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PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: domenica 27 gennaio 2019, 21:52
da wladimiro.borchi
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PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

La coltre opalescente si dirada sul candore di quello che ha tutta l’aria di essere un lenzuolo.
«Eccolo! Vedi, si sveglia. Te lo dicevo che dormiva poco. Ora ci pensa lui, ci salva tutti!»
La voce proviene da molto vicino, c’è qualcuno seduto sul suo letto, ne percepisce il contatto con le gambe rattrappite tra le coperte.
Si gira in quella direzione, mentre gli occhi si abituano alla luce: un tizio tarchiato, con due enormi baffi bianchi.
«Allora, compagno! Ce ne andiamo?»
Chi cazzo è? E non è l’unica domanda che gli rimbalza nella testa.
«Forza, compagno Wladimir! Bisogna scappare prima che torni la ronda. Vuoi che ti torturino un’altra volta? Guarda come l’hanno conciato poverino!»
L’ultima parte della frase senza senso è rivolta al letto a fianco del suo. Dove, però, non c’è nessuno.
«Con chi parli?» dice, tirandosi su e andando a sedersi con la schiena alla spalliera del suo giaciglio.
«Col pezzo di merda!» gli risponde soddisfatto il curioso interlocutore, indicando con la mano aperta il vuoto davanti ai propri occhi.
«Chi sei? Dove siamo?»
«Ah, allora ti hanno proprio ridotto male, compagno! Sono Marisio, il compagno Marisio! Siamo stati catturati dai fascisti. Bisogna andare via subito, prima che tornino. Ti hanno torturato. Per quello non ti ricordi nulla! Forza, tirati su! Dobbiamo trovare l’uscita e non farci vedere dalle guardie armate.»
L’uomo si lascia i lunghi baffi con le dita, poi, come colto da un fretta improvvisa, scatta in piedi.
«Forza, pezzo di merda, dammi una mano a far alzare il compagno Wladimir!»
«Faccio da solo, grazie.»
Tira fuori i piedi scalzi da sotto le coperte e si accorge di essere nudo.
«Ti ho preso i vestiti. Sono sul letto. Mettili e andiamo! Ci resta davvero poco tempo.»
«Ma c'è modo di uscire senza essere visti, compagno?»
Lo asseconda. Un po’ perché non sa cosa altro fare e un po’ perché ricordi offuscati dentro la testa gli dicono che, anche se il tizio baffuto sta dando evidenti segni di squilibrio, deve fidarsi di lui.
«Riconoscere la sconfitta è la prima tappa verso la vittoria, compagno. Come diceva Vittorio Pozzo. Prima ho cercato un modo per farli fuori tutti, ma sono troppi quei bastardi! Ora, però, ho trovato una via non sorvegliata. Quella da cui passano loro. E ho preso questa!» risponde soddisfatto mostrando una piccola chiave dorata.
Wladimir si alza a fatica e indossa i vestiti preparati per lui dall’amico: «Fammi strada, Marisio! Cioè, volevo dire, compagno…»
«Non ti preoccupare! Vedrai che appena sarai libero ti ricorderai di tutto. Usano modi terribili per farci parlare, la perdita della memoria è una difesa del cervello. Serve a non farti impazzire. Seguimi.»
L’ometto si porta sulla soglia della stanza di detenzione e apre la porta per scrutare l’esterno dal piccolo spiraglio aperto.
«Porca zozza, compagno!» sussurra. «C’è una guardia fuori dalla porta. Bisogna stenderla.»
Si rivolge quindi all’immaginario terzo componente del commando: «Pezzo di merda, pensaci tu!»
Marisio attende qualche secondo per poi scuotere la testa deluso: «Macchè, guarda che fifone! È andato a nascondersi dietro al letto. Avessi i muscoli che ha lui non me lo farei ripetere.»
«Ci penso io!»
Nonostante si sia messo in piedi da poco, si sente pieno di energie e vuole davvero tirar fuori le gambe da quella situazione il prima possibile.
A fianco della porta c’è una scopa, abbandonata in un angolo con la sua paletta. Rapido, come un consiglio non richiesto, ne sfila il bastone e lo rotea dinanzi agli occhi come se non avesse fatto altro in tutta la vita.
«Grande! Così bisogna fare. Attaccare è il modo migliore per difendere la propria porta. Lo diceva Roberto Carlos. Ti ricordi chi è?»
Wladimir si limita a scuotere la testa.
«Te ne ricorderai, compagno! Te ne ricorderai. Ora tiriamoci fuori da qua. Pezzo di merda, tu almeno coprici le spalle.»
Dopo essersi rivolto all’amico immaginario dietro al letto con tono perentorio, non tarda a spendere comunque qualche parola anche in suo favore: «Lo devi scusare, sai. Ne ha passate tante anche lui.»
Il redivivo alza il bastone sopra la testa.
«Sbrighiamoci!»
Il tizio tracagnotto apre la porta lentamente, fino a mostrare la guardia di spalle.
Il colpo è violento, tanto che il bastone si spezza e l’uomo cade a terra senza emettere un fiato.
Dopo il tonfo sordo del corpo sul pavimento, i due sono nel corridoio deserto.
«Non c’è nessun’altro. Forse riusciamo davvero a cavarcela.»
«Ma certo, compagno, che ce la facciamo. Credi che non abbia pensato a tutto? Il piano è preciso nei dettagli. Seguimi! Da questa parte.»
Passi silenziosi accompagnano i due amici lungo il corridoio dalle pareti spoglie, che termina dinanzi a due porte, una sul fondo e una sulla parete di destra.
«Pezzo di merda, qual è la porta giusta?»
Marisio scuote la testa imbarazzato: «Ecco, vai a fidarti delle persone. Avevo detto a lui di fare una piantina. E adesso?»
Se il bastone non si fosse rotto, forse ora Wladimir lo starebbe usando per spappolare il suo liberatore psicotico.
«Procediamo a tentativi!» sussurra tra i denti, prima di aprire la porta al centro «Non voglio essere ancora qua, quando la guardia si sveglia»
Oltre la soglia, due energumeni giocano a carte, seduti a un tavolinetto in legno.
Quello girato dalla loro parte non può non notarli.
«E voi che ci fate qui?» domanda, alzandosi in piedi, seguito dal collega.
I fuggitivi corrono nell’altra porta, trovandosi in un corridoio piuttosto ampio, su cui si affacciano numerose altre uscite.
Dalle loro spalle giungono grida affannate: «Fermateli! Stanno scappando!»
La corsa termine tra le braccia di altri due tizi, che spuntano da un momento all’altro lungo la loro via.
I compagni Marisio e Wladimir fanno appena in tempo a sentire il bruciore dell’iniezione nel gluteo, prima di scivolare nel buio.


