[V] La luce non si spegne mai

Lunedì 15 giugno alle ore 21.00! E siamo alla terza tappa della Quarta Era... Guest star: BARBARA BARALDI! Avrete le solite quattro ore di tempo per scrivere un racconto che potrebbe essere scritto anche in un'ora soltanto, quindi no scuse: gente che ha tempo fino alle 23, gente che arriva alle 23, gente che può starci tutta la sera o gente che scrive dal cellulare facendosi ispirare dagli amici, MINUTI CONTATI VI ASPETTA! Guardate il trailer dell'edizione QUI
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Gian de Steja
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[V] La luce non si spegne mai

Messaggio#1 » martedì 16 giugno 2015, 0:51

Enrichetto era il classico bullo malavitoso. All'inizio erano piccoli reati, a 17 anni sapeva picchiarsi e far valere la propria corporatura. A 27 anni era già un ergastolano e aveva collezionato decine di crimini, tra i quali l'omicidio di due poliziotti che avevano osato fermarlo in stato di ebbrezza. La violenza, quella vera, lui l'aveva conosciuta in famiglia e la sua unica scuola era il carcere.
Anche se passava tantissimo tempo in isolamento, in quelle anguste celle umide e scure, lui sembrava non soffrire quel tipo di punizioni: al rientro in cella era provato ma pronto a ricominciare ad attaccare briga con chiunque gli pestasse i piedi.
Qualche anno dopo accadde però un fatto che lo cambiò radicalmente.
Un giorno, per i soliti futili motivi, ebbe un alterco con Mimì, detto O' Stonato. Mimì viveva perennemente nella sua cella, che non lasciava neanche durante l'ora d'aria. A parte il fatto che ogni tanto iniziava a insultare a casaccio chiunque gli passasse davanti, era quasi diventato la mascotte del carcere, una specie di macchietta che tutti prendevano in giro, ma a cui, in fondo, erano affezionati. Mimì viveva da solo in cella per via delle sue stranezze ma lui si era trovato degli amici particolari: aveva una specie di collezione di animaletti che chiamava ognuno per nome. In quel periodo aveva trovato una femmina di lucciola che custodiva gelosamente in una scatola di fiammiferi e che aveva chiamato Marylin.
Un giorno Enrichetto, particolarmente nervoso, invece di subire passivamente gli innocui insulti di Mimì, finì per minacciarlo pesantemente e, quando gli fu a tiro, riuscì con un veloce gesto a strappare di mano la scatoletta con Marylin e ne schiacciò contenitore e contenuto. Mimì, in preda a una rabbia cieca, si gettò addosso al bestione e lo colpì con un inaspettato quanto inefficace schiaffone. Risultato: Mimì in infermeria con frattura multipla a naso e zigomo e bestione in isolamento per una settimana.
Dopo un paio di giorni Mimì fu trovato nella sua cella impiccato alle inferriate con il classico metodo della corda di lenzuola.
E' in questo frangente che cambia la vita di Enrichetto: al ritorno in cella, palesemente stravolto, i compagni lo sentirono ripetere come un mantra: "la luce… la luce non si spegne mai". Quando lo avvertirono di quanto successo a Mimì, scoppiò in un pianto fragoroso e si chiuse nel silenzio assoluto; da quel momento nessuno lo sentì mai più proferire parola.
Visse nel carcere per altri dieci anni diventando un detenuto modello, finché un giorno si trovò coinvolto, suo malgrado, in un tentativo di evasione da parte dei suoi compagni di cella. Gli toccò la vecchia cella di isolamento come inevitabile punizione e lì morì. Lo trovarono con il volto fracassato a suon di testate sulla parete. Sul pavimento era scritto col sangue un nome: Marylin.
I due agenti che lo trovarono dissero che in un angolo della cella c'era una femmina di lucciola, cosa alquanto insolita per il mese di gennaio.


