CHIAMAMI DANTE
Inviato: lunedì 28 gennaio 2019, 0:26
Mi scuso per il ritardo, ma per due volte il server mi ha datto "Internal Error" e mi ha mandato in un'altra parte ( chissà perchè)
CHIAMAMI DANTE di David Galligani
Mi sveglio con ancora la siringa nella vena.
Sono scivolato lentamente dal divano fino al pavimento di cotto, e adesso ho il culo congelato e che mi fa male. Mi sono anche vomitato addosso, devo smettere di mischiare eroina e whisky.
É stato veramente un brutto viaggio.
L’orologio al polso segna le 15:38.
«Hey Google,» mastico a fatica «che c’ho da fare oggi?»
Che figata questa cosa di Google Home, il computer con cui puoi parlare. Pressochè inutile, peró innegabilmente fantascientifico.
«Oggi in calendario c’è un solo appuntamento alle 18:30 con Fabio Mugnai.» mi risponde con la voce da maggiormodo da astronave.
Giá. Chissá che vuole questo… beh vedremo, per fortuna mi sono ripreso a tempo.
Mi levo camicia e pantaloni e vado in cucina per buttarli direttamente nella lavatrice.
Davanti allo scrittoio in salone, seguendo il mio rito quotidiano, passo davanti all’antico crocifisso in legno, e lo mando a fare in culo.
Vado in cucina, mi spoglio e butto la roba a lavare. Prendo tutto il ghiaccio che trovo nel congelatore, lo butto nel lavandino, e ci caccio dentro la testa per vedere se riesco a ritrovare una parvenza d’essere umano.
Poi mi metto sotto la doccia per un lungo tempo.
- Ding Dong – suona il campanello.
«Chi è» chiedo al citofono.
«Sono Mugnai,avevamo appuntamento oggi, le ho scritto via mail...»
«Si, si, sali pure»
Premo l’apriporta, e mentre il tipo sale le scale controllo allo specchio di aver riacquistato un minimo di presentabilitá: Jeans, camicia e felpa. Barba di ieri, ma puó andare, mica sono un’avvocato.
Apre la porta: un tipo sui venticinque, felpa rosa , pelato e muscolatissimo.
Gli porgo la mano: «piacere Fabio»
«Piacere mio, prego si accomodi» lo invito a sedersi in salotto.
Prende posto sul sofa. Mi viene da ridere a pensare in che condizioni ero io seduto esattamente lí qualche ora prima.
Si guarda intorno con aria incuriosita,il suo sguardo si sofferma su una antica spada longibarda dalla lama intarsiata.
«Molto bella»
«É soltanto una copia,» mento «come la maggior parte degli altri oggetti» mento ancora.
Il salotto è pieno di armi e di oggetti d’arte, e il fatto che siano autentiche metterebbe troppa curiositá ai miei visitatori.
«Quindi, dimmi Fabio, posso darti del tu vero? Che posso fare per te?»
«Ecco, signor?»
«Dante, chiamami Dante»
Dante è sempre un nome fico da usare, anche se non è il mio.
«Ecco Dante... Il fatto è… Io credo, insomma...»
«Andiamo Fabio, su, che se no qui si fa notte.»
«Si, scusa. Credo che la mia ragazza sia posseduta da un demonio. Ecco.»
Mi scruta con attenzione per vedere se lo prendo per pazzo oppure no.
«E quindi sei andato sul Deep Web e hai cercato “Cacciatore di Demoni” ed è uscito il mio nome»
«Si, piú o meno. Cioé, prima mi sono rivolto alla Chiesa in realtá, ma mi hanno detto che hanno pochi esorcisti, e che ci metterebbero un po’, per cui volevo accelerare le cose.»
«Ok. Raccontami un po’.»
«Questa è la mia ragazza, Deborah» mi dice porgendomi una foto.
La osservo. Una bionda avvolta a un palo, che sorride.
Non so se esista qualcosa di ancora originale in quel volto, anche le tette non sono senz’altro sue.
«Deborah con H?»
«Si, perché?»
«No, niente, me lo immaginavo. Begli occhi»
«Grazie. Insomma Deborah, è un po’ di tempo che non è piú lei: è aggressiva, violenta, promiscua e a volte parla in latino. »
«Tu conosci il latino?»