***

Il direttore è nervoso questa mattina.
Ha dovuto interrompere la sua breve vacanza a Torino, con la famiglia per colpa dei fuggitivi.
E non è la prima volta che i due cercano di scappare.
Da quando è entrato nel suo ufficio si ripete che a Torino ci sono solo il Barolo, i gianduiotti e i gobbi.
Sì! Fa come la volpe con l’uva ed è depresso e arrabbiato. Tanto arrabbiato.
Marisio è bloccato sulla sedia dinanzi alla sua scrivania.
«Che dobbiamo fare con lei Serci? Quando ha intenzione di finirla di tormentare quel disgraziato?»
L’uomo scuote la testa, «Non sono stato io! È stato il pezzo di merda.» poi si rivolge alla sedia vuota al suo fianco «Diglielo se hai coraggio, Diglielo!».
Il direttore prende il più lungo respiro della sua vita.
«Serci, nelle sue condizioni, io non posso, ahimè, farla legare al letto. La faccio spostare all’ultimo piano, nella speranza che sei rampe di scale le facciano passare la voglia di andare a infarcire la testa di stupidaggini al signor Vitali. Ma la prossima volta le giuro che prenderò provvedimenti. La faccio spostare in un altro ospedale. Non si vergogna a prendere in giro quel poveretto che soffre di amnesia?»
Marisio si rivolge alla sedia: «Hai visto? Ha ragione il Professore! Non si fa, Pezzaccio di merda! Non si fa! Lo tengo a bada io, non si preoccupi. Deve dirci altro?»


***

La coltre opalescente si dirada sul candore di quello che ha tutta l’aria di essere un lenzuolo.
«Camerata! Dobbiamo andare subito via, siamo ostaggio delle zecche comuniste. Forza, alzati! Non c’è tempo da perdere!»

Re: PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: domenica 27 gennaio 2019, 21:57
da wladimiro.borchi
BONUS:

1) due aforismi calcistici;

2) il direttore è tornato da un viaggio a Torno.

W il Partito Comunista Jugoslavo!

MASTER MESMERIZZAMI!!!!

