Bommarito Edition - Figli dimenticati - L'amico immaginario

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Flavia Imperi
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Bommarito Edition - Figli dimenticati - L'amico immaginario

Messaggio#1 » giovedì 6 agosto 2015, 19:14

Ciao a tutti! Posto qui il mio racconto con mega malus, così approfitto subito della nuova organizzazione del laboratorio per farlo massacrare ben bene (il sangue di scrittore non basta mai a quanto pare!)

Ho riscritto la storia seguendo i consigli e le critiche ricevute, ho deciso di giocare con il punto di vista e modificare o togliere i punti poco chiari, grazie al maggiore numero di caratteri a disposizione.

Spero che parteciperemo in tanti, così possiamo creare dei bei racconti, di cui essere fieri.

Un abbraccio (...con pugnale nascosto). Aspetto le nuove critiche!

Kakatte koi!


Flavia La scrivana


-------

L'amico immaginario

Sammy osservava Sara muoversi come una libellula per la soffitta. Sistemava quei vecchi scatoloni con tanta foga, quasi lottasse contro tutto ciò che non andava nella loro famiglia: una madre demente, fuori di testa, un padre assente, una casa che andava a pezzi. Ma almeno, lei non era stata messa da parte. Lei non era stata dimenticata.
 
«Oh, guarda, la bambola che avevi fatto da piccola!» esclamò la zia Evelina, seduta sul letto al fianco di sua madre.
«Questa cosetta sudicia? Ah, ecco perché mi sembrava familiare. Era in soffitta» rispose Sara tenendola appesa per un filo.
La osservò con attenzione: lana rossa per capelli, imbottitura marcia che fuoriusciva da quello che un tempo era stato un sorriso, piccoli occhi ricamati con filo nero.
«Ti somiglia» fece la zia, sferruzzando.
«Blea!»
«Pensa che da bambina non te ne separavi mai, vero Anna?» zia Evelina guardò l’allettata con sguardo speranzoso. «Niente, tua madre oggi è proprio assente.»
«Non fa niente, ci sono abituata.»
«Sai, però di tanto in tanto chiede una cosa, sempre la stessa.»
«E cosa chiede? »
«Se è il tuo compleanno.»
«E’domani, mamma!» le strinse la mano, vuota e assente, come lo sguardo.
 
La sera, a cena, Sara guardava incuriosita la bambola, poggiata sulla sedia a fianco a lei.
«Quindi ci ero affezionata, eh? Eppure non ricordo niente.»
«Come no? Te la portavi sempre appresso, ci parlavi come se fosse viva; ne eri gelosissima. Per questo io…»
D’un tratto un’ombra sfiorò la tavola. Sua madre era in piedi davanti alla porta della cucina con gli occhi spiritati.
«Mamma, c-che cosa…»
«Sta fissando la bambola!»
Quando Sara prese la bambola fra le mani, un grido rauco risalì la gola della madre, graffiandole l’anima.
«Fai sparire quella cosa, per l’amor del cielo!» urlò zia Evelina. Sara gettò la bambola dalla finestra, che volò silenziosa fra le erbacce del giardino, mentre la zia correva al telefono.
 
«Adesso sta riposando» sussurrò l’anziano dottore del paese, uscendo dalla stanza.
«Che cosa le è preso?» chiese Sara, ancora bianca in volto per lo spavento.
«Solo una volta la vidi così sconvolta» si girò verso la zia, poi verso di lei. «Quando perse tuo fratello.»
Sara arretrò.
«Dottore, si sbaglia. Sono figlia unica! »
«Adesso sì. Ma alla nascita eravate in due.»
«Vuole dire che avevo un gemello?» si sentì gelare il sangue nelle vene, tanto era irreale la situazione. Anni di sensazione senza nome le abitarono d’un tratto l’anima in modo prepotente, finché i frammenti ricostruirono un puzzle: il bambino ai piedi del letto, che tutte le notti l’andava a trovare. L’amico immaginario, per cui aveva fatto la bambola…
«Com’è morto?»
Il dottore abbassò il volto verso il pavimento.
«Un brutto incidente domestico. Tua madre non si è più data pace da allora» guardò la porta appena chiusa.
«Zia, tu lo sapevi?» si girò con le lacrime agli occhi.
«Mi dispiace» la zia indurì i tratti del volto in una smorfia contratta. «Tua madre non voleva che se ne parlasse, è stato doloroso per tutti! Ti volevamo solo risparmiare un dolore inutile.»
Sara salì le scale e sbatté la porta dietro di sé, sopraffatta. Si buttò sul letto, finché non esaurì le lacrime.
 
