Riflessioni sul baratro
Inviato: mercoledì 23 gennaio 2019, 22:11
Riflessioni sul baratro
- Bella serata, eh?
- Si. Direi proprio di sì.
- Sono stati gentili ad invitarci. Non capita spesso di poter partecipare a un evento come questo.
- Se la stanza fosse stata un filo più grande sarebbe stato perfetto – faccio io, raccogliendo un sasso dal brecciolino. – Ma meglio una serata di poesia, che il solito film su Netflix.
Mi rigiro il sasso tra le dita, poi lo lascio cadere giù. Oltre il muretto su cui sono seduto, c’è un salto che non dev’essere più profondo di due o tre metri, ma il buio mi aiuta ad immaginare che sia un baratro senza fondo, un unico abisso dalle falde dei monti fino alle luci lontane della città sulla costa.
Sharran butta giù un sorso di birra, poi mi guarda.
- Non sembri convinto. Sicuro di esserti divertito?
- Si, si, mi sono divertito. Però, sai, è tutta la sera che ho questa sensazione strana. È come se… se…
- … se avessimo trascorso l’intera serata ad osservare persone che si fanno pompini a vicenda? Se è quello, direi che hai colto nel segno.
King è seduto a gambe incrociate sul muretto, la schiena appoggiata a un vecchio leccio piantato ai bordi della piazzetta. Nella bocca stringe un bastoncino di liquirizia, con lo stesso portamento con cui qualcun altro inalbererebbe un sigaro cubano.
- Dai, King, sei ingiusto: i ragazzi hanno dato il meglio e penso che alcuni pezzi fossero davvero interessanti.
- Non è quello il punto: è la serata che è stata ridicola. Tutta l’idea di andare lì, declamare la tua poesia o la tua canzone; prenderti gli applausi e poi tornare al tuo posto, solo per ascoltare la poesia o la canzone del tizio che seduto accanto a te e a cui dovrai obbligatoriamente applaudire, non fosse altro che gli sei a tua volta debitore di un battimani. Non è arte, è solo accarezzarsi l’ego l’un l’altro. È l’equivalente poetico di dire al tuo amico che è un figo della Madonna, solo perché speri che lui te lo dica a sua volta.
Sharran ride.
- Quindi anche gli applausi che hai fatto per la mia poesia erano solo un tentativo di… “accarezzare” il mio ego?
Preso in fallo, King si agita come se il leccio fosse diventato improvvisamente molto scomodo.
- Ma no, cosa vai a pensare. Tu non hai bisogno di farti accarezzare il… cioè, non è necessario che qualcuno ti dica che sei… insomma, la tua poesia mi è piaciuta sul serio, punto.
Dopo essersene uscito in modo malconcio, toglie dalla bocca il bastoncino di liquirizia e lo rigira tra il pollice e l’indice.
- Penso che abbiate ragione entrambi – dico io, dopo qualche istante. – Alcune poesie meritavano, ma, per come era strutturata la serata, penso che la gente avrebbe applaudito anche a dei versi futuristi recitati con i rutti.
I ragazzi ridono. Il clima si fa di nuovo disteso.
- Quali pezzi ti sono piaciuti di più?
Ci rifletto un po’, poi alzo le spalle.
- La canzone di Kinzugi. Quella sulla ragazza che danza in un oceano di cenere. Era evocativa.
- Parlava di lui. O meglio, parlava della sua ex fidanzata – mi fa Sharran – ogni volta che la sento, non riesco a togliermi dalla testa che deve aver cominciato a scrivere augurandole di vedere il mondo bruciarsi attorno a lei, ma di aver terminato rendendosi conto che era il suo ad essere andato in cenere.
- L’ho pensato anch’io.
- In pratica, ha scritto una canzone per far sapere a tutti che la sua ex era un puttanone, ed è finito per sbandierare quanto fosse cornuto – King ridacchia, poi sospira e scuote la testa. – Ma cosa ne volete capire voi giovani dell’amore. Se non imparate la legge del gol, finirete sempre col farvi fregare.