Re: PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: lunedì 28 gennaio 2019, 19:12
da giottone
Ciao Wladimiro, piacere di conoscerti.
Comincio la mia serie di commenti dal tuo racconto perché è stato il primo a comparire (ovviamente, ora faccio riferimento all’ultima versione).
In maniera arbitraria lo inquadro sostanzialmente nel genere grottesco. Ho escluso quello comico, per via dell’ambientazione in un contesto, quello di un istituto psichiatrico, che di per sé si associa a una botta di tristezza; d’altronde, è proprio nell’ambientazione che si coglie il tema del contest.
Personalmente, non credo che sia facile affrontare questo genere, perché il rischio che si corre è quello di non suscitare la risata amara nel lettore. In questo caso l’obiettivo è centrato: il Marisio, alias Serci, pur nella sua inconsapevole follia e nella sua solitudine edulcorata da immaginarie amicizie, rimanda al gruppo di "Amici miei" nella sua fase di accanimento goliardico sul pensionato Righi. In questo racconto la “parte del Righi” la fa Wladimir/Vitali, la vittima sacrificale della sua gustosa beffa, più o meno volontaria.
Nella parte finale lasci trasparire come la personalità disturbata di Marisio/Serci sia una potenziale e inesauribile macchina di follia, che senza soluzione di continuità genera personaggi nuovi e nuove trame, altrettanto gustose.
I bonus ci sono entrambi, ma soprattutto c’è la citazione di Vittorio Pozzo che, se fosse per me, varrebbe doppio. Così credibile che mi pareva inventata, l’invocazione alla battaglia e alla strategia s’inserisce alla perfezione nel genere pseudo-partigiano del racconto. È tanto aderente, che sono rimasto sorpreso nello scoprirla autentica.
Lo stile è essenziale, brillante, coerente con la natura dei personaggi nei dialoghi, curato, e sostenuto da uno spiccato senso dell’umorismo nelle descrizioni.
L'unico rilievo riguarda la brevità del racconto. Considerati i caratteri a disposizione, avresti potuto espandere la trama o dettagliarla e arricchirla ulteriormente.
Giuseppe

Re: PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: martedì 29 gennaio 2019, 22:01
da Sonia Lippi
Ciao Wladimiro,
felice di rileggerti.
Il racconto è un bel racconto, la lettura scorre e non ho notato refusi o errori.
La storia intriga, e sicuramente è in tema.
Però personalmente ho sofferto un pochino la brevità della storia, la trovo troppo secca, diretta e scarna.
Una storia così, a mio parere, l'avresti potuta sfruttare meglio sul piano emozionale, in fondo si sta parlando di un ospedale psichiatrico dove potevi dilungarti un pochino sui pensieri dei protagonisti.
In particolare, ho fatto fatica a immedesimarmi nella storia.
Questo è l'unico "difetto" che ci trovo.
a rileggerci
Sonia

Re: PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: venerdì 1 febbraio 2019, 19:49
da Rovignon
Ciao Wladimiro…
allora, forse l’unico vero problema che ho trovato nel tuo racconto è il titolo.
Un po’ troppo estremo, per nulla in linea con la leggerezza del racconto. Ancor più fuori luogo se messo in contrapposizione al finale dove si ha una completa inversione politica.
Ma forse il problema non è nemmeno questo. Appena ho visto il titolo ho pensato a un racconto molto più impegnato e ho dovuto farmi forza a iniziarlo. Niente a che vedere con i miei personali orientamenti politici, quanto piuttosto perché per nulla dell’umore di mettermi a leggere storie di parte ed estreme… era questo quello che mi ha suscitato il titolo.
E invece?
Un racconto davvero simpatico, giocato sull’aspetto più “bello” della pazzia… se così si può dire.
E poi, bello il finale in cui tutto ricomincia con una “ambientazione” diametralmente opposta.
Ecco… a me sarebbe piaciuto molto di più se lo avessi intitolato “Il compagno fascista” o “Il camerata rosso”… gli ossimori sono sempre efficaci nei titoli e mitigano sempre i due estremi.
Per quanto riguarda il contenuto concordo con chi ti ha fatto notare che forse è un po’ corto, che di gag potevi metterne altre e tirarla un po’ più per le lunghe.
Per il terzo protagonista… sì, insomma, per quello immaginario, sono ancora un po’ combattuto… da una parte aiuta a distrarre il lettore riguardo alla stranezza del pazzo che ha organizzato la fuga… nel senso che te lo presenta per quello che è ma non in relazione all’altro protagonista che può passare per normale in contrapposizione a lui.
In ogni caso complimenti perché mi è piaciuto e mi ha divertito.

