ci sono cliché, come “certo che se è questo il mondo del domani, forse sarebbe meglio vivere nel passato”, ormai tanti la pensano così, ma il futuro dobbiamo pure sapercelo costruire. Però ho apprezzato l’intervento finale del bambino.
In sostanza, un buon lavoro.

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antico
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Messaggio#17 » sabato 27 giugno 2015, 17:55

Benvenuto a Minuti Contati! Il finale è splendido. L'idea che la morte dell'anziano sia stata scoperta grazie alla curiosità e capacità di notare i particolari di un bambino chiude il cerchio alla perfezione. Peccato per la parte centrale eccessiva nel suo essere riflessione sui mali del presente. Non dico che i concetti espressi siano sbagliati, ma sono troppo ESPRESSI. La situazione è tale da permettere dei dialoghi con i curiosi accorsi sulla scena, penso dovresti sfruttarla. Il protagonista può ascoltare e anche, all'occorrenza, interagire e potresti fare uscire gli stessi concetti, ma in modo meno pesante e forzato. Altra cosa che modificherei, il fatto di lasciare il bimbo dall'altra parte della strada: al giorno d'oggi non credo che qualcuno mollerebbe un bimbetto anche solo per un istante, glielo farei portare dietro. Al laboratorio hai la possibilità di ripostare il racconto modificato e pure 2000 caratteri in più, ti aspetto. Il mio giudizio è un pollice che vorrebbe tanto essere su perché quella chiusa è fra le migliori che mi sia capitato di leggere in un racconto breve, ma che si deve attestare più sul NI (tendente all'alto) a causa della parte centrale decisamente incriccata.

Simone Cassia
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Messaggio#18 » sabato 27 giugno 2015, 18:44

Ok, Capo! Ci leggiamo al laboratorio :)

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