Sammy ammirava sua sorella dormire. Era davvero cresciuta, lei! Era diventata grande. E anche bella. Chissà se avrebbe somigliato a lei, l’unica che non lo aveva dimenticato…almeno all’inizio. Poi lo aveva tradito, come tutti gli altri. Ma adesso, finalmente, le cose sarebbero tornate a posto. Strinse il capello color sangue fra le mani di pezza, in attesa dell’ultimo rintocco della mezzanotte.
«Non sentirai niente»

 
Un grido svegliò Sara di soprassalto. Corse giù per le scale ancora assonnata, le gambe pesanti, in bocca un pessimo sapore, ma qualcosa andò male e ruzzolò malamente. Alla fine delle scale si sentì prendere in braccio, stordita.
 
«Buongiorno zia. Eccomi qui mamma.»
«Tesoro, meno male che sei arrivata! Tua madre ha di nuovo una crisi. Quando le ho detto che era il tuo compleanno ha iniziato di nuovo a urlare e poi ha perso conosc…» la zia si fermò. Si girò lentamente verso di lei con un’espressione preoccupata.
«Sara, sei tu? Sembri... sei diversa.»
 
«Certo che sono io, chi vuoi che sia? » disse la voce sopra di lei.
Sara provava a guardare in alto, ma non riusciva a muoversi. Come mai la stanza era così grande? E come mai la zia parlava con lei ma non la guardava?
Poi lo sguardo si posò sullo specchio.
Guardò inorridita le sue mani di pezza, il corpicino fragile fra le braccia di qualcuno…identico a lei. QUASI identico: aveva tratti mascolini e una luce malvagia negli occhi.
Mio fratello?
«ZIA! SONO QUI!» provò a urlare, ma tutto quello che usciva dalla sua bocca era un vomito di ovatta muffita.

 
«Zietta, tu ti preoccupi troppo. D’ora in poi penserò io a ogni cosa. Tutto riandrà al suo posto» si avvicinò alla zia con un’andatura innaturale, mentre la zia arretrava terrorizzata verso la finestra.
«Te lo prometto.»


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valter_carignano
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Messaggio#2 » giovedì 6 agosto 2015, 21:33

Ero nel tuo gruppo, il racconto mi era piaciuto anche se l'avevo trovato 'contratto' (ma certo il limite di caratteri non l'avevi deciso tu...). Ora secondo la mia opinione è molto meglio: più chiaro tutto quanto e migliore l'atmosfera. Sempre secondo me, potrebbe ancora essere meglio se ampliato (al di là dei limiti dei laboratorio), in modo che la 'trasformazione' in bambola sia più attesa, con più suspense, e si capisca solo molto più lentamente chi sia che parla 'in corsivo'. Complimenti.

 

alexandra.fischer
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Messaggio#3 » venerdì 7 agosto 2015, 9:41

Ciao, Flavia Imperi.
Nel tuo racconto c'è parecchio buono: ad esempio, il trasferimento della mente di Sara nella bambola da parte dell'amico immaginario (in realtà, il fratello morto per un incidente domestico), è un'immagine terrificante. Buona anche la descrizione della bambola, anche se non dici nulla in merito all'incidente domestico, ed è una grossa lacuna, secondo me, perché: Sara deve averla combinata grossa, se Sammy ha tutto questo rancore, tanto da trasformarla in pupattola. C'è un compleanno sinistro, a quanto pare (Sara ha ben poco da festeggiare, fra padre assente e madre malata, nonché questa zia piuttosto ambigua, oltre che il rancoroso amico immaginario-fratello gemello Sammy). Bello il finale: povera zia Evelina, non sa con chi ha a che fare (Sammy deve avercela anche con lei).