Re: PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: martedì 5 febbraio 2019, 17:34
da roberto.masini
Ciao, Wladimiro.
Di questo racconto mi è piaciuto tutto. A cominciare dal titolo che naturalmente svia, forse retaggio del tuo romanzo "Eravamo fascisti" ( che io non ho ancora letto e perciò chiedo umilmente venia!), colpendo allo stomaco il lettore per farlo riflettere e non per favorirne i conati. Nello stile diretto con la prosa secca e scarna io trovo un'altra qualità: chi l'ha detto che bisogna per forza utilizzare 20.000 caratteri? Le vite ai margini in un manicomio sono una realtà effettuale, come direbbe Crozza-Feltri; il tema, dunque, è aderente. Grottesco mi sembra l'aggettivo già usato da Giuseppe che ne individua e centra una chiave di lettura. Secondo me trovo anche gustose simbologie e perciò polisemiche.Ci sono due alter ego di Wladimiro Borchi: una è Wladimir/Vitali (nomen omen) e il suo sogno di libertà e l'altra è Marisio/Serci, inventore di storie proprio come Lei, esimio avvocato! I bonus ci sono tutti! Complimenti!

Re: PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: martedì 5 febbraio 2019, 17:53
da Wladimiro Borchi
Roberto Masini,
cose così belle non me le ha dette neanche mia moglie, in tutta la vita.
LOVE
W

Re: PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: martedì 5 febbraio 2019, 21:18
da roberto.masini
Wladimiro Borchi ha scritto:Roberto Masini,
cose così belle non me le ha dette neanche mia moglie, in tutta la vita.
LOVE
W


Lusingato, imbarazzato e mostruosamente spaventato per le insondabili dinamiche coniugali!

Re: PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: martedì 5 febbraio 2019, 22:47
da Eugene Fitzherbert
Se volete vi lasciamo un po' da soli... :D

Re: PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: mercoledì 6 febbraio 2019, 18:59
da roberto.masini
Eugene Fitzherbert ha scritto:Se volete vi lasciamo un po' da soli... :D


Invidia gloriae comes! (Cornelio Nepote)
Per scusarmi aggiungo a tuo merito: Discrezione di parola conta più dell’eloquenza.(Francis bacon)

Re: PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: mercoledì 6 febbraio 2019, 19:10
da Eugene Fitzherbert
Touché, Roberto!
Well played!

Re: PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: mercoledì 6 febbraio 2019, 19:15
da Eugene Fitzherbert
Touché, Roberto!
Well played!

Re: PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: giovedì 7 febbraio 2019, 19:23
da DavidG
Ciao Valdemaro
il tuo racconto mi ha fatto molto ridere.
Ancora di piú per il fatto che io sono stato protagonista di qualcosa del genere: mio fratello da ragazzo ebbe una lieve commozione celebrale con perdita di memoria e continuava a ripetere le stesse domande. Quindi dopo un paio di volte cominciai a rispondere nei modi piú impensabili, ovviamente piegandomi dal ridere, finché non venne mio padre e mi portó via.
Lo so, sono una brutta persona. Ma tanto già ne eri a conoscenza.
Tornando a noi, la lunghezza è funzionale alla chiusura, unico vero obiettivo del pezzo.
Quindi non si puó aggiungere molto, perché sarebbe solo un allungare il brodo in modo inutile.
Inoltre ti faccio i complimenti per il coraggio dimostrato nello scrivere un pezzo comico:
far ridere è difficile, e ancora di piú in qualsiasi contest perché c’è sempre qualcuno che non apprezza il tuo umorismo (o l’umorismo in generale), e ammettere di preferire qualcosa di divertente a qualcosa di serioso sembra essere qualcosa di cui vergognarsi.
Ti segnalo solo l’incipit:”La coltre opalescente si dirada sul candore di quello che ha tutta l’aria di essere un lenzuolo.”
Una frase inutilmente pesante, che inoltre è messa all’inizio, e che uccide subito l’attenzione.
Ti devo fare i complimenti per i progressi fatti (a mio avviso) per quanto riguarda pulizia, dialoghi, scorrevolezza e coerenza del registro narrativo rispetto a gli altri pezzi che ho letto in passato.

E i Maró allora?

Re: PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: giovedì 7 febbraio 2019, 23:07
da wladimiro.borchi
Grazie a tutti dei commenti e soprattutto al Gallo.
Sì, mi rendo conto di essere migliorato e lo devo, oltre al mio impegno (cazzo non credo di averne bucata una di sfide da quando ho iniziato!), in particolare a te che mi hai fatto conoscere questo mondo di psicopatici di cui fino all'anno scorso ignoravo persino l'esistenza.
Ho anche avuto la fortuna di finire molte volte in semi-finale e di poter sentire i commenti degli scrittori più seri.
Un abbraccio e grazie ancora.
W

I Marò non esistono... Li abbiamo sognati solo per un breve periodo...