«No»
«E allora come sai che parla latino?»
«Beh non so, una lingua strana che non conosco»
Che sia aggressiva o promiscua non è cosa che mi faccia suonare nessun campanello d’allarme. Ma che parli in latino in effetti non mi pare in linea col personaggio.
«Che mi consigli di fare?»
«Lasciala.»
«Come? Ma… ma io l’amo.»
«Sempre che sia posseduta, un demone non prende una persona a caso, deve essere una persona malvagia o con forti squilibri mentali e/o emotivi. Per cui lasciar perdere è un’ottima opzione e un sano investimento per il futuro.»
«No, non se ne parla» risponde il ragazzo con veemenza.
«Va bene, allora mi mandi due Bitcoin al wallet che ti ho mandato per email e mi metto a indagare sulla faccenda.»
«Ma come faccio a sapere che non mi stai truffando? Scusa la mia franchezza, Dante.»
«Ho appena cercato di dissuaderti dall’ingaggiarmi. Sei ancora in tempo, la porta è quella lí.»
«Ok, no, va bene. Ti mando i Bitcoin.»
«Bene, allora continua pure con la spiegazione»
E niente, la cubista Deborah pare che ultimamente sia piú fuori di testa del solito: ha fatto felici molti dipendenti dell’azienda di papá di Mr. Muscolo succhiando piú cazzi di quanti biberon possa succhiare un lattante durante il primo anno di vita, ha fatto a pezzi un pastore tedesco a mani nude, ha picchiato piú volte il nostro beneamato cliente e, dulcis in fundo, ogni tanto si mette a disquisire in qualche lingua morta. Per evitare altri danni sono riusciti a rinchiuderla in una cella frigorifera, spenta per l’occasione.
«Domattina al piú presto mi metteró in moto.»
«No, adesso per favore. Al piú presto!» mi supplica.
«Ma...»
«Tre Bitcoin!» rilancia.
Come potrei abbandonare per un’altra notte una pulzella tra le grinfie di Satana?
«D’accordo. Dovró fare un paio di commissioni»
Prendo la mia sacca con gli arnesi del mestiere, faccio accomodare fuori l’ospite ed esco a mia volta.
Mentre sono girato a chiudere la porta sento qualcosa mordermi il polpaccio.
«Fuffi, vieni qui!»
Guardo in basso: è quel cazzo di Carlino della vicina di fronte che, come ogni giorno è uscito per attaccarmi a tradimento.
Con una pedata lo rilancio alla padrona.
«Lei è un bastardo, un uomo senza cuore, non si trattano cosí gli animali, sono migliori di noi, sa?»
mi grida la cicciona in pantofole.
«Migliori di lei senz’altro» le rispondo io «Se non aprisse la porta per sbirciare chi entra e chi esce da casa mia, perché, oltre che ficcanaso è anche cieca, Fuffi non mi attaccherebbe e io non mi difenderei.»
«Lei è un maleducato e un senza Dio»
Guardo il mio cliente con aria sconsolata «Scusa Fabio» gli dico.
«Lo sa vero che queste Bestie di Merda che lei chiama cani, sono incrociati tra i piú piccoli e deboli, e spesso tarati, delle cucciolate in modo che possano stare nelle borsette o in collo di persone disagiate come lei? Perchè non si prende un cane vero, invece di un giocattolo?»
Per tutta risposta mostra il dito medio e mi sbatte la porta in faccia.
«Andiamo, devo andare al parcheggio al mercato a prendere l’auto»
«Non ti preoccupare, andiamo con la mia, è qua sotto» mi risponde.
Lo guardo con aria interrogativa.
«Qua sotto nel centro storico?»
«Si, ho il permesso per invalidi»
«Come no.».
Cinquanta metri e saliamo su un Range Rover rosso nuovo di pacca.
«Dove andiamo?»
«Piazza Tasso»
Una ventina di minuti dopo, un’altro parcheggio in zona invalidi dopo, siamo dalle parti di piazza Tasso.
«Aspettami qui» gli dico.
«No vengo anche io»
«No tu rimani, io vado» sto cominciando a pentirmi.