Attenta a: madre demente, fuori di testa (io toglierei fuori di testa, basta demente).
a Blea! si scrive: Bleah!
c'è uno spazio di troppo in E' domani (riferito al compleanno di Sara).

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Vastatio
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Messaggio#4 » venerdì 7 agosto 2015, 12:41

Ciao,

l'idea è interessante, soprattutto considerandola nell'elaborazione del tema dell'edizione. Trovo però che i personaggi si muovano all'interno della storia in modo rigido e poco naturale, quasi come se fossero loro stessi "fuori posto" o dei semplici cliché.

Alcune descrizioni, per quanto evocative, mi sembrano fuori contesto, poco adatte a descrivere le sensazioni che può avere un bambino/a. E' qualcosa di puramente personale, ma leggere
Anni di sensazione senza nome le abitarono d’un tratto l’anima in modo prepotente, finché i frammenti ricostruirono un puzzle

inconsciamente mi fa abbandonare immediatamente la sensazione di avere a che fare con un bambino (che poco più sopra parla con dei "Bleah" molto appropriati) e l'empatia col personaggio ne risente.

 

 

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Flavia Imperi
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Messaggio#5 » venerdì 7 agosto 2015, 23:22

@Vastatio: la protagonista non è una bambina, è chiaramente cresciuta. Va all'università, è sui vent'anni. ;) Grazie per il feedback comunque!
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maria rosaria
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Messaggio#6 » lunedì 10 agosto 2015, 11:41

L'idea alla base del racconto mi piace molto.
Sono andata a leggermi i la stesura originale del contest e devo dire che questa la trovo molto più accattivante.

L'hai scritto molto bene però, a mio avviso, dal secondo corsivo in poi è tutto un po' veloce e poco chiaro.
Forse diminuirei la seconda parte scritta in corsivo (creando anche un po' di suspence, non nominando Sammy), tipo:

La guardava dormire. Sara era diventata grande e bella. L’unica che non lo aveva dimenticato… almeno all’inizio. Poi lo aveva tradito, come tutti gli altri. Ma ora le cose sarebbero tornate a posto.
Strinse il capello color sangue fra le mani di pezza, in attesa dell’ultimo rintocco della mezzanotte.
«Non sentirai niente».


e poi modificherei anche il seguito levando il corsivo e mettendo la prima riga («Certo che sono io, chi vuoi che sia?») alla fine nel dialogo con Sammy. Bisogna un po' lavorarci con i punti di vista ma forse si può fare. Non so se sono stata chiara.

Ad ogni modo, bravissima! :)
maria rosaria
Maria Rosaria

Charlesdexter
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Messaggio#7 » lunedì 10 agosto 2015, 21:58

Ciao Flavia,
avevo apprezzato il tuo racconto nella stesura originale, cercando di carpirne lo spirito, prima ancora che la forma.
Ora lo hai quasi riscritto e devo dirti che alcune cose mi piacciono, altre meno:
- bene l'ambientazione, la madre che si alza, la trasformazione di Sara in bambola, la suspence finale che lascia intuire l'assassinio.
- meno bene la figura di Sammy (approfondirei la sua psicologia, così sembra piatto quasi come Gage quando torna in Pet sematary) e le ragioni del contratto, che qui è scomparso, secondo me facendo perdere un elemento interessante alla storia.
Lo stile potrebbe essere un po' raffinato, a tratti la lingua è buona, in altri momenti un po' troppo prosaica.
"E'domani" d va corretto in "È domani", con l'accento sulla "e" oltre allo spazio.
"Ma almeno, lei" sposterei la virgola dopo "lei" se vuoi associare Sara alle situazioni precedentemente elencate.
"…identico": dopo i puntini sospensivi metti uno spazio.
Ciao!