Re: PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: venerdì 8 febbraio 2019, 10:46
da Wladimiro Borchi
Una curiosità...
Mente i marò non esistono, esiste Marisio Serci.
Non si chiama così, ma ha un nome molto simile che non posso svelare a causa del segreto professionale.
È un mio cliente che si trova da tempo alla canna del gas, il cui cervello, per difesa, ha creato il «pezzo di merda», amico immaginario che ha la colpa di tutte le scelte sbagliate della sua vita, che l'hanno condotto a un passo dal baratro economico.
A me, da brutta persona quale sono, pare molto buffo. Soprattutto quando viene allo studio e parla al plurale e tranquillizza la sedia vuota dicendo: «Hai visto, ora ci aiuta Wlady. Ci pensa lui!»
Non credo che sia pericoloso, ma, ove mi trovassero morto con un biglietto sul corpo firmato dal «pezzo di merda», la procura saprà dove andare a cercare.
Grazie per l'attenzione.
W

Re: PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: venerdì 8 febbraio 2019, 11:33
da DavidG
A me, a immaginarmi la tua faccia la prima volta, sí che mi viene da ridere :D

Re: PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Inviato: lunedì 25 febbraio 2019, 19:25
da Marco Lomonaco - Master
PORCI FASCISTI FIGLI DI TROIA

Ciao Wlad, anche per te è la prima volta che leggo e commento un tuo brano, quindi una breve premessa: quello che dico è solo la mia opinione, sta a te decidere quanto peso darle. Io son qui a dirvi cosa c'è che non va, ma gli unici che possono decidere cosa accettare e cosa no siete voi. Quindi niente, spero che i miei commenti ti saranno utili e che potrai farne tesoro, sono scritti con l'unico intento di aiutarvi a migliorare.
Li trovi direttamente sul testo tra parentesi quadre ;)