«Ti ho appena dato tre Bitcoin voglio sincerarmi di quello che fai»
«E va bene, sincerati» rispondo un po’stizzito.
Saliamo delle scale di una palazzina anni cinquanta, sino al secondo piano. Suono.
«Ciao Adelina, sono io mi apri?»
Una signora sulla sessantina, gobba, con dei nei sul naso e con un forte prognatismo mi riceve con un gran sorriso.
«Ciao, ciao come stai? Vuoi entrare?»
«Bene Adelina, lui è Fabio, è con me, avrei bisogno mi rifornissi. Al solito, sai.»
«Che bel giovanotto! Certo, certo, accomodatevi, volete un té?» chiede tutta pimpante.
«No grazie, sai andiamo di fretta. Ci aspettano.»
«Ah va bene, torno subito! Sedetevi»
Ci sediamo in una cucina vecchio stile, con tavolo e sedie in formica celeste e una dispensa con la vetrina smerigliata.
Adelina ritorna con un sacchetto.
Le porgo due banconote da cinquanta euro, la ringrazio, e ci congediamo.
Appena siamo in macchina e sto cominciando ad allacciarmi la cintura, Fabio comincia a tempestarmi di domande.
«Ma chi è Adelina? Una strega Wicca? Un oracolo, come in Matrix?»
«No ma che!»
«Ho visto una fiala, è una pozione magica?»
«No»
«Ma quindi, cento euro per una fiala, di cosa?»
«Ohi ohi che due palle! Sangue! Una fiala di sangue!» sbotto.
Mi guarda sbigottito.
«Una fiala di sangue? Perché...»
«Perchè mi serve del sangue di una vergine, ecco perché.»
«Adelina...»
«Te la tromberesti te?»
«Ah no. Certo.»
«Ecco, Adelina è tanto una brava persona e tanto gentile, ma ha passato tutta la vita insegnare e a pensare piú a Leopardi e Manzoni che al dolce su e giú. E ora metti in moto.»
«Va bene, va bene, andiamo. Anche se...»
«Anche se cosa?»
«Mah non so, magari da giovane, du’colpi...»
Faccio una rapida scappata a casa e poi ci dirigiamo finalmente verso la cella frigorifera.
Sono ormai le dieci di sera, quando giungiamo nei pressi di un capannone nella zona industriale alla periferia fiorentina.
Queste zone non mi hanno mai messo grande allegria di giorno, immaginiamoci di notte.
Il ragazzo mi fa strada, a quanto pare la famiglia gestisce una grande industria carnica e qui si trova uno dei magazzini. A quest’ora, com’è prevedibile non c’è nessuno.
«Hai staccato allarmi e telecamere?» chiedo
«Certo, certo, se no sentivi che concerto!»
Fabio va al quadro generale e tira su un paio di interruttori.
Una serie di neon si accendono uno dietro l’altro illuminando con luce fredda un ambiente di oltre cento metro metri.
«É laggiú», indica una grossa porta spessa.
Quando le siamo davanti gli afferro il braccio.
«Ora ascoltami» gli dico guardandolo negli occhi «qualunque cosa succeda, tu, qui dentro non entri, ok?»
«Ma io...»
«Ma io una sega. Se entri puoi morire, o, ancora peggio, puoi causare la mia morte con qualche tua cazzata.»
«Peró io l’amo!»
«Va bene, e per questo hai speso tre Bitcoin e mi hai ingaggiato. Se entri e muori, a cosa ti serve?
Inoltre lei soffrirà, piangerá per un po’, ti ricorderá per sempre come un grande eroe, ma dopo poco si stará trombando qualcun’altro. Quindi, fai un piacere a tutti e resta qui, intesi?»
Non mi pare molto convinto.
«Intesi?» ripeto piú forte.
«Sì, sì, intesi.»
Prendo il mio sacco e mi infilo due tirapugni alle mani.
«E quelli?»
«Un’altra arma mi potrebbe essere sfilata di mano, questi no» rispondo «capirai bene che qualche precauzione la devo prendere. Quando ti chiamo apri. Non prima»
Fa un cenno di assenso.
Giro la maniglia ed entro.