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Vastatio
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Messaggio#8 » lunedì 10 agosto 2015, 22:33

@Flavia  ho riletto il tutto dopo la tua osservazione. A parte la questione unversità (questo sinceramente non saprei da dove desumerlo), il frasario non è da bambina. E' il "Bleah" iniziale che mi ha fatto inconsciamente (oltre al titolo... brutta cosa i titoli, spoilerano o traggono in inganno) girare tutto su un minorenne.

Tuttavia la sensazione di inadeguatezza di alcune forme troppo "pesanti" permane.

Noto inoltre con piacere che tutta uan parte di commento è stata tagliata. Riguardava il senso di confusione dovuto al "tradimento" di Sara. Non si capisce se è qualcosa che ha causato l'incidente (né era direttamente responsabile qualche familiare o no? Forse anche Sara visto che ha completamente dimenticato il fratello? o solo la madre?) o un "semplice" rifiuto dell'evento o una "coercizione" familiare (all'inizio lei non lo dimentica, dopo sì... quindi essendo gemelli dovevano essere entrambi molto piccoli pe rdmenticarsi di un fratello).

 

Omaima Arwen
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Messaggio#9 » giovedì 13 agosto 2015, 16:45

Ciao Flavia,
Mi piace questo tuo racconto. Ben scritto e molto intrigante.
I dialoghi sono credibili e ben strutturati e bello il modo in cui descrivi le ambientazioni.
Io avrei però scritto qualcosa di più sull’incidente domestico.
Nel complesso un ottimo racconto. Brava!

Chiedo la grazia per Flavia.

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Flavia Imperi
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Messaggio#10 » martedì 18 agosto 2015, 17:39

Grazie a tutti per i commenti, davvero ognuno mi è stato utile! Mi scuso per l'assenza, ma ho avuto giorni di fuoco. Rimetto mano al racconto seguendo i vostri preziosi consigli e sfruttando il distacco che qualche giorno di "posa" regala sempre (Per esempio, ho tolto il personaggio inutile del dottore). Lo incollo qui sotto modificato, sperando che ora fili liscio... e incrocio le dita per un altro paio di "grazie"! :D

 
L’amico immaginario
 
Osservava Sara muoversi come una libellula per la soffitta. Sistemava i vecchi scatoloni con tanta foga, quasi lottasse contro ciò che non andava nella famiglia: una madre demente, un padre assente, una casa che andava a pezzi. Ma almeno, lei non era stata messa da parte.
Lei non era stata dimenticata.

 
«Oh, guarda, la bambola che avevi fatto da piccola!» esclamò zia Evelina, seduta sul letto al fianco di sua madre.
«Questa?» la teneva appesa per un capello. «Ecco perché mi sembrava familiare. Era in soffitta» rispose Sara.
La osservò in cerca di indizi per la memoria: lana per capelli, rossi come i suoi, imbottitura marcia che fuoriusciva dalla bocca sorridente, piccoli occhi neri.
«Da bambina ne eri così gelosa, vero Anna?» guardò l’allettata con sguardo speranzoso. «Niente, tua madre oggi è assente.»
«Non fa niente, ci sono abituata» si sedette anche lei sul letto.
La zia sospirò.
«Sai, però di tanto in tanto chiede una cosa, sempre la stessa.»
«E cosa chiede?»
«Se è il tuo compleanno.»
Sara sorrise.
«È domani, mamma!» le strinse la mano, vuota come lo sguardo.
 