La coltre opalescente si dirada sul candore di quello che ha tutta l’aria di essere un lenzuolo.
«Eccolo! Vedi, si sveglia. Te lo dicevo che dormiva poco. Ora ci pensa lui, ci salva tutti!»
La voce proviene da molto vicino, c’è qualcuno seduto sul suo letto, ne percepisce il contatto con le gambe rattrappite tra le coperte. [se parti senza dire niente e scrivi una battuta, si dà per scontato che sia del protagonista o comunque del portatore di pdv, se non lo è, dillo prima della battuta… quindi “una voce gli risuona nelle orecchie, vicina. BATTUTA. C’è qualcuno seduto sul suo letto, ne percepiva la presenza, il contatto con le gambe rattrappite sotto le coperte. N.B. come fai a dire che sono rattrappite se sono sotto le coperte? Non si capisce nemmeno le gambe di chi siano rattrappite, dovrebbero essere quelle del portatore di pdv, ma visto che sei proprio all’inizio del brano e molti lettori non hanno familiarità col concetto di pdv, non lasciare dubbi in giro, è un attimo che si pensi che siamo sotto narratore onnisciente]
Si gira in quella direzione, mentre gli occhi si abituano alla luce: un tizio tarchiato, con due enormi baffi bianchi.
«Allora, compagno! Ce ne andiamo?» [anche qui, specifica in modo esplicito chi parla, non uno scambio tutto a battute in cui due personaggi hanno una linea di dialogo a testa e puoi seguire, è inizio, c’è una situazione poco chiare, non lasciare le cose indeterminate se non ti serve farlo per qualche motivo, e comunque qui mi sa che fa solo casino]
Chi cazzo è? [Sei in una terza immedesimata, i pensieri diretti non puoi metterli così di ignoranza dentro il narrato, devi rendere comprensibile che lo sono] E [Perché questa “E”? Non serve e cominciare con la congiunzione sarebbe errore, un errore tollerabile se ha un senso, ma qui non mi pare averne] non è l’unica domanda che gli rimbalza nella testa [perché mi dici così? Ma dimmi piuttosto le altre domande… dirmi che ce ne sono altre e lasciarmi così a metà fa un po’ alzare le sopracciglia].
«Forza, compagno Wladimir! [spero che tu non sia il protagonista del brano, perché è una di quelle cose da evitare come la peste in genere] Bisogna scappare prima che torni la ronda. Vuoi che ti torturino un’altra volta? Guarda come l’hanno conciato poverino!»
L’ultima parte della frase senza senso è rivolta al letto a fianco del suo. Dove, però, non c’è nessuno. [Anche qui, fai prima girare il tizio verso il nulla e poi fallo parlare, magari usa un inciso a spezzare la linea di dialogo precedente, sennò non si capisce, nel senso che non passa neanche bene il fatto che ci sia una stranezza. Ci hai detto ancora troppo poco, devi farti più furbo nel modo in cui passi le informazioni al lettore… lui non è nella tua testa e non ha chiaro niente di quello che a te sembra scontato]
«Con chi parli?» dice, tirandosi su e andando a sedersi con la schiena alla spalliera del suo giaciglio. [quando narri in terza, il “suo/sua/suoi/loro/etc” sono sempre cose a cui fare attenzione, perché può voler dire sia “del protagonista” che “dell’altro personaggio”, fai in modo che sia chiaro “suo” di chi]
«Col pezzo di merda!» gli risponde soddisfatto il curioso interlocutore, indicando con la mano aperta il vuoto davanti ai propri occhi.
«Chi sei? Dove siamo?» [ma, gli ha chiesto con chi parla, quello non gli ha risposto nulla di comprensibile e lui non batte ciglio e cambia argomento, senza nessuna transizione narrativa o ulteriori domande e chiarimenti? Boh, troppo forzato e pretestuoso… mettiti nei panni del personaggio: tu vieni da me e mi chiedi “Marco, ho bisogno di aiuto, mi serve che mi guardi i bambini per un paio d’ore” io ti rispondo “la torta di mele di Nonna Palmira è un orgasmo gustativo” e tu “bella frate’, ma questo weekend che fai?” cioè, i dialoghi devono tener conto di quanto detto e successo prima e durante]
«Ah, allora ti hanno proprio ridotto male, compagno! Sono Marisio, il compagno Marisio! Siamo stati catturati dai fascisti. Bisogna andare via subito, prima che tornino. Ti hanno torturato. Per quello non ti ricordi nulla! Forza, tirati su! Dobbiamo trovare l’uscita e non farci vedere dalle guardie armate.» [Le battute così lunghe possono essere intervallate con incisi in cui fai procedere l’azione o mostri dettagli delle reazioni o delle espressioni, funziona più che lasciare battute così lunghe in presa diretta, come se il personaggio fosse lì solo a parlare]
L’uomo si lascia i lunghi baffi con le dita, poi, come colto da un fretta improvvisa, scatta in piedi.
«Forza, pezzo di merda, dammi una mano a far alzare il compagno Wladimir!»
«Faccio da solo, grazie.» [ci sono in scena 3 personaggi, anche se uno solo immaginario finora, specifica chi dice cosa.]
Tira fuori i piedi scalzi da sotto le coperte e si accorge di essere nudo. [chi fa questa cosa?]
«Ti ho preso i vestiti. Sono sul letto. Mettili e andiamo! Ci resta davvero poco tempo.» [chi parla?]
«Ma c'è modo di uscire senza essere visti, compagno?» [chi parla?]
[puoi, di rado, non specificare chi dice cosa se è già molto chiaro dal contesto e/o quando i tuoi personaggi hanno una voce ben definita, e quindi quando uno parla sai che è lui da quello che dice e da come lo dice… anche se non è nemmeno questo motivo sufficiente a lasciare implicite certe informazioni]
Lo asseconda. Un po’ perché non sa cosa altro fare e un po’ perché ricordi offuscati dentro la testa [quali ricordi? Fai vedere scampoli magari, qualcosa, smetti di dirmi le cose e mostramele…] gli dicono che, anche se il tizio baffuto sta dando evidenti segni di squilibrio, deve fidarsi di lui.
«Riconoscere la sconfitta è la prima tappa verso la vittoria, compagno. Come diceva Vittorio Pozzo. Prima ho cercato un modo per farli fuori tutti, ma sono troppi quei bastardi! Ora, però, ho trovato una via non sorvegliata. Quella da cui passano loro. E ho preso questa!» risponde soddisfatto mostrando una piccola chiave dorata.