Lei è in mezzo alla stanza, in piedi, nuda. Vestita solo di uno sguardo estremamente malvagio.
«Ciao, prete spretato, ti stavamo aspettando» mi dice con una voce estremamente sensuale «ciao babbo, sono qui anche io» continua poi con una voce da bambina.
«Anche io ti stavo aspettando Lamasthu. Da molto tempo.»
Rompo la fiala di sangue e ci cospargo i tirapugni e le mani, mentro comincio a recitare una antica litania norrena.
«Oh ma allora ci vuoi fare la bua… Non vuoi salvare questa povera donzella?»
«Non sono un esorcista, sono un cacciatore di demoni. Sono qui per avere finalmente la mia vendetta.»
Lei inclina il capo e sorride. «Anche io. Per tutti i miei fratelli che hai eliminato. E ora, giochiamo!»
Mi balza addosso con la velocitá e la destrezza di una pantera, io mi abbasso e ripetendo le parole sacre la colpisco di stricio con un gancio destro al volto.
Sanguina.
Un colpo è tutto quello di cui ho bisogno, ormai è questione di secondi.
Invece lei ride.
«Ops. Non è successo niente? Forse Adelina… Ahhha» ride di nuovo.
«Uno dei miei è andato e l’ha scopata per una notte intera! Davanti, dietro e in qualunque buco avesse disponibile!»
Mi si gela il sangue nelle vene.
«Non hai visto come era contenta?» Ride di nuovo e mi si lancia contro.
Scanso uno, due colpi. Il terzo mi prende al fegato e mi piega in due.
Cado, ma mentre mi si fa addosso le tiro un calcio di piatto sul ginocchio. Cade anche lei appena acccanto a me, e io seguo il consiglio di Materazzi , “in casi difficili usate sempre la testa” e le mollo un colpo dritto sul setto.
La porta si apre.
«Lasciala stare essere immondo! Prendi me! Prendi me al suo posto» grida Fabio.
Maledetta.
Testa.
Di.
Cazzo.
Lei mi guarda.
«Mi pare un’ottima proposta»
Un lampo di energia nera passa dalla ragazza al suo fidanzato.
Adesso invece di una esile ragazza ho contro un body builder di cento chili. In felpa rosa.
Mi viene addosso, ma decido di giocarmela nella lotta: il vantaggio del ju-jitsu è che se sei bravo la forza dell’avversario non conta, oltre al fatto che gli antichi Sumeri di sicuro non lo conoscevano.
Mi afferra per il collo, tento una leva, ma non ha il minimo effetto.
Vengo scaraventato con violenza contro uno scaffale vuoto. Prendo una botta al rene destro e mi si riempiono gli occhi di lacrime per il dolore.
Fabio mi è sotto di nuovo, ma a questo giro riesco a storcergli braccio fino a che sento un schianto secco del gomito.
Cerca di afferrarmi con l’altro ma ripeto lo stesso trattamento. Poi gli spezzo il collo.
Ride.
Demone o non demone, con le articolazioni fottute le braccia non le puó muovere. Ma non è sconfitto, sa benissimo che puó sempre passare a un ospite piú funzionale. Me.
L’energia parte dal suo torace verso di me, ma risco ad afferrare il mio sacco e farmene scudo.
Il sacco comincia a muoversi. Lo rovescio e Fuffi, legato e con la museruola cade al suolo.
Gli metto velocemente un antico amuleto vikingo al collo, intrappolandolo il demone Lamathsu nell’animale.
Poi lo guardo.
E adesso rido io.
Deborah ha assistito a tutta la scena, sta piangendo in silenzio.
«Chi sei tu, e che cosa è successo.» mi chiede
«Una volta ero un padre, prima ancora un prete. Adesso sono un disperato che vive ai margini della societá, mi puoi trovare sul Deep Web: uccido demoni e altre creature per odio e vendetta. Mi puoi chiamare Dante.»
«Ah»
Rimane un attimo in silenzio.
«Fabio è morto?»
«Sì»
«Era un bravo ragazzo.»
«Lo so» le dico porgendole la mano.
Lei l’afferra.
«Puoi dormire da me stanotte se non vuoi stare sola» le dico.
«Va bene» dice lei.