La sera, a cena, Sara stava per sedersi a tavola, quando si accorse che era già occupata dalla bambola. La prese fra le mani come una vecchia fotografia.
«Quindi ci ero affezionata, eh?»
«Non te ne separavi mai»
«E com'è finita là sopra? »
La zia aprì la bocca come per parlare, ma si fermò.
«Non ricordo proprio.»
Mangiarono nel silenzio della grande casa, quando un’ombra sfiorò la tavola. A Sara cadde la forchetta quando vide sua madre, in piedi, con gli occhi spiritati.
«Mamma, c-cosa… »
Fissava la bambola e la indicava, in un gesto abbozzato della mano nodosa. Un grido rauco le risalì la gola, seguito da una sola parola.
«Sammy… »
«Fai sparire quella cosa, per l’amor del cielo!» urlò zia Evelina.
Sara gettò la bambola dalla finestra, che volò silenziosa fra le erbacce.
 
«Adesso sta riposando» disse piano la zia, uscendo dalla stanza.
«Che le è preso?» chiese Sara in lacrime, ancora bianca in volto.
La zia si accasciò sulla sedia, la schiena curva.
«Solo una volta la vidi così sconvolta.»
Una ad una, le lacrime presero a cadere sulla gonna a fiori.
«Quando perse tuo fratello.»
«Che cosa? Io sono figlia unica» Sara arretrò.
«Adesso sì. Ma... »
«Vuole dire che avevo un gemello?»
Anni di sensazione senza nome le abitarono d’un tratto l’anima, finché i frammenti ricostruirono un’immagine: il bambino ai piedi del letto, che tutte le notti l’andava a trovare. L’amico immaginario, per cui aveva fatto la bambola…
«Com'è morto?»
La zia si portò il viso fra le mani.
«Era il giorno del vostro primo compleanno» raccontò, come fosse una favola.
«Chissà come, avevate gattonato fino al cesto della lana e… nessuno se n’era accorto. Vi stavate strozzando. Tua madre… ha dovuto scegliere chi salvare per primo. »
Sara si portò d’istinto la mano sul collo.
«Da allora non si è più ripresa» guardò la porta chiusa. «Volevamo solo dimenticare. E quando hai usato quella stessa lana rossa per la bambola… la chiamasti Sammy, come lui. Allora tua madre perse l’ultimo filo di ragione».
Sara corse a recuperare la bambola in giardino e si buttò sul letto al piano di sopra, sopraffatta. La strinse finché non esaurì tutte le lacrime e scivolò in un sonno senza sogni.
 
La guardava dormire. Era diventata grande e bella, lei. L’unica che non lo aveva dimenticato… almeno all'inizio. Poi lo aveva tradito, come tutti gli altri. Abbandonato per tanti anni in una soffitta polverosa! Ma ora le cose sarebbero tornate a posto. Gliel'aveva promesso, al secondo compleanno. Il solo regalo che avrebbe mai scartato.
Le carezzò i capelli color sangue con le mani di pezza, in attesa dell’ultimo rintocco della mezzanotte.
«Tanti auguri, sorellina.»

 
Un grido svegliò Sara di soprassalto. Corse giù per le scale ancora assonnata, le gambe pesanti, in bocca un pessimo sapore, ma qualcosa andò male e ruzzolò malamente. Il mondo sembrava diventato soffice. Poi qualcuno la prese in braccio, stordita.
 
«Buongiorno zia.»
«Tesoro, meno male che sei arrivata. Ti senti un po’ megl… » la zia si fermò e la fissò con un’espressione angosciata.
«Sara, sei tu? Sembri diversa.»
«Certo che sono io, chi altri potrei essere?»
 
Sara cercò di guardare in alto, da dove proveniva quella voce. La SUA voce.
Non riusciva a muoversi. La stanza le pareva così grande… e come mai sua zia parlava con lei, ma guardava sopra di lei?
Quando lo sguardo cade sullo specchio, si guardò. Mani di pezza. Capelli di lana.
Era in braccio a qualcuno identico a lei. Quasi identico. Se non fosse stato per quella luce malvagia negli occhi.
«ZIA! SONO QUI!» provò a urlare, ma tutto quello che usciva dalla sua bocca era un vomito di ovatta muffita.

 
«Zietta, tu ti preoccupi troppo. D’ora in poi penserò io a ogni cosa. Tutto riandrà al suo posto» si avvicinò con un’andatura innaturale alla zia, che arretrava terrorizzata verso la finestra.
«Te lo prometto.»
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alexandra.fischer
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Messaggio#11 » mercoledì 19 agosto 2015, 10:29

Ciao Flavia Imperi.
Il racconto, in questa versione, da il meglio di sé: ora è reso molto più efficacemente il particolare della fine del fratello di Sara (si sono strangolati a vicenda e la madre ha dovuto scegliere chi salvare). Anche il punto di vista di Sammy ne guadagna (sembra di vederlo accanto al letto di Sara, mentre la saluta, in attesa di effettuare lo scambio mentale, mettendo quella di Sara nella bambola di pezza e la propria nel corpo di Sara). Inquietante il particolare del compleanno di Sara: da trascorrere dentro una vecchia pupattola fatta da lei. Mi piace anche come punto di partenza per un romanzo horror.

Attenta a: guardò l'allettata speranzosa; scriverei: allettata, la guardò speranzosa.

alexandra.fischer
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Messaggio#12 » mercoledì 19 agosto 2015, 10:32

Chiedo la grazia per Flavia Imperi

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maria rosaria
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Messaggio#13 » mercoledì 19 agosto 2015, 11:51

Sì, sì! Mi piace proprio!
Bravissima.
Correggi "cade" in "cadde" lì dove scrivi: "Quando lo sguardo cade sullo specchio"...

Chiedo senz'altro la grazia per Flavia!

maria rosaria


Maria Rosaria

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Flavia Imperi
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Messaggio#14 » mercoledì 19 agosto 2015, 12:21

Grazie! Ho usato "allettata" in senso di "degente", provo a cambiare termine. "Grazie per le grazie"! ^_^
Ultima modifica, poi parte la sfida.
 
 

L’amico immaginario
 
Osservava Sara muoversi come una libellula per la soffitta. Sistemava i vecchi scatoloni con tanta foga, quasi lottasse contro ciò che non andava nella famiglia: una madre demente, un padre assente, una casa che andava a pezzi. Ma almeno, lei non era stata messa da parte.
Lei non era stata dimenticata.

 
«Oh, guarda, la bambola che avevi fatto da piccola!» esclamò zia Evelina, seduta sul letto al fianco di sua madre.
«Questa?» la teneva appesa per un capello. «Ecco perché mi sembrava familiare. Era in soffitta» rispose Sara.
La osservò in cerca di indizi per la memoria: lana per capelli, rossi come i suoi, imbottitura marcia che fuoriusciva dalla bocca sorridente, piccoli occhi neri.
«Da bambina ne eri così gelosa, vero Anna?» guardò la degente con sguardo speranzoso. «Niente, tua madre oggi è assente.»
«Non fa niente, ci sono abituata» si sedette anche lei sul letto.
La zia sospirò.
«Sai, però di tanto in tanto chiede una cosa, sempre la stessa.»
«E cosa chiede?»
«Se è il tuo compleanno.»
Sara sorrise.
«È domani, mamma!» le strinse la mano, vuota come lo sguardo.
 
La sera, a cena, Sara stava per sedersi a tavola, quando si accorse che era già occupata dalla bambola. La prese fra le mani come una vecchia fotografia.
«Quindi ci ero affezionata, eh?»
«Non te ne separavi mai.»
«Allora com'è finita là sopra? »
La zia aprì la bocca come per parlare, ma si fermò.
«Non ricordo proprio.»
Mangiavano nel silenzio della grande casa, quando un’ombra sfiorò la tavola. A Sara cadde la forchetta. Sua madre era in piedi, con gli occhi spiritati.
«Mamma, c-cosa… »
Fissava la bambola e la indicava, in un gesto abbozzato della mano nodosa. Un grido rauco le risalì la gola, seguito da una sola parola.
«Sammy… »
«Fai sparire quella cosa, per l’amor del cielo!» urlò zia Evelina.
Sara gettò la bambola dalla finestra, che volò silenziosa fra le erbacce.
 
«Adesso sta riposando» disse piano la zia, uscendo dalla stanza.
«Che le è preso?» chiese Sara in lacrime, ancora bianca in volto.
La zia si accasciò sulla sedia, la schiena curva.
«Solo una volta la vidi così sconvolta» una ad una, le lacrime presero a cadere sulla gonna a fiori. «Quando perse tuo fratello.»
«Che cosa dici? Io sono figlia unica» Sara arretrò.
«Adesso sì. Ma… »
«Vuole dire che avevo un gemello?»
Anni di sensazione senza nome le abitarono d’un tratto l’anima, finché i frammenti ricostruirono un’immagine: il bambino ai piedi del letto, che tutte le notti l’andava a trovare. L’amico immaginario, per cui aveva fatto la bambola…
«Com'è morto?»
La zia si portò il viso fra le mani.
«Era il giorno del vostro primo compleanno» raccontò, come fosse una favola.
«Chissà come, avevate gattonato fino al cesto della lana e… nessuno se n’era accorto. Vi stavate strozzando. Tua madre… ha dovuto scegliere chi salvare per primo.»
Sara si portò d’istinto la mano sul collo.
«Da allora non si è più ripresa» guardò la porta chiusa. «Volevamo solo dimenticare. Poi hai usato quella stessa lana rossa per la bambola… la chiamasti Sammy, come lui. Allora tua madre perse l’ultimo filo di ragione».
Sara corse a recuperare la bambola in giardino e si buttò sul letto al piano di sopra, sopraffatta. La strinse finché non esaurì tutte le lacrime e scivolò in un sonno senza sogni.
 
La guardava dormire. Era diventata grande e bella, lei. L’unica che non lo aveva dimenticato… almeno all'inizio. Poi lo aveva tradito, come tutti gli altri. Abbandonato per tanti anni in una soffitta polverosa! Ma ora le cose sarebbero tornate a posto. Gliel'aveva promesso, al secondo compleanno. Il solo regalo che avrebbe mai scartato.
Le carezzò i capelli color sangue con le mani di pezza, in attesa dell’ultimo rintocco della mezzanotte.
«Tanti auguri, sorellina.»

 
Un grido svegliò Sara di soprassalto. Corse giù per le scale ancora assonnata, le gambe pesanti, in bocca un pessimo sapore, ma qualcosa andò male e ruzzolò malamente. Il mondo sembrava diventato soffice. Poi qualcuno la prese in braccio, stordita.
 
«Buongiorno zia.»
«Tesoro, meno male che sei arrivata. Ti senti un po’ megl… » la zia si fermò e la fissò con un’espressione angosciata.
«Sara, sei tu? Sembri diversa.»
«Certo che sono io, chi altri potrei essere?»
 
Sara cercò di guardare in alto, da dove proveniva quella voce. La SUA voce.
Non riusciva a muoversi. La stanza le pareva così grande… e perché sua zia parlava con lei, ma guardava sopra di lei?
Quando lo sguardo cadde sullo specchio, si vide. Mani di pezza. Capelli di lana.
Era in braccio a qualcuno identico a lei. Quasi identico, non fosse stato per quella luce malvagia negli occhi.
«ZIA! SONO QUI!» provò a urlare, ma tutto quello che usciva dalla sua bocca era un vomito di ovatta muffita.

 
«Zietta, tu ti preoccupi troppo. D’ora in poi penserò io a ogni cosa. Tutto riandrà al suo posto» si avvicinò con un’andatura innaturale alla zia, che arretrava terrorizzata verso la finestra.
«Te lo prometto.»
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Messaggio#15 » mercoledì 19 agosto 2015, 15:03

SFIDO SPARTACO
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Messaggio#16 » mercoledì 19 agosto 2015, 21:55

Eccomi qui. Ora mi dedicherò alla lettura del tuo racconto, se lo riterrò meritevole verrà promosso.

Incrocia le dita; oggi non mi sento buono!

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