Stavolta rido io: King ha due anni più di me e ha appena superato i trenta, ma assume ogni giorno di più la posa da vecchio saggio, o de venerabile centenario. Non lo biasimo: in fondo, anch’io a volte sento il doppio degli anni che porto.
- Non ho capito: che è sta’ storia della legge del gol? – fa Sharran. – Lo sai che non seguo il calcio.
- Ma che significa “non ho capito”? “È la dura legge del gol. Fai un gran bel gioco però, se non hai difesa gli altri segnano e poi vincono…”. Presente?
Sharran fa segno di no con la testa e la bocca di King assume una smorfia di pura disapprovazione. Quasi mi aspetto che cominci a criticare la decadenza dei costumi citando Cicerone.
- Significa che, se non fate attenzione alle vostre fidanzate, è logico che arrivi il tipo di turno a portarvele via, no? E poi finite così, a declamare poesie davanti a una folla di sfigati, quando tutto quello che vorreste dalla vita sono due tette sode da stringere.
Butta lo stecchino di liquirizia in un cestino e si mette a ravanare nelle tasche per cercarne un altro, sempre biascicando sottovoce qualcosa che forse sono imprecazioni, o forse riflessioni profonde sul senso della vita.
- A me è piaciuta la poesia di PJ. Quella che ha dedicato a sua nonna – fa Sharran, dopo qualche secondo. – Breve, ma intensa. Piena di significato.
- Già, si vedeva che le voleva molto bene.
Sharran si gira e mi rivolge lo sguardo di affettuoso rimprovero che si potrebbe rivolgere a un bambino un po' tonto.
- Non era davvero dedicato a sua nonna. O, almeno, non parlava solo di lei.
- No? E chi altro ci sarebbe?
Lui posa la bottiglia e muove il braccio da sinistra a destra in un gesto lento e solenne. Nel farlo, include terra, cielo e mare.
- Il Cilento sta morendo, Austin. I paesi si svuotano uno ad uno. E quelli che ancora resistono marciscono nel provincialismo, senza idee e senza futuro.
Alzo le spalle.
- Non pensi di stare esagerando questa volta? Insomma, mi sembra che tu la faccia più nera di quanto già non sia.
- No che non esagero. Sei tu che non riesci a vedere, perché torni qui per troppo poco tempo – fa lui, alzandosi in piedi. – Qui non è rimasto niente. Né cultura, né lavoro, né uno straccio di speranza per il futuro. I negozi chiudono e le scuole cadono a pezzi perché i soldi devono essere spesi per qualche festa patronale o per la sagra del pesce fritto!
Ha alzato la voce e l’eco delle sue ultime parole risuona nella piazza vuota. Quando torna il silenzio, anche lui sembra svuotarsi e si appoggia al muretto.
- La verità, Austin, è che qui non ci sono più nemmeno idee su come cambiare le cose. E, se anche ci fossero, in pochi avrebbero la voglia e le forze per farlo davvero. Chi può scappa, con più o meno rimpianti. Chi non può…
Si ferma a metà della frase. A differenza nostra, King è uno di quelli che “non può”.
Il nostro amico ci guarda entrambi senza dire niente per qualche istante, poi si infila in bocca un nuovo stecchino di liquirizia.
- … chi non può, o si fotte o si arrangia. Non c’è tanto da girarci attorno – dice, sistemando le mani dietro la testa e stendendosi maggiormente, come se la corteccia del leccio fosse un letto di piume. –E poi, tanto meglio: più pappemolli si levano di torno, più donne restano per i veri uomini come me.
Completa le sue ultime parole con quello che potrebbe essere un perfetto sorriso strafottente, se solo non fossi riuscito a cogliere la smorfia disperata che è comparsa per un istante sul suo volto.
È proprio King a rompere il silenzio, dopo qualche istante.
- Per quel che mi riguarda, ribadisco quello che ho detto prima: la tua poesia mi è piaciuta un sacco, Sharran. Quando l’ho sentita, ho capito subito che non era un esercizio di stile. Ci hai messo l’anima per comporla.
Il nostro amico non dice nulla, ma ci invita ad andare avanti con un cenno della testa.
- La poesia era rivolta a noi – faccio io. – ai tuoi amici di una vita.
Sharran annuisce di nuovo.