Wladimir si alza a fatica e indossa i vestiti preparati per lui dall’amico: «Fammi strada, Marisio! Cioè, volevo dire, compagno…»
«Non ti preoccupare! Vedrai che appena sarai libero ti ricorderai di tutto. Usano modi terribili per farci parlare, la perdita della memoria è una difesa del cervello. Serve a non farti impazzire. Seguimi.»
L’ometto si porta sulla soglia della stanza di detenzione e apre la porta per scrutare l’esterno dal piccolo spiraglio aperto.
«Porca zozza, compagno!» sussurra. «C’è una guardia fuori dalla porta. Bisogna stenderla.»
Si rivolge quindi all’immaginario terzo componente del commando: «Pezzo di merda, pensaci tu!»
Marisio attende qualche secondo per poi scuotere la testa deluso: «Macchè, guarda che fifone! È andato a nascondersi dietro al letto. Avessi i muscoli che ha lui non me lo farei ripetere.»
«Ci penso io!»
Nonostante si sia messo in piedi da poco, si sente pieno di energie e vuole davvero tirar fuori le gambe da quella situazione il prima possibile. [niente, la scelta della terza presente non è stata molto saggia, soprattutto se usata così non ti aiuta a farti capire in modo efficace]
A fianco della porta c’è una scopa, abbandonata in un angolo con la sua paletta. Rapido, come un consiglio non richiesto [bella frase a sentirla così, ma non ha senso, i consigli non richiesti non sono rapidi, o meglio, non è la rapidità il loro tratto caratteristico per il lettore], ne sfila il bastone e lo rotea dinanzi agli occhi come se non avesse fatto altro in tutta la vita.
«Grande! Così bisogna fare. Attaccare è il modo migliore per difendere la propria porta. Lo diceva Roberto Carlos [??? Questa cosa arriva DEL TUTTO fuori contesto, capisco che magari sia un indizio per farmi caprie che non siamo negli anni ’40, ma mi hai portato fin qui rinforzando un acerta posizione nella mia testa, non puoi mandarla all’aria così… devi prepararli certi ribaltamenti, diffondere sapientemente qualche indizio che faccia almeno alzare un filo un sopracciglio, così il twist arriva che me lo aspetto, nont anto nei modi e nei contenuti (che se li vedo prima non è un buon twist), quanto nel fatto che nella mia testa dev’esserci anche solo un pochino la sensaizone che ci sia qualcosa che non torna prima di una rivelazione del genere, altrimenti stai infrangendo il patto con il lettore, alla voce “onestà”. Ci sono twist che arrivano del tutto inaspettati, ma son in genere quelli che ti danno una chiave di lettura nuova su quanto hai già visto e assorbito in un certo modo]. Ti ricordi chi è?»
Wladimir si limita a scuotere la testa.
«Te ne ricorderai, compagno! Te ne ricorderai. Ora tiriamoci fuori da qua. Pezzo di merda, tu almeno coprici le spalle.»
Dopo essersi rivolto all’amico immaginario dietro al letto con tono perentorio, non tarda a spendere comunque qualche parola anche in suo [ma, dai, non puoi non vedere che si crea confusione, tantopiù che sembra qui che, dopo aver cazziato l’amico immaginario, qui lorinuora… invece alla battuta si capisce che parla col protagonista, passa il racconto in prima persona, per uno scritto così ci guadagni tantisimo] favore: «Lo devi scusare, sai. Ne ha passate tante anche lui.»
Il redivivo [Chi è il redivivo? Per quanto ne so, entrambi] alza il bastone sopra la testa.
«Sbrighiamoci!»
Il tizio tracagnotto apre la porta lentamente, fino a mostrare la guardia di spalle.
Il colpo è violento, tanto che il bastone si spezza e l’uomo cade a terra senza emettere un fiato.
Dopo il tonfo sordo del corpo sul pavimento, i due sono nel corridoio deserto.
«Non c’è nessun’altro. Forse riusciamo davvero a cavarcela.»
«Ma certo, compagno, che ce la facciamo. Credi che non abbia pensato a tutto? Il piano è preciso nei dettagli. Seguimi! Da questa parte.» [comunque ogni tanto prova a dire che il protagonista è ancora confuso e intontito, altrimenti a questo punto si sarebbe già dovuto fare ventordici domande su tutte le cose che non tornano]
Passi silenziosi accompagnano i due amici lungo il corridoio dalle pareti spoglie, che termina dinanzi a due porte, una sul fondo e una sulla parete di destra.
«Pezzo di merda, qual è la porta giusta?»
Marisio scuote la testa imbarazzato: «Ecco, vai a fidarti delle persone. Avevo detto a lui di fare una piantina. E adesso?»
Se il bastone non si fosse rotto, forse ora Wladimir lo starebbe usando per spappolare il suo liberatore psicotico. [ma, sei nel pdv, un istante prima tutti amici e compagni e ora, dal nulla, gli spappolerebbe il cranio? Senza nemmeno una mediazione del narratore a giustificare la cosa?]
«Procediamo a tentativi!» sussurra tra i denti, prima di aprire la porta al centro «Non voglio essere ancora qua, quando la guardia si sveglia»
Oltre la soglia, due energumeni giocano a carte, seduti a un tavolinetto in legno.
Quello girato dalla loro parte non può non notarli.
«E voi che ci fate qui?» domanda, alzandosi in piedi, seguito dal collega.
I fuggitivi corrono nell’altra porta, trovandosi in un corridoio piuttosto ampio, su cui si affacciano numerose altre uscite.
Dalle loro spalle giungono grida affannate: «Fermateli! Stanno scappando!»
La corsa termine tra le braccia di altri due tizi, che spuntano da un momento all’altro [da un momento all’altro? Usato così è proprio sbagliato, “da un momento all’altro” è tipo un “a breve/tra pochissimo”, ti sembra corretto usarlo qui?] lungo la loro via.
I compagni Marisio e Wladimir fanno appena in tempo a sentire il bruciore dell’iniezione nel gluteo, prima di scivolare nel buio. [questa è un’infrazione del pdv, sei dentro a Wladimir, come fa il pdv a sapere che Marisio sente il bruciore dell’inieizione?]

