L'itinerario del signor Zefiro
Inviato: lunedì 21 gennaio 2019, 21:34
L’itinerario del signor Zefiro
Sono rinchiuso dentro a questa valigia da un secolo.
Da allora, in molti hanno provato a liberarmi, ma sembra proprio che non ci sia un bel niente da fare. Questa valigia rimane chiusa.
Quando ero nelle mani di Edmondo, un musico che diceva di essere nato nell’ottocentotre, mi sentivo tranquillo. Suonava tredici strumenti alla volta. La moglie lo cacciò di casa.
Il povero Edmondo allora recuperò questa valigia e, dopo aver compiuto quattordici salti con la gamba destra, la scaraventò contro una parete ignaro della mia presenza al suo interno. Feci diciannove capriole, undici tripli salti mortali e una distorsione alla caviglia sinistra, per l’appunto.
Figuriamoci se si aprì la valigia! Macché, neanche a pensarci.
Fu così che, dopo un po’ di tempo, qualcuno si accorse di me. Era un ostricaio che a tratti diceva “Ah, ecco” e a tratti “ Ah ecco perché” e aveva da poco aperto una pescheria nel quartiere Miranide, nel centro città di Gualtecatecateca.
Mi sono sempre chiesto che espressione questo signore avesse e che tipo di quartiere fosse quello in cui aveva la sua bottega. Decisi di immaginarmi gli edifici e tutto il resto: marciapiedi alti quanto basta, lampioni sospesi per aria e ricoperti di resina aranciata, i tetti divisi a metà.
Molti abitanti: qualcuno portava sandali, qualcuno tacchi a spillo, che fossero rossi.
L’ostrivendolo, invece, lo pensai con una cravatta bianca fino al pavimento e delle bretelle azzurre fino al cielo. Una parrucca che rifletteva il giallo, un naso a forma di nasello.
Aveva un particolare interesse per il gioco delle carte e un amore folle per la donna di cuori. Una volta vendette un sarago per una donna di cuori. Una pazzia, credetemi. A momenti ci resto secco.
Aveva l’abitudine di lasciare questa valigia in pescheria e, sta di fatto, che un novembre, così tanto per dire, chissà se era novembre, successe il fattaccio. Una banda di ladri, provenienti da un Paese in cui vi erano quindici lingue madri misero tutto a soqquadro, una volta fracassata la finestra a forma di tetraedro. Uno di loro acchiappò la valigia variopinta e fu così che mi ritrovai nelle mani dei banditi. Durò poco…tempo qualche ora che il vecchio Edmondo, errante per le strade di Gualtecatecateca, riconosciuta senza indugio la sua valigia e, sommerso dalle colpe per averla abbandonata, li acciuffò facendo loro un triplo sgambetto. Riconobbi il maestro perché dopo aver vinto il primo e unico round coi furfanti, fece tre colpi con la sua tromba dal suono inconfondibile.
Non una delicata pioggerella ma un terribile acquazzone, all’improvviso, scatenò una tempesta che allagò tutta Gualtecatecateca. Ci fu il panico, i palazzi precipitarono, le autovetture si trasformarono in velieri e l’ostrivendolo si trasformò in riccio di mare. Durò poco, tempo due o tre scivoloni su e giù in quel mare che si capovolgeva e a un tratto percepii della terra, sabbia forse; la tempesta era terminata. Poi delle voci, delle lingue mai sentite in un secolo. Una mano sollevò la valigia da quella superficie accogliente, e così iniziò un nuovo percorso alla scoperta di una città, di un villaggio, di un pianeta o chissà cos’altro. Tutto da interpretare o da prendere per buono. Per fortuna avevo il mio pennello. A un tratto il suono di un violino, poi di un pianoforte, un’armonica e via dicendo…
Lorenzo Diddi (Emiliani Edition, Minuti Contati, 21-01-2019).