- Però, parla anche di morte. Perché hai messo assieme amicizia e morte?
- Voi pensate mai al fatto di dover morire? – risponde lui. – Vi fermate mai a riflettere sul fatto che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo?
Io e King ci guardiamo per un istante. Lui scuote le spalle.
- Ragazzo mio, io ho una certa età: vuoi che non pensi alla morte di tanto in tanto? Ma non mi spaventa. È una cosa inevitabile, quindi perché preoccuparsi? Vivi, ridi e fotti: per la morte c’è sempre tempo.
Sharran fa un cenno di approvazione con la testa, poi concentra lo sguardo su di me, chiedendomi in silenzio una risposta.
- Beh… a volte, quando riesco a dimenticarmi dei pensieri della vita di tutti i giorni, posso sentire il ticchettio del mio tempo che scorre. Quando succede, mi rendo conto che il tempo va in una sola direzione, e che ogni istante che sento passare, mi porta più vicino al mio ultimo momento.
- E la cosa ti spaventa?
- Si, molto – rispondo io, quasi vergognandomi di ciò che dico. – So che da credente, non dovrei avere paura, ma non posso farci nulla.
- Non dovresti preoccuparti: temere la morte è umano.
- Lo so, e l’ho accettato. Non posso smettere di avere paura, ma posso cercare di conviverci senza lasciare che mi condizioni la vita. E posso chiedere a Dio di perdonarmi ogni giorno e di darmi la forza di vivere fino all’ultimo a testa alta – sorrido. – Se volete, posso anche approfittarne per, farò sempre in tempo a mettere una buona parola con il Signore per voi, no?
- Tieniti per te il Signor Padreterno e gli angeli con le arpe, Austin: se avessi la possibilità di scegliere, andrei nel Walhalla senza pensarci su due volte! – esclama King. – Un’eternità fatta di birra, banchetti, mazzate eroiche e poppute valchirie sarebbe il premio perfetto per la vita esemplare che sto vivendo.
Sharran ride. Di gusto, col cuore, come se avesse sentito qualcosa di bellissimo. Poi ci indica lentamente con la mano.
- Tu hai scelto la fede e tu l’ebbrezza, ma per ogni uomo arriva il momento di decidere come confrontarsi con la morte. Ed è il modo con cui si decide di affrontarla che stabilisce che genere di persona si è.
- E tu come hai deciso di farlo?
Invece di rispondere subito, il nostro amico prende qualche istante per buttar giù l’ultimo sorso di birra. Da consumato attore, sa benissimo quand’è il momento di fare una pausa.
- Ho scelto la consapevolezza – dice, infine. – Vivo ogni giorno al meglio che posso e porto con me ogni singolo momento che valga la pena di essere ricordato. Quando sarà il momento, saranno questi istanti che mi ricorderanno che ho vissuto una buona vita e mi aiuteranno ad accettare ciò che estato. Senza preavviso, allunga la mano e mi tocca la spalla, osservando me e King con uno sguardo strano.
- E questi momenti che vivo con voi, che siete i miei migliori amici, sono gli istanti più belli che io possa immaginare.
Restiamo in silenzio, ognuno facendo i conti con le sue considerazioni personali su quelle parole. Dopo qualche minuto, Sharran scende dal muretto e si stira la schiena.
- Direi che abbiamo filosofeggiato abbastanza, stasera. È tempo di tornare a casa.
- Concordo pienamente su entrambe le cose – gli risponde King, gettando il secondo stecchino nel cesto della spazzatura e scendendo a sua volta dal muretto. – E, per evitare di ricascarci, sulla via del ritorno la musica la scelgo io. Così le uniche cose di cui ci verrà voglia di parlare saranno figa, giochi di ruolo e roba da nerdacchioni.
La macchina è fredda, ma il riscaldamento è un sollievo. Quando il vetro è sbrinato, metto in moto e guido lentamente la macchina fuori dalla piazzetta.
- Domani sera sono libero. Voi ci siete?
- Sicuro. Hai in mente qualcosa in particolare?
- Passeggiata in piazza; pizza da Ciro e maratona dei Monty Pytron. Cosa ne pensate?