"L'aria sarà sempre troppo carica di qualcosa. Il vostro corpo sempre indolenzito o stanco. Vostro padre, sempre troppo ubriaco. Vostra moglie sempre troppo fredda. Avrete sempre una qualche scusa per non vivere la vostra vita." C. Palahniuk

alexandra.fischer
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Messaggio#2 » mercoledì 17 giugno 2015, 9:36

LA LUCE NON SI SPEGNE MAI di Gian de Steja Racconto cupo. La giovinezza di Enrichetto è all’insegna della caduta agli inferi. E la sua azione nei riguardi di Mimì O’Stonato lo condanna alla follia (il fantasma della lucciola Marylin lo perseguita fino al suicidio contro la parete della cella). Efficace l’immagine orrorifica del nome della lucciola scritto con il sangue da Enrichetto. Il suicidio di Mimì, a mio avviso, è una citazione di Fuga di Mezzanotte, ma c’è anche un rimando a Coleridge e alla Ballata del Vecchio Marinaio ( il cui messaggio di fondo è: guai a non rispettare la natura e i sentimenti), ma questo è sempre un mio parere. La sorpresa del racconto è nel titolo: indurrebbe ottimismo, invece, che doccia scozzese.

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Vastatio
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Messaggio#3 » venerdì 19 giugno 2015, 9:15

Ciao, trovo che la scelta di "raccontare" per intero la vicenda anestetizzi il lettore per tutta la lettura del racconto. I punti cardine della storia (l'uccisione della lucciola, l'uscita dalla cella di isolamento e il suo rientro che porta al suicidio/omicidio con il ritrovamento della lucciola) sono ovattati e si perde molta della loro forza evocativa che un semplice scambio di battute o una diversa inquadratura della scena (per la scoperta della lucciola finale) avrebbe potuto imprimere a fuoco in chi legge.

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antico
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Messaggio#4 » sabato 20 giugno 2015, 16:53

Troppo raccontato, non si riesce a empatizzare con i protagonisti e a "sentire" le vicende di Enrichetto. L'intuizione della lucciola era molto buona, ma l'evento topico della sua uccisione risulta troppo lontano dal lettore. La stessa storia si sarebbe potuta raccontare dialogandola e partendo dallo scontro con Mimì aumentando il contrasto esplicito a discapito di quello solo suggerito attraverso il freddo racconto, facendo vivere i protagonisti. Il tema è inserito con originalità ed è un peccato che, in pratica, ti sia fermato all'idea senza plasmarla dandole una forma compiuta. Questo, in caso di mancata qualificazione alla fase finale, è un tipico caso da laboratorio. Al momento il pollice sta sul NI grazie soprattutto alle potenzialità della storia.

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AmbraStancampiano
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Messaggio#5 » domenica 21 giugno 2015, 18:26

Ciao,

trovo la tua idea molto interessante, ma raccontata così perde molto, e l'unica cosa che si avverte è la mancanza del giusto spazio per spiegare bene ogni cosa.

La stessa idea però, selezionando solo un paio di episodi e senza partire dalla storia della vita di Enrichetto, poteva essere raccontata in maniera molto efficace anche nello spazio dei 3.000 caratteri.  Purtroppo scritto così il tuo racconto sembra più una sinossi: la sensazione è che sia tutto ammassato, gli stacchi temporali non si percepiscono bene e non ci sono immagini, a parte quella finale che infatti è molto forte e ben costruita.

La costruzione del mondo/carcere invece, secondo me è fatta molto bene.
Qui giace il mio cervello, che poteva fare tanto e ha deciso di fare lo stronzo.