Metto il guinzaglio al demone, e ci dirigiamo verso il Range Rover con il bollino per il parcheggio invalidi.
CHIAMAMI DANTE di David Galligani
Mi sveglio con ancora la siringa nella vena.
Sono scivolato lentamente dal divano fino al pavimento di cotto, e adesso ho il culo congelato e che mi fa male. Mi sono anche vomitato addosso, devo smettere di mischiare eroina e whisky.
É stato veramente un brutto viaggio.
L’orologio al polso segna le 15:38.
«Hey Google,» mastico a fatica «che c’ho da fare oggi?»
Che figata questa cosa di Google Home, il computer con cui puoi parlare. Pressochè inutile, peró innegabilmente fantascientifico.
«Oggi in calendario c’è un solo appuntamento alle 18:30 con Fabio Mugnai.» mi risponde con la voce da maggiormodo da astronave.
Giá. Chissá che vuole questo… beh vedremo, per fortuna mi sono ripreso a tempo.
Mi levo camicia e pantaloni e vado in cucina per buttarli direttamente nella lavatrice.
Davanti allo scrittoio in salone, seguendo il mio rito quotidiano, passo davanti all’antico crocifisso in legno, e lo mando a fare in culo.
Vado in cucina, mi spoglio e butto la roba a lavare. Prendo tutto il ghiaccio che trovo nel congelatore, lo butto nel lavandino, e ci caccio dentro la testa per vedere se riesco a ritrovare una parvenza d’essere umano.
Poi mi metto sotto la doccia per un lungo tempo.
- Ding Dong – suona il campanello.
«Chi è» chiedo al citofono.
«Sono Mugnai,avevamo appuntamento oggi, le ho scritto via mail...»
«Si, si, sali pure»
Premo l’apriporta, e mentre il tipo sale le scale controllo allo specchio di aver riacquistato un minimo di presentabilitá: Jeans, camicia e felpa. Barba di ieri, ma puó andare, mica sono un’avvocato.
Apre la porta: un tipo sui venticinque, felpa rosa , pelato e muscolatissimo.
Gli porgo la mano: «piacere Fabio»
«Piacere mio, prego si accomodi» lo invito a sedersi in salotto.
Prende posto sul sofa. Mi viene da ridere a pensare in che condizioni ero io seduto esattamente lí qualche ora prima.
Si guarda intorno con aria incuriosita,il suo sguardo si sofferma su una antica spada longibarda dalla lama intarsiata.
«Molto bella»
«É soltanto una copia,» mento «come la maggior parte degli altri oggetti» mento ancora.
Il salotto è pieno di armi e di oggetti d’arte, e il fatto che siano autentiche metterebbe troppa curiositá ai miei visitatori.
«Quindi, dimmi Fabio, posso darti del tu vero? Che posso fare per te?»
«Ecco, signor?»
«Dante, chiamami Dante»
Dante è sempre un nome fico da usare, anche se non è il mio.
«Ecco Dante... Il fatto è… Io credo, insomma...»
«Andiamo Fabio, su, che se no qui si fa notte.»
«Si, scusa. Credo che la mia ragazza sia posseduta da un demonio. Ecco.»
Mi scruta con attenzione per vedere se lo prendo per pazzo oppure no.
«E quindi sei andato sul Deep Web e hai cercato “Cacciatore di Demoni” ed è uscito il mio nome»
«Si, piú o meno. Cioé, prima mi sono rivolto alla Chiesa in realtá, ma mi hanno detto che hanno pochi esorcisti, e che ci metterebbero un po’, per cui volevo accelerare le cose.»
«Ok. Raccontami un po’.»
«Questa è la mia ragazza, Deborah» mi dice porgendomi una foto.
La osservo. Una bionda avvolta a un palo, che sorride.
Non so se esista qualcosa di ancora originale in quel volto, anche le tette non sono senz’altro sue.
«Deborah con H?»
«Si, perché?»
«No, niente, me lo immaginavo. Begli occhi»
«Grazie. Insomma Deborah, è un po’ di tempo che non è piú lei: è aggressiva, violenta, promiscua e a volte parla in latino. »
«Tu conosci il latino?»
«No»
«E allora come sai che parla latino?»