- Penso che sarà davvero una bella serata.
Agostino Langellotti
- Bella serata, eh?
- Si. Direi proprio di sì.
- Sono stati gentili ad invitarci. Non capita spesso di poter partecipare a un evento come questo.
- Se la stanza fosse stata un filo più grande sarebbe stato perfetto – faccio io, raccogliendo un sasso dal brecciolino. – Ma meglio una serata di poesia, che il solito film su Netflix.
Mi rigiro il sasso tra le dita, poi lo lascio cadere giù. Oltre il muretto su cui sono seduto, c’è un salto che non dev’essere più profondo di due o tre metri, ma il buio mi aiuta ad immaginare che sia un baratro senza fondo, un unico abisso dalle falde dei monti fino alle luci lontane della città sulla costa.
Sharran butta giù un sorso di birra, poi mi guarda.
- Non sembri convinto. Sicuro di esserti divertito?
- Si, si, mi sono divertito. Però, sai, è tutta la sera che ho questa sensazione strana. È come se… se…
- … se avessimo trascorso l’intera serata ad osservare persone che si fanno pompini a vicenda? Se è quello, direi che hai colto nel segno.
King è seduto a gambe incrociate sul muretto, la schiena appoggiata a un vecchio leccio piantato ai bordi della piazzetta. Nella bocca stringe un bastoncino di liquirizia, con lo stesso portamento con cui qualcun altro inalbererebbe un sigaro cubano.
- Dai, King, sei ingiusto: i ragazzi hanno dato il meglio e penso che alcuni pezzi fossero davvero interessanti.
- Non è quello il punto: è la serata che è stata ridicola. Tutta l’idea di andare lì, declamare la tua poesia o la tua canzone; prenderti gli applausi e poi tornare al tuo posto, solo per ascoltare la poesia o la canzone del tizio che seduto accanto a te e a cui dovrai obbligatoriamente applaudire, non fosse altro che gli sei a tua volta debitore di un battimani. Non è arte, è solo accarezzarsi l’ego l’un l’altro. È l’equivalente poetico di dire al tuo amico che è un figo della Madonna, solo perché speri che lui te lo dica a sua volta.
Sharran ride.
- Quindi anche gli applausi che hai fatto per la mia poesia erano solo un tentativo di… “accarezzare” il mio ego?
Preso in fallo, King si agita come se il leccio fosse diventato improvvisamente molto scomodo.
- Ma no, cosa vai a pensare. Tu non hai bisogno di farti accarezzare il… cioè, non è necessario che qualcuno ti dica che sei… insomma, la tua poesia mi è piaciuta sul serio, punto.
Dopo essersene uscito in modo malconcio, toglie dalla bocca il bastoncino di liquirizia e lo rigira tra il pollice e l’indice.
- Penso che abbiate ragione entrambi – dico io, dopo qualche istante. – Alcune poesie meritavano, ma, per come era strutturata la serata, penso che la gente avrebbe applaudito anche a dei versi futuristi recitati con i rutti.
I ragazzi ridono. Il clima si fa di nuovo disteso.
- Quali pezzi ti sono piaciuti di più?
Ci rifletto un po’, poi alzo le spalle.
- La canzone di Kinzugi. Quella sulla ragazza che danza in un oceano di cenere. Era evocativa.
- Parlava di lui. O meglio, parlava della sua ex fidanzata – mi fa Sharran – ogni volta che la sento, non riesco a togliermi dalla testa che deve aver cominciato a scrivere augurandole di vedere il mondo bruciarsi attorno a lei, ma di aver terminato rendendosi conto che era il suo ad essere andato in cenere.
- L’ho pensato anch’io.
- In pratica, ha scritto una canzone per far sapere a tutti che la sua ex era un puttanone, ed è finito per sbandierare quanto fosse cornuto – King ridacchia, poi sospira e scuote la testa. – Ma cosa ne volete capire voi giovani dell’amore. Se non imparate la legge del gol, finirete sempre col farvi fregare.
Stavolta rido io: King ha due anni più di me e ha appena superato i trenta, ma assume ogni giorno di più la posa da vecchio saggio, o de venerabile centenario. Non lo biasimo: in fondo, anch’io a volte sento il doppio degli anni che porto.
