Lea
Inviato: martedì 18 dicembre 2018, 0:20
Era strano. Eppure lei era sicura che, dalla morte del nonno, nessuno fosse mai entrato in quella casa, se non lei il giorno del funerale, l’unica rimasta a portare il cognome, a mandare avanti tutto.
Sola.
Quello specchio enorme, a figura intera, con la cornice barocca, scrostata: non c’era mai stato prima.
Due maschere da teatro ben distinte tra i numerosi fregi: la commedia e la tragedia. Il vetro macchiato, usurato dal tempo e brunito dalla polvere. Possibile che in tutti gli anni in cui aveva vissuto e amato quei luoghi non l’avesse notato?
Faceva freddo, nel salone del castello di famiglia, eppure il metallo del telaio sembrava tiepido, come fosse stato a contatto, fino a poco prima, con qualcosa di vivo.
Lea toccava lo specchio con la sinistra, un brivido direttamente sul cuore, mentre teneva con l’altra mano sollevato il lenzuolo polveroso che lo copriva.
Con l’indice carezzò i due puttini alati, che sembrarono farle l’occhiolino e mise le dita attorno al gambo di un fiore. Sfiorò con i polpastrelli la superficie riflettente e trasalì.
Come gocce di sangue la punta delle sue dita rimase impressa arrossando specchio che sussultò. Fece un passo indietro, qualcosa le si insinuò tra le caviglie, sfiorandole.
Gridò, ma subito sorrise.
Era Bastian, il norvegese delle foreste di suo nonno, che iniziò un festoso ronron di saluto, strusciandosi, felinamente contento, su di lei.
Lea lo coccolò, dimentica dello specchio è solo dopo essersi saziata del benessere del contatto si guardò allo specchio scoprendo i denti.
Quello che vide la stupì, ma non la sorprese del tutto: non la donna decadente, vecchia, sola che ormai ben conosceva, ma la ragazzina che amava giocare col gattone, che adesso, dopo averle fatto la pasta su una gamba, si rotolava ai suoi piedi.
Quanti anni erano passati? Trenta? Quaranta forse?
Capì che finalmente era arrivata, dopo una vita intera alla ricerca di un percorso che nessuno può dire dove ti porti.
Nessun posto è così lontano come quello dove vorresti essere.
Mise entrambe le mani sullo specchio, mentre il gatto ci passava attraverso.
Pensò a quell’uomo dolce, che le mancava tanto.
“Non sono lontano, sono solo dall’altra parte.”
Chissà se ci avrebbe messo ancora molto a ritrovare il nonno.
Sola.
Quello specchio enorme, a figura intera, con la cornice barocca, scrostata: non c’era mai stato prima.
Due maschere da teatro ben distinte tra i numerosi fregi: la commedia e la tragedia. Il vetro macchiato, usurato dal tempo e brunito dalla polvere. Possibile che in tutti gli anni in cui aveva vissuto e amato quei luoghi non l’avesse notato?
Faceva freddo, nel salone del castello di famiglia, eppure il metallo del telaio sembrava tiepido, come fosse stato a contatto, fino a poco prima, con qualcosa di vivo.
Lea toccava lo specchio con la sinistra, un brivido direttamente sul cuore, mentre teneva con l’altra mano sollevato il lenzuolo polveroso che lo copriva.
Con l’indice carezzò i due puttini alati, che sembrarono farle l’occhiolino e mise le dita attorno al gambo di un fiore. Sfiorò con i polpastrelli la superficie riflettente e trasalì.
Come gocce di sangue la punta delle sue dita rimase impressa arrossando specchio che sussultò. Fece un passo indietro, qualcosa le si insinuò tra le caviglie, sfiorandole.
Gridò, ma subito sorrise.
Era Bastian, il norvegese delle foreste di suo nonno, che iniziò un festoso ronron di saluto, strusciandosi, felinamente contento, su di lei.
Lea lo coccolò, dimentica dello specchio è solo dopo essersi saziata del benessere del contatto si guardò allo specchio scoprendo i denti.
Quello che vide la stupì, ma non la sorprese del tutto: non la donna decadente, vecchia, sola che ormai ben conosceva, ma la ragazzina che amava giocare col gattone, che adesso, dopo averle fatto la pasta su una gamba, si rotolava ai suoi piedi.
Quanti anni erano passati? Trenta? Quaranta forse?
Capì che finalmente era arrivata, dopo una vita intera alla ricerca di un percorso che nessuno può dire dove ti porti.
Nessun posto è così lontano come quello dove vorresti essere.
Mise entrambe le mani sullo specchio, mentre il gatto ci passava attraverso.
Pensò a quell’uomo dolce, che le mancava tanto.
“Non sono lontano, sono solo dall’altra parte.”
Chissà se ci avrebbe messo ancora molto a ritrovare il nonno.