«Beh non so, una lingua strana che non conosco»
Che sia aggressiva o promiscua non è cosa che mi faccia suonare nessun campanello d’allarme. Ma che parli in latino in effetti non mi pare in linea col personaggio.
«Che mi consigli di fare?»
«Lasciala.»
«Come? Ma… ma io l’amo.»
«Sempre che sia posseduta, un demone non prende una persona a caso, deve essere una persona malvagia o con forti squilibri mentali e/o emotivi. Per cui lasciar perdere è un’ottima opzione e un sano investimento per il futuro.»
«No, non se ne parla» risponde il ragazzo con veemenza.
«Va bene, allora mi mandi due Bitcoin al wallet che ti ho mandato per email e mi metto a indagare sulla faccenda.»
«Ma come faccio a sapere che non mi stai truffando? Scusa la mia franchezza, Dante.»
«Ho appena cercato di dissuaderti dall’ingaggiarmi. Sei ancora in tempo, la porta è quella lí.»
«Ok, no, va bene. Ti mando i Bitcoin.»
«Bene, allora continua pure con la spiegazione»
E niente, la cubista Deborah pare che ultimamente sia piú fuori di testa del solito: ha fatto felici molti dipendenti dell’azienda di papá di Mr. Muscolo succhiando piú cazzi di quanti biberon possa succhiare un lattante durante il primo anno di vita, ha fatto a pezzi un pastore tedesco a mani nude, ha picchiato piú volte il nostro beneamato cliente e, dulcis in fundo, ogni tanto si mette a disquisire in qualche lingua morta. Per evitare altri danni sono riusciti a rinchiuderla in una cella frigorifera, spenta per l’occasione.
«Domattina al piú presto mi metteró in moto.»
«No, adesso per favore. Al piú presto!» mi supplica.
«Ma...»
«Tre Bitcoin!» rilancia.
Come potrei abbandonare per un’altra notte una pulzella tra le grinfie di Satana?
«D’accordo. Dovró fare un paio di commissioni»
Prendo la mia sacca con gli arnesi del mestiere, faccio accomodare fuori l’ospite ed esco a mia volta.
Mentre sono girato a chiudere la porta sento qualcosa mordermi il polpaccio.
«Fuffi, vieni qui!»
Guardo in basso: è quel cazzo di Carlino della vicina di fronte che, come ogni giorno è uscito per attaccarmi a tradimento.
Con una pedata lo rilancio alla padrona.
«Lei è un bastardo, un uomo senza cuore, non si trattano cosí gli animali, sono migliori di noi, sa?»
mi grida la cicciona in pantofole.
«Migliori di lei senz’altro» le rispondo io «Se non aprisse la porta per sbirciare chi entra e chi esce da casa mia, perché, oltre che ficcanaso è anche cieca, Fuffi non mi attaccherebbe e io non mi difenderei.»
«Lei è un maleducato e un senza Dio»
Guardo il mio cliente con aria sconsolata «Scusa Fabio» gli dico.
«Lo sa vero che queste Bestie di Merda che lei chiama cani, sono incrociati tra i piú piccoli e deboli, e spesso tarati, delle cucciolate in modo che possano stare nelle borsette o in collo di persone disagiate come lei? Perchè non si prende un cane vero, invece di un giocattolo?»
Per tutta risposta mostra il dito medio e mi sbatte la porta in faccia.
«Andiamo, devo andare al parcheggio al mercato a prendere l’auto»
«Non ti preoccupare, andiamo con la mia, è qua sotto» mi risponde.
Lo guardo con aria interrogativa.
«Qua sotto nel centro storico?»
«Si, ho il permesso per invalidi»
«Come no.».
Cinquanta metri e saliamo su un Range Rover rosso nuovo di pacca.
«Dove andiamo?»
«Piazza Tasso»
Una ventina di minuti dopo, un’altro parcheggio in zona invalidi dopo, siamo dalle parti di piazza Tasso.
«Aspettami qui» gli dico.
«No vengo anche io»
«No tu rimani, io vado» sto cominciando a pentirmi.
«Ti ho appena dato tre Bitcoin voglio sincerarmi di quello che fai»
«E va bene, sincerati» rispondo un po’stizzito.