- Non ho capito: che è sta’ storia della legge del gol? – fa Sharran. – Lo sai che non seguo il calcio.
- Ma che significa “non ho capito”? “È la dura legge del gol. Fai un gran bel gioco però, se non hai difesa gli altri segnano e poi vincono…”. Presente?
Sharran fa segno di no con la testa e la bocca di King assume una smorfia di pura disapprovazione. Quasi mi aspetto che cominci a criticare la decadenza dei costumi citando Cicerone.
- Significa che, se non fate attenzione alle vostre fidanzate, è logico che arrivi il tipo di turno a portarvele via, no? E poi finite così, a declamare poesie davanti a una folla di sfigati, quando tutto quello che vorreste dalla vita sono due tette sode da stringere.
Butta lo stecchino di liquirizia in un cestino e si mette a ravanare nelle tasche per cercarne un altro, sempre biascicando sottovoce qualcosa che forse sono imprecazioni, o forse riflessioni profonde sul senso della vita.
- A me è piaciuta la poesia di PJ. Quella che ha dedicato a sua nonna – fa Sharran, dopo qualche secondo. – Breve, ma intensa. Piena di significato.
- Già, si vedeva che le voleva molto bene.
Sharran si gira e mi rivolge lo sguardo di affettuoso rimprovero che si potrebbe rivolgere a un bambino un po' tonto.
- Non era davvero dedicato a sua nonna. O, almeno, non parlava solo di lei.
- No? E chi altro ci sarebbe?
Lui posa la bottiglia e muove il braccio da sinistra a destra in un gesto lento e solenne. Nel farlo, include terra, cielo e mare.
- Il Cilento sta morendo, Austin. I paesi si svuotano uno ad uno. E quelli che ancora resistono marciscono nel provincialismo, senza idee e senza futuro.
Alzo le spalle.
- Non pensi di stare esagerando questa volta? Insomma, mi sembra che tu la faccia più nera di quanto già non sia.
- No che non esagero. Sei tu che non riesci a vedere, perché torni qui per troppo poco tempo – fa lui, alzandosi in piedi. – Qui non è rimasto niente. Né cultura, né lavoro, né uno straccio di speranza per il futuro. I negozi chiudono e le scuole cadono a pezzi perché i soldi devono essere spesi per qualche festa patronale o per la sagra del pesce fritto!
Ha alzato la voce e l’eco delle sue ultime parole risuona nella piazza vuota. Quando torna il silenzio, anche lui sembra svuotarsi e si appoggia al muretto.
- La verità, Austin, è che qui non ci sono più nemmeno idee su come cambiare le cose. E, se anche ci fossero, in pochi avrebbero la voglia e le forze per farlo davvero. Chi può scappa, con più o meno rimpianti. Chi non può…
Si ferma a metà della frase. A differenza nostra, King è uno di quelli che “non può”.
Il nostro amico ci guarda entrambi senza dire niente per qualche istante, poi si infila in bocca un nuovo stecchino di liquirizia.
- … chi non può, o si fotte o si arrangia. Non c’è tanto da girarci attorno – dice, sistemando le mani dietro la testa e stendendosi maggiormente, come se la corteccia del leccio fosse un letto di piume. –E poi, tanto meglio: più pappemolli si levano di torno, più donne restano per i veri uomini come me.
Completa le sue ultime parole con quello che potrebbe essere un perfetto sorriso strafottente, se solo non fossi riuscito a cogliere la smorfia disperata che è comparsa per un istante sul suo volto.
È proprio King a rompere il silenzio, dopo qualche istante.
- Per quel che mi riguarda, ribadisco quello che ho detto prima: la tua poesia mi è piaciuta un sacco, Sharran. Quando l’ho sentita, ho capito subito che non era un esercizio di stile. Ci hai messo l’anima per comporla.
Il nostro amico non dice nulla, ma ci invita ad andare avanti con un cenno della testa.
- La poesia era rivolta a noi – faccio io. – ai tuoi amici di una vita.
Sharran annuisce di nuovo.
- Però, parla anche di morte. Perché hai messo assieme amicizia e morte?