***

Il direttore è nervoso questa mattina.
Ha dovuto interrompere la sua breve vacanza a Torino, con la famiglia per colpa dei fuggitivi.
E non è la prima volta che i due cercano di scappare.
Da quando è entrato nel suo ufficio si ripete che a Torino ci sono solo il Barolo, i gianduiotti e i gobbi.
Sì! Fa come la volpe con l’uva ed è depresso e arrabbiato. Tanto arrabbiato.
Marisio è bloccato sulla sedia dinanzi alla sua scrivania.
«Che dobbiamo fare con lei Serci? Quando ha intenzione di finirla di tormentare quel disgraziato?»
L’uomo scuote la testa, «Non sono stato io! È stato il pezzo di merda.» poi si rivolge alla sedia vuota al suo fianco «Diglielo se hai coraggio, Diglielo!».
Il direttore prende il più lungo respiro della sua vita.
«Serci, nelle sue condizioni, io non posso, ahimè, farla legare al letto. La faccio spostare all’ultimo piano, nella speranza che sei rampe di scale le facciano passare la voglia di andare a infarcire la testa di stupidaggini al signor Vitali. Ma la prossima volta le giuro che prenderò provvedimenti. La faccio spostare in un altro ospedale. Non si vergogna a prendere in giro quel poveretto che soffre di amnesia?»
Marisio si rivolge alla sedia: «Hai visto? Ha ragione il Professore! Non si fa, Pezzaccio di merda! Non si fa! Lo tengo a bada io, non si preoccupi. Deve dirci altro?»
[twist finale costruito male. Hai infranto il pdv mi sa una quantità di volte troppo alta. L’amnesia non vuol dire che il tizio non sa niente di niente, vuol solo dire che non ricorda quanto successo da un dato momento a un altro dato momento. L’aspetto del personale medico lo conosci da quando hai 5 anni, non ha riconosciuto gli inservienti/infermieri della clinica? Stesso discorso per i vestiti da pazienti, le camere di ospedale. Cosa ci faceva una scopa nella loro stanza? Il tizio con l’amico invisibile è schizofrenico, e crea disagi, ok che non possono legarlo al letto, ma sedarlo? E soprattutto NON lasciargli una scopa in camera? Etc.]

***

La coltre opalescente si dirada sul candore di quello che ha tutta l’aria di essere un lenzuolo.
«Camerata! Dobbiamo andare subito via, siamo ostaggio delle zecche comuniste. Forza, alzati! Non c’è tempo da perdere!»

[Non so, l’idea è divertente e anche carina, ma la realizzazione lascia un po’ a desiderare. Più di tutto fa la confusione, figlia (solo in parte) della scelta di usare la terza presente che non aiuta. Chiaro che l’errore è poi di stile, si può benissimo narrare qualsiasi cosa in terza presente, ma se avessi scelto la prima avresti avuto meno problemi. Non so, non ho da dire molto più di quello che già ti ho scritto sul testo, hai buone trovate ma stilisticamente hai ancora molta strada da fare e molti concetti ancora da apprendere e padroneggiare. Vedila così, puoi diventare molto meglio di come già sei, alla fine è questione di esercizio, costanza e di pazienza. La parte che ti manca un po’ di più è quella di scrittura, passami il termine, “artigianale”, quella tecnica.
E niente, spero di averti dato dei buoni spunti su cui riflettere e lavorare, se mi capiterà di leggere altro di tuo in futuro vedremo se avrai appreso la lezione o meno ;) Ah, il titolo è del tutto fuorviante e fuori target.]