Saliamo delle scale di una palazzina anni cinquanta, sino al secondo piano. Suono.
«Ciao Adelina, sono io mi apri?»
Una signora sulla sessantina, gobba, con dei nei sul naso e con un forte prognatismo mi riceve con un gran sorriso.
«Ciao, ciao come stai? Vuoi entrare?»
«Bene Adelina, lui è Fabio, è con me, avrei bisogno mi rifornissi. Al solito, sai.»
«Che bel giovanotto! Certo, certo, accomodatevi, volete un té?» chiede tutta pimpante.
«No grazie, sai andiamo di fretta. Ci aspettano.»
«Ah va bene, torno subito! Sedetevi»
Ci sediamo in una cucina vecchio stile, con tavolo e sedie in formica celeste e una dispensa con la vetrina smerigliata.
Adelina ritorna con un sacchetto.
Le porgo due banconote da cinquanta euro, la ringrazio, e ci congediamo.
Appena siamo in macchina e sto cominciando ad allacciarmi la cintura, Fabio comincia a tempestarmi di domande.
«Ma chi è Adelina? Una strega Wicca? Un oracolo, come in Matrix?»
«No ma che!»
«Ho visto una fiala, è una pozione magica?»
«No»
«Ma quindi, cento euro per una fiala, di cosa?»
«Ohi ohi che due palle! Sangue! Una fiala di sangue!» sbotto.
Mi guarda sbigottito.
«Una fiala di sangue? Perché...»
«Perchè mi serve del sangue di una vergine, ecco perché.»
«Adelina...»
«Te la tromberesti te?»
«Ah no. Certo.»
«Ecco, Adelina è tanto una brava persona e tanto gentile, ma ha passato tutta la vita insegnare e a pensare piú a Leopardi e Manzoni che al dolce su e giú. E ora metti in moto.»
«Va bene, va bene, andiamo. Anche se...»
«Anche se cosa?»
«Mah non so, magari da giovane, du’colpi...»
Faccio una rapida scappata a casa e poi ci dirigiamo finalmente verso la cella frigorifera.
Sono ormai le dieci di sera, quando giungiamo nei pressi di un capannone nella zona industriale alla periferia fiorentina.
Queste zone non mi hanno mai messo grande allegria di giorno, immaginiamoci di notte.
Il ragazzo mi fa strada, a quanto pare la famiglia gestisce una grande industria carnica e qui si trova uno dei magazzini. A quest’ora, com’è prevedibile non c’è nessuno.
«Hai staccato allarmi e telecamere?» chiedo
«Certo, certo, se no sentivi che concerto!»
Fabio va al quadro generale e tira su un paio di interruttori.
Una serie di neon si accendono uno dietro l’altro illuminando con luce fredda un ambiente di oltre cento metro metri.
«É laggiú», indica una grossa porta spessa.
Quando le siamo davanti gli afferro il braccio.
«Ora ascoltami» gli dico guardandolo negli occhi «qualunque cosa succeda, tu, qui dentro non entri, ok?»
«Ma io...»
«Ma io una sega. Se entri puoi morire, o, ancora peggio, puoi causare la mia morte con qualche tua cazzata.»
«Peró io l’amo!»
«Va bene, e per questo hai speso tre Bitcoin e mi hai ingaggiato. Se entri e muori, a cosa ti serve?
Inoltre lei soffrirà, piangerá per un po’, ti ricorderá per sempre come un grande eroe, ma dopo poco si stará trombando qualcun’altro. Quindi, fai un piacere a tutti e resta qui, intesi?»
Non mi pare molto convinto.
«Intesi?» ripeto piú forte.
«Sì, sì, intesi.»
Prendo il mio sacco e mi infilo due tirapugni alle mani.
«E quelli?»
«Un’altra arma mi potrebbe essere sfilata di mano, questi no» rispondo «capirai bene che qualche precauzione la devo prendere. Quando ti chiamo apri. Non prima»
Fa un cenno di assenso.
Giro la maniglia ed entro.
Lei è in mezzo alla stanza, in piedi, nuda. Vestita solo di uno sguardo estremamente malvagio.
«Ciao, prete spretato, ti stavamo aspettando» mi dice con una voce estremamente sensuale «ciao babbo, sono qui anche io» continua poi con una voce da bambina.
«Anche io ti stavo aspettando Lamasthu. Da molto tempo.»
Rompo la fiala di sangue e ci cospargo i tirapugni e le mani, mentro comincio a recitare una antica litania norrena.
«Oh ma allora ci vuoi fare la bua… Non vuoi salvare questa povera donzella?»
«Non sono un esorcista, sono un cacciatore di demoni. Sono qui per avere finalmente la mia vendetta.»
Lei inclina il capo e sorride. «Anche io. Per tutti i miei fratelli che hai eliminato. E ora, giochiamo!»
Mi balza addosso con la velocitá e la destrezza di una pantera, io mi abbasso e ripetendo le parole sacre la colpisco di stricio con un gancio destro al volto.
Sanguina.
Un colpo è tutto quello di cui ho bisogno, ormai è questione di secondi.
Invece lei ride.
«Ops. Non è successo niente? Forse Adelina… Ahhha» ride di nuovo.
«Uno dei miei è andato e l’ha scopata per una notte intera! Davanti, dietro e in qualunque buco avesse disponibile!»
Mi si gela il sangue nelle vene.
«Non hai visto come era contenta?» Ride di nuovo e mi si lancia contro.
Scanso uno, due colpi. Il terzo mi prende al fegato e mi piega in due.
Cado, ma mentre mi si fa addosso le tiro un calcio di piatto sul ginocchio. Cade anche lei appena acccanto a me, e io seguo il consiglio di Materazzi , “in casi difficili usate sempre la testa” e le mollo un colpo dritto sul setto.
La porta si apre.
«Lasciala stare essere immondo! Prendi me! Prendi me al suo posto» grida Fabio.
Maledetta.
Testa.
Di.
Cazzo.
Lei mi guarda.
«Mi pare un’ottima proposta»
Un lampo di energia nera passa dalla ragazza al suo fidanzato.
Adesso invece di una esile ragazza ho contro un body builder di cento chili. In felpa rosa.
Mi viene addosso, ma decido di giocarmela nella lotta: il vantaggio del ju-jitsu è che se sei bravo la forza dell’avversario non conta, oltre al fatto che gli antichi Sumeri di sicuro non lo conoscevano.
Mi afferra per il collo, tento una leva, ma non ha il minimo effetto.
Vengo scaraventato con violenza contro uno scaffale vuoto. Prendo una botta al rene destro e mi si riempiono gli occhi di lacrime per il dolore.
Fabio mi è sotto di nuovo, ma a questo giro riesco a storcergli braccio fino a che sento un schianto secco del gomito.
Cerca di afferrarmi con l’altro ma ripeto lo stesso trattamento. Poi gli spezzo il collo.
Ride.
Demone o non demone, con le articolazioni fottute le braccia non le puó muovere. Ma non è sconfitto, sa benissimo che puó sempre passare a un ospite piú funzionale. Me.
L’energia parte dal suo torace verso di me, ma risco ad afferrare il mio sacco e farmene scudo.
Il sacco comincia a muoversi. Lo rovescio e Fuffi, legato e con la museruola cade al suolo.
Gli metto velocemente un antico amuleto vikingo al collo, intrappolandolo il demone Lamathsu nell’animale.
Poi lo guardo.
E adesso rido io.
Deborah ha assistito a tutta la scena, sta piangendo in silenzio.
«Chi sei tu, e che cosa è successo.» mi chiede
«Una volta ero un padre, prima ancora un prete. Adesso sono un disperato che vive ai margini della societá, mi puoi trovare sul Deep Web: uccido demoni e altre creature per odio e vendetta. Mi puoi chiamare Dante.»
«Ah»
Rimane un attimo in silenzio.
«Fabio è morto?»
«Sì»
«Era un bravo ragazzo.»
«Lo so» le dico porgendole la mano.
Lei l’afferra.
«Puoi dormire da me stanotte se non vuoi stare sola» le dico.
«Va bene» dice lei.
Metto il guinzaglio al demone, e ci dirigiamo verso il Range Rover con il bollino per il parcheggio invalidi.