- Voi pensate mai al fatto di dover morire? – risponde lui. – Vi fermate mai a riflettere sul fatto che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo?
Io e King ci guardiamo per un istante. Lui scuote le spalle.
- Ragazzo mio, io ho una certa età: vuoi che non pensi alla morte di tanto in tanto? Ma non mi spaventa. È una cosa inevitabile, quindi perché preoccuparsi? Vivi, ridi e fotti: per la morte c’è sempre tempo.
Sharran fa un cenno di approvazione con la testa, poi concentra lo sguardo su di me, chiedendomi in silenzio una risposta.
- Beh… a volte, quando riesco a dimenticarmi dei pensieri della vita di tutti i giorni, posso sentire il ticchettio del mio tempo che scorre. Quando succede, mi rendo conto che il tempo va in una sola direzione, e che ogni istante che sento passare, mi porta più vicino al mio ultimo momento.
- E la cosa ti spaventa?
- Si, molto – rispondo io, quasi vergognandomi di ciò che dico. – So che da credente, non dovrei avere paura, ma non posso farci nulla.
- Non dovresti preoccuparti: temere la morte è umano.
- Lo so, e l’ho accettato. Non posso smettere di avere paura, ma posso cercare di conviverci senza lasciare che mi condizioni la vita. E posso chiedere a Dio di perdonarmi ogni giorno e di darmi la forza di vivere fino all’ultimo a testa alta – sorrido. – Se volete, posso anche approfittarne per, farò sempre in tempo a mettere una buona parola con il Signore per voi, no?
- Tieniti per te il Signor Padreterno e gli angeli con le arpe, Austin: se avessi la possibilità di scegliere, andrei nel Walhalla senza pensarci su due volte! – esclama King. – Un’eternità fatta di birra, banchetti, mazzate eroiche e poppute valchirie sarebbe il premio perfetto per la vita esemplare che sto vivendo.
Sharran ride. Di gusto, col cuore, come se avesse sentito qualcosa di bellissimo. Poi ci indica lentamente con la mano.
- Tu hai scelto la fede e tu l’ebbrezza, ma per ogni uomo arriva il momento di decidere come confrontarsi con la morte. Ed è il modo con cui si decide di affrontarla che stabilisce che genere di persona si è.
- E tu come hai deciso di farlo?
Invece di rispondere subito, il nostro amico prende qualche istante per buttar giù l’ultimo sorso di birra. Da consumato attore, sa benissimo quand’è il momento di fare una pausa.
- Ho scelto la consapevolezza – dice, infine. – Vivo ogni giorno al meglio che posso e porto con me ogni singolo momento che valga la pena di essere ricordato. Quando sarà il momento, saranno questi istanti che mi ricorderanno che ho vissuto una buona vita e mi aiuteranno ad accettare ciò che estato. Senza preavviso, allunga la mano e mi tocca la spalla, osservando me e King con uno sguardo strano.
- E questi momenti che vivo con voi, che siete i miei migliori amici, sono gli istanti più belli che io possa immaginare.
Restiamo in silenzio, ognuno facendo i conti con le sue considerazioni personali su quelle parole. Dopo qualche minuto, Sharran scende dal muretto e si stira la schiena.
- Direi che abbiamo filosofeggiato abbastanza, stasera. È tempo di tornare a casa.
- Concordo pienamente su entrambe le cose – gli risponde King, gettando il secondo stecchino nel cesto della spazzatura e scendendo a sua volta dal muretto. – E, per evitare di ricascarci, sulla via del ritorno la musica la scelgo io. Così le uniche cose di cui ci verrà voglia di parlare saranno figa, giochi di ruolo e roba da nerdacchioni.
La macchina è fredda, ma il riscaldamento è un sollievo. Quando il vetro è sbrinato, metto in moto e guido lentamente la macchina fuori dalla piazzetta.
- Domani sera sono libero. Voi ci siete?
- Sicuro. Hai in mente qualcosa in particolare?
- Passeggiata in piazza; pizza da Ciro e maratona dei Monty Pytron. Cosa ne pensate?
- Penso che sarà davvero una bella serata.
Agostino Langellotti