Luigi_Locatelli
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Messaggio#6 » lunedì 22 giugno 2015, 12:09

Trovo che i tuo racconto, dal punto di vista tecnico, sia scritto molto bene. Nel leggerlo, mi è venuto in mente, anche se non centra molto, "il miglio verde". Secondo me, l'idea alla base del racconto è valida, ma meriterebbe più spazio per essere "mostrata" e sviluppata in modo diverso.
Il fatto che il tutto sia raccontato, per me è penalizzante da un punto di vista del coinvolgimento emotivo. Coinvolgimento che potrebbe essere creato nel rapporto detenuto/lucciola e la paura che, per il protagonista potrebbe diventare ossessione e portarlo alla morte. Il tema mi sembra centrato.

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beppe.roncari
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Messaggio#7 » lunedì 22 giugno 2015, 12:43

Ciao Gian, ben trovato.
Te l’hanno già detto in tanti e devo confermare, il tuo testo è troppo “raccontato”, al punto da diventare un aneddoto o una storiella da bar, da quelle che inframmezzano racconti più lunghi in una pausa dei protagonisti all’osteria, ma non è un racconto. È un po’ come le battute scambiate dai killer di Pulp Fiction prima di entrare in azione.
Simili testi possono servire per caratterizzare personaggi esterni, ma non come vere e proprie storie a sé stanti.
Alla prossima!

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alessandra.corra
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Messaggio#8 » giovedì 25 giugno 2015, 16:24

Ciao,

Racconto sulla vita dei detenuti in un carcere che nel finale assume tinte horror. La storia sarebbe interessante, carina anche l'idea della lucciola (anche se forse è poco credibile che un detenuto sia riuscito davvero a trovare e tenere con sè una lucciola) ma il problema è che tutto è raccontato troppo freddamente e per questo si fa fatica a provare vera empatia per i personaggi e la vicenda.
Alla prossima!

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Gian de Steja
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Messaggio#9 » giovedì 25 giugno 2015, 16:50

Beh, non c'è molto da dire, avete ragione al 100%. Il fatto è che lo avevo buttato giù con dialoghi e tutto ma superavo abbondantemente i 6000 caratteri. Ormai l'idea di storia che avevo in testa era ben definita e volevo portarla avanti in quel poco tempo che mi rimaneva. E questo è il risultato. ;)
Grazie a tutti per la lettura. ;)
"L'aria sarà sempre troppo carica di qualcosa. Il vostro corpo sempre indolenzito o stanco. Vostro padre, sempre troppo ubriaco. Vostra moglie sempre troppo fredda. Avrete sempre una qualche scusa per non vivere la vostra vita." C. Palahniuk

viviana.tenga
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Messaggio#10 » giovedì 25 giugno 2015, 22:33

Ciao Gian,

Idea interessante e originale, ma troppo compressa e troppo raccontata. Capisco che lo spazio era poco, ma forse avresti potuto sfruttarlo meglio concentrandoti solo sulla parte centrale del racconto, tagliando un po' di dettagli dall'introduzione del personaggio e la sua fine. Altro aspetto che penalizza il racconto è lo stile distaccato, che fa sembrare il racconto un riassunto freddo.

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patty.barale
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Messaggio#11 » venerdì 26 giugno 2015, 0:22

Ciao Gian e bentrovato.
A parte qualche salto nei tempi verbali e un "cella... celle" un po' troppo ravvicinate, non ho rilevato altri errori formali, ma, purtroppo, la storia non l'ho capita!
Perché un delinquente/bullo dovrebbe patire così tanto il fatto che Mimi si sia suicidato da non parlare più e diventare un detenuto modello? L'anima della lucciola lo perseguita? In che modo una piccola lucciola, con la sua luminescenza può stravolgere a tal punto una mente avvezza alle durezze della vita? E mi pare poco probabile che i secondini, al ritrovamento di un detenuto morto con la faccia fracassata contro i muri (forse sarebbe più corretto parlare di cranio, piuttosto che di faccia, perché presumo che uno pigli a testate la parete e non a "facciate") abbiano l'acutezza di notare anche la presenza di una lucciola...
Mi dispiace, ma tutte queste cose non mi convincono!
Alla prossima.
:-)

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