Garbo
Inviato: martedì 18 dicembre 2018, 0:54
GARBO
New York, 1988
Altri dieci anni erano passati e ci saremmo ritrovati ancora. Nella nostra esistenza la lontananza era necessaria. Non potevamo permettere che qualcuno ci vedesse insieme.
Tutto era pronto per la riunione, la tavola apparecchiata. La servitù se ne era già andata, saremmo rimasti soli.
Mi tolsi il velo, finalmente, non ne avevo più bisogno. La mia bellezza senza età tornò a fiorire. Mi truccai, cercando di dare il meglio di me. I ricordi delle glorie passate mi raggiunsero, colmandomi di rimpianti.
Ero inadeguata, non ero in grado di riciclarmi come loro, di tornare a combattere. Forse ero stanca di lottare.
Presto sarei morta. Un anno, forse due. Non potevo prorogare ancora. Loro non me lo avrebbero permesso. Ma cosa sarei stata, dopo?
Che ne sarebbe stato dei Renoir? Quei quadri li amavo, ma non avrei potuto portarli via. Nella mia nuova vita non c’era posto per loro.
Mina fu la prima ad arrivare. Nella sua nuova forma faticai a riconoscerla. Era una bella donna, ma aveva rinunciato alle sue forme prorompenti. Non notai alcuna somiglianza con gente nota.
Prima che potessi interrogarla fece una smorfia. “Proprio non ti rassegni, vero?”.
Come avrei potuto, dopo ciò che ero stata? “Come ti chiami, adesso?”.
Tornò quel sorriso che aveva incantato il mondo. “Conoscerlo non ti sarà di aiuto. Ho abbandonato il mondo del cinema, se proprio vuoi saperlo”.
“Per quale ragione? Tu lo adoravi”.
“Evolversi, cara. È questo il nostro compito. Ma tu non lo puoi accettare”.
“Evolversi come?”.
“Sono una ricercatrice, se ti interessa. E anche promettente. Si attendono grandi cose da me”.
Era comunque sprecata. “Per me resterai sempre Marilyn Monroe”.
Si mise a ridere. “Preistoria! Sono passati venticinque anni, ormai. Io l’ho seppellita, perché tu non ci riesci?”.
Sfuggii il suo sguardo. “Eri magnifica”.
“Avrei forse dovuto ridurmi come te, chiusa in casa da più di quarant’anni? Tu ci stai mettendo in pericolo tutti quanti”.
“Non sarà per molto”, mormorai.
“Voglio ben sperare”. Controllò la tavola e contò i posti. “Alan non credo che possa venire. È in Russia in questo periodo”.
“Non è mai mancato!”.
“Se proprio vuoi saperlo, si sta stufando di queste riunioni. In questa casa, poi!”.
Non potei ribattere, suonarono alla porta. “Forse è lui”, mi eccitai.
Era James Dean, invece. Qualunque nome avesse adesso, per me sarebbe rimasto per sempre quella fiammante stella cometa. Mi baciò la mano. “Incantevole come sempre, mia cara”.
“Non mi dire che hai rinunciato al cinema pure tu, ti prego”.
Si mise a ridere. “A dire il vero no, però adesso preferisco stare all’altro lato della macchina da presa”.
“È un abominio”.
“Si può essere grandi una volta solo”, disse Mina. “Possiamo essere tutto ciò che vogliamo, perché ripetersi?”.
Fingevano di non capire, ma ero certa che nel loro animo sentissero struggente quella mancanza.
“Elvis non verrà? Ne sei sicura?”.
Mina sbuffò. “Piantala di chiamarlo Elvis! Lui è Alan. Non è più Elvis da dieci anni! Sono tutti morti, Elvis Presley, James Dean e Marilyn Monroe. Appartengono al passato, perché non ti rassegni?”.
“Io no”, mormorai.
Mina sbuffò, ma anche il mio James Dean fece una smorfia. “Certo, tu no. Sei leggenda, ma ancora non ti basta”.
Le aprii il mio cuore. “Che altro potrei fare, dopo?”.
“Non hai idea delle possibilità che offre questo mondo. Ne abbiamo esplorato solo una piccola parte. Noi siamo meglio di loro, molto meglio. Possiamo essere ogni cosa, non riesci ad accettarlo?”.
“Più di così?”.
Sorrise. “Oh, cara. Sarai pure una leggenda, ma anche tu sei stata dimenticata. Che tu viva o muoia ti attende l’oblio”.
Mi irrigidii. “Non c’è mai stato nessuno grande come me”.
“Ai tuoi tempi, forse. Ma ora i tuoi film non li vede più nessuno. È tempo di cambiare”.
L’amato James cercò di stemperare la tensione. “Che ne dite di accomodarci?”.
Forse lei aveva emulato il mio successo, ma non era mai stata un’attrice vera. Se il suo mito era sopravvissuto era solo grazie al modo che aveva scelto per andarsene. In fondo non mi era mai piaciuta molto.
“Meglio se hai smesso di recitare”, ribattei.
Mina fu divertita e mi fece pure una riverenza. “Nessuna sarà mai grande come te, o somma Greta”.
New York, 1988
Altri dieci anni erano passati e ci saremmo ritrovati ancora. Nella nostra esistenza la lontananza era necessaria. Non potevamo permettere che qualcuno ci vedesse insieme.
Tutto era pronto per la riunione, la tavola apparecchiata. La servitù se ne era già andata, saremmo rimasti soli.
Mi tolsi il velo, finalmente, non ne avevo più bisogno. La mia bellezza senza età tornò a fiorire. Mi truccai, cercando di dare il meglio di me. I ricordi delle glorie passate mi raggiunsero, colmandomi di rimpianti.
Ero inadeguata, non ero in grado di riciclarmi come loro, di tornare a combattere. Forse ero stanca di lottare.
Presto sarei morta. Un anno, forse due. Non potevo prorogare ancora. Loro non me lo avrebbero permesso. Ma cosa sarei stata, dopo?
Che ne sarebbe stato dei Renoir? Quei quadri li amavo, ma non avrei potuto portarli via. Nella mia nuova vita non c’era posto per loro.
Mina fu la prima ad arrivare. Nella sua nuova forma faticai a riconoscerla. Era una bella donna, ma aveva rinunciato alle sue forme prorompenti. Non notai alcuna somiglianza con gente nota.
Prima che potessi interrogarla fece una smorfia. “Proprio non ti rassegni, vero?”.
Come avrei potuto, dopo ciò che ero stata? “Come ti chiami, adesso?”.
Tornò quel sorriso che aveva incantato il mondo. “Conoscerlo non ti sarà di aiuto. Ho abbandonato il mondo del cinema, se proprio vuoi saperlo”.
“Per quale ragione? Tu lo adoravi”.
“Evolversi, cara. È questo il nostro compito. Ma tu non lo puoi accettare”.
“Evolversi come?”.
“Sono una ricercatrice, se ti interessa. E anche promettente. Si attendono grandi cose da me”.
Era comunque sprecata. “Per me resterai sempre Marilyn Monroe”.
Si mise a ridere. “Preistoria! Sono passati venticinque anni, ormai. Io l’ho seppellita, perché tu non ci riesci?”.
Sfuggii il suo sguardo. “Eri magnifica”.
“Avrei forse dovuto ridurmi come te, chiusa in casa da più di quarant’anni? Tu ci stai mettendo in pericolo tutti quanti”.
“Non sarà per molto”, mormorai.
“Voglio ben sperare”. Controllò la tavola e contò i posti. “Alan non credo che possa venire. È in Russia in questo periodo”.
“Non è mai mancato!”.
“Se proprio vuoi saperlo, si sta stufando di queste riunioni. In questa casa, poi!”.
Non potei ribattere, suonarono alla porta. “Forse è lui”, mi eccitai.
Era James Dean, invece. Qualunque nome avesse adesso, per me sarebbe rimasto per sempre quella fiammante stella cometa. Mi baciò la mano. “Incantevole come sempre, mia cara”.
“Non mi dire che hai rinunciato al cinema pure tu, ti prego”.
Si mise a ridere. “A dire il vero no, però adesso preferisco stare all’altro lato della macchina da presa”.
“È un abominio”.
“Si può essere grandi una volta solo”, disse Mina. “Possiamo essere tutto ciò che vogliamo, perché ripetersi?”.
Fingevano di non capire, ma ero certa che nel loro animo sentissero struggente quella mancanza.
“Elvis non verrà? Ne sei sicura?”.
Mina sbuffò. “Piantala di chiamarlo Elvis! Lui è Alan. Non è più Elvis da dieci anni! Sono tutti morti, Elvis Presley, James Dean e Marilyn Monroe. Appartengono al passato, perché non ti rassegni?”.
“Io no”, mormorai.
Mina sbuffò, ma anche il mio James Dean fece una smorfia. “Certo, tu no. Sei leggenda, ma ancora non ti basta”.
Le aprii il mio cuore. “Che altro potrei fare, dopo?”.
“Non hai idea delle possibilità che offre questo mondo. Ne abbiamo esplorato solo una piccola parte. Noi siamo meglio di loro, molto meglio. Possiamo essere ogni cosa, non riesci ad accettarlo?”.
“Più di così?”.
Sorrise. “Oh, cara. Sarai pure una leggenda, ma anche tu sei stata dimenticata. Che tu viva o muoia ti attende l’oblio”.
Mi irrigidii. “Non c’è mai stato nessuno grande come me”.
“Ai tuoi tempi, forse. Ma ora i tuoi film non li vede più nessuno. È tempo di cambiare”.
L’amato James cercò di stemperare la tensione. “Che ne dite di accomodarci?”.
Forse lei aveva emulato il mio successo, ma non era mai stata un’attrice vera. Se il suo mito era sopravvissuto era solo grazie al modo che aveva scelto per andarsene. In fondo non mi era mai piaciuta molto.
“Meglio se hai smesso di recitare”, ribattei.
Mina fu divertita e mi fece pure una riverenza. “Nessuna sarà mai grande come te, o